Re: Alitalia: arriva il 6 marzo il Piano Industriale?
Grande attesa per il nuovo piano industriale dell'Alitalia: tutto sembra indicare che lunedi' prossimo 6 marzo il consiglio di amministrazione dell'aviolinea dovrebbe finalmente esaminare la nuova strada per uscire dalla crisi e sul tavolo dovrebbero arrivare gli impegni ad aprire i cordoni della borsa per garantire la sopravvivenza e finanziare i nuovi investimenti.
Una cifra che, secondo alcuni osservatori si aggirerebbe tra i 600 e i 900 milioni di euro. E' abbastanza noto che il ritardo nella presentazione del nuovo piano e' da attribuirsi nell'assenza di unita' di vedute nella compagine azionaria. E, secondo indiscrezioni, lo stesso advisor Roland Berger ha rilevato che la mancanza di unita' nella compagine azionaria rappresenta un elemento di criticita'. Gran parte degli osservatori da' per scontata la disponibilita' di Etihad a mettere risorse fresche ma l'elemento di maggiore preoccupazione era e rimane l'atteggiamento delle banche azioniste e creditrici dell'Alitalia (Unicredit azionista con il 12,9% e Intasa SanPaolo che detiene il 20,5% del capitale): la loro diffidenza a finanziare con nuovo credito e ricapitalizzare l'azienda e' un chiaro segnale che vogliono rientrare con la maggiore rapidità possibile dai prestiti e dall'investimento nell'ex compagnia di bandiera e questo si potrebbe tradurre in un piano industriale di enormi tagli dei costi e dell'occupazione, visto che un risanamento all'insegna dello sviluppo richiede tempi piu' lunghi. Secondo i sindacati, la strada da imboccare e' quella degli investimenti nel lungo raggio, dove la compagnia mette a disposizione 24 aerei contro i 124 destinati a medio e corto. Ma questa strada, peraltro condivisa dall'attuale management, oltre a un massiccio investimento nella flotta, non puo' dare frutti a breve termine ed e' ostacolata dalle attuali alleanze. Se dal 2018 sara' possibile uscire dal network mondiale Sky Team, la joint venture con la Delta e il grupp Air France-Klm sulle tratte statunitensi, che rappresentano il mercato piu' redditizio, e' solo nel 2022. Sotto il profilo occupazionale, chiariscono i sindacati, se fossero confermate le ipotesi di 1.600-2.000 esuberi, non sarebbe possibile alcun accordo. Nel 2014, fanno notare le fonti, sono uscite 2.173 persone, portando il personale a 10.500 unita'; ora si e ' tornati a 12.500-12.600 dipendenti tra tempo determinato e indeterminato. Il costo del lavoro e' pari a 600 milioni di euro, cioe' il 16,5-17% dei costi complessivi e il 19% dei ricavi. Percentuali piu' basse di quelle di Lufthansa, indicata da alcuni come possibile nuovo futuro alleato, dove il costo del lavoro, riferiscono le fonti, vale il 26% dei costi totali e il 23% dei ricavi.
Ma anche guardando al medio-lungo termine le prospettive non appaiono rosee per il fattore lavoro. Una nuova Alitalia focalizzata sul traffico internazionale, soprattutto intercontinentale, non avrebbe comunque il peso specifico per giocare da sola in un mercato caratterizzato da pochi, grandi player. Visti gli ottimi rapporti tra Etihad e Lufthansa nei cieli tedeschi, appare molto probabile un divorzio da Sky Team e dal gruppo Air France-Klm a favore dell'aviolinea tedesca e del network internazionale Star Alliance. E con l'ingresso della Lufthansa a fianco di Etihad nel capitale Alitalia l'ex compagnia di bandiera difficilmente avrebbe grandi possibilita' di sviluppo e crescita occupazionale. Insomma, pur fidando nella 'moral suasion' del Governo nei confronti delle banche, sembra molto difficile evitare la scure dei tagli occupazionali. L'affermazione che "il prezzo del risanamento non potra' ricadere sulle spalle dei lavoratori" espressa dal Governo e tanto apprezzata dai sindacati appare difficile da essere onorata anche ricorrendo al commissariamento, di cui pure in questi giorni si e' parlato anche per fare pressioni sugli azionisti piu' riottosi.
Sono in molti a lavorare al nuovo piano con idee non sempre coincidenti. Oltre al management ci sono l'advisor Roland Berger, il commercialista Riccardo Ranalli, 'in qualita' di asseveratore del piano', la project manager Laura Cavatorta. Il ventaglio delle opzioni rimane molto ampio. C'e' chi parla di creare una low cost con cui competere nel breve-medio raggio, cedere 'tout court' le tratte piu' brevi a una low cost di successo come Ryanair o Easyjet, allearsi con una grande vettore europeo con il quale condividere un progetto di vettore a basso costo. Ma anche lo scenario europeo e' destinato a mutare con la Brexit. E nei prossimi anni una rivoluzione sconvolgera' l'intera mappa dei vettori comunitari, che attualmente detengono una serie di privilegi e diritti nei collegamenti all'interno dell'Unione. Quella che resta, tra i lavoratori, e' l'incertezza.
Fonte: Corriere Quotidiano.it