Son riuscito a trovare questo, non è recentissimo, ma qualcuno che sa interpretare bene un bilancio magari ci può dare qualche opinione a riguardo.
http://www.statistica.unimib.it/utenti/minotti/Aida_WindJet.xls
Un’analisi di bilancio fatta con dati fino al 2008 non aiuta certo a capire la situazione attuale della Compagnia, e nemmeno permette di evidenziare l’instaurazione di trend storici, dal momento che lo scenario è successivamente drammaticamente mutato, sia in termini di situazione economica generale, sia, conseguentemente, di mercato.
Tuttavia, emergono già in questo periodo alcuni elementi negativi che potrebbero, almeno in parte, spiegare le attuali difficoltà, e che verosimilmente – proprio in ragione del peggioramento dello scenario – è diventato poi più arduo correggere.
In sintesi, pur crescendo negli anni, la crisi globale sembra aver colto la Compagnia nel momento in cui avrebbe dovuto assestare la propria struttura economico finanziaria, sommando i problemi del downturn alle difficoltà di un lungo e complesso start up.
Che il trend di sviluppo si sia invertito è particolarmente evidente se guardiamo al tasso di crescita del fatturato: nel periodo 2006 – 2008 i ricavi sono cresciuti al tasso medio del 19% annuo, mentre nel 2009 si sono contratti (-0,4%, ma potrebbero aver avuto un calo effettivo più pronunciato) rispetto all’anno precedente; nel 2010 hanno ripreso a crescere, ma ad un ritmo più lento (+4,6%), mentre i costi hanno evidentemente avuto un’espansione maggiore, erodendo i margini che si stavano faticosamente formando.
L’EBITDA (utile operativo senza gli ammortamenti), infatti, era diventato positivo per la prima volta nel 2008, ma sono quasi certo che è peggiorato negli anni seguenti.
Gli altri indici di redditività operativa restavano negativi (mentre la redditività dei mezzi propri era positiva nel 2008), ma si stavano avviando alle soglie di positività, non ancora però alle soglie di accettabilità.
Un problema è certamente la forte incidenza degli ammortamenti, ovvero dei costi di struttura: non solo il margine operativo risulta negativo (a fronte di un EBITDA positivo), ma sono i costi fissi ad essere squilibrati rispetto al livello dei ricavi. O meglio: è il livello dei ricavi che è troppo basso rispetto alla dimensione dei costi di struttura.
Più in generale, quindi, sembra che la gestione industriale non generi un’adeguata redditività e, a cascata, sufficiente liquidità.
A questo si aggiunga un costo delle risorse finanziarie piuttosto rilevante (il 13,5% del 2008 è il dato migliore: per il resto siamo sopra il 20%).
È comunque tutta la gestione finanziaria ad avere problemi, soprattutto in termini qualitativi.
Se pure nel 2008 aveva fatto capolino per la prima volta un flusso positivo di autofinanziamento, le principali fonti di finanziamento restavano i debiti a breve, a fronte, però, di un quasi paradossale bassissimo rischio finanziario.
In pratica, lo strumento relativamente più utilizzato sono le dilazioni sui debiti commerciali. Perché non provare invece ad ampliare l’indebitamento finanziario a medio lungo termine, negoziando condizioni più favorevoli?
Nel 2008, comunque, il quadro non era quello di un dissesto patrimoniale: il rapporto fra perdite cumulate e capitale era sotto controllo, certamente in virtù di un aumento di capitale realizzato quell’anno.
Il quadro, però, è sensibilmente peggiorato nel 2010, quando le perdite cumulate hanno sfiorato il 30% (sempreché non vi sia stata una nuova ricapitalizzazione, nel frattempo).
In conclusione, non appare certo una situazione facile, segnata da difficoltà relative al mercato, ma dovute anche ad una gestione non ottimale.
Quello che sembra servire, in base a questa parziale lettura dei bilanci, sono risorse finanziarie più stabili e meno costose e una più decisa spinta alla redditività della gestione operativa.