Alitalia: così spuntò il rimedio alle 5 debolezze della Cai
Tra i no del sindacato e la crisi internazionale, è emersa alla fine la fragilità della cordata.
Ora il governo dovrà dire che è tutto come prima, che la presenza della Cai è esattamente quella che era stata lanciata,
con grandi squilli di tromba, da Berlusconi e da Palazzo Chigi e che solo la "cattiveria" di Epifani, di Veltroni,
dei piloti e delle hostess ha impedito che tutto, per Alitalia, filasse subito nel migliore dei modi. Ma le cose non stanno
così e, anche se la grancassa della propaganda governativa è potente, manteniamo la mente fredda e cerchiamo di render
conto delle novità. Che poi, stringi stringi, si riducono a una: con la tempeste finanziaria che è arrivata dagli Usa ci si
è resi conto che la Cai di Colaninno - una compagnia già fragile in partenza - era diventata un fuscello nel mare in
tempesta. E tutto, da quel momento, ha cominciato a girare in maniera più realistica, cioè meglio.
Fare a meno degli stranieri?
E' finita, così, la tentazione di fare a meno degli stranieri a tutti i costi. Appena il governo italiano ha fatto capire
di essere disponibile a offrire le stesse - ottime - agevolazioni proposte alla cordata italiana anche con l'apertura a
qualche socio straniero, sono fioccate le dichiarazioni di interesse. Non solo di Lufthansa, da sempre la più acccreditata,
ma anche di Air France-Klm, tornata clamorosamente sulla scena, di British Airways (che si è appena mangiata la spagnola
Iberia, lasciandole, però, il marchio) e perfino della compagnia di bandiera del Venezuela.
Le nuove intenzioni del governo, i messaggi incrociati ma convergente che sono arrivati sia da Gianfranco Fini che da
Veltroni, hanno convinto le grandi compagnie che dall'Italia non sarebbero arrivate barricate al loro ingresso e i giochi,
allora, si sono riaperti.
Un ingresso significativo nella Cai di uno o più soci stranieri (qui sta per cominciare un altro balletto, attenzione!)
salverebbe capra e cavoli: l'italianità della cordata (al 60/70%) e l'arrivo di capitali nuovi e anche di un forte know how
nel settore del trasporto aereo che ai soci italiani manca quasi del tutto.
La "prima" Cai, infatti, si è confermata troppo debole per affrontare le questioni sul tappeto. Vediamo i perché.
Le 5 debolezze della Compagnia aerea italiana
I motivi della debolezza della cordata italiana si possono sintetizzare facilmente. Proviamo ad elencarli:
1) La Cai NON ha una capitalizzazione sufficiente. Un miliardo di euro sono poca cosa per una compagnia che vuole entrare
sulla scena di un mercato internazionale segnato negli ultimi mesi solo da grandi concentrazioni, ultima quella tra
British Airways e Iberia.
2) Non ha know how. Le qualità manageriali di Colaninno non si discutono, ma né lui né l’amministratore delegato Sabelli si
sono mai occupati di trasporto aereo.
3) La presenza di Air One nella cordata dei soccorritori è un peso più che un contributo alla soluzione. Air One è, infatti,
a sua volta pesantemente indebitata. Porta in dote sì una flotta nuova, ma che in gran parte non è stata pagata. Carlo Toto
prova, quindi, a “piazzare” un suo affare, noleggiando gli aerei alla Cai, per farseli pagare e guadagnarci pure. Ma questo
non lo si dice.
4) Nessuno dei soci raccolti dalla Cai aspira a rimanere, con un ruolo strategico, nel settore del trasporto aereo. Hanno
tutti preso un taxi, sperando di vincere un premio mentre sono a bordo.
5) Per questo nessuno di loro ha nel piatto più che il “gettone” chiesto da Berlusconi e ottenuto in cambio della promessa
di compensazioni varie. E per questo Colaninno ha dovuto troncare più volte la trattativa dicendo: “Ragazzi, non ho più un
euro”.
Il futuro della NewCo
Se non ci si intestardisce sul “prendere o lasciare” - e meno che mai sullo “scaricabarile” per trarne un profitto politico
o sindacale - vengono in primo piano alternative ragionevoli e che possono ancora essere praticate.
In realtà serve una NewCo che può chiamarsi Cai, se questo nome appassiona, ma che deve per forza di cose aprirsi a un socio
forte straniero (o a più di uno, ma la situazione diventerebbe più complessa da gestire). Del resto, anche Berlusconi pochi
giorni fa, da Parigi, aveva parlato di una grande cordata "europea", in cui Alitalia entrava "alla pari" con Air France,
British e Lufthansa e lo stesso Colaninno aveva lavorato all’ingresso, più o meno prossimo di altri partner. In realtà
"alla pari" una compagnia sull'orlo del fallimento non entra da nessuna parte. Ma come "compartecipe" delle fortune di
quelli che hanno saputo fare meglio di noi sui mercati internazioni del traffico aereo può essere accolta volentieri. In
fondo è un bel boccone.
E lo si sapeva bene, visto che i sindacati - e Bonanni della Cisl, in particolare - hanno combattuto a lungo per imporre ai
soci della cordata italiana la clausola che impedisce loro di "vendere" prima di 5 anni.
Fonte : Il Salvagente