Kinmen è un posto strano. La storia che circonda questo isolotto a 5 chilometri dalla costa cinese, nella baia di Weitou e di fronte a Xiamen (l'antica Amoy), è la storia stessa della guerra civile cinese. Bombardata dagli anni cinquanta fino alla fine degli anni '70, prima con granate, poi con volantini, Kinmen rimase una roccaforte militare fino al 1994, quando le restrizioni di viaggio da/per Taiwan vennero rimosse e l'amministrazione delle due isole che compongono la contea di Kinmen venne affidata nuovamente ai civili. Dal 2015, i turisti dalla Cina possono visitare l'isola e un traghetto collega Kinmen a Xiamen e Quanzhou tutti i giorni.
Prendo un taxi fuori dall'aeroporto e vado in hotel, nel comune di Jincheng, per lasciare le mie cose; la camera è già pronta, ne prendo possesso velocemente e altrettanto velocemente esco.
L'abitato è assai compatto, nel senso di denso; le abitazioni, molte delle quali sono dimore che si trovano qui da centinaia di anni, sono addossate una all'altra e formano una maglia di vicoletti in cui perdersi è un attimo. Subito dietro l'hotel si trova il primo degli edifici più rappresentativi di Jincheng: l'edificio di epoca Qing che fu prima lo studio di uno studioso locale, noto per aver passato gli esami imperiali della dinastia Ming nel 1601, e che quindi divenne il generale delle truppe stanziate, al crescere della città e dei commerci e l'appetito dei pirati che infestavano lo stretto di Taiwan a cavallo tra le dinastie Ming e Qing.
Nel 1900 venne usato anche per ospitare il governo locale.
L'edificio, sopravvissuto a quattro secoli di storia, è ora un museo sulla storia militare dell'isola. Militare è un termine che sentirete spesso in questa parte del racconto...
In alcune sale sono state ricreate delle scenografie con arredi e vestiti dell'epoca.
Jincheng è il comune più popoloso, nonché capoluogo, della contea di Kinmen; storicamente è stato anche il centro commerciale e amminsitrativo dell'isola e le sue origini risalgono tra il 600 e il 900 dC, durante il periodo della dinastia Tang, quando l'abitato era noto come Houpu. La maggior parte degli edifici storici visibili risale al periodo tra il 1600 e la fine del 1800, come la Kuixing Tower, un piccolo tempio a forma esagonale, esemplificativo dell'architettura religiosa Min meridionale. Il tempio, costruito nel 1836, è stato restaurato negli anni '70 da un discendente della famiglia Lin, che lo eresse per ringraziare le divinità dei buoni affari ottenuti fino a quel momento dopo essersi trasferiti a Kinmen.
Subito dietro al piccolo tempio, completamente avvolta da impalcature, si trova la dimora in stile occidentale del mercante Chen Shi-yin, che morì prima che la casa potesse essere completata.
A inizio del 1800, il generale e ammiraglio Qiu Liang-Gong eresse un arco in onore della madre, che lo allevò da sola sin dall'età di un mese quando il padre, anch'egli generale, morì. Le cartine riportano il monumento come "arco di castità", e prima di vederlo dal vivo stavo cercando di immaginarmi un complesso meccanismo per garantire l'inviolabilità della signora Hsu. Castità, in questo caso, è solo riferito alla virtù della buona donna, che non si risposò né ebbe altri amori nella sua vita.
L'arco è in uno slargo che dà sul tempio di Guanyin.
Lascio il centro del paese e mi dirigo verso sud. Appena usciti dall'abitato, le strade diventano abbastanza unfriendly per i pedoni, specie se invece che prendere le strade minori vado dritto sulla provinciale.
La destinazione è la Juguang Tower, un memoriale costruito nel '53 per i soldati caduti nella battaglia di Guningtou di quattro anni prima.
I suoi quattro piani sono pieni di cose che non capisco (tutte le didascalie sono in mandarino, alcune ancora battute a macchina da scrivere) - dipinti, quadri, foto, armi, mostrine, divise, diari, oggetti. L'ultimo piano dispone di una terrazza, da cui si può ammirare l'inquinamento sopra Xiamen e i suoi grattacieli, che da qui dista sette chilometri o poco più, mentre un ponte è in costruizione tra Kinmen e Lieyu.
Del milione e mezzo di turisti cinesi, oggi, non c'è neanche l'ombra. La Cina è in lockdown completo per il coronavirus, e tra una decina di giorni mezzo mondo seguirà. Sono in pratica l'unico turista straniero in tutta l'isola, e anche turisti taiwanesi non se ne vedono - siamo in mezzo alla settimana, in periodo non vacanziero.
Proseguo verso sud-ovest lungo una strada principale, senza marciapiede, che corre attraverso una specie di foresta a metà tra il clima temperato e quello tropicale. Il traffico è davvero modesto.
Ad un incrocio con un'altra strada principale, di fronte al tempio di Xiu Wen Dian, nel vicinato di Shanqian, trovo un piccolo gruppo di case tradizionali in stile fujianese.
Faccio una seconda sosta al vicinato di Sianjyu, dove mi ricongiungo con l'altra strada principale. Qui, un'altra dimora di rilevanza storica, la residenza di un virtuoso locale conosciuto come Lu Routeng, è stata completamente ristrutturata. La struttura originale è del 1600 circa, anche se in parte collassata negli anni '60. L'edificio è ciò che rimane di una più ampia residenza, persa nel tempo.
Passato sulla strada principale, meno di un chilometro dopo si passa davanti alla sede della Hong Bo Ceramics, il principale produttore di ceramiche dell'isola, e noto per creare le bottiglie speciali per il kaoliang, un liquore a base sorgo prodotto a Kinmen che per me è benzina pura, ma che è un apprezzato (!) souvenir nonché una delicatezza apprezzata qui, in Cina e in Corea del Sud.
La fabbrica, che di solito pullula di turisti e relativi bus che portano qui, sembra chiusa. Tiro dritto, ma cento metri dopo torno indietro per vedere se fosse davvero chiusa. In realtà è aperta (San Google Translate da Mountainview mi aiuta a capirlo...) e ne approfitto per acquistare un shisa, o wind lion god, la divinità che respingeva gli spiriti maligni portati dal vento a causa della deforestazione dell'isola durante l'epoca Ming.
L'isola è piena di queste statue a forma di leone mitologico, assai simili a quelle che si trovano nell'arcipelago delle Ryukyu in Giappone. Per chi volesse, ci sono itinirerari a Kinmen per trovare tutti i leoni del vento sparsi per l'isola principale.
Una bottiglia gigante di Kinmen Kaoliang sopra una ormai dismessa torretta da guardia segna l'ingresso al villaggio di Shuitou, uno dei posti più interessanti della zona occidentale di Kinmen.
Da qui parte la zona pedonale del villaggio, che offre anche una zona picnic sotto un enorme banyan.
È marzo, e il fiore nazionale è in piena infiorescenza.
Il villaggio conserva dozzine di case ed edifici tradizionali in stile Minnan, e in stile occidentale; era il punto di passaggio tra Xiamen (Amoy) e Kinmen (Quemoy) dato che il porto di Kinmen era poco più a nord e il villaggio ne era il paese più grande; era quindi anche il villaggio più ricco e dimora dei commercianti.
Una delle più raffinate case in stile occidentale è ora la sede dell'Overseas Chinese Culture Museum. La casa, originariamente costruita nel 1931 per il mercante Huang Hui-huang da mastri costruttori locali come dimora di sosta durante i frequenti viaggi da e per l'Indonesia, miscela elementi dell'architettura cinese e orientale con quelli dell'architettura neoclassica occidentale, e rimane uno degli edifici più ricchi di decorazioni e ornamenti di quel periodo in tutta l'isola.
Il museo è per lo più incentrato sulla cultura Peranakan, ovvero le comunità cinesi che si sono insediate in tutto il sud-est asiatico, per lo più in partenza dalle coste del Guangdong e del Fujian.
Avete presente Crazy Rich Asians? Ecco, quello è un esempio di cultura Peranakan (quella malese, in particolare, è chiamata Baba Nyonya). Ne avevo parlato brevemente anche nel TR su Penang. Moda e cucina sono ovviamente due tratti distintivi della cultura Peranakan, e vi sono alcune sale dedicate a questi due aspetti. Il museo è fatto molto bene e con descrizioni in inglese, chiare e concise.
Panorami - un'altra dimora storica in stile occidentale.
Esco dal museo e vago per i vicoli.
A fianco al museo, nella casa color rosa antico, c'è una caffetteria che serve tè al latte con vino di sorgo - non ho osato. Lo chiamano tè di Mao Tse-tung, e hanno anche altri blend, come il tè di Chiang Kai-shek, che dev'essere un'altra delizia... in compenso hanno una collezione di leoni del vento che si può ammirare, e un rifornitissimo negozio di souvenir sullo stesso tema, compresi alcuni in pietra in versione XXL, se avete spazio in valigia.
Dallo spiazzo davanti al museo si possono osservare le due case, insieme alla torre Deyue, costruita per proteggere il ricco villaggio dalle frequenti incursioni dei pirati.
Dalla parte opposta dello spiazzo-parco, si trova un'altra struttura nata a inizio '900 per ospitare la nuova scuola elementare, ed edificata interamente con le sovvenzioni dei cittadini.
Gli spazi sono stati adibiti a museo.
Gironzolo ancora un po' per il delizioso paese. Davvero bello e, senza turisti, molto tranquillo.
Torno verso Jincheng passando per strade minori, attraverso i campi.
Arrivo a Jincheng ormai verso il crepuscolo, giusto in tempo per fare un salto a Mo-fan street alla ricerca di qualcosa da mangiare - e una mediocre foto col telefonino.
(cont.)
Prendo un taxi fuori dall'aeroporto e vado in hotel, nel comune di Jincheng, per lasciare le mie cose; la camera è già pronta, ne prendo possesso velocemente e altrettanto velocemente esco.
L'abitato è assai compatto, nel senso di denso; le abitazioni, molte delle quali sono dimore che si trovano qui da centinaia di anni, sono addossate una all'altra e formano una maglia di vicoletti in cui perdersi è un attimo. Subito dietro l'hotel si trova il primo degli edifici più rappresentativi di Jincheng: l'edificio di epoca Qing che fu prima lo studio di uno studioso locale, noto per aver passato gli esami imperiali della dinastia Ming nel 1601, e che quindi divenne il generale delle truppe stanziate, al crescere della città e dei commerci e l'appetito dei pirati che infestavano lo stretto di Taiwan a cavallo tra le dinastie Ming e Qing.

Nel 1900 venne usato anche per ospitare il governo locale.

L'edificio, sopravvissuto a quattro secoli di storia, è ora un museo sulla storia militare dell'isola. Militare è un termine che sentirete spesso in questa parte del racconto...

In alcune sale sono state ricreate delle scenografie con arredi e vestiti dell'epoca.

Jincheng è il comune più popoloso, nonché capoluogo, della contea di Kinmen; storicamente è stato anche il centro commerciale e amminsitrativo dell'isola e le sue origini risalgono tra il 600 e il 900 dC, durante il periodo della dinastia Tang, quando l'abitato era noto come Houpu. La maggior parte degli edifici storici visibili risale al periodo tra il 1600 e la fine del 1800, come la Kuixing Tower, un piccolo tempio a forma esagonale, esemplificativo dell'architettura religiosa Min meridionale. Il tempio, costruito nel 1836, è stato restaurato negli anni '70 da un discendente della famiglia Lin, che lo eresse per ringraziare le divinità dei buoni affari ottenuti fino a quel momento dopo essersi trasferiti a Kinmen.

Subito dietro al piccolo tempio, completamente avvolta da impalcature, si trova la dimora in stile occidentale del mercante Chen Shi-yin, che morì prima che la casa potesse essere completata.
A inizio del 1800, il generale e ammiraglio Qiu Liang-Gong eresse un arco in onore della madre, che lo allevò da sola sin dall'età di un mese quando il padre, anch'egli generale, morì. Le cartine riportano il monumento come "arco di castità", e prima di vederlo dal vivo stavo cercando di immaginarmi un complesso meccanismo per garantire l'inviolabilità della signora Hsu. Castità, in questo caso, è solo riferito alla virtù della buona donna, che non si risposò né ebbe altri amori nella sua vita.

L'arco è in uno slargo che dà sul tempio di Guanyin.

Lascio il centro del paese e mi dirigo verso sud. Appena usciti dall'abitato, le strade diventano abbastanza unfriendly per i pedoni, specie se invece che prendere le strade minori vado dritto sulla provinciale.
La destinazione è la Juguang Tower, un memoriale costruito nel '53 per i soldati caduti nella battaglia di Guningtou di quattro anni prima.

I suoi quattro piani sono pieni di cose che non capisco (tutte le didascalie sono in mandarino, alcune ancora battute a macchina da scrivere) - dipinti, quadri, foto, armi, mostrine, divise, diari, oggetti. L'ultimo piano dispone di una terrazza, da cui si può ammirare l'inquinamento sopra Xiamen e i suoi grattacieli, che da qui dista sette chilometri o poco più, mentre un ponte è in costruizione tra Kinmen e Lieyu.

Del milione e mezzo di turisti cinesi, oggi, non c'è neanche l'ombra. La Cina è in lockdown completo per il coronavirus, e tra una decina di giorni mezzo mondo seguirà. Sono in pratica l'unico turista straniero in tutta l'isola, e anche turisti taiwanesi non se ne vedono - siamo in mezzo alla settimana, in periodo non vacanziero.
Proseguo verso sud-ovest lungo una strada principale, senza marciapiede, che corre attraverso una specie di foresta a metà tra il clima temperato e quello tropicale. Il traffico è davvero modesto.

Ad un incrocio con un'altra strada principale, di fronte al tempio di Xiu Wen Dian, nel vicinato di Shanqian, trovo un piccolo gruppo di case tradizionali in stile fujianese.

Faccio una seconda sosta al vicinato di Sianjyu, dove mi ricongiungo con l'altra strada principale. Qui, un'altra dimora di rilevanza storica, la residenza di un virtuoso locale conosciuto come Lu Routeng, è stata completamente ristrutturata. La struttura originale è del 1600 circa, anche se in parte collassata negli anni '60. L'edificio è ciò che rimane di una più ampia residenza, persa nel tempo.

Passato sulla strada principale, meno di un chilometro dopo si passa davanti alla sede della Hong Bo Ceramics, il principale produttore di ceramiche dell'isola, e noto per creare le bottiglie speciali per il kaoliang, un liquore a base sorgo prodotto a Kinmen che per me è benzina pura, ma che è un apprezzato (!) souvenir nonché una delicatezza apprezzata qui, in Cina e in Corea del Sud.
La fabbrica, che di solito pullula di turisti e relativi bus che portano qui, sembra chiusa. Tiro dritto, ma cento metri dopo torno indietro per vedere se fosse davvero chiusa. In realtà è aperta (San Google Translate da Mountainview mi aiuta a capirlo...) e ne approfitto per acquistare un shisa, o wind lion god, la divinità che respingeva gli spiriti maligni portati dal vento a causa della deforestazione dell'isola durante l'epoca Ming.

L'isola è piena di queste statue a forma di leone mitologico, assai simili a quelle che si trovano nell'arcipelago delle Ryukyu in Giappone. Per chi volesse, ci sono itinirerari a Kinmen per trovare tutti i leoni del vento sparsi per l'isola principale.
Una bottiglia gigante di Kinmen Kaoliang sopra una ormai dismessa torretta da guardia segna l'ingresso al villaggio di Shuitou, uno dei posti più interessanti della zona occidentale di Kinmen.

Da qui parte la zona pedonale del villaggio, che offre anche una zona picnic sotto un enorme banyan.

È marzo, e il fiore nazionale è in piena infiorescenza.

Il villaggio conserva dozzine di case ed edifici tradizionali in stile Minnan, e in stile occidentale; era il punto di passaggio tra Xiamen (Amoy) e Kinmen (Quemoy) dato che il porto di Kinmen era poco più a nord e il villaggio ne era il paese più grande; era quindi anche il villaggio più ricco e dimora dei commercianti.


Una delle più raffinate case in stile occidentale è ora la sede dell'Overseas Chinese Culture Museum. La casa, originariamente costruita nel 1931 per il mercante Huang Hui-huang da mastri costruttori locali come dimora di sosta durante i frequenti viaggi da e per l'Indonesia, miscela elementi dell'architettura cinese e orientale con quelli dell'architettura neoclassica occidentale, e rimane uno degli edifici più ricchi di decorazioni e ornamenti di quel periodo in tutta l'isola.

Il museo è per lo più incentrato sulla cultura Peranakan, ovvero le comunità cinesi che si sono insediate in tutto il sud-est asiatico, per lo più in partenza dalle coste del Guangdong e del Fujian.



Avete presente Crazy Rich Asians? Ecco, quello è un esempio di cultura Peranakan (quella malese, in particolare, è chiamata Baba Nyonya). Ne avevo parlato brevemente anche nel TR su Penang. Moda e cucina sono ovviamente due tratti distintivi della cultura Peranakan, e vi sono alcune sale dedicate a questi due aspetti. Il museo è fatto molto bene e con descrizioni in inglese, chiare e concise.


Panorami - un'altra dimora storica in stile occidentale.

Esco dal museo e vago per i vicoli.


A fianco al museo, nella casa color rosa antico, c'è una caffetteria che serve tè al latte con vino di sorgo - non ho osato. Lo chiamano tè di Mao Tse-tung, e hanno anche altri blend, come il tè di Chiang Kai-shek, che dev'essere un'altra delizia... in compenso hanno una collezione di leoni del vento che si può ammirare, e un rifornitissimo negozio di souvenir sullo stesso tema, compresi alcuni in pietra in versione XXL, se avete spazio in valigia.

Dallo spiazzo davanti al museo si possono osservare le due case, insieme alla torre Deyue, costruita per proteggere il ricco villaggio dalle frequenti incursioni dei pirati.

Dalla parte opposta dello spiazzo-parco, si trova un'altra struttura nata a inizio '900 per ospitare la nuova scuola elementare, ed edificata interamente con le sovvenzioni dei cittadini.


Gli spazi sono stati adibiti a museo.


Gironzolo ancora un po' per il delizioso paese. Davvero bello e, senza turisti, molto tranquillo.


Torno verso Jincheng passando per strade minori, attraverso i campi.

Arrivo a Jincheng ormai verso il crepuscolo, giusto in tempo per fare un salto a Mo-fan street alla ricerca di qualcosa da mangiare - e una mediocre foto col telefonino.

(cont.)