[TR] Viaggiare attraverso la pandemia, un anno fa (troppi voli, EK/BR/AE/B7/U2, mix Y e J)


Kinmen è un posto strano. La storia che circonda questo isolotto a 5 chilometri dalla costa cinese, nella baia di Weitou e di fronte a Xiamen (l'antica Amoy), è la storia stessa della guerra civile cinese. Bombardata dagli anni cinquanta fino alla fine degli anni '70, prima con granate, poi con volantini, Kinmen rimase una roccaforte militare fino al 1994, quando le restrizioni di viaggio da/per Taiwan vennero rimosse e l'amministrazione delle due isole che compongono la contea di Kinmen venne affidata nuovamente ai civili. Dal 2015, i turisti dalla Cina possono visitare l'isola e un traghetto collega Kinmen a Xiamen e Quanzhou tutti i giorni.

Prendo un taxi fuori dall'aeroporto e vado in hotel, nel comune di Jincheng, per lasciare le mie cose; la camera è già pronta, ne prendo possesso velocemente e altrettanto velocemente esco.

L'abitato è assai compatto, nel senso di denso; le abitazioni, molte delle quali sono dimore che si trovano qui da centinaia di anni, sono addossate una all'altra e formano una maglia di vicoletti in cui perdersi è un attimo. Subito dietro l'hotel si trova il primo degli edifici più rappresentativi di Jincheng: l'edificio di epoca Qing che fu prima lo studio di uno studioso locale, noto per aver passato gli esami imperiali della dinastia Ming nel 1601, e che quindi divenne il generale delle truppe stanziate, al crescere della città e dei commerci e l'appetito dei pirati che infestavano lo stretto di Taiwan a cavallo tra le dinastie Ming e Qing.

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Nel 1900 venne usato anche per ospitare il governo locale.

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L'edificio, sopravvissuto a quattro secoli di storia, è ora un museo sulla storia militare dell'isola. Militare è un termine che sentirete spesso in questa parte del racconto...

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In alcune sale sono state ricreate delle scenografie con arredi e vestiti dell'epoca.

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Jincheng è il comune più popoloso, nonché capoluogo, della contea di Kinmen; storicamente è stato anche il centro commerciale e amminsitrativo dell'isola e le sue origini risalgono tra il 600 e il 900 dC, durante il periodo della dinastia Tang, quando l'abitato era noto come Houpu. La maggior parte degli edifici storici visibili risale al periodo tra il 1600 e la fine del 1800, come la Kuixing Tower, un piccolo tempio a forma esagonale, esemplificativo dell'architettura religiosa Min meridionale. Il tempio, costruito nel 1836, è stato restaurato negli anni '70 da un discendente della famiglia Lin, che lo eresse per ringraziare le divinità dei buoni affari ottenuti fino a quel momento dopo essersi trasferiti a Kinmen.

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Subito dietro al piccolo tempio, completamente avvolta da impalcature, si trova la dimora in stile occidentale del mercante Chen Shi-yin, che morì prima che la casa potesse essere completata.

A inizio del 1800, il generale e ammiraglio Qiu Liang-Gong eresse un arco in onore della madre, che lo allevò da sola sin dall'età di un mese quando il padre, anch'egli generale, morì. Le cartine riportano il monumento come "arco di castità", e prima di vederlo dal vivo stavo cercando di immaginarmi un complesso meccanismo per garantire l'inviolabilità della signora Hsu. Castità, in questo caso, è solo riferito alla virtù della buona donna, che non si risposò né ebbe altri amori nella sua vita.

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L'arco è in uno slargo che dà sul tempio di Guanyin.

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Lascio il centro del paese e mi dirigo verso sud. Appena usciti dall'abitato, le strade diventano abbastanza unfriendly per i pedoni, specie se invece che prendere le strade minori vado dritto sulla provinciale.

La destinazione è la Juguang Tower, un memoriale costruito nel '53 per i soldati caduti nella battaglia di Guningtou di quattro anni prima.

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I suoi quattro piani sono pieni di cose che non capisco (tutte le didascalie sono in mandarino, alcune ancora battute a macchina da scrivere) - dipinti, quadri, foto, armi, mostrine, divise, diari, oggetti. L'ultimo piano dispone di una terrazza, da cui si può ammirare l'inquinamento sopra Xiamen e i suoi grattacieli, che da qui dista sette chilometri o poco più, mentre un ponte è in costruizione tra Kinmen e Lieyu.

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Del milione e mezzo di turisti cinesi, oggi, non c'è neanche l'ombra. La Cina è in lockdown completo per il coronavirus, e tra una decina di giorni mezzo mondo seguirà. Sono in pratica l'unico turista straniero in tutta l'isola, e anche turisti taiwanesi non se ne vedono - siamo in mezzo alla settimana, in periodo non vacanziero.

Proseguo verso sud-ovest lungo una strada principale, senza marciapiede, che corre attraverso una specie di foresta a metà tra il clima temperato e quello tropicale. Il traffico è davvero modesto.

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Ad un incrocio con un'altra strada principale, di fronte al tempio di Xiu Wen Dian, nel vicinato di Shanqian, trovo un piccolo gruppo di case tradizionali in stile fujianese.

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Faccio una seconda sosta al vicinato di Sianjyu, dove mi ricongiungo con l'altra strada principale. Qui, un'altra dimora di rilevanza storica, la residenza di un virtuoso locale conosciuto come Lu Routeng, è stata completamente ristrutturata. La struttura originale è del 1600 circa, anche se in parte collassata negli anni '60. L'edificio è ciò che rimane di una più ampia residenza, persa nel tempo.

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Passato sulla strada principale, meno di un chilometro dopo si passa davanti alla sede della Hong Bo Ceramics, il principale produttore di ceramiche dell'isola, e noto per creare le bottiglie speciali per il kaoliang, un liquore a base sorgo prodotto a Kinmen che per me è benzina pura, ma che è un apprezzato (!) souvenir nonché una delicatezza apprezzata qui, in Cina e in Corea del Sud.

La fabbrica, che di solito pullula di turisti e relativi bus che portano qui, sembra chiusa. Tiro dritto, ma cento metri dopo torno indietro per vedere se fosse davvero chiusa. In realtà è aperta (San Google Translate da Mountainview mi aiuta a capirlo...) e ne approfitto per acquistare un shisa, o wind lion god, la divinità che respingeva gli spiriti maligni portati dal vento a causa della deforestazione dell'isola durante l'epoca Ming.

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L'isola è piena di queste statue a forma di leone mitologico, assai simili a quelle che si trovano nell'arcipelago delle Ryukyu in Giappone. Per chi volesse, ci sono itinirerari a Kinmen per trovare tutti i leoni del vento sparsi per l'isola principale.

Una bottiglia gigante di Kinmen Kaoliang sopra una ormai dismessa torretta da guardia segna l'ingresso al villaggio di Shuitou, uno dei posti più interessanti della zona occidentale di Kinmen.

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Da qui parte la zona pedonale del villaggio, che offre anche una zona picnic sotto un enorme banyan.

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È marzo, e il fiore nazionale è in piena infiorescenza.

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Il villaggio conserva dozzine di case ed edifici tradizionali in stile Minnan, e in stile occidentale; era il punto di passaggio tra Xiamen (Amoy) e Kinmen (Quemoy) dato che il porto di Kinmen era poco più a nord e il villaggio ne era il paese più grande; era quindi anche il villaggio più ricco e dimora dei commercianti.

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Una delle più raffinate case in stile occidentale è ora la sede dell'Overseas Chinese Culture Museum. La casa, originariamente costruita nel 1931 per il mercante Huang Hui-huang da mastri costruttori locali come dimora di sosta durante i frequenti viaggi da e per l'Indonesia, miscela elementi dell'architettura cinese e orientale con quelli dell'architettura neoclassica occidentale, e rimane uno degli edifici più ricchi di decorazioni e ornamenti di quel periodo in tutta l'isola.

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Il museo è per lo più incentrato sulla cultura Peranakan, ovvero le comunità cinesi che si sono insediate in tutto il sud-est asiatico, per lo più in partenza dalle coste del Guangdong e del Fujian.

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Avete presente Crazy Rich Asians? Ecco, quello è un esempio di cultura Peranakan (quella malese, in particolare, è chiamata Baba Nyonya). Ne avevo parlato brevemente anche nel TR su Penang. Moda e cucina sono ovviamente due tratti distintivi della cultura Peranakan, e vi sono alcune sale dedicate a questi due aspetti. Il museo è fatto molto bene e con descrizioni in inglese, chiare e concise.

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Panorami - un'altra dimora storica in stile occidentale.

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Esco dal museo e vago per i vicoli.

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A fianco al museo, nella casa color rosa antico, c'è una caffetteria che serve tè al latte con vino di sorgo - non ho osato. Lo chiamano tè di Mao Tse-tung, e hanno anche altri blend, come il tè di Chiang Kai-shek, che dev'essere un'altra delizia... in compenso hanno una collezione di leoni del vento che si può ammirare, e un rifornitissimo negozio di souvenir sullo stesso tema, compresi alcuni in pietra in versione XXL, se avete spazio in valigia.

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Dallo spiazzo davanti al museo si possono osservare le due case, insieme alla torre Deyue, costruita per proteggere il ricco villaggio dalle frequenti incursioni dei pirati.

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Dalla parte opposta dello spiazzo-parco, si trova un'altra struttura nata a inizio '900 per ospitare la nuova scuola elementare, ed edificata interamente con le sovvenzioni dei cittadini.

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Gli spazi sono stati adibiti a museo.

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Gironzolo ancora un po' per il delizioso paese. Davvero bello e, senza turisti, molto tranquillo.

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Torno verso Jincheng passando per strade minori, attraverso i campi.

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Arrivo a Jincheng ormai verso il crepuscolo, giusto in tempo per fare un salto a Mo-fan street alla ricerca di qualcosa da mangiare - e una mediocre foto col telefonino.

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(cont.)
 
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Il secondo giorno a Kinmen mi sposto verso la parte orientale dell'isola. Dopo aver studiato l'orario dei bus con l'aiuto di google translate e coloratissime cartine, capisco (circa) quale mezzo prendere per arrivare alla stazione degli autobus di Shanwai, nel paese di Kinhu (o Jinhu secondo la traslitterazione pinyin, come ho visto su quasi tutti i cartelli).

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La scampagnata fino a qui è per vedere principalmente il 23 August Artillery Battle Museum, dedicato alla seconda crisi nello stretto di Taiwan, quando l'esercito della Cina comunista cercò di prendere con la forza l'isolotto di Dongding, al largo di Kinmen, prendendo però solo sonori schiaffoni.

Jinhu è il piccolo paese-hub dell'area, con negozi. servizi e scuole.

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Per arrivare al museo, si passa lungo il lago Tai, il più grande bacino artificiale di acqua dolce dell'isola, e il Zhongzheng Memorial Park.

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Everrich ha costruito qui un mega hotel a cinque stelle con incluso duty free, ad uso e consumo dei turisti cinesi. Hotel ovviamente vuoto e duty free chiuso, stante la pandemia.

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Il museo è anche un parco con memorabilia militari; d'altra parte, la storia militare è indissolubilmente legata a quest'isola.

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Durante la seconda crisi dello stretto, si ebbero anche i primi duelli aerei in cui missili guidati abbatterono altri velivoli. Alcuni F-86 di produzione americana vennero modificati per poter lanciare l'AIM-9 Sidewinder, un missile a guida infrarossa, e messi a disposizione dell'aeronautica taiwanese. Uno degli scontri più famosi avvenne il 22 settembre, quando 32 F-86 si scontrarono con un centinaio di Mig-15 e -17, abbattendone una buona parte.

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L'edificio che ospita la mostra permanente non è molto grande e si visita in una mezz'ora. Tutte le descrizioni sono anche in inglese, quindi è facile seguire il percorso espositivo.

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Tra il 23 Agosto e il 6 Ottobre del 1958, si è conteggiato che Kinmen e Lieyu siano stati colpiti da oltre 470.000 proiettili di artiglieria. Un parte dei frammenti delle bombe venne, e viene tutt'ora, recuperata da alcuni maestri coltellai che utilizzano l'acciaio degli involucri per creare coltelli, tra cui Maestro Wu. I coltelli di Kinmen sono un popolare souvenir.

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Il museo condivide il giardino con il Banyan Park, i cui spazi esterni ne sono la continuazione; un enorme albero di banyan ne è il centro focale.

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A fianco all'albero è stata ristrutturata una casa tipica, appartenuta ad uno scolaro del periodo Ming.

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Riprendo uno dei bus che vanno verso ovest, e scendo pochi km dopo alla fermata di Chenggong (santo GPS). Alcune case tradizionali sono state ristrutturate poco oltre la fermata.

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Sembra che qui facciano i ravioli fritti più buoni dell'isola, anche se sembrano più dei panzerotti ripieni di verdure e carne. Non ho metri di paragone, ma buoni erano buoni.

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Continuo lungo il paese, verso la costa, per arrivare alla più grande residenza in stile occidentale presente sull'isola, un tempo appartenuta a Chen Ching-Lan, uno dei tanti espatriati che andò a fare fortuna a Singapore, dove organizzò diverse attività filantropiche, tra cui la costruzione di quella che, all'epoca, era la più grossa scuola cinese privata dell'ex colonia britannica. Nel 1921, inizò la costruzione della dimora, tutt'ora esistente, e che fu utilizzata per diverse funzioni, tra cui scuola superiore, deposito di munizioni e ospedale, fino alla trasformazione in monumento.

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Molti degli arredi sono originali, come lo sono tutti i soffitti e i pavimenti.

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Al piano nobile si trova il camminamento esterno, una terrazza coperta dalla quale si ha una bella vista sul parco sottostante e lo stretto di Taiwan.

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Uscendo attraverso il parco, andando verso la costa, si arriva poco dopo pochi passi ad una serie di tunnel sotterranei (Chenggong tunnels), sormontati da una postazione da difesa costiera lungo il crinale più alto della costa sud. Essendo al centro meridionale dell'isola, una guarnigione (Chung Sheng Outpost) è presente sin dai tempi della dinastia Ming.

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L'ingresso del tunnel è allo stesso livello delle garitte che proteggono l'ingresso del posto di osservazione. Sono entrambi a libero accesso - ovviamente non è più un'installazione militare attiva.

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Il tunnel è visitabile liberamente; occhio alla testa...

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Alcuni dei locali sotterranei erano rifiniti appena appena meglio per ospitare funzioni di comando.

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Non sono stati fatti particolari lavori di conservazione - questa porta, ormai consunta dalla salsedine e dall'umidità, lo dimonstra.

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Il tunnel scende in modo graduale...

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... fino ad arrivare al livello del mare, dove si trovano i bunker che alloggiavano i pezzi semoventi e le feritoie per i fucilieri. La spiaggia di Chengkeng era uno dei possibili punti di sbarco dell'esercito comunista, e pertanto tutta la zona era pesantemente protetta contro eventuali assalti e sbarchi.

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I semoventi da 90mm erano originariamente pensati per la difesa antiaerea; ritirati da tale ruolo, vennero adattati per la difesa costiera.

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Alcuni dei locali per la truppa.

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Meglio non dover fuggire da qui...

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L'uscita è comunque a pochi passi - da questo punto e fino alla spiaggia, i tunnel diventano dei bunker artificiali che riparavano cingolati, usati come cannoni costieri mobili.

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La vegetazione è quasi mediterranea...

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Purtroppo la spiaggia è stata rovinata dai tetrapodi usati per frangere i flutti e proteggere le strutture in cemento armato del comando difensivo; la passione per queste strutture è tipicamente taiwanese/giapponese - difficile trovare porzioni di costa liberi da questi mostri di cemento, a parte rarissime eccezioni. In aggiunta, sono ancora visili le parti più alte dei ricci cechi (dei cavalli di frisia evoluti :D) lungo la parte più esposta della spiaggia, a protezione dagli sbarchi.

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L'acqua è comunque balneabile e le vecchie strutture (alloggi e edifici di servizio) sono state riadattate per i turisti, lasciando l'aura militare nei colori mimetici. A servizio della spiaggia ci sono docce, bagni, spogliatoi e alcuni piccoli ristoranti/bar.

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Torno verso la strada principale per acchiappare un autobus di ritorno verso Jincheng; ovviamente vedo sfilare l'autobus mentre salgo gli scalini in direzione della fermata... ma poco male, perché ho così modo di dare un occhio al tempio di Hsiang Te; costruito in onore del dio Wen, per proteggere i marinai durante le uscite in mare e, al suo fianco, la torretta da guardia di Shang Ching, costruita con i materiali di risulta del palazzo di Cheng Jing-Lan, come posto di guardia.

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Da qui si vede anche l'aeroporto, che non disterà più di 4/5 chilometri in linea d'aria.

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Attendo un Atr di Uni Air decollare e passarmi sulla testa prima di tornare alla colorata fermata del bus e aspettare il mio passaggio di ritorno per Jincheng.

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DaV
 
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Bravo! A meno che non li paghino, fare straordinario = fare volontariato quello va fatto solo per cause nobili... tipo scrivere il TR.

Ho sempre pensato che gli anni '10 e '20 del 1900 abbiano prodotto le mejo case di sempre e il maniero del Chen Ching-Lan buon'anima me lo conferma. Il confronto con l'ecomostro Everrich è come se il Real Madrid sfidasse gli scapoli del paese.
 
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Il secondo giorno a Kinmen mi sposto verso la parte orientale dell'isola. Dopo aver studiato l'orario dei bus con l'aiuto di google translate e coloratissime cartine, capisco (circa) quale mezzo prendere per arrivare alla stazione degli autobus di Shanwai, nel paese di Kinhu (o Jinhu secondo la traslitterazione pinyin, come ho visto su quasi tutti i cartelli).

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La scampagnata fino a qui è per vedere principalmente il 23 August Artillery Battle Museum, dedicato alla seconda crisi nello stretto di Taiwan, quando l'esercito della Cina comunista cercò di prendere con la forza l'isolotto di Dongding, al largo di Kinmen, prendendo però solo sonori schiaffoni.

Jinhu è il piccolo paese-hub dell'area, con negozi. servizi e scuole.

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Per arrivare al museo, si passa lungo il lago Tai, il più grande bacino artificiale di acqua dolce dell'isola, e il Zhongzheng Memorial Park.

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Everrich ha costruito qui un mega hotel a cinque stelle con incluso duty free, ad uso e consumo dei turisti cinesi. Hotel ovviamente vuoto e duty free chiuso, stante la pandemia.

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Il museo è anche un parco con memorabilia militari; d'altra parte, la storia militare è indissolubilmente legata a quest'isola.

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Durante la seconda crisi dello stretto, si ebbero anche i primi duelli aerei in cui missili guidati abbatterono altri velivoli. Alcuni F-86 di produzione americana vennero modificati per poter lanciare l'AIM-9 Sidewinder, un missile a guida infrarossa, e messi a disposizione dell'aeronautica taiwanese. Uno degli scontri più famosi avvenne il 22 settembre, quando 32 F-86 si scontrarono con un centinaio di Mig-15 e -17, abbattendone una buona parte.

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L'edificio che ospita la mostra permanente non è molto grande e si visita in una mezz'ora. Tutte le descrizioni sono anche in inglese, quindi è facile seguire il percorso espositivo.

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Tra il 23 Agosto e il 6 Ottobre del 1958, si è conteggiato che Kinmen e Lieyu siano stati colpiti da oltre 470.000 proiettili di artiglieria. Un parte dei frammenti delle bombe venne, e viene tutt'ora, recuperata da alcuni maestri coltellai che utilizzano l'acciaio degli involucri per creare coltelli, tra cui Maestro Wu. I coltelli di Kinmen sono un popolare souvenir.

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Il museo condivide il giardino con il Banyan Park, i cui spazi esterni ne sono la continuazione; un enorme albero di banyan ne è il centro focale.

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A fianco all'albero è stata ristrutturata una casa tipica, appartenuta ad uno scolaro del periodo Ming.

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Riprendo uno dei bus che vanno verso ovest, e scendo pochi km dopo alla fermata di Chenggong (santo GPS). Alcune case tradizionali sono state ristrutturate poco oltre la fermata.

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Sembra che qui facciano i ravioli fritti più buoni dell'isola, anche se sembrano più dei panzerotti ripieni di verdure e carne. Non ho metri di paragone, ma buoni erano buoni.

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Continuo lungo il paese, verso la costa, per arrivare alla più grande residenza in stile occidentale presente sull'isola, un tempo appartenuta a Chen Ching-Lan, uno dei tanti espatriati che andò a fare fortuna a Singapore, dove organizzò diverse attività filantropiche, tra cui la costruzione di quella che, all'epoca, era la più grossa scuola cinese privata dell'ex colonia britannica. Nel 1921, inizò la costruzione della dimora, tutt'ora esistente, e che fu utilizzata per diverse funzioni, tra cui scuola superiore, deposito di munizioni e ospedale, fino alla trasformazione in monumento.

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Molti degli arredi sono originali, come lo sono tutti i soffitti e i pavimenti.

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Al piano nobile si trova il camminamento esterno, una terrazza coperta dalla quale si ha una bella vista sul parco sottostante e lo stretto di Taiwan.

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Uscendo attraverso il parco, andando verso la costa, si arriva poco dopo pochi passi ad una serie di tunnel sotterranei (Chenggong tunnels), sormontati da una postazione da difesa costiera lungo il crinale più alto della costa sud. Essendo al centro meridionale dell'isola, una guarnigione (Chung Sheng Outpost) è presente sin dai tempi della dinastia Ming.

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L'ingresso del tunnel è allo stesso livello delle garitte che proteggono l'ingresso del posto di osservazione. Sono entrambi a libero accesso - ovviamente non è più un'installazione militare attiva.

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Il tunnel è visitabile liberamente; occhio alla testa...

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Alcuni dei locali sotterranei erano rifiniti appena appena meglio per ospitare funzioni di comando.

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Non sono stati fatti particolari lavori di conservazione - questa porta, ormai consunta dalla salsedine e dall'umidità, lo dimonstra.

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Il tunnel scende in modo graduale...

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... fino ad arrivare al livello del mare, dove si trovano i bunker che alloggiavano i pezzi semoventi e le feritoie per i fucilieri. La spiaggia di Chengkeng era uno dei possibili punti di sbarco dell'esercito comunista, e pertanto tutta la zona era pesantemente protetta contro eventuali assalti e sbarchi.

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I semoventi da 90mm erano originariamente pensati per la difesa antiaerea; ritirati da tale ruolo, vennero adattati per la difesa costiera.

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Alcuni dei locali per la truppa.

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Meglio non dover fuggire da qui...

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L'uscita è comunque a pochi passi - da questo punto e fino alla spiaggia, i tunnel diventano dei bunker artificiali che riparavano cingolati, usati come cannoni costieri mobili.

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La vegetazione è quasi mediterranea...

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Purtroppo la spiaggia è stata rovinata dai tetrapodi usati per frangere i flutti e proteggere le strutture in cemento armato del comando difensivo; la passione per queste strutture è tipicamente taiwanese/giapponese - difficile trovare porzioni di costa liberi da questi mostri di cemento, a parte rarissime eccezioni. In aggiunta, sono ancora visili le parti più alte dei ricci cechi (dei cavalli di frisia evoluti :D) lungo la parte più esposta della spiaggia, a protezione dagli sbarchi.

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L'acqua è comunque balneabile e le vecchie strutture (alloggi e edifici di servizio) sono state riadattate per i turisti, lasciando l'aura militare nei colori mimetici. A servizio della spiaggia ci sono docce, bagni, spogliatoi e alcuni piccoli ristoranti/bar.

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Torno verso la strada principale per acchiappare un autobus di ritorno verso Jincheng; ovviamente vedo sfilare l'autobus mentre salgo gli scalini in direzione della fermata... ma poco male, perché ho così modo di dare un occhio al tempio di Hsiang Te; costruito in onore del dio Wen, per proteggere i marinai durante le uscite in mare e, al suo fianco, la torretta da guardia di Shang Ching, costruita con i materiali di risulta del palazzo di Cheng Jing-Lan, come posto di guardia.

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Da qui si vede anche l'aeroporto, che non disterà più di 4/5 chilometri in linea d'aria.

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Attendo un Atr di Uni Air decollare e passarmi sulla testa prima di tornare alla colorata fermata del bus e aspettare il mio passaggio di ritorno per Jincheng.

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DaV
Grazie per aver postato questo TR. Avrei voluto tanto volare EVA AIR e visitare Taiwan
 
L'ultimo giorno a Kinmen sarà abbastanza denso - ho il volo di ritorno a Taipei il pomeriggio e per la mattina ho in programma un altro tunnel - quello di Jhaishan.

Torno alla stazione dei bus - stavolta so esattamente quale prendere e so pure l'orario!

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Arrivo poco dopo le nove e mezza all'ingresso del tunnel - non c'è nessun altro a parte una delle guide che gironzola un po' annoiata, in attesa di qualche gruppo che non arriverà mai. Il turismo, causa pandemia, è davvero morto.

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Nel parco esterno vi sono alcuni residuati bellici, tra cui le barche che venivano usate per entrare all'interno dei tunnel con il materiale bellico e le provviste portate da Taiwan.

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L'ingresso del tunnel vero è proprio è composto da una casupola di guardia al portellone in acciaio.

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Sulla parete sono inscritti alcuni slogan da machismo militare (la scritta dice qualcosa tipo "addestrare i soldati per quello che dovrebbero essere: forti, maschili, seri, calmi, leali, coraggiosi, ecc ecc).

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I due tunnel, divergenti rispetto al punto in cui si uniscono in un piccolo bacino interno, sono stati costruiti in tre anni a partire dal 1963, principalmente tramite scavatura manuale e meccanica nella roccia di granito che costituisce il piccolo promontorio da cui sono protetti.

Un primo tunnel dritto, dove si trova anche il negozio di souvenir e la cesta dove prendere l'obbligatorio elmetto protettivo, porta alla scalinata che scende al livello dei tunnel marini.

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I tunnel formano grosso modo una A, senza il trattino centrale, più un tunnel supplementare cieco che si dirama da uno dei due canali, dove venivano parcheggiate le barche più piccole quando non erano in uso.

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I tunnel sono tutt'ora allagati, ma non più utilizzati. A partire dagli anni '80, sedimenti di limo hanno iniziato ad ostruire i due ingressi, che ora sono sbarrati. Negli anni '90, con la smilitarizzazione dell'isola, i tunnel vennero affidati al neonato parco sovrastante per mantenerne la memoria storica. Sotto si vede bene il deposito di limo che ha ostruito l'apertura (il mare è alle mie spalle).

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Si può anche seguire un percorso esterno, attraverso la pineta sopra al promontorio, per osservare l'ingresso dei tunnel dal mare.

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Uno dei due ingresso, chiaramente sbarrato.

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Torno verso l'uscita e mi dirigo a piedi verso il lago Gugang, l'unico lago naturale dell'isola, poco più di un chilometro e mezzo a nord, dove si trova una pagoda.

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Ancora pochi chilometri più a nord si trova Jinmencheng, una delle cittadelle fortificate da cui si presume abbia preso il nome Kinmen. Delle mura non rimane molto, a parte un piccolo tratto che incorpora la porta nord, ed è stato parzialmente ricostruito.

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Dal muro di cinta si può ammirare dall'alto la Ming Yi Old Street.

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... che si può anche ammirare dal basso. La strada è una delle più antiche di tutta Kinmen, quando Jinmencheng era la "capitale" dell'isola nel 1600. La vecchia strada era dove si trovavano la maggior parte dei negozi di alimentari.

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Alcuni degli edifici sono aperti.

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Camminando nella direzione diametralmente opposta, dove una volta si trovava la porta sud, ora si trova la fabbrica di kaoliang, liquore a base di sorgo. Sapendo il mandarino, si può anche partecipare ad una visita guidata; all'interno si trova uno shop, nel caso siate particolarmente attratti dal bere benzina.

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La strada che porta alla fabbrica è piuttosto pittoresca, con molti edifici storici.

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... e una statua del signor Ye Hua Cheng, il fondatore della fabbrica di kaoliang. La sua casa, poco distante, è ora un museo, che purtroppo era chiuso causa pandemia.

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Pochi passi più in là si trova la Wentai pagoda, una delle tre pagode originali del periodo Ming, costruita nel 1387 su ordine diretto dell'Imperatore.

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Di fronte si trova un piccolo tempio con un bel tavolo in pietra all'ombra di un enorme albero, dove mi fermo per un picnic.

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Tornato a Jincheng per un ultimo giro e recuperare la valigia prima di partire, mi imbatto nella coda per la distribuzione delle mascherine organizzata dal governo - ogni cittadino taiwanese ha ricevuto tre mascherine ogni paio di giorni durante la fase iniziale della pandemia, prima che le fabbriche locali fossero a regime per soddisfare l'aumentata richiesta e le mascherine tornassero normalmente disponibili nei minimarket e supermercati dopo alcune settimane.

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Trovo un taxi subito fuori dall'hotel, e con un po' di google translate faccio capire che voglio andare all'aeroporto.

Arrivo prima dell'apertura del check-in nazionale - e si che ormai dovrei saperlo che arrivare due ore prima è inutile... - i due addetti mi guardano cercando di capire se avessi praticamente perso un volo precedente o altro, finché non tiro fuori la mia bella stampata che chiarisce che sono semplicemente in anticipo.

Che fare quindi, se non sedersi alle vetrate con uno snack a guardare i movimenti sul piazzale (no, l'Amuchina non era parte degli snack), in attesa che apra il check-in?

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Non che il traffico sia particolarmente eccitante - frullini di Mandarin e UniAir avanti e indietro.

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Appena apre il check-in, vado a far pesare la valigia, pago l'excess baggage fee (pochi euro... mi pare 6 o 7€) e vado ai controlli di sicurezza, che sono velocissimi - non che ci sia molto traffico a quest'ora.

L'area dopo i controlli non è particolarmente ispirata, ma ci sono un duty free e alcuni negozi con le cose tipiche di Kinmen - kaoliang, noccioline, elaboratissimi vasi e oggetti in ceramica dalla fabbrica locale.

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Non manca l'area gioco per i bambini, con i Wind Lion Gods a fare da guardia.

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Volo: B7 8826
Tratta: Kinmen (KNH) >>> Taipei-Sungshan (TSA)
Aereo: ATR 72-600
Età: 4.6 anni
Reg: B-17007
Posto: 3A
Sched/Actual: 1730-1840 // 1736-1828
Durata volo: 52′
Gate: 4

Imbarchiamo in orario - il volo è sostanzialmente pieno. Attendiamo gli ultimi ritardatari mentre il sole si fa basso sull'orizzonte: siamo sul tropico, alle 18 di solito è già buio.

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Lo spazio per le gambe è come sempre sull'ATR. Se non siete alti due metri, dovreste starci bene.

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Finiti di contare i passeggeri a bordo, viene fatta la dimostrazione di sicurezza, in mandarino e in inglese, e avviati i due turboprop. So di essere in minoranza, ma a me piace volare sui frullini.

Decolliamo verso nord-est e puntiamo diritti verso Taipei. Kinmen è relativamente piccola e dall'alto è abbastanza chiaro; questo è punto di più stretto nord-sud, circa 3km da costa a costa.

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Solita cabina ATR. Le due assistenti di volo passano distribuendo acqua e una salviettina. A bordo è rigorosamente obbligatorio tenere la mascherina.

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Sorvoliamo un tappeto di nuvole fino al tramonto, e atterriamo poco dopo a Taipei Sungshan.

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Atterrare a Songshan è abbastanza emozionante, visto che si sorvola tutta Nuova Taipei e Taipei. Il ritiro bagagli a Songshan è praticamente immediato; prendo la metro e scendo due fermate dopo a Nanjing Fuxing, dove ho l'hotel - strategico per la vicinanza a TSA e alla linea della metro con un cambio unico per TPE. L'unico problema è stato capire quale fosse l'uscita giusta dalla stazione della metropolitana... un incubo!

L'albergo è davvero caruccio - un quattro stelle in una zona tranquilla, con tonnellate di negozi a pochi passi. Come da prassi, mi viene misurata la temperatura e fatto compilare il modulo con i recapiti. È mezzo vuoto, come vedrò la mattina dopo a colazione - rigorosamente servita al tavolo e pre-confezionata (niente buffet, sempre a causa della pandemia). Riesco anche ad avere un late check-out gratuito - il giorno della mia partenza non sono previsti nuovi arrivi! Ormai parte della dotazione di molti hotel: lo spray igienizzante direttamente in camera, in bella mostra a fianco ad acqua imbottigliata e snack.

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Cado in catalessi dopo una cena a base di schifezze assortite trovate al 7-Eleven dietro l'angolo.

(cont.)
 
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Mi sveglio tardissimo e impiego tutta la mattina a rifare la valigia come si conviene, ovvero viaggiare con quanta meno roba possibile come bagaglio a mano.

Mi rimane solo un breve pomeriggio per respirare quanta più taiwanesità possibile - ho il vago sentore che non ci libereremo presto della pandemia e delle restrizioni ai viaggi che iniziano a farsi largo in ogni dove: chissà quando potrò tornare.

Torno verso la fermata della metro che tanto mi ha fatto dannare la sera prima - entrare è più semplice che uscire.

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Vado nei pressi dello Yuanshan Park, dove viene svolto un farmers' market locale, per una seconda colazione pomeridiana.

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Il mercato è in parte sotto il centro esposizioni, in parte all'aperto. Ne aprofitto per fare qualche ultimo acquisto, per lo più tè.

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Prendo anche qualcosa da sgranocchiare, mentre sulla testa continuano a passare gli aerei in atterraggio a Songshan.

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Non lontano si trovano il tempio di Confucio e il tempio Dalongdong Baoan - al massimo a una quindicina di minuti a piedi, verso dove mi incammino.

Lungo la strada porticata si trova un concessionario e stazione di ricarica di Gogoro - un produttore locare di motorini elettrici con un innovativo sistema di distribuzione delle batterie, sia a self-swap che a ricarica rapida, assai capillare in tutto il paese. I motorini hanno un design ad ovetto molto accattivante che strizza l'occhio allo stile retrò anni '50. Spero si espandano anche in Europa, prima o poi!

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Mentre un venditore di fiori ha deciso di decorare il soffitto dei portici a modo suo:

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Al tempio di Confucio fanno più controlli che in aeroporto, e quindi lascio perdere di entrare - c'ero comunque già stato;

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Come ero già stato anche al Dalongdong Baoan ma, visto che non ci sono controlli ed è praticamente vuoto, entro lo stesso.

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Vedere uno dei templi principali della città così vuoto fa un po' impressione.

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Se qualcuno si chiedesse da dove traggano spunto gli anime giapponesi...

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Un giorno o l'altro compro una lanterna originale da mettere all'ingresso di casa.

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Nel mio girovagare quasi a caso riprendo la metro e torno verso sud, a Ximending, alla ricerca di negozi di dischi - un mio collega, di passaggio qualche mese prima, me ne aveva segnalato un paio; in particolare il fornitissimo Chia Chia Zhonghua Record Store.

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Vagamente affamato, vado al miglior pollo fritto dell'isola. O almeno così dicono! In effetti non era male.

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E, ora anche stanco, decido di tornare in albergo, recuperare la valigia e andare in aeroporto, anche se mancano ore e ore prima della partenza del volo.

Prendo la metro viola, che in questo periodo compie il terzo anniversario dall'inaugurazione del servizio aeroportuale. La stazione è su un livello separato rispetto a quello delle altre due linee che serve la stazione centrale di Taipei.

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Si può fare il check-in alle postazioni in stazione, ma a causa della pandemia il servizio è momentaneamente sospeso. L'area è infatti deserta.

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Il treno arriva subito e in 35 minuti sono in aeroporto.

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Il treno è uno degli express che fa solo due fermate. A causa del crollo dei viaggiatori, è quasi completamente vuoto.

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Arrivo alla scultura all'ingresso del terminal - l'unica differenza rispetto al solito è che non c'è nessuno.

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Vado ai banchi Eva Air - non c'è praticamente nessuno. L'addetta verifica i titoli di viaggio e mi consegna la carta d'imbarco per il volo su Parigi. Alle postazioni di sicurezza è il deserto dei tartari; mi fermo a parlare con uno degli addetti alla sicurezza, dopo il controllo, relativamente alla situazione della pandemia e al crollo dei voli.

Il controllo passaporto è stato automatizzato per tutti i passeggeri, per evitare quanto più possibile i contatti interpersonali; di solito si può accedere alle postazioni automatizzate solo registrandosi. Quindi, per la prima volta da quando viaggio da/per Taiwan, non ho il timbro in uscita dal paese. Anche qui, non c'è praticamente nessuno.

Vado direttamente verso una delle lounge di Eva Air - o meglio, verso l'unica che è aperta, la Infinity. L'interno è un filo sopra le righe per i miei gusti, con tutti quei neon colorati. Però è mezza vuota, e non si riempirà neppure per l'ondata di mezzanotte verso il nord America.

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Il buffet però è quasi al completo, inclusi i piatti caldi e bar al gran completo. Prendo degli spaghetti di riso e qualcosa di dolce (i gelati erano Haagen-Dazs).

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Passo il tempo cazzeggiando sullo smartphone e facendo frequenti spuntini, la quiete disturbata solo da tre tizi americani che hanno evidentemente perso il controllo delle corde vocali tra un whiskey e l'altro. Vado al gate circa 30 minuti prima del volo, quando annunciano in sala che possiamo imbarcarci.

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Volo: BR 87
Tratta: Taoyuan Taiwan International (TPE) >>> Paris-Charles de Gaulle (CDG)
Aereo: Boeing 777-300ER
Marche: B-16736
Età: 3.0 anni
Posto: 10K
Sched/Actual: 2350-0640+1 // 2355-0633+1
Durata volo: 13h 38'
Gate: C08

Dovevo volare diretto su MXP ma il volo, causa pandemia, è stato più volte rimandato e infine sospeso; al momento della prenotazione, circa due mesi prima del volo, c'erano 11 prenotati in J, per chi fosse interessato.

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La migliore soluzione che abbiamo trovato con il call centre Eva Air è volare su Parigi, dato che il volo su Vienna era pieno, e continuare con un volo a parte; così faccio, con la prosecuzione su easyJet.

Vengo accolto dalla capocabina, rigorosamente con mascherina come obbligatorio anche per tutti i passeggeri. Vado al mio posto, l'ultimo della cabina di business class; il volo è praticamente vuoto (7 passeggeri in J su 39 posti disponibili, di cui due nella seconda cabina di J e gli altri 4 nella cabina anteriore; economy altrettanto vuota).

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Preferisco i sedili dei 787-10, che offrono maggiore privacy; ciò detto, con il volo vuoto, non è un gran problema, e il sedile è comunque estremamente comodo e si trasforma in ogni caso in un letto orizzontale.

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Coperta, cuffie, ciabatte, cuscino e una bottiglietta di acqua Fiji sono già presenti al posto; dopo pochi minuti arriva l'assistente di volo - Kate - che stazionerà sul mio corridoio per chiedermi se volessi qualcosa da bere durante le fasi dell'imbarco e consegnarmi il voluminoso menu, menu delle bevande e menu dei tè; mi suggerisce un bicchiere di champagne, e dato che non continuo ad essere un signor nessuno per dire di no, accetto volentieri; tornerà dopo pochi minuti con il bicchiere, un cioccolatino Valrhona e un oshibori.

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Ho già scelto il piatto principale tramite l'app, ma la gentilissima Kate mi comunica che, se volessi cambiare scelta, avevano pasti in più per ogni tipologia e di farglielo sapere. Mi chiede anche se preferissi cenare subito dopo il decollo o più tardi. Opto per cenare il prima possibile e dormire un po', visto che è già mezzanotte ora locale.

Mentre vengono ritirati i bicchieri e gli oshibori, viene distribuito l'amenity kit di Salvatore Ferragamo - purtroppo l'icononico amenity Rimowa non è più disponibile in quanto Rimowa ha deciso di terminarne la produzione per tutte le compagnie. Quello di Ferragamo è molto simile, ma è nero invece che essere colorato.

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Vengono anche consegnati i pigiami. Prendo una M, ma la L sarebbe stata meglio - le taglie sono asiatiche...

Chiudiamo le porte e rulliamo velocemente verso la pista mentre sugli schermi si svolge la dimostrazione di sicurezza. Mi sembra tutto un po' surreale, non so ancora che cosa mi aspetti al rientro in Italia; quel che sembra certo è che possa quantomeno tornare a casa e autoisolarmi per quindici giorni - non un grosso problema visto che dall'ufficio siamo già passati in smart working da una settimana abbondante.

Decolliamo nel buio della cabina e nel buio della notte taiwanese. Senza alcuna turbolenza a turbare il mio umore e la mia tranquillità, arriviamo in fretta alla quota di crociera, quando le nostre assistenti di volo si animano per preparare la cabina per una tardiva cena.

Io e l'altro passeggero nella seconda cabina di J partecipiamo al banchetto con entusiasmo invece che dormire subito - con quasi 14 ore di volo non c'è particolare fretta di andare a letto. Vengono prima presi gli ordini per l'aperitivo - Kate mi ricorda che è disponibile il Krug (vintage 2004) se ne volessi un bicchiere. E io volli - a terra non aprono "la roba buona" ed ero curioso di vedere di cosa sa uno champagne da 300€. Mi informa anche che, per un errore del catering, non potrà portare, per l'aperitivo, la prevista tartelletta con crema di formaggio di capra e mini-crepe con granchio e gamberi. Sono offeso a morte, una mancanza inaudita.

Dopo una decina di minuti tornano ad apparecchiare i singoli posti e, poco dopo, le bevande.

Il servizio è veloce; l'antipasto viene consegnato subito direttamente dal galley, mentre una collega passa con il cestino dei lieviti: salmone affumicato, mousse di foie gras, gelatina allo champagne, asparagi, che gradisco particolarmente. Chiedo cortesemente anche un bicchiere di ginger ale che viene portato immediatamente.

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Avevo già scelto la portata principale, e nuovamente, col senno di poi, avrei potuto provare il menu giapponese kaiseki che, a leggere il menu, sembrava davvero interessante. Ad ogni modo, le mie costine arrosto con salsa al miele e senape arrivano come previsto. Nulla di assolutamente memorabile, ma la colpa è mia - non ha senso mangiare costine in un aereo. Kate insiste per ancora un po' di carboidrati e prendo del garlic bread, tanto con la mascherina non si sente. La velocità del servizio è giusta, considerando l'orario (ormai sarà l'una di notte).

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Per chiudere un po' di frutta e un tortino con mousse di vaniglia e marmellata di frutta tropicale, davvero buona, non stucchevolmente dolce. Quel modo di tagliare la mela è inquietante.

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Finisco da bere e chiedo di sparecchiare, così da dormire il più possibile e cercare di riadattarmi al fuso europeo, dopo un veloce salto in bagno. Creme, saponi e colonia in bagno forniti, come sul volo da Bangkok, da 4711; toilette standard come sul 787-10.

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Dormo come un angioletto per più di otto ore, la temperatura in cabina era sul freddino andante e la coperta/piumino fa benissimo il suo dovere.

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Aspetto colazione guardando Jojo Rabbit; appena mi vedono in piedi, un'altra assistente di volo mi chiede se volessi qualcosa da bere - chiedo dell'acqua, che arriva in un battibaleno.

Due ore prima dell'atterraggio viene apparecchiato nuovamente il tavolino. Insieme alla frutta vengono portati un muesli con yogurt alla frutta, burro e marmellata.

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Poco dopo è il turno del piatto caldo - frittata con verdure, patate alla lionese e prosciutto arrostito - insieme ai lieviti: prendo un toast e un croissant, e accompagno con un tè.

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Per ammazzare il tempo in attesa dell'atterraggio, faccio qualche foto al sedile che si rivela oltremodo comodo per dormire, nonostante non sia un fan dei cunicoli per i piedi e della configurazione reverse herringbone che invece piace tanto alle compagnie...

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Anversa, circa mezz'ora prima dell'atterraggio; sono le cinque del mattino...

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Atterriamo con una decina di minuti di anticipo in uno CDG ancora addormentato. Sciovinismo.

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Republique Française. Uno dei pochi 340-200 che ancora vola(va)no.

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Scendiamo tra addetti sanitari in tua hazmat che provano la febbre a tutti; nessun febbricitante, quindi si prosegue per una camminata lunghissima fino al controllo passaporti, che dura una vita: la Francia non ha ancora proibito l'ingresso a nessuno, ma ha rafforzato i controlli. Si fa per dire: non c'è nessun obbligo di mascherina, a quanto pare, vedendo metà delle persone in giro per il terminal senza alcuna protezione.

Recupero il mio bagaglio e vado verso il terminal 2D, da dove partono i voli easyJet. Dato che è un transito fai da te, lascio ampio spazio tra il due voli, e quindi il check-in mi è ancora precluso. Vado da Brioche Dorée a fare una seconda colazione e poi mi ammollo sui seggiolini poco distanti per le quattro ore successive, in attesa che possa consegnare il mio bagaglio.

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CDG non è ancora la desolazione totale che la maggior parte degli aeroporti diventerà tra pochi giornil, c'è un discreto movimento. Credo che l'unico momento in cui abbia potuto prendere il virus sia stato proprio qui - gente con mascherine mancanti o messe su come ornamento della mandibola...

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Finalmente posso lasciare la mia valigia al check-in, e passare i controlli di sicurezza. Il terminal 2D è più pieno di quello che pensassi; il duty free è aperto, ma i negozi dei grandi marchi sono chiusi. Forse c'è uno sciopero, essendo in Francia...

L'imbarco apre in ritardo di una decina di minuti.

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Volo: U2 2784
Tratta: Paris-Charles de Gaulle (CDG) >>> Milan-Malpensa (MXP)
Aereo: Airbus 320-200
Marche: OE-IJG
Età: 4.4 anni
Posto: 6F
Sched/Actual: 1325-1455 // 1356-1459
Durata volo: 1h 03'
Gate: D52

Il volo è più pieno di quello che pensassi - credo che sia in atto una specie di fuggi-fuggi vista la prospettiva del lock-down e restrizioni all'ingresso annunciate proprio a partire da oggi. Non c'è particolare ressa per salire, ma altrettanto non ci sono particolari precauzioni per distanziare i passeggeri all'imbarco. Non ricordo particolare controlli prima di salire sull'aereo. Piove e pushbackiamo.

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Non ho fatto foto durante il volo, stante che non ci fosse nulla da fotografare. Se proprio vi interessasse, metto un'altra foto del sedile di easyJet fatta ancora a portellone aperto...

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Il posto a fianco rimane libero, dormo per tutto il volo.

Atterriamo in un T2 surreale, completamente vuoto. All'uscita i passeggeri sono incanalati attraverso i nastri sparticode, sembrava quasi un mattatoio. Addetti in tute hazmat prendono la febbre un paio di volte, mentre i carabinieri controllano i documenti di identità. Vado diretto alla stazione del treno, nei primi decreti non c'era il divieto di usare i mezzi pubblici per tornare a casa; il Malpensa Express non è ancora così deserto come lo sarà in seguito, e passeggeri saliti alle stazioni intermedie lo usano come se fosse un normale giorno festivo. Dei ragazzi seduti ai posti da quattro a fianco al mio, discutono della pandemia. Uno dice "io credo che dovrei stare a casa isolato dato che ho visto l'altro giorno un mio amico che è stato a contatto con un tizio che poi hanno ricoverato". Che bello essere tornato in Italia!

Prossimo viaggio nel duemilamai, è il primo anno che non ho ancora fatto un singolo volo e non ne ho nessuno prenotato per il resto dell'anno.

Fine!

DaV
 
Bravo per il ritorno! Vederti viaggiare in J sorseggiando Krug del 2004 è qualcosa cui farò fatica a disabituarmi.

Per il ritorno nei cieli sarebbe d'obbligo un viaggio e TR a quattro mani con Dancrane, oramai bazzicate lounges e cabine figonze solo voi!
 
Sempre belli i tuoi TR. Apprezzo in particolare i tanti piccoli dettagli di un paese così poco conosciuto, se non per le vicende storiche che lo legano alla Cina.

Grazie!

Bravo! Narrazione e illustrazione come sempre di alto livello.

Si abbina ai calzini…

Danke sehr! Io non capisco davvero perché tutti ce l'abbiano coi miei calzini 😅

TR molto bello, come sempre!
Grazie

Grazie a te per averlo letto! Spero di vedere presto un altro tuo reportage su qualche airshow :)

Ho sempre pensato che gli anni '10 e '20 del 1900 abbiano prodotto le mejo case di sempre e il maniero del Chen Ching-Lan buon'anima me lo conferma. Il confronto con l'ecomostro Everrich è come se il Real Madrid sfidasse gli scapoli del paese.

Assolutamente d'accordo, l'edilizia di inizio '900 è quella esteticamente migliore. Forse anche migliore dal punto di vista costruttivo!

Grazie per aver postato questo TR. Avrei voluto tanto volare EVA AIR e visitare Taiwan

Grazie a te Alessio! Non è mai troppo tardi per visitare Taiwan, ma purtroppo è troppo tardi per provare la defunta FAT con i suoi Md80!

DaV
 
Bello, bellissimo davvero! Un racconto molto interessante e pieno di spunti per una futura visita.

Le case dipinte mi hanno colpito molto e spero vengano preservate con cura perché sono bellissime e uniche nel loro genere.

Unica nota davvero stonata, che fa stringere il cuore: l’immagine della povera Kate obbligata a servirti mentre tu indossi un pigiama che ti va pure stretto….
 
Non posso che aggregarmi ai complimenti: narrazione e fotografie sempre al top!

Mi manca tanto l'Asia :cry: , qua a Berlino la cosa che si avvicina di più a Taiwan è il bubble tea, che pare sia tornato di moda e i chioschetti sono presi d'assalto da gggiovani ghiotti di questa bevanda (che io non ho mai assaggiato).

Tra l'altro sempre qua a Berlino avevamo i motorini di Gogoro, Bosch aveva fatto una start-up con loro chiamata Coup, poi venduta a Tier.
 
Ultima modifica:
Non posso che aggregarmi ai complimenti: narrazione e fotografie sempre al top!

Mi manca tanto l'Asia :cry: , qua a Berlino la cosa che si avvicina di più a Taiwan è il bubble tea, che pare sia tornato di moda e i chioschetti sono presi d'assalto da gggiovani ghiotti di questa bevanda (che io non ho mai assaggiato).

Tra l'altro sempre qua a Berlino avevamo i motorini di Gogoro, Bosch aveva fatto una start-up con loro chiamata Coup, poi venduta a Tier.

Grazie!

Non sapevo Gogoro avesse già provato ad esportare il concetto in Europa.

La cosa che si avvicina più a Taiwan a Berlino è Lon Men!!! Beef noodle soup eccellente, anche i dumplings sono ottimi. Mi pare che ci fossi stato proprio con Venexiano ormai qualche secolo fa! I proprietari sono taiwanesi. È da qualche parte tra Charlottenburg e Zoo, se la memoria non mi fa scherzi.

DaV
 
Bello, bellissimo davvero! Un racconto molto interessante e pieno di spunti per una futura visita.

Le case dipinte mi hanno colpito molto e spero vengano preservate con cura perché sono bellissime e uniche nel loro genere.

Grazie!

Unica nota davvero stonata, che fa stringere il cuore: l’immagine della povera Kate obbligata a servirti mentre tu indossi un pigiama che ti va pure stretto….

Ma no poverina, non avrei osato tanto neppure io :D non sono un fan di mettermi il pigiama in aereo.

DaV
 
Spettacolare e bellissime foto come sempre!
Avevo visto le isole in lontananza nel grigiume dall'altro lato, a Xiamen, e davvero non immaginavo che a Kinmen (o Jinmen? Come la chiamano i locali?) ci fosse così tanto da vedere, anche a livello storico! Molto belli gli edifici storici e interessante la storia militare.
Chissà quando avrò finalmente l'occasione di visitare Taiwan...
 
Non sapevo Gogoro avesse già provato ad esportare il concetto in Europa.
Penso abbiano esportato solo i motorini, gli scooter sono free-floating ma le batterie non le cambi tu
La cosa che si avvicina più a Taiwan a Berlino è Lon Men!!! Beef noodle soup eccellente, anche i dumplings sono ottimi.
Segnato (y)
 
Pian piano stai arrivando al mondo club level...molto molto bene!

Lo sapevo DaV, lo spirito del tacchino scorre potente in te…

Krug al posto della Veuve Esselunga Pampanini è chiaramente un guanto di sfida. Un affronto inaudito, come se gli avessi detto che la sua Keepall Damier fosse falsa!

D’ogni modo promosso a pieni voti: non ti becchi la lode solo a causa della mancanza di centomila foto alla mela, chiaramente affettata da un architetto.

Prossimo esame: le eggs benedict in Concorde Room.
 
Bellissimo e interessante TR. Ottime foto, anche se quelle di GP sono piu' belle :)
Fa quasi venir voglia di provare ad andare ad est...quasi.