La livrea più bella del mondo mi aspettava per andare a Danang.
Danang, una cittadina del Vietnam centrale, a poco più di un’ora di volo da Hanoi, era solo uno scalo intermedio per visitare due siti UNESCO.
Il terminal era quello dei voli interni, separato dal più grande terminal internazionale, di cui vidi solo gli arrivi atterrando da Mosca.
Avevo fatto il check in online e perciò andai direttamente ai controlli di sicurezza, ma venni respinto. Mi fecero capire che dovevo andare ad un apposito banco dove mi avrebbero controllato il passaporto e dove misero un timbro di approvazione della carta di imbarco stampata sull’A4. Con questo passai i controlli.
La lounge era così.
Mancava all’interno un tabellone con le partenze, ma almeno si sentivano gli annunci della vicina sala di attesa.
Mi imbarcai e trovai poltrone in configurazione 2+2, piuttosto comode.
Lasciammo Hanoi sulla destra e proseguimmo lungo la costa in direzione sud.
Il volo era breve e portarono quasi di corsa una prima colazione con tartine salate e caffè. Il mio vicino di posto, bengalese, andò in crisi mistica per via del prosciutto.
A Danang l’aereo si fermò ai margini del piazzale. Un autobus si mosse con i soli passeggeri di business.
Appena fuori dall’aeroporto mi aspettava una macchina. La prima tappa era My Son, un sito archeologico scoperto nella foresta nel corso degli anni ’50 e insensatamente bombardato dagli americani durante la guerra.
Il secondo sito UNESCO della giornata era la vera ragione di quella escursione: Hoi An, un bellissimo villaggio sorto lungo un canale, a poca distanza dal mare, che fu un centro di commerci abitato da comunità provenienti da diversi paesi dell’Asia.
Sai M., ero davvero contento. Quella giornata accrebbe la mia soddisfazione per come stava procedendo il viaggio, tanto più attraente quanto più mi portava in realtà lontane e diverse.
La macchina mi riportò nel pomeriggio all’aeroporto di Danang (l’autista mi aveva aspettato per ore e immagino cosa abbia fatto in tutto quel tempo). L’aeroporto sembrava una stazione di autobus, ma vidi in avanzata costruzione un terminal nuovo.
Area partenze internazionali
Lounge
La futura aerostazione
L’aereo di ritorno ad Hanoi era un 320 (peccato: originariamente era previsto un 332), gli interni solo un pochino più vecchi di quelli trovati la mattina. Servirono le stesse tartine della colazione, con una banana formato mignon. Vista l’ora (erano ormai passate le 7) mi sarei potuto aspettare la cena, ma probabilmente il volo era troppo breve per questo servizio.
L’indomani partii per Saigon.
Danang, una cittadina del Vietnam centrale, a poco più di un’ora di volo da Hanoi, era solo uno scalo intermedio per visitare due siti UNESCO.
Il terminal era quello dei voli interni, separato dal più grande terminal internazionale, di cui vidi solo gli arrivi atterrando da Mosca.
Avevo fatto il check in online e perciò andai direttamente ai controlli di sicurezza, ma venni respinto. Mi fecero capire che dovevo andare ad un apposito banco dove mi avrebbero controllato il passaporto e dove misero un timbro di approvazione della carta di imbarco stampata sull’A4. Con questo passai i controlli.
La lounge era così.
Mancava all’interno un tabellone con le partenze, ma almeno si sentivano gli annunci della vicina sala di attesa.
Mi imbarcai e trovai poltrone in configurazione 2+2, piuttosto comode.
Lasciammo Hanoi sulla destra e proseguimmo lungo la costa in direzione sud.
Il volo era breve e portarono quasi di corsa una prima colazione con tartine salate e caffè. Il mio vicino di posto, bengalese, andò in crisi mistica per via del prosciutto.
A Danang l’aereo si fermò ai margini del piazzale. Un autobus si mosse con i soli passeggeri di business.
Appena fuori dall’aeroporto mi aspettava una macchina. La prima tappa era My Son, un sito archeologico scoperto nella foresta nel corso degli anni ’50 e insensatamente bombardato dagli americani durante la guerra.
Il secondo sito UNESCO della giornata era la vera ragione di quella escursione: Hoi An, un bellissimo villaggio sorto lungo un canale, a poca distanza dal mare, che fu un centro di commerci abitato da comunità provenienti da diversi paesi dell’Asia.
Sai M., ero davvero contento. Quella giornata accrebbe la mia soddisfazione per come stava procedendo il viaggio, tanto più attraente quanto più mi portava in realtà lontane e diverse.
La macchina mi riportò nel pomeriggio all’aeroporto di Danang (l’autista mi aveva aspettato per ore e immagino cosa abbia fatto in tutto quel tempo). L’aeroporto sembrava una stazione di autobus, ma vidi in avanzata costruzione un terminal nuovo.
Area partenze internazionali
Lounge
La futura aerostazione
L’aereo di ritorno ad Hanoi era un 320 (peccato: originariamente era previsto un 332), gli interni solo un pochino più vecchi di quelli trovati la mattina. Servirono le stesse tartine della colazione, con una banana formato mignon. Vista l’ora (erano ormai passate le 7) mi sarei potuto aspettare la cena, ma probabilmente il volo era troppo breve per questo servizio.
L’indomani partii per Saigon.