Ciao M., sono tornato. È stato un viaggio lungo e bello. Ho visitato posti nuovi e rivisto luoghi in cui ero già stato, dove avevo ricordi intensi.
È stato un viaggio lungo e bello. Te lo voglio raccontare.
La parola avventura è troppo forte, non c’è niente di avventuroso in un viaggio programmato nei dettagli. Qualche imprevisto può accadere, ma non fa di un viaggio un avventura.
Uno di questi imprevisti si manifestò ancora prima di partire: il volo per Malpensa era stato cancellato.
Lufthansa, in partenza da Napoli, mi proponeva di spostarmi sul volo della mattina. No, niente da fare, che faccio a Milano tutto quel tempo?
L’operatrice al telefono mi offrì di passare per Francoforte, e da lì a Malpensa. Per un appassionato di voli, due tratte inaspettate al prezzo di una – la solita, per di più – sono un’occasione da non perdere, soprattutto se non viaggi per lavoro. Accettai, quasi felice.
Il posto finestrino è per me una specie di droga: non riesco proprio a farne a meno. Immagina cosa posso aver provato quando vidi che al mio posto si era seduta una signora e che il mio 8F era comunque privo di finestrino. Solo per questo acconsentii a sedermi altrove, lungo il corridoio.
La signora alzò lo sguardo da un libro scritto in cirillico solo per un momento, l’aria di chi non si accorge di quello che accade attorno a sé. Poi riprese a leggere.
Turkish imbarcava.
Il purser aveva modi brillanti. Trovò un pacco di pasta perduto da chissà chi e prese il microfono: “A pack of pasta has been lost by someone on this aircraft. Now, the question is: who?”. Mi faceva pensare a qualcuno, che pure non avevo né ho mai conosciuto di persona. Kuranda?
A Francoforte c’era poco tempo fra un volo e l’altro, abbastanza per apprezzare aerei da destinazioni lontane, Qantas, LAN, non abbastanza però per fotografare.
A Malpensa, un po’ di tempo c’era.
Quella sera mi fermai a Milano.
Il giorno dopo tornai su nella brughiera. Il previsto 321 di Aeroflot era stato degradato a 320, ma cambiava poco, solo il numero di file comprese nella sezione in avanti.
Le assistenti di volo ci accolsero nelle loro divise di squillante arancione, con falce e martello ricamate in bella evidenza sulle maniche. Non so se sia l’ultimo simbolo del genere rimasto in Russia. A te sarebbe piaciuto quel simbolo.
Le poltrone di business erano ampie e comode, sebbene di non facilissima manovrabilità. La disposizione a due a due ne faceva una più vera classe superiore, meglio comunque del posto centrale un po’ falsamente trasformato in tavolino. Spazio per le gambe ampio, non amplissimo.
Sullo schienale davanti nessuno schermo, ma mi chiesero comunque se avrei voluto vedere un film. Subito dopo, a chi aveva detto sì, diedero cuffie e una specie di tablet.
Vienna passava di sotto ed io rimasi molto tempo indeciso su cosa ordinare per pranzo, anche perché c’erano diversi vini che mi interessavano, ma dovevo sceglierne uno.
Alla fine mi fermai sul Fumaio di Banfi, Sauvignon e Chardonnay. Sentori abbastanza nitidi di ananas ed erbe aromatiche; morbido, passaggio in barrique piuttosto evidente, che lasciava una sensazione di caramello. Interessante al naso, non perfettamente bilanciato in bocca.
Petto di pollo affumicato e carne di manzo non affatto disprezzabili, buona l’idea – nemmeno originalissima – di accompagnarlo con insalata al melone, che dava freschezza e contrastava la sapidità della carne essiccata.
Halibut (in italiano ippoglosso?) in crosta di mandorle, anonimo direi, di consistenza incerta, se quella doveva essere una crosta. Risotto rosso, ai funghi e carote.
Fragole. Mise en place essenziale. Cioccolata ad accompagnare il caffè.
Mi diedero un apprezzato coupon che dava priorità al controllo passaporti, ma quando poi arrivai nella corsia dedicata non c’era nessuno. Mi spostai alla fila accanto. Il controllo fu comunque inesistente, giusto un’occhiata veloce alla carta di imbarco.
Subito dopo arrivai ai varchi di sicurezza. Fu lì che la vidi.
È stato un viaggio lungo e bello. Te lo voglio raccontare.
La parola avventura è troppo forte, non c’è niente di avventuroso in un viaggio programmato nei dettagli. Qualche imprevisto può accadere, ma non fa di un viaggio un avventura.
Uno di questi imprevisti si manifestò ancora prima di partire: il volo per Malpensa era stato cancellato.
Lufthansa, in partenza da Napoli, mi proponeva di spostarmi sul volo della mattina. No, niente da fare, che faccio a Milano tutto quel tempo?
L’operatrice al telefono mi offrì di passare per Francoforte, e da lì a Malpensa. Per un appassionato di voli, due tratte inaspettate al prezzo di una – la solita, per di più – sono un’occasione da non perdere, soprattutto se non viaggi per lavoro. Accettai, quasi felice.
Il posto finestrino è per me una specie di droga: non riesco proprio a farne a meno. Immagina cosa posso aver provato quando vidi che al mio posto si era seduta una signora e che il mio 8F era comunque privo di finestrino. Solo per questo acconsentii a sedermi altrove, lungo il corridoio.
La signora alzò lo sguardo da un libro scritto in cirillico solo per un momento, l’aria di chi non si accorge di quello che accade attorno a sé. Poi riprese a leggere.
Turkish imbarcava.
Il purser aveva modi brillanti. Trovò un pacco di pasta perduto da chissà chi e prese il microfono: “A pack of pasta has been lost by someone on this aircraft. Now, the question is: who?”. Mi faceva pensare a qualcuno, che pure non avevo né ho mai conosciuto di persona. Kuranda?
A Francoforte c’era poco tempo fra un volo e l’altro, abbastanza per apprezzare aerei da destinazioni lontane, Qantas, LAN, non abbastanza però per fotografare.
A Malpensa, un po’ di tempo c’era.
Quella sera mi fermai a Milano.
Il giorno dopo tornai su nella brughiera. Il previsto 321 di Aeroflot era stato degradato a 320, ma cambiava poco, solo il numero di file comprese nella sezione in avanti.
Le assistenti di volo ci accolsero nelle loro divise di squillante arancione, con falce e martello ricamate in bella evidenza sulle maniche. Non so se sia l’ultimo simbolo del genere rimasto in Russia. A te sarebbe piaciuto quel simbolo.
Le poltrone di business erano ampie e comode, sebbene di non facilissima manovrabilità. La disposizione a due a due ne faceva una più vera classe superiore, meglio comunque del posto centrale un po’ falsamente trasformato in tavolino. Spazio per le gambe ampio, non amplissimo.
Sullo schienale davanti nessuno schermo, ma mi chiesero comunque se avrei voluto vedere un film. Subito dopo, a chi aveva detto sì, diedero cuffie e una specie di tablet.
Vienna passava di sotto ed io rimasi molto tempo indeciso su cosa ordinare per pranzo, anche perché c’erano diversi vini che mi interessavano, ma dovevo sceglierne uno.
Alla fine mi fermai sul Fumaio di Banfi, Sauvignon e Chardonnay. Sentori abbastanza nitidi di ananas ed erbe aromatiche; morbido, passaggio in barrique piuttosto evidente, che lasciava una sensazione di caramello. Interessante al naso, non perfettamente bilanciato in bocca.
Petto di pollo affumicato e carne di manzo non affatto disprezzabili, buona l’idea – nemmeno originalissima – di accompagnarlo con insalata al melone, che dava freschezza e contrastava la sapidità della carne essiccata.
Halibut (in italiano ippoglosso?) in crosta di mandorle, anonimo direi, di consistenza incerta, se quella doveva essere una crosta. Risotto rosso, ai funghi e carote.
Fragole. Mise en place essenziale. Cioccolata ad accompagnare il caffè.
Mi diedero un apprezzato coupon che dava priorità al controllo passaporti, ma quando poi arrivai nella corsia dedicata non c’era nessuno. Mi spostai alla fila accanto. Il controllo fu comunque inesistente, giusto un’occhiata veloce alla carta di imbarco.
Subito dopo arrivai ai varchi di sicurezza. Fu lì che la vidi.