[TR] Moai e vicuñas.


Quella storia su Topolino la lessi pure io, tanti tanti (tanti, sigh) anni fa...
Foto e racconto spettacolari, attendo il resto.

Ciao
Marco
 
Bello bello bello, io ho smesso di farmi la lista dei posti dove andare prima dell’Ultimo Viaggio sola andata. Per il mio cinquantenio mi faccio 1 settimana da solo senza famiglia in mezzo ai boschi della Norvegia. Quella sarà la mia Rapa Nui.
 
Ultima modifica:
Parte IV – Ritorno dall’Isola

”Un gioco dura bello quando dura poco”, diceva l’analfabeta funzionale che ci allenava a calcio da ragazzini (di recente candidatosi per il M5S in un’elezione locale, ça va sans dire). E oggi purtroppo il giuoco dura poco, ché s’ha da tornare a Santiago. Almeno non si deve tornare a Londra, mi dico.

Abbandoniamo l’hostal con transfer di cortesia da parte del nostro anfitrione, a bordo di un pulmino Hyundai scassatissimo. Guidiamo con tutti i finestrini giù, godendoci ancora un’ultima volta la bellezza di quest’isola, e poi siamo, purtroppo, in aeroporto.

Al check-in ringraziamo il cielo di volare commerciale e non standby; le ragazze al banco, seppur gentilissime, parlano solo spagnolo e doverle spiegare di essere standby ma dipendenti non di LATAM bensì di BA, nel mio spagnolo imparato su Narcos, sarebbe troppo. Sia come sia, sbologniamo lo zaino e ci mettiamo in coda per i controlli di sicurezza, non prima di essersi scolati un’ultima Mahina al baretto dell’aerostazione, unico al mondo diviso da un muro di Berlino trasparente tra airside e landside.

In coda scopriamo che il Concorde è arrivato (e partito) da qui. Cosa non male sebbene fosse quello della concorrenza.

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Vi risparmio la visuale della stanza che funge da aerostazione. Ci rifugiamo nel giardinetto, che a differenza di quello di Changi ha anche un moai originale. Beccati questo, Singapore.


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L’aereo è di nuovo un 789, i posti gli stessi, la differenza è che l’aereo è più sgarruppato, con il recline non funzionante e diversi pezzi un po’ rovinati. Poco male, trovo subito dell’Ottima Musica con cui allietare il mio povero cuore.

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Sono tifoso del Toro e quindi abituato a soffrire, per cui mi faccio forza e saluto un'ultima volta questa splendiderrima isola. A presto, tornerò. Non costruire un W hotel. Impedisci a un numero eccessivo di bauscia di venirci. Assolutamente zero visite da parte di Justin Bieber o gente del genere. M'aracumandi.

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Il ritorno è serotino. Decolliamo verso sud e, visto per cinque secondi Ranu Kau, è tutto acqua. Come se Rapa Nui non fosse mai esistita. Dopo non molto arriva il carrello del rancio, e andiamo di pollito y arroz. Niente di che, il tutto bagnato da una Cristal che da fuori sembra una lattina di fanta. Per fortuna l'IFE di LATAM non è stato riempito da un diciassettenne di Croydon (a differenza di quello di BA) per cui c'è qualcos'altro, nel settore audio, tolti i grime artists, Lana del Rey e Paloma Faith.

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Atterriamo alle 21 e qualcosa; al carosello dei bagagli di Santiago suona qualcosa dei Thake That. Lo zaino - ne abbiamo uno in due - arriva in fretta e poi andiamo a prendere il bus per l'hotel aeroportuale, il primo LaQuinta che vedo senza pensare "Mi domando quanta cristal meth spaccino dietro al parcheggio". Forse perché non siamo in America, ma la stanza si presenta così.

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Continua!
 
Mi hai fatto venire la voglia di tornarci. Sono stata a IPC a novembre, ma dal tuo racconto sembra che io sia andata da qualche altra parte. Onestamente a me l'Isola di Pasqua non ha trasmesso nessuna emozione particolare (e questo mi è dispiaciuto), mi è solo rimasto il rammarico di non aver fatto il bagno ad Anakena all'ombra dei Moai, il giorno faceva un tempaccio e le bandiere gialle segnalavano il pericolo di meduse (e non credo che per dimensioni fossero simili alle nostre medusine).
Hai notato l'invasione dei cani randagi ad Hanga Roa?
Ultima cosa, a Santiago io ho avuto l'onore di cenare col Console!

Ma come! Non ti ha detto niente? Impossibile!

Si, ci sono parecchi cani in giro ma, se devo essere sincero, sono tutti mansueti e adorano farsi una passeggiata col turista. Noi arrivavamo dovunque con almeno due cani in corteo... Diciamo che l'effetto è più preoccupante in certi villaggi in Asia centrale, dove sono grossi e cattivi.

Quella storia su Topolino la lessi pure io, tanti tanti (tanti, sigh) anni fa...
Foto e racconto spettacolari, attendo il resto.

Ciao
Marco

Ciao Marco, grazie per leggere e viva le storie Disney, mica quelle robe che legge Dancrane.

Bello bello bello, io ho smesso di farmi la lista dei posti dove andare prima dell’Ultimo Viaggio sola andata. Per il mio cinquantenio mi faccio 1 settimana da solo senza famiglia in mezzo ai boschi della Norvegia. Quella sarà la mia Rapa Nui.

fai il TR?
 
Parte V - Santiago/Antofagasta/San Pedro de Atacama

La sveglia suona, come dicono da queste parti, a silly o'clock. Saliamo sul complice bus che ci riporta al Merino Benitez. L'aeroporto è tutt'ora un cantiere e tale rimarrà fino a fine 2020, per cui capannone dei voli nazionali sarà. Prima di tutto, uno sguardo all'area check-in, che avrebbe bisogno di una rinfrescata.

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Arriviamo al gate e, dopo poco, inizia il boarding. A differenza del volo long-haul, imbarcato per file, qui si imbarca per colonne. Prima i fortunelli in posto finestrino, poi i mentecatti col middle seat, infine quelli corridoio. Come potete vedere sono nella colonna dei mentecatti. Passo il tempo a domandarmi quanti threads di lamentela verrebbero aperti su Flyertalk qualora BA facesse qualcosa del genere. Intorno a noi sono quasi tutti uomini; alcuni vestiti in completo, quasi tutti gli altri con addosso almeno un logo di una qualche compagnia mineraria. Turisti, solo noi.

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L'aereo del giorno è un 321 in configurazione All-Y, una latrina davanti e due dietro. Stranamente, a differenza del volo per IPC, qui costa pure cambiare il posto durante l'online check-in. Essendo braccini andiamo con ciò che passa il convento, ossia due sedili in fondo, fila 38. L'aereo credo abbia configurazione massima possibile per un 321, ma senza galley Spaceflex. Prevedo dolore.

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E infatti dolori sono.

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Ora, non lo dico per aziendalismo, ma io nei sedili SH BA entro. Sul 319, sul 320, sul 321. CEO, CEO con spaceflex, NEO. Anche quelli che hanno i sedili Recaro nuovi stile easyJet. Su questo, no. Proprio sono incollato e, bontà sua, la brava donna davanti a me fa ciò che fanno tutti quelli che si siedono davanti a me, ossia reclinare il sedile. E il tizio di fianco a me, che come sempre è un ex pallanuotista croato che non ha ridotto le calorie dopo la fine dell'attività agonistica, fa un Anschluss del bracciolo. Segue una breve lotta e ci accordiamo da gentiluomini, una spartizione della Polonia che lascia entrambi soddisfatti. Si parte.

Il servizio a bordo è tutto Buy on Board, prezzi decenti e, alla fine, per un'ora e mezza di volo si può anche non bere o mangiare.

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La mattina è grigia, grigia come erano le mattine di novembre in Corso Peschiera. Passiamo di nuovo l'area tecnica ed ecco, finalmente, gli aerei AA e quello Orbis.

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Il volo corre lungo la costa, che come a Rapa Nui è travagliata e marosa:

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L'atterraggio ad Antofagasta è una buona cartolina da visita della città. Non me ne vogliano gli Antofagasteños se ci leggono, ma quella città è una latrina. Se mi dicessero "Scegli: Dushanbe o Antofagasta" sarei già pronto per il Tajikistan. Una città nel deserto, avvolta in una nebbia semiperenne, fatta di sabbia polvere e spazzatura, un'autostrada come promenade vista mare, allietata da lampioni su cui stanno appollaiati decine e decine di avvoltoi enormi. Un quartiere di bidonville grosso q.b. che ospita i nuovi arrivati da paesi disgraziati tipo Venezuela, attirati dalla prosperità e stabilità del Cile. Pubblicità di mezzi minerari e basta.

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E allora, mi direte voi, considerando che San Pedro ha un aeroporto a meno di 100 km di distanza, che sono andato a fare ad Antofagasta? La risposta è che, ancora una volta, son biellese e braccino. E siccome son biellese e braccino, noto fatti come questo: AVIS chiede x, a Calama, per una scornacchiatissima Hyundai iQualcosa, una specie di testicolo su ruote. La stessa AVIS chiede x - 200 (e quei 200, badate, sono in GBP, non Pesos cileni) per questo:

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Cinque metri di lamieraccia made in Nissan, 2.3 diesel con maschissima trasmissione manuale, 4 ruote motrici, marce ridotte e bollino di approvazione del Mullah Omar nel cruscotto "Ci stanno cinque dei miei nel cassone e anche quattro RPG!" dice il guercio. Aggiungiamoci che il catalogo di bolli, graffi, sbreghi e tagli fa pensare a un'attitudine tutt'altro che zelante da parte di AVIS nei confronti dei danni. E, siccome io ho sempre voluto guidare un auto da talebano, la risposta alla domanda "Ma che ci vai a fare ad Antofagasta?" è presto data.

A presto, spero nel weekend, dove le viste saranno così.

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Ricordo vagamente quel numero di Topolino. Rapa Nui aggiunta alla list a di must see.

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Qui sono morto e ma la rivendo all'occasione giusta :D

OT, finora, cacao meravigliao.

Quel 321 è davvero peggio dei vostri 319 nelle file dei super barbon?

DaV

Davero davero, fidete. Sul 319 barbon riesco a piegare le ginocchia, su quello no.

Che sparkling! Pure i TR dalla First ora
bello, come sempre :)

Taac, grazie mac!

Ricordo vagamente quel numero di Topolino. Rapa Nui aggiunta alla list a di must see.

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Bravo, fai bene!
 
Capisco che vivere in UK in questo periodo equivale a vivere in un mondo parallelo, ma venire a Santiago senza farsi vivo?!

Detto cio', a me sto mito dell'Isola di Pasqua mi pare davvero overrated. Se non fosse a portata di mano (diciamo...) manco ci andrei... comunque me la tengo come ultima cosa del Paese da vedere prima di partire. Pero' in effetti molti ne tornano raccontando meraviglie. Chissà.

Aspetto Atacama! (Antofagasta-Atacama in macchina, sei un eroe!)
 
Stupende tutte le foto, l'ultima credo sia super, ma de gustibus. Cerca di passare in Bolivia per il Salar de Uyuni visto che sei "vicino". Un saluto
 
Capisco che vivere in UK in questo periodo equivale a vivere in un mondo parallelo, ma venire a Santiago senza farsi vivo?!

Detto cio', a me sto mito dell'Isola di Pasqua mi pare davvero overrated. Se non fosse a portata di mano (diciamo...) manco ci andrei... comunque me la tengo come ultima cosa del Paese da vedere prima di partire. Pero' in effetti molti ne tornano raccontando meraviglie. Chissà.

Aspetto Atacama! (Antofagasta-Atacama in macchina, sei un eroe!)

Umilerrime scuse Console! C'ho pensato a romperti i cabbasisi, ma considerando che a Santiago avevamo in tutto un lunedi pomeriggio, e una notte tra le 22 e le 5 di mattina, ho pensato che non valesse nemmeno la pena.

Come dicevo, Rapa Nui sulla carta non ha molto, ma a me è rimasta proprio nel cuore. Fare Anto-Atacama non è stato malaccio, il ritorno... un po' diverso.

Stupende tutte le foto, l'ultima credo sia super, ma de gustibus. Cerca di passare in Bolivia per il Salar de Uyuni visto che sei "vicino". Un saluto

Grazie! Purtroppo niente Bolivia, l'auto - espressamente dettoci da AVIS, non era da portare in Bolivia... e comunque arrivare a Uyuni prendeva un bel po' di km.
 
Complimenti per aver reso meno cupa l'idea che ho sempre avuto dell'isola di Pasqua (più volte valutata ma sempre scartata a favore di altro).

Con il tuo racconto coinvolgente ed emozionante, con le foto interessanti mi hai "quasi" convinto a riprenderla in considerazione.

Grazie
 
Parte VI. Atacama

Dove eravamo rimasti? Ah si, Antofagasta.

La partenza è facile, con una guidata di circa 4 ore per arrivare a San Pedro via Calama. Il panorama si fa degno di un quadro di Salvador Dalì tra città abbandonate (Pampa Unión contava 30.000 abitanti e un centinaio di bordelli), treni merci infiniti e traffico composto da camion, camion e pick-up rossi come il nostro. Sorpasso un filotto di tre camion carichi di acido solforico e mi rendo conto, con una punta di invidia, che il nostro pick-up, per quanto dotato di roll-bar, integrale e ridotte, non ha la radio con antenna piegata nel vano di carico, luce extra montata sul montante del roll-bar e i tacchi da piazzare quando ci si parcheggia in discesa. La tentazione di tornare ad Antofagasta e far volare i tavoli è forte; ma ho l'attenzione di Homer Simpson e la visione di un campo di pale eoliche, per di più made in ENEL, mi fa dimenticare tutto.

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L'approccio finale a San Pedro passa attraverso la Cordillera de la Sal. Se non fosse che la ricezione 4G funziona a "bolla" solo intorno ai paesi, e pure le reti radio smettono di trasmettere cumbia 40 km dopo i limiti urbani, questa è una zona in cui mettere "The Ecstasy of Gold" a ripetizione continua. I saliscendi della strada - perfetta, va detto - sono invitanti, il panorama è marziano tra montagne e costoni rossicci bordati di sale, e all'improvviso ci si trova dinanzi alla Valle de la Luna (piccolo appunto: fate attenzione a parcheggiare, il salto è lungo e non particolarmente segnalato).

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Di San Pedro in sé non ho molto da dire, se non che è un incubo guidarci. Il comune, pare per preservarne l'aspetto storico, non ha mai asfaltato le strade. Il risultato è che si avanza ai 10 all'ora su tratturi da gara di Enduro, mangiando polvere e augurandosi di non metter sotto nessuno - cani, astanti, turisti cretini. L'unica stazione di servizio nell'intero deserto di Atacama è all'interno del pueblo, e si raggiunge prendendo una via piena di negozi e altre cose pro-turistame, Toconao. Poi si gira nel cortile di un albergo, si prosegue lungo una specie di passaggio secondario, si trova la pompa, si fa benza, si ritorna da dove si è venuti e si gira a sinistra per allontanarsi dalla zona pedonale. il tutto con curve a 90 gradi di raggio impossibile per un pick-up, con fossati nascosti e, ovviamente, cani randagi. Ho fatto benzina due volte, lì, ed entrambe le volte alle 7 di mattina, quando in giro c'eravamo io e due quadrupedi, e già in quel momento gli zooteologismi si sprecavano.

Detto questo, e considerando che un giretto in città causerà forzosamente silicosi polmonari, abbiamo limitato i nostri giri in città al minimo indispensabile. Avevamo fatto scorta di viveri in un Walmart/Lider ad Antofagasta, inclusa abbondantissima acqua, e l'hostal in cui stavamo (Montepardo) forniva il resto.

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Dico anche dell'altro problema di queste zone, così me ne libero subito e non ne parliamo più. È il drive-thru-tourism. Mi spiego meglio: non siamo stati chissà che trekkers in questa vacanza, ma qualcosina abbiamo fatto. La Valle della Luna, almeno dalla duna in poi, ce la siamo fatta appiedi, una decina di km tra andata e ritorno. Il periplo delle lagune Miscanti e Miñiques, pure. La zona di Monjes de la Pacana, idem con patate. Non così gli altri. Tour, auto private, tutti sono arrivati fin sotto alle attrazioni in auto. Sono scesi, foto, selfie, grida di rito, e sono risaliti. Per me, abituato come sono al silenzio in montagna, è stato difficile vedere una turba dopo l'altra di brasiliani urlanti scendere dai bus, fare foto e selfie gridando, e altrettanto rumorosamente ritornarsene a bordo, in una fretta tale che nemmeno hanno visto le vigogne che giravano lì vicino. Un concetto di montagna, di natura, completamente snaturato. Fossi stato su uno di quei tour sarei andato di testa.

Levato questo sasso dalla scarpa, continuiamo. Dicevo della Valle de la Luna.


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Continua!
 
Parte VIbis - Atacama

Quando viaggiamo, 8200 mi dice cosa vorrebbe fare/vedere e io penso all'organizzazione. 'Stabbotta il compito è facile e difficile allo stesso tempo: moai (fatto), vulcani (facile), fenicotteri. Ecco, quest'ultimi sono più difficili; è maggio, e questi maledetti sono già emigrati altrove. Ciononostante ci troviamo a fare fuoristrada verso la laguna Cejar, dove si può fare il bagno e, in tempi migliori, vedere i fenicotteri.

La vista è comunque splendida, eh, col vulcano Licancabur in primo piano.

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Intorno alle lagune ci sono capanni come questo, in cui piazzarsi per osservare i pennuti senza dar loro fastidio. Fuori stagione servono per far ombra ai piemontesi.

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Il sole tramonta, la luce si fa mielata, i turisti se ne vanno con l'eccezione di un gruppo di donne cilene che sono assolutamente estasiate dinanzi alla prospettiva di galleggiare sulle acque come il Nazareno. Ridiamo come dementi al sentirle, erano davvero simpatiche.

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Nel bel mezzo di un cambio di lenti... eccolo. Il fenicottero arriva con un atterraggio da A380; percepisce lo starnazzamento delle signore, non lo giudica di suo gradimento e aridecolla. Il meglio che posso fare è questo:

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Poco male, ci sono dei ritardatari. Li troveremo. Godiamoci il tramonto nel frattempo.

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Il giorno dopo rizompiamo in auto alla volta della Laguna Chaxa. La strada per la laguna è una B-road subito dopo Toconao, a sud di San Pedro. Com'è nello stile delle B-roads in questa zona qui diventa tutto un sentiero per muli dopo cinque minuti. Parlando di muli, asini e animali da soma:

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La strada, nel frattempo, da tratturo diventa una soffice pista in costruzione, ammorbidita da un misto di sale, umidità e sabbia. Sembra di essere in un video degl'Imarhan, col pick-up che corre nel Teneré, nuvoloni di polvere e ignoranza a livelli epici, se non fosse che appena dietro di me c'è il camion di movimento terra più grosso del mondo. Dai retrovisori vedo la griglia del radiatore e le lettere M - A - C - K. Facciamo gli 80 su sterrato, col sottoscritto che, quando arriviamo al punto in cui tutto il traffico viene bloccato per far passare i mezzi di costruzione, prova a chiedere in spagnolo "Scusino, qualcuno ha un paio di brache pulite?".

La vista dalle lagune, però, ripaga di tutto.

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Questo è il salar de Atacama. Meno spettacolare di Uyuni ma non meno salato e ricco di litio. Elon Musk ringrazia.

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Il cielo è terso, la temperatura gradevole ma il sole, per citare di nuovo Guareschi, picchia martellate in testa. Parlando di martellate sull'encefalo, che sia un miraggio?

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No! Sono proprio loro, i dannati pennuti.

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Questi protogamberetti sono il motivo della loro presenza qui. La laguna ne è francamente piena, in vere e proprie nuvole che i nostri, coi loro becchi, filtrano dall'acqua salmastra. I gamberetti contengono carotene che, a sua volta, colora di rosso le loro piume.

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Si fa il momento di lasciare Chaxa e di andare vero la prossima mèta. Ma è anche il momento di spezzare il post.

Continua!

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Parte VIter - Atacama

Per un TR intitolato "Moai e vicuñas" mi rendo conto di non aver messo alcuna vigogna. Anzi, proprio non ho messo un camelide che sia uno. Rettifichiamo subito prima che Dancrane mi banni:

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"sono dei llama, cretino!"

Vero, domando scusa. Le vigogne sono più difficili da trovare. Bisogna andare in una zona ben oltre Socaire, ridente paesello che andrebbe gemellato con Murghab, Tajikistan, a 3600 metri. Qui le comunicazioni non sono facili:

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Ma la vista... boia faus, la vista. Qui, tra l'altro, non c'è praticamente nessuno. Siamo a 4000 metri oramai.

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Qui le cose si fanno meno piacevoli. Saliamo su uno sterrato da trazione integrale in compagnia di altri 4x4 guidati da gente con ancor meno capacità di me, targati Belo Horizonte e Curitiba, più un paio di Peugeot 208 dell'Hertz di Calama. Mi chiedono, e obbedisco, di spingerne una in avanti in un turbinio di polvere e, come ringraziamento, mi urlano di non rovinargli il paraurti. Arriviamo all'ingresso del parco Miscanti e decido di averne abbastanza. Parcheggiamo il pick-up e andiamo a piedi. I 4400 metri si fan sentire, ma siamo praticamente da soli sui sentieri.

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Si ma io v'avevo promesso vigogne, e qui non ce ne sono.

Eccole, eccole:

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Concludo questo OT con un giro su su, verso la triplice frontiera cileno-boliv-argentina, ai Monjes de la Pacana e al Salar de Tara. La strada è epica, con camion enormi, targati Argentina, che arrancano con carichi pantagruelici. Si prendono 2000 metri di altitudine in meno di 50 km, e in discesa è un suicidio per i freni.

Qualcuno s'è fatto male [cit].

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Però che vista.

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Arriviamo ai Monjes de la Pacana. Dei monoliti plasmati da sabbia e vento.


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Una vigogna è sorpresa quanto noi di trovarci lì. Jatevenn' afangul sembra dirci, e noi obbediamo. Rivedecci signò.

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Cominciamo la discesa, che è veramente assassina. Freno solo in punti strategici e solo per scendere a 80 all'ora in curva, o ai 60 in caso di tornante, ma devo comunque fermarmi una volta per far raffreddare i freni, la cui puzza è ovunque. La strada è intelligentemente costellata di corsie d'emergenza, tutte con la ghiaia sottile solcata nel profondo da camion i cui freni non devono aver retto.

Per qualcuno, purtroppo, non è bastato. Chioschetti del genere, spesso abbelliti con lucine e persino panche, sono ovunque sulla strada.

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Il mio bisonte, invece, non ha dato problemi. 1500 km dopo, lo riporterò ad Antofagasta impolverato ma altrimenti intonso. Ma quello deve ancora venire, continua!

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Che spettacolo, grazie!

Condivido le tue osservazioni sul "drive-thru-tourism" e certi personaggi e atteggiamenti. E' quasi una mancanza di rispetto, e gente così rischia di rovinare l'atmosfera dei posti. Sembra che lo scopo del loro "viaggio" (forse è anche sbagliato chiamare Viaggio quello che fanno) sia fare un selfie :morto:
Mi dispiace anche per l'episodio con i miei compaesani di Belo Horizonte... non siamo tutti così :) :D