Vestrahorn.
Ci eravamo lasciati a Jökulsárlón, soli nella nebbia. Tempo di rimettersi in macchina e di guidare verso Höfn, ridente cittadina portuale di duemilaquattrocento anime. La guidata mi ricorda certe sere nelle lande desolate tra il Ticino e le Prealpi, in quelle terre dimenticate da Dio, maledette dagli uomini e abbandonate alla coltivazione intensiva del riso e all'allevamento industriale di cimici e zanzare (il vercellese e il novarese, insomma). Sere in cui la nebbia è talmente fitta che le battone devono mettersi il giubbetto catarinfrangente, e ti serve il navigatore per intuire dove sono le curve. Ecco, qui è la stessa cosa e si può dire che inciampi, più che trovare, Höfn.
La cittadina è addormentata, ma il vendi-tutto prospiciente la pompa di benzina N1 - vera e propria istituzione islandese - è aperto e lì faccio la scoperta musicale della vacanza. Mentre sorseggio l'ennesimo caffè la radio passa da Ace of Spades dei Mötörhead (alle 8 di mattina del sabato santo, non male!) a una vera e propria meraviglia. Parte una cassa rullante da disco music, un charleston che farebbe scuotere le anche a Tony Manero per tutta la notte e poi la canzone più ignorante mai prodotta dall'intero subcontinente. Trovo l'app di Shazam nel mio telefono, annidata tra quelle dell'home banking, e così posso scoprire e condividere questo titolo con tutti voi. È veramente un'opera d'arte, menzione speciale per Baranzate al minuto 1:19.
Rinfrescato dalla meravigliosa Hotel Mein Botel riprendo la strada, ovviamente col mio nuovo inno a 200Db, e arrivo al parcheggio di Vestrahorn. Che è Vestrahorn? Beh, semplicemente è la montagna più fotografata d'Islanda, assieme magari a Kirkjufell. Il terreno è privato, e i proprietari richiedono un obolo all'ingresso, pagabile al Viking café che, mi premuro di chiedere, non è di proprietà del nostro forumer (o almeno cosí dicono dentro, probabilmente affinchè io non cerchi di estorcere uno sconto). Il posto ha "mixed reviews" sull'Internette, con gente che si lamenta del personale scorbutico e dei prezzi. Il mio onesto verdetto è che le signore che gestiscono la baracca sono molto islandesi e quindi molto simpatiche, nel loro modo "quirky" (non saprei come dirlo in italiano, scusate). E, come sempre succede in qualsiasi interazione, se ti poni male riceverai brutte risposte, mentre a cortesia si risponde con cortesia... La faccio breve: prendo un caffè e un muffin, facciamo due chiacchere e due risate, e loro mi dicono che ho 'free refills'. Quando tornerò indietro, 10 ore dopo, chiederò un ennesimo caffè per poter usare il bagno e, all'atto di pagare, la signora mi risponde "No, tu hai free refills". 5 stelle su Google subito.
Comunque, Vestrahorn è una penisola, con spiagge nere vulcaniche e un radar NATO all'estremità. Le nuvole sono basse, per cui mi incammino verso nord. C'è abbastanza traffico di macchine e persone - io ho lasciato il mio veicolo all'ingresso, alla fine son qui per faticare - e una volta passato il finto villaggio vichingo sono da solo.
Parliamo del villaggio. Temporibus illis, come dicono i saggi, una casa cinematografica voleva fare un film sui vichinghi. Mel Gibson doveva essere della partita e doveva essere un qualcosa tipo Apocalypto, ultra-realistico e in lingue locali, cosa che mi eccitava assai. Purtroppo non se n'è fatto nulla. Tra l'altro questa è la zone dove arrivarono i primi vichinghi ad insediarsi sull'isola. Ma andiamo oltre.
Vestrahorn è nascosta dalle nubi, e io doppio il promontorio andando verso Brunnhorn. Ci sono un paio di case, abbandonate, e una chiesa. Anch'essa abbandonata.
Il terreno mi ricorda quei siti di trekking per le Highland scozzesi che hanno un metro di misura di quanti 'bogs' ci sono. Qui il bog-o-meter sarebbe fuori scala: se c'è erba c'è acqua e se c'è acqua c'è fango. Salto da una pietra all'altra come un camoscio fino ad arrivare agli scogli.
Il mare è particolarmente arrabbiato e ci sono colonie enormi di gabbiani e Arctic Terns che volteggiano nell'aria o se ne stanno a mollo. In cielo passano decine e decine di anatre - che credo siano Common Eiders - in formazioni più o meno a V. Vado avanti, ascoltandomi il podcast di Alistair Campbell e Rory Stewart "The Rest is Politics" (che vi consiglio caldamente) finchè qualsiasi parvenza di sentiero sparisce, inizia un piano inclinato di sfasciumi in cui un passo avanti equivale a tre indietro e i cieli si sgombrano. Giro i tacchi e torno indietro, perchè se le nubi vanno via c'è solo una cosa da fare... andare verso le dune.
Ci eravamo lasciati a Jökulsárlón, soli nella nebbia. Tempo di rimettersi in macchina e di guidare verso Höfn, ridente cittadina portuale di duemilaquattrocento anime. La guidata mi ricorda certe sere nelle lande desolate tra il Ticino e le Prealpi, in quelle terre dimenticate da Dio, maledette dagli uomini e abbandonate alla coltivazione intensiva del riso e all'allevamento industriale di cimici e zanzare (il vercellese e il novarese, insomma). Sere in cui la nebbia è talmente fitta che le battone devono mettersi il giubbetto catarinfrangente, e ti serve il navigatore per intuire dove sono le curve. Ecco, qui è la stessa cosa e si può dire che inciampi, più che trovare, Höfn.
La cittadina è addormentata, ma il vendi-tutto prospiciente la pompa di benzina N1 - vera e propria istituzione islandese - è aperto e lì faccio la scoperta musicale della vacanza. Mentre sorseggio l'ennesimo caffè la radio passa da Ace of Spades dei Mötörhead (alle 8 di mattina del sabato santo, non male!) a una vera e propria meraviglia. Parte una cassa rullante da disco music, un charleston che farebbe scuotere le anche a Tony Manero per tutta la notte e poi la canzone più ignorante mai prodotta dall'intero subcontinente. Trovo l'app di Shazam nel mio telefono, annidata tra quelle dell'home banking, e così posso scoprire e condividere questo titolo con tutti voi. È veramente un'opera d'arte, menzione speciale per Baranzate al minuto 1:19.
Rinfrescato dalla meravigliosa Hotel Mein Botel riprendo la strada, ovviamente col mio nuovo inno a 200Db, e arrivo al parcheggio di Vestrahorn. Che è Vestrahorn? Beh, semplicemente è la montagna più fotografata d'Islanda, assieme magari a Kirkjufell. Il terreno è privato, e i proprietari richiedono un obolo all'ingresso, pagabile al Viking café che, mi premuro di chiedere, non è di proprietà del nostro forumer (o almeno cosí dicono dentro, probabilmente affinchè io non cerchi di estorcere uno sconto). Il posto ha "mixed reviews" sull'Internette, con gente che si lamenta del personale scorbutico e dei prezzi. Il mio onesto verdetto è che le signore che gestiscono la baracca sono molto islandesi e quindi molto simpatiche, nel loro modo "quirky" (non saprei come dirlo in italiano, scusate). E, come sempre succede in qualsiasi interazione, se ti poni male riceverai brutte risposte, mentre a cortesia si risponde con cortesia... La faccio breve: prendo un caffè e un muffin, facciamo due chiacchere e due risate, e loro mi dicono che ho 'free refills'. Quando tornerò indietro, 10 ore dopo, chiederò un ennesimo caffè per poter usare il bagno e, all'atto di pagare, la signora mi risponde "No, tu hai free refills". 5 stelle su Google subito.
Comunque, Vestrahorn è una penisola, con spiagge nere vulcaniche e un radar NATO all'estremità. Le nuvole sono basse, per cui mi incammino verso nord. C'è abbastanza traffico di macchine e persone - io ho lasciato il mio veicolo all'ingresso, alla fine son qui per faticare - e una volta passato il finto villaggio vichingo sono da solo.

Parliamo del villaggio. Temporibus illis, come dicono i saggi, una casa cinematografica voleva fare un film sui vichinghi. Mel Gibson doveva essere della partita e doveva essere un qualcosa tipo Apocalypto, ultra-realistico e in lingue locali, cosa che mi eccitava assai. Purtroppo non se n'è fatto nulla. Tra l'altro questa è la zone dove arrivarono i primi vichinghi ad insediarsi sull'isola. Ma andiamo oltre.
Vestrahorn è nascosta dalle nubi, e io doppio il promontorio andando verso Brunnhorn. Ci sono un paio di case, abbandonate, e una chiesa. Anch'essa abbandonata.

Il terreno mi ricorda quei siti di trekking per le Highland scozzesi che hanno un metro di misura di quanti 'bogs' ci sono. Qui il bog-o-meter sarebbe fuori scala: se c'è erba c'è acqua e se c'è acqua c'è fango. Salto da una pietra all'altra come un camoscio fino ad arrivare agli scogli.

Il mare è particolarmente arrabbiato e ci sono colonie enormi di gabbiani e Arctic Terns che volteggiano nell'aria o se ne stanno a mollo. In cielo passano decine e decine di anatre - che credo siano Common Eiders - in formazioni più o meno a V. Vado avanti, ascoltandomi il podcast di Alistair Campbell e Rory Stewart "The Rest is Politics" (che vi consiglio caldamente) finchè qualsiasi parvenza di sentiero sparisce, inizia un piano inclinato di sfasciumi in cui un passo avanti equivale a tre indietro e i cieli si sgombrano. Giro i tacchi e torno indietro, perchè se le nubi vanno via c'è solo una cosa da fare... andare verso le dune.