Oggi niente levataccia, la giornata almeno sulla carta sembra tranquilla. Il programma prevede la visita di Sabrata, altro incredibile sito romano, patrimonio mondiale dell’Umanità.
Da Tripoli a Sabrata sono 70 km, circa un’ora di viaggio. Dopo aver percorso la strada verso est per Leptis, quella verso sud per Ghadames, oggi si va in direzione ovest, verso la Tunisia.
Ci sono alcune cose di cui finora non ho parlato: la rivoluzione del 2011, l’ISIS i combattimenti. Continuerò a tenere questi aspetti fuori dal racconto ma una piccola premessa è necessaria.
Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011 e le successive guerre civili, la Libia ha visto l'emergere di diversi gruppi armati, tra cui l'ISIS, che sfruttando il vuoto di potere ed il caos si sono stabiliti in diverse aree del paese. L'impatto dell'ISIS e della miriade di gruppi nella sua orbita è stato devastante, con migliaia di vittime civili, lo spostamento forzato di interi villaggi e la distruzione di infrastrutture. Finora nel mio viaggio, di tutto questo non c’è stata traccia. A distanza di dieci anni di quella distruzione resta poco, in alcune aree nulla.
La paura è ancora nei cuori della gente, tutti qui si ricordano di quegli anni, però se uno viene da fuori, tranne qualche colpo di RPG ed un paio di palazzi abbandonati con i tetti caduti, non vede nulla. In Siria, per esempio, mi ero scontrato con la devastazione di Homs, le macerie di Aleppo, la tristezza della guerra. Qui in Libia fino ad oggi nulla di particolare. Povertà, mafia, instabilità, pericoli, quello sì, ma gli occhi non hanno dovuto reggere il peso della distruzione.
La strada verso Sabrata è tutta costeggiata da mercati. Ci fermiamo in un piccolo bazar che vende datteri e frutta secca. Io resto nel parcheggio, qui mi accorgo che la sabbia è tutta piena di bossoli. Ecco, finora non avevo toccato con mano i combattimenti, ora si. Siamo a pochi chilometri da Sabrata, qui nel dicembre 2015 si è combattuto tra milizie rivali. Per alcuni giorni l’ISIS aveva preso il controllo della città ed in tanti avevano avuto il terrore che potesse fare la fine di Palmira in Siria.
Per fortuna, le formazioni di Alba Libica, coalizione di milizie che sostenevano il governo di Tripoli e supportate da Qatar e Turchia hanno liberato la città e scongiurato il peggio.
Arriviamo a Sabrata, anche qui, polizia turistica, guida locale, security. La visita della città sarà guidata dal direttore del sito proprio come avvenuto a Leptis.
La storia di Sabrata parte dai Fenici per poi arrivare ai Romani. Non mi soffermo sulle vicende che l’hanno fatta diventare famosa ed imponente ma su una piccola curiosità che pensavo fosse chiara e nota a tutti ma mi sbagliavo.
La città di Tripoli prende il suo nome dall'antica parola greca "Tripolis", che significa "tre città". Questo nome si riferisce alla storica regione della Tripolitania che comprendeva tre importanti città: Oea (l'antica Tripoli stessa), Leptis Magna ed appunto Sabrata. Tutte e tre le città formavano una sorta di lega e la regione prese il nome da questa unione.
Ritorniamo a Sabrata. La città si apre davanti a noi così
Rispetto a Leptis sembra meno grandiosa e monumentale ma il fascino che ha è indubbio. Il mare all’orizzonte ed alcuni particolari la rendono uno spettacolo agli occhi
Il mausoleo di Bes
La basilica di Apuleio
Il foro
Una delle cose più interessanti è la quantità di mosaici. Prima della crisi del 2011 qui ci lavoravano tanti archeologi italiani, oggi purtroppo la maggior parte di questi reperti sono lasciati alle intemperie.
Qui l’ingresso delle terme a mare
Alcune stanze
Per fortuna, i pezzi più imponenti e di maggior valore sono custoditi nel museo adiacente al sito archeologico, che purtroppo rimane inaccessibile dal 2011. Tra l’altro la straordinaria ricchezza dei ritrovamenti ha portato all'istituzione di due musei separati, uno incentrato sull'epoca romana e l'altro su quella punica.
Il tempio di Iside
Ed infine quello che è il pezzo forte della città, imponente e spettacolare, il teatro. Fu ricostruito dagli Italiani durante gli anni dell’occupazione ed inaugurato da Mussolini. Mi fermo su una delle gradinate nella cavea, resto una ventina di minuti ad osservare questa meraviglia. Dietro c’è il mare.
Cerco di capire se l'imponente colonnato della scena offra appigli per una scalata ma niente da fare, la ricerca si rivela infruttuosa. Mi muovo avanti e indietro, scrutando ogni fessura e sporgenza, ma l'unica vera ricompensa è la piacevole brezza marina che, filtrando attraverso le colonne, regala un po' di refrigerio all'ombra della struttura. Sono parecchie ore che giriamo, la città è abbastanza grande e le cose da vedere tante ma fa caldo ed il sole picchia forte.
Manca l’ultima tappa. L’anfiteatro che purtroppo non è conservato altrettanto bene quanto il teatro. Sono visibili principalmente le fondamenta e alcune parti delle gradinate.
Prima di concludere la visita, ringraziamo il direttore, gli auguriamo il meglio e beviamo un bel po’ d’acqua prima di rimetterci in autobus verso Tripoli.
Come dicevo prima, il sito è sorprendente per la bellezza, per certi aspetti l’ho apprezzato anche più di Leptis Magna. È immerso in un silenzio surreale ed ogni passo regala una sensazione di stupore. Poi c’è l’assenza di altri visitatori che amplifica la sensazione di un viaggio indietro nel tempo. Infine, l'entusiasmo contagioso del direttore del sito, la sua sincera gioia nel vedere dei turisti ed un'accoglienza calorosa hanno reso l'esperienza ancora più speciale.
Arriviamo a Tripoli alle 16 circa. Oggi è l’ultimo giorno, domani si rientra. Una settimana volata via tra meraviglie storiche e sorprese attuali. Prima però c’è tempo per una mezza giornata di libertà o meglio, libertà vigilata. Qualcuno vuole fare shopping, qualcuno mangiare qualcosina, qualcuno riposare in albergo, qualcuno fare un giro a piedi. Ci dividiamo in gruppetti, ognuno scortato da qualcuno. Io opto per il pranzo, ormai merenda pomeridiana ed un ulteriore giretto nel centro di Tripoli. Ci reincontreremo tutti per cena stasera alle 20:30 nella medina.
Mi avvio con Abdou Fatar ed altri tre in un ristorante poco lontano dall’albergo, il banco promette bene
Avevamo detto di rimanere leggeri ma ci siamo fatti prendere la mano.
Pieni e soddisfatti facciamo due passi nella medina. Bisogna smaltire tutto questo ben di dio prima di cena. Ci avviamo in formazione ridotta, siamo in quattro più la security, Abdou Fatar. Già da qualche ora sembrava meno rigido, provo a chiedergli qualcosa e a parlare. Ovviamente in una lingua che è un misto di qualsiasi cosa, gesti inclusi.
Gli chiedo se fa qualche altra cosa nella vita. Inizialmente mi risponde a sillabe allora decido di dirgli cosa faccio io e gli faccio vedere delle foto sul mio telefono, la mia famiglia, la mia casa. Si apre, inizia a raccontare a tutti di quando era un bambino, che era poverissimo, che poi aveva studiato e si era arruolato nell'esercito. Ci racconta degli anni passati lontano dalla famiglia e di quello che spera per i suoi figli. Anche lui ci fa vedere le foto, i suoi cinque gatti la cosa di cui è più orgoglioso. Vorrei chiedergli di più ma ogni domanda ed ogni risposta sono un lungo parto. Riesco a chiederli solo cosa pensa del suo paese. Mi aspettavo una risposta ovvia ma invece ci guarda ed inaspettatamente si lascia andare in un “I’m tired of Libya, f**k government” e fa il gesto di mettersi soldi in tasca. Una risposta molto chiara, non credo di dover approfondire la questione.
La passeggiata si conclude all’arco di Marco Aurelio dove ci ricongiungiamo con l’altra parte del gruppo. È ora di cena. Dopo una settimana insieme sono nate nuove amicizie e si sono creati legami, anche con guide, guardie e tutto il resto della compagnia.
La cena ha un sapore un po' nostalgico, ma è anche uno dei momenti più divertenti: parliamo, ridiamo, scherziamo e ripercorriamo gli eventi della settimana trascorsa alla scoperta della Libia. Il ristorante si chiama Fattoush, è probabilmente il ristorante più lussuoso di tutta la Libia, è martedì sera ma è pieno, stiamo cenando con l’élite tripolitana. Siamo gli unici stranieri, in giro ci sono famiglie, uomini in giacca, donne che giocano con i bambini. Ci dicono chiaramente di non fare foto. Probabilmente c’è qualche persona non fotografabile. A tavola c’è cibo da sfamare un esercito. La cosa stride molto con la realtà della maggior parte della popolazione libica ma ha una chiave di lettura molto chiara: in Libia i contrasti sono infiniti. Dove c’è la povertà assoluta c’è anche una minoranza che rappresenta lo sfarzo, la ricchezza, l’agiatezza nella sua forma becera. C’è poi un altro aspetto, più sottile e generale che riguarda la possibilità di vistare la Libia oggi. È complesso, soprattutto se si vuole comprendere quello che c’è dietro a tutto questo. Bisogna armarsi di pazienza e superare il controllo imposto. Solo se si è attenti a comprendere i segnali e ad interpretare il non detto si porta a casa una esperienza vera e che abbia un significato.
Ora, comunque, non c’è più tempo per la filosofia, le mie costolette di agnello stanno diventando fredde.
Domani si parte, forse.