[TR - Amarcord] Un bambino vola tra il Kenya e l'Italia


Seconda parte

Come ho gia' accennato a mio padre non piaceva volare. Il suo elemento era l'acqua non l'aria. Mia madre era pragmatica, organizzatrice e abile a sfruttare ogni possibilita' per avere un servizio migliore, mio padre... era nervoso, parlava il meno possibile e si rilassava solo quando l'aereo aveva toccato terra. Durante il volo era sempre molto rigido.

Le partenze da Venezia erano sempre un mezzo evento. Il giorno precedente io pretendevo il 'premio' per essermi comportato bene; siccome il premio lo elargiva mio nonno, era una cosa quasi garantita. Ci mettevamo sempre molto tempo a uscire di casa, i miei nonni lavoravano entrambi e stavano a casa il giorno della partenza. Mio nonno non ha mai mancato un appuntamento all'aeroporto, tutt'ora ogni volta che parto e arrivo a VCE mi viene in mente mio nonno. Anche se l'aeroporto e' completamente diverso da quello che era quarant'anni fa.

Dunque..Baci, abbracci, mio padre che tenta di rinviare il piu' possibile l'arrivo in aeroporto, mia madre che comincia a impersonare un cronometro svizzero....mio nonno annunciava che non dovevamo far aspettare il taxi e comincia il 'corteo' verso il canale. Arrivati al punto dove ci aspettava il taxista si ripetono i saluti perche' mia nonna, generalmente, andava in ufficio.

Mio padre in acqua si rilassava sempre (anche se non era Veneziano), per me e' un'esperienza eccitante. Arriviamo all'aeroporto. La vecchia aerostazione era vicinissima all'approdo. E qui mio padre comincia a diventare nervoso.

Non credo che una persona al di sotto dei quarant'anni si possa immaginare un aeroporto senza metal detector, barriere varie, ecc. tutti potevano andare fino al controllo passaporti. In un volo nazionale quelli che ti accompagnavano arrivavano tranquillamente al cancello d'imbarco. Mio nonno scherza con mio padre tentando di farlo rilassare, mia madre entra sempre piu' nel personaggio dell'organizzatrice perfetta. Lei ha i biglietti (cartacei e giganteschi), lei ha i passaporti, organizza il check-in, controlla che le valigie vengano spedite fino a Nairobi. Allora la destinazione veniva scritta a mano o era prestampata. Io ricordo che a Venezia avevano luggage tags con le destinazioni dei voli diretti (per es. FCO) prestampato e il posto per scrivere a mano fino a tre destinazioni per le coincidenze.
Mia madre viaggiava con una 'borsetta per signora' di dimensioni gigantesche. All'epoca le "borsette per signora", gli ombrelli, cappotto e una "quantita' ragionevole di libri e riviste" non veniva calcolata come bagaglio a mano. Mia madre era specializzata in "borsette" che potevano contenere quasi l'intero aereo (e di solito contenevano anche la vera 'borsetta per signora' dove venivano riposti biglietti, documenti e soldi).

Piu' ci avvicinavamo all'imbarco, piu' mio padre parlava a monosillabi.

Siamo una famiglia, ci imbarchiamo prima. L'imbarco era a piedi, probabilmente l'aereo era un Viscount (semplicemente perche' non ricordo di aver volato su Caravelle quando non abitavo ancora in Italia). Foto trovata su airlines.net

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Io sono seduto a fianco a mia madre, mio padre e' dall'altra parte del corridoio. Mio padre non sedeva mai vicino al finestrino. Io ho vaghi ricordi di un servizio di bordo, mio padre non mangia (non mangiava mai in aereo), io e mia madre si. Mio padre stringeva i braccioli del sedile come se fossero stati l'unica cosa che ci impediva di precipitare. Siccome era molto rigido e non allungava le gambe finiva sempre con il bagaglio a mano piu' grande da mettere sotto al sedile (che Alitalia ha sempre chiamato 'poltrona') di fronte a lui.
Volare con mia madre era una specie di lezione di geografia, era uno dei suoi tanti modi per fare in modo che io rompessi le scatole il meno possibile. Quando ero grande abbastanza da leggere avevo libri, quando ero piu' piccolo ogni tanto usciva fuori qualcosa di nuovo dalla borsa di mia madre, giocattoli, libri o dolci (quando la situazione era disperata). Di solito mangiavo anche il pasto che mio padre si rifiutava di mangiare, o per lo meno quello che mi piaceva. Di tanto in tanto mia madre si girava verso mio padre controllando che respirasse ancora. Di solito mio padre si concentrava su un libro o una rivista... oppure aveva lo sguardo fisso davanti. Quando mia madre attirava la sua attenzione (di solito toccandogli la spalla) si girava, sorrideva e le prendeva la mano. Poi ritornava a leggere.

Arriviamo a Roma dove lo sbarco dai nazionali era a piedi se l'aereo era vicino all'aerostazione o in autobus.I cobus di allora erano autosnodati con la cabina separata.

Se prendevamo l'aereo da Venezia voleva dire che non ci saremmo fermati a Roma dai miei zii. Io ho ricordi di uscire dai nazionali e andare a piedi agli internazionali a Fiumicino all'aperto.

All'epoca Fiumicino mi piaceva, tenete presente che io conoscevo pochi aeroporti oltre a NBO, FCO, VCE e transiti in posti come Atene, Kharthoum o Aden. Nei primi anni Fiumicino mi piaceva, mi piaceva soprattutto la terrazza e la quantita' di aerei che vedevi. Era anche un posto un po' noioso per le lunghe coincidenze e mio padre si lamentava sempre che c'era poco da fare.

Arriviamo agli internazionali, mia madre trova la postazione dove facevano il check-in per i transiti e ci danno la carta d'imbarco. Mi sembra di ricordare che qualcuno scriveva a mano i numeri delle ricevute dei bagagli in transito. Io chiedo di andare in terrazza, la cosa mi viene concessa o meno a seconda di quanto tempo abbiamo.

Arriva l'imbarco, il DC.8 AZ (foto trovata su airlines.net)

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Mio padre odiava volare di notte, mia madre era molto piu' pragmatica e sosteneva che era molto piu' facile per me volare di notte, cosi' per lo meno dormivo e non rompevo le scatole. Tenete presente che allora non c'era IFE di nessun tipo. Quindi si sceglieva il giorno del volo di notte che avrebbe poi continuato per Johannesburg.

Saliamo sull'autobus e mio padre comincia a irrigidirsi. Io ricordo che a VCE - imbarco a piedi - salivano prima le famiglie, a FCO invece con l'autobus c'era un po' di calca, mio padre mi prendeva in braccio. Non ho mai capito se era necessario per far fronte alla calca con un bambino o perche' la cosa gli dava coraggio. Mia madre avrebbe dovuto seguire con tutto il bagaglio a mano, ma in realta' lei riusciva sempre a farsi aiutare dal membro dell'equipaggio che era in fondo alla scala.

Sistemati in aereo mi portano il kit per bambini (AZ lo faceva sempre prima del decollo) e me lo mettevano direttamente nella busta del sedile a fianco. Nel frattempo mia madre si era gia' assicurata che io fossi saldamente 'legato' al sedile. Lei aveva l'abitudine di stringere le cinture di sicurezza il piu' possibile, forse per non farmi muovere.

Da bambino i jet mi sembravano troppo silenziosi. Mi mancava l'accensione del motore con il fumo, mi mancavano le eliche. Forse perche' ero cresciuto un po' ma quando volavo su un jet non c'era la telecronaca dell'accensione dei motori e nemmeno il "ci stiamo muovendo". L'aereo si muove e i polmoni di mio padre si vuotano per poi riempirsi di nuovo con un respiro profondo. Anche qui ricordo che, almeno per mia madre, si mangiava da Roma a Atene e si dormiva da Atene a Nairobi.

Tenete presente che gli "overhead locker" all'epoca non c'erano (se ricordo bene sono arrivati con il B747) e la 'cappelliera' veniva usata per cappotti, cappelli, ombrelli e poco altro, non per il bagaglio a mano. Mia madre poteva tranquillamente prendere le cose che teneva nel bagaglio a mano per evitare che rompessi le scatole al prossimo. Quando poi non ci riusciva ricorreva allo sguardo, accompagnato dalla frase "Ricordati che siamo in pubblico. Modi da ristorante per favore", se quello non bastava partivano i "se non stai buono..." con un tono di voce che non perdonava. Di solito le minacce funzionavano (anche perche' sapevo che non erano promesse vane). Il passaggio del pasto era interessante, mio padre prendeva il vassoio ma non lo toccava. Mia madre controllava che avessimo il pasto speciale, scartava il mio e insieme davamo l'assalto a quello che mio padre non aveva voluto mangiare.

Io non ricordo che ci facessero scendere a Atene. Comunque eravamo in terra e mio padre parlava, mi madre aveva con se qualcosa da far mangiare a mio padre durante la sosta.

Si ripartiva da Atene e mia madre cominciava a prepararmi per la notte. Abbassare lo schienale, coperta, cintura sopra la coperta, spenta la luce di lettura e.. buona notte. Lei provava a dormire, mio padre vegliava su noi tutti. Di solito, prima di arrivare, venivano a chiedere ai miei se avevano bisogno di aiuto all'arrivo. Non ho mai capito se mia madre chiedesse una mano al momento di scendere o le fosse offerta spontaneamente. Fatto sta che quando cominciai a viaggiare col centro di costo numero 1 ero convinto ci dessero una mano... ritornai alla realta' molto in fretta.

Tornando a noi... prima dell'arrivo c'era la colazione. Quella mio padre la mangiava, letteralmente 'preso per fame'. A me la colazione piaceva poco, ho ricordi di un'odiosa insalata di frutta che mia madre insisteva che mangiassi. Mia madre mi ricordava che non ci sarebbe stato niente da mangiare fino a quando non saremmo arrivati in albergo. A quel punto mi prendevano per fame, o per prevenzione di fame futura.

Al momento dell'arrivo io ho sempre avuto la brutta abitudine di tentare di slacciare le cinture immediatamente dopo l'atterraggio, quando l'aereo era in fase di rullaggio. Se mia madre se ne accorgeva me le faceva riallacciare. Io ero diventato molto bravo a slacciarle tenendole in posizione. Per la serie "la vita e' una ruota che gira", io mi sono trovato dalla parte di mia madre con almeno due dei mie quattro centri di costo. Siccome pero' lo facevo anch'io, io controllavo che la cintura fosse ancora allacciata. A mia madre non e' mai venuto in mente:oky::dance:

Eravamo quasi sempre gli ultimi a scendere, mio padre si alzava per primo e cominciava a raccogliere le nostre cose. Un membro dell'equipaggio si avvicinava per darci una mano. Quando eravamo arrivati in fondo alla scala mio padre prendeva la maggior parte del bagaglio a mano, lasciando a mia madre la "borsetta" e, il figlio.

Di solito prendevamo una "day room" in un albergo dove io passavo il tempo in piscina, mio padre si faceva una dormita, facevamo un pasto decente e aspettavamo l'ora della partenza del treno per Mombasa.

Terza parte.. ricordi flash.
 
davvero non deludente!!! mi ha stupito molto vedere come si volava un tempo; in confronto ad oggi che sembra di essere in macchina.
ancora complimenti!!!
spero che la schiena vada meglio!!
 
Mi sono rimaste pochissime parole in bocca, perché Silvano sei in grado di stupirmi sempre, da quando ho letto il TR sulla Pan Am (che ho fatto leggere a molte persone) mi hai colpito. Ma soprattutto sono rimasto colpito dal tuo modo di raccontare le cose, tirando fuori tutti questi ricordi che le persone della mia età non potranno mai vivere ma solo immaginare dalle tue parole. Te ne sono davvero grato, spero tu ne faccia altri di TR Amarcord:)
P.s. Mai pensato di scrivere un libro in cui racconti queste fantastiche storie di vita nei cieli?
 
Silvano, ma perché non scrivi un libro!!!
I tuoi ricordi mi trasmettono serenità, una piccola ma piacevolissima pausa dalla routine quotidiana.
 
Racconto molto bello, scritto come sempre con sentimento e passione.

A quei tempi, ben pochi erano quelli in grado di fare esperienze di volo come le tue!
 
Racconto molto bello, scritto come sempre con sentimento e passione.

A quei tempi, ben pochi erano quelli in grado di fare esperienze di volo come le tue!

Me ne sono sempre reso conto. Ed e' evidente guardando vecchi orari. Nel sessantacinque c'erano solo tre voli al giorno Venezia-Roma, e questo quando il treno ci metteva cosi' tanto che c'era anche il servizio di Vagone Letto.
 
Veramente toccante Silvano, complimenti. Mi fai venire voglia anche a me, di scrivere le mie memorie di quando volavo da piccolo anche se era...almeno venticinque anni dopo! Stiamo parlando di metà anni ottanta fino a metà anni novanta: stanno passando trent'anni, sarebbe "d'epoca" a rigor di legge. Forse aspetterò una decina d'anni però. :-)

Nel frattempo scrivi un libro di memorie, magari con qualche illustrazione di vecchi biglietti, foto di cabine, aeroporti (non necessariamente tue). Il popolo di appassionati e viaggiatori te ne sarebbe grato.


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Grazie, grazie e ancora grazie per il tuo modo di raccontare, per la dovizia di particolari e per la tua umanità. Proporrei di salvare questi Tr insieme a quelli di Dreamliner perchè sono il fondamento di quello che vuol dire passione per il volo. Ancora complimenti.
 
Terza parte, ricordi a ruota libera (Senza controllarli su Internet)

Volare sui DC 6B.

Ricordo che la prima classe era didietro. Quando volavamo tutti insieme prendevamo il volo che faceva una sola fermata (Karthoum, Atene ? Non ricordo). Quando BOAC mise il Comet sulle rotte per l'Africa e i miei genitori decisero che, anche da solo, avrei volato AZ allora a me piaceva quello che faceva tanti scali. I primi due erano Mogadiscio e Aden, gli altri non me li ricordo proprio ma ce n'erano almeno altri due. A me i decolli e gli atterraggi piacevano molto (se non s'era capito)

Ricordo il rumore e l'accensione dei motori con la scia di fumo nero. Per me era una componente essenziale della partenza. La prima volta che salii su un jet (un DC.8 AZ) ricordo di essermi preoccupato della mancanza di fumo, non ero sicuro che i motori fossero veramente accesi, e il silenzio. Rispetto ai motori a pistoni dei DC 6B, il DC 8 era tremendamente silenzioso.

Si raggiungeva l'aereo a piedi. Non so se quelli che viaggiavano con bambini avevano assistenze speciali o se mia madre riuscisse a convincere qualche disgraziato dipendente Alitalia a prendermi in braccio e portarmi in aereo. Si saliva dalla porta davanti e non ho mai capito se i posti dietro (la prima classe) fossero piu' silenziosi o piu' stabili.

Dormire era un po' un impresa, il 'rumore dei motori' non era certo tale da cullarti. Credo che distribuissero tappi per le orecchie. Ricordo una quantita' di borse Alitalia (averle adesso) ogni volta che viaggiavamo mia madre ne chiedeva una (che veniva poi regolarmente regalata).

Ho vari ricordi 'fotografici'... atterrare ad Aden e il mar Rosso, il Nilo dall'aereo. Di solito il viaggio era programmato con una parte di notte o comunque una parte dove dovevo dormire. Ricordo un membro dell'equipaggio che mi promette una "visita in cabina di pilotaggio" se mi fossi comportato bene. Credo che la mia intenzione di diventare pilota si nata nella cabina di pilotaggio di un DC 6B AZ.

Una delle altre 'foto' mentali e quella del 'tacco' dello stivale visto dai finestrini quadrati del DC 6B. In tutti questi viaggi, se ero con i miei genitori mia madre era a fianco a me. Mio padre soffriva in silenzio (si fa per dire) dall'altro lato del corridoio. Dopo il trasferimento in Italia mio padre si rifiuto' di salire in aereo fino a quando il centro di costo numero 1 si trasferi' a New York (il fatto che ci fossimo anche io e Ruth era di secondaria importanza). Lui veniva regolarmente per il compleanno di suo nipote, unici due voli dell'anno.

La foto che ho trovato su Airliners. net e' di un DC 6B a Salisbury (ora Harare)

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Ho cercato anche un'immagine di un'interno. Ho trovato questa (Northwest Airlines) senza l'equivalente della first AZ

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Volare su un Convair 340 AZ

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Non ricordo dove fosse, ho chiaro nella mente l'immagine della porta che si apre e la scala che esce, come illustrato nella foto sotto

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Poteva essere o Roma o Venezia (nel senso di Treviso). Il Convair me lo ricordo un po' meno rumoroso del DC 6 ma non credo fosse pressurizzato. Ricordo un costante male alle orecchie.

Volare su un DC.3

A me sembra di ricordare un Viaggio a Zanzibar, uno dei miei compagni di scuola che erano in collegio abitava a Zanzibar. Mi ricordo di aver passato una vacanza scolastica a Zanzibar. Doveva essere prima del 1963. Il nonno di Rafael ci era venuto a prendere. Mi ricordo la pendenza e l'aereo che prima di decollare alzava la coda (manovra opposta in atterraggio). Chiaramente meno rumoroso del DC 6B (solo due motori) ma da bambino non mi piaceva il male alle orecchie. Ho vaghi ricordi di essere seduto dalla parte del sedile unico con il nonno di Rafael in mezzo a noi e Rafael all'altro finestrino.

Foto di un DC.3 East African Airways anche questa presa da Airliners.net

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Mi sembra di ricordare un volo col DC.3 in Italia (non so dove e non ne sono sicuro). Non mi piaceva il dovermi 'arrampicare' fino al posto.

Fiumicino Nazionali anni sessanta

Ricordo che i cancelli d'imbarco erano "cancelli". A me sembra di ricordare una specie di porticato con colonne metalliche, un imbarco all'aperto insomma. Mi sembra che mio zio mi avesse accompagnato all'aeroporto. Ho l'immagine di noi due che aspettiamo che chiamino il mio volo, la destinazione era scritta su una targhetta metallica che infilavano in un'apposita cornice nella colonna a sinistra del cancello.

Questi ricordi di voli fatti da bambino fra l'Italia e il Kenya finiscono qui.