Le varie foto di aerei Alitalia del passato mi hanno fatto venire in mente i viaggi in aereo che facevo da bambino. A volte come "UM" (Unaccompained Minor), a volte con i miei genitori. Siccome ho la schiena in vertenza sindacale e non mi posso muovere, ho fatto qualche ricerca in rete per vedere di dare una sistemata ai miei ricordi. Ho deciso di parlare di due voli un Nairobi-Roma UM e un Venezia-Roma-Nairobi con i miei genitori. Il primo con B.O.A.C. , British Overseas Airways Corporation (una delle due meta' dell'attuale British Airways, quella che aveva il codice BA. L'altra era BEA - British European Airways con codice BE) il secondo con AZ.
Stiamo parlando di anni che andavano dal 1959 (prima ero troppo piccolo per essere accettato come UM) e il 1966 ( Io ho lasciato definitivamente il Kenya all'inizio di Settembre del 1967). Il Kenya divento' indipendente nel 1963.
I miei genitori pensavano che BOAC avesse piu' esperience con gli UM vista la quantita' di bambini che volavano da soli perche' i genitori li mandavano a scuola in Inghilterra. Io ero un "day pupil" in una boarding school a Mombasa ma una grandissima quantita' di figli di militari e dirigenti dell'amministrazione coloniale veniva mandata in Inghilterra a studiare.
Come molti dei dipendenti "expatriate" di societa' petrolifere (mio padre lavorava per la Esso) avevamo quattro viaggi "a casa" all'anno. Di solito viaggiavo con i miei ma almeno un paio di volte l'anno andavo dai nonni a Venezia da solo. Se era un periodo di vacanza anche in Italia passavo un po' di tempo a Roma con mio cugino e poi andavamo a Venezia insieme. Altrimenti qualche zio, zia o adulto variamente imparentato veniva a Roma a prelevarmi dalle mani della compagnia aerea.
Non ricordo un'aeroporto civile a Mombasa quando ero bambino, l'aeroporto c'era ma era militare. Il viaggio cominciava con un Mombasa-Nairobi in vagone letto. Una vera avventura per me. Io e mia madre accompagnati da mio padre, quando poteva, o da una coppia di vicini di casa (a mia madre non piaceva l'idea del viaggio di ritorno da sola). Ricordo che si cenava in treno, mia madre insisteva su un meno vegetariano - di solito cucina indiana. La prima classe consisteva in uno scompartimento con due cuccette. Mia madre non si fidava a farmi dormire in quella di sopra. Ricordo che c'era un lavandino nello scompartimento e non c'era molto posto per la mia valigia. Mio padre o la coppia di anici che accompagnavano mia madre, coppia che ho sempre considerato alla stregua di nonni, erano nello scompartimento vicino. Io ricordo scompartimenti comunicanti, ma non garantisco. Si faceva anche la prima colazione in treno. La parte del viaggio fatta di giorno era favolosa ma il treno ci metteva piu' di dodici ore, prima colazione in treno e, di solito, si arrivava a Nairobi prima dell'ora di pranzo.
A Nairobi andavamo nell'albergo dove avrebbe dormito mia madre. Molti spesso il Norfolk Hotel (albergo che esiste tutt'ora). Dove venivo lavato, stirato e cambiato ma non potevo assolutamente dormire. La tattica di mia madre era quella di farmi stancare e non farmi dormire, con la speranza che, una volta salito in aereo, fossi stato talmente stanco da dormire senza problemi (e non rompere le scatole). Tattica che ho usato con i miei centri di costo con vari risultati.
Quando viaggiavo UM mia madre metteva sempre un cambio completo nel bagaglio a mano. La fiducia che aveva nella mia capacita' di mangiare in aereo senza sporcarmi era fra "minima" e "inesistente", soprattutto perche' all'epoca non caricavano pasti Kosher a Nairobi e io avevo il pasto Vegetariano Indiano, compreso curry. Che colpa ne avevo io se c'erano vuoti d'aria?
Te' (nel senso inglese di merenda pomeridiana) in albergo e poi ci si organizza per portare il "pacco" (vale a dire il sottoscritto) all'aeroporto. Una volta ritirata la carta d'imbarco, dovevi aspettare che arrivasse la hostess (si chiamavano cosi' allora) che ti avrebbe accompagnato fino a Roma e consegnato alla persona che ti veniva a prendere all'aeroporto. In quel momento la mia paura era di ritrovarmi la classica 'nanny' inglese reduce da una scuola militare austro-ungarica. Con quelle il ritmo era rigido, salivi a bordo, ti veniva dato il 'kit' per bambini che di solito aveva un libro da colorare. Non giocava con te. Passava il tempo vicino a te a leggere un libro (o qualcosa di simile). Se ti coloravi la maglietta o la camicia ti fulminava con lo sguardo. Al momento di dormire, ti dava la coperta e ti dovevi coprire da solo.
L'alternativa era la hostess 'sorella maggiore', parlava con te, giocava con te e al momento di dormire ti copriva bene e alcune si spingevano anche al bacio della buona notte in fronte.
L'aereo era un Bristoll Britannia (foto presa da Airliners.net)
Io ho sempre fatto di tutto per sedermi vicino al finestrino. Anche se era buio mi affascinava la partenza, l'accensione dei motori (con relativo scarico di fumo) il rumore. Il Bristoll Britannia era un turboelica, il rumore era diverso da quello del DC.7 a pistoni. A memoria non era molto dissimile da quello di un ATR attuale.
La tua accompagnatrice sistemava il bagaglio a mano sotto al sedile di fronte al tuo, ti allacciava la cintura di sicurezza...e si aspettava il decollo. Io contavo i motori, avevo la brutta (per gli altri) abitudine di dire, forse un po' ad alta voce, "Engine one on" (ripetuto quattro volte) e di annunciare a voce alta "We are moving". Se avevo l'accompagnatrice 'nanny' venivo zittito immediatamente con un "Master londonfog, please be quiet" e uno sguardo militarmente pericoloso; se invece c'era l'accompagnatrice 'sorella maggiore' al piu' mi veniva detto "softer voice, Silvano" e si metteva a sorridere. Di solito le accompagnatrici reduci da una scuola militare austro-ungarica c'erano quando l'aereo aveva molti UM (di solito alla fine delle vacanze scolastiche inglesi).
Appena cominciava il servizio ti portavano il 'kit' per bambini. Nei miei ricordi il kit non cambiava con gli anni. Cambiava solo con la compagnia. A un certo punto cominciai a rifiutarlo perche' ero 'gia' grande' (circa verso gli otto anni, quando avevo un libro da leggere). Il volo Nairobi-Roma faceva almeno uno scalo (secondo un vecchio orario trovato su internet nel '59 questo scalo era Kharthoum). Ti portavano la cena nella prima tratta. Ricordo vassoi di metallo e la cena servita piatto per piatto potrei sbagliarmi ma ricordo che molte volte quando arrivava il 'main' - vale a dire il 'vegetable curry' - l'accompagnatrice chiedeva un tovagliolo in piu'. Da bere avevo solo acqua perche' nel mio foglio d'accompagnamento veniva chiaramente specificato che avevo un'intolleranza al latte.
Finita la cena, se la mia camicia (o maglia) era sopravissuta senza sbrodolamenti o macchie (evento raro), potevo giocare fino allo scalo intermedio. Qualunque fosse lo stile dell'accompagnatrice c'era il tentativo di tenermi sveglio anche se io cominciavo gia' a dare segni di voler dormire. Non avevo il coraggio di addormentarmi quando avevo la "nanny", se avevo una "sorella maggiore" un pisolino senza chiedere la coperta, senza abbassare lo schienale, tentavo di farlo.
L'atterraggio mi ha sempre affascinato, dovevo essere veramente molto stanco per non svegliarmi quando mi allaciavano la cintura (o quando mi dicevano di allacciare la cintura quando ero piu' grande), l'aeroporto di notte aveva un che' di misterioso. Mi affascinava molto. Dovevamo scendere per il rifornimento di carburante. Io ho vaghi ricordi di una sala separata quando ero UM, una sala con una specie di divano. Un'altro ricordo 'fotografico' che conferma quello che ho trovato su internet e' un'immagine' dell'incontro dei due rami del Nilo la mattina presto, probabilmente doveva essere il volo di ritorno.
La partenza da Kharthoum era piu' silenziosa (non mi riferisco ai motori), semplicemente perche' ero molto stanco. Una volta raggiunta la quota di crociera venivo invitato piu' o meno gentilmente a dormire. Se avevo la 'sorella maggiore', mi abbassava il sedile, mi metteva un cuscino sotto la testa, mi copriva, mi allacciava la cintura sopra la coperta, bacio della buonanotte e "Good night dear, sleep tight". La "nanny" mi abbassava il sedile, mi dava la coperta e "Master londonfog, it is time to sleep now" e dovevo arrangiarmi da solo (potevano esserci variazioni sul tema ma credo di aver reso l'idea).
Un'ora prima di arrivare venivo svegliato per la colazione. Anche qui lo stile dipendeva dall'accompagnatrice. Dopo la colazione mi portavano in bagno e mi davano la camicia pulita per l'arrivo (sempre che i pantaloni fossero indenni).
Durante tutto il viaggio avevo al collo una busta con il biglietto e il passaporto. L'accompagnatrice aveva un foglio con il nome della persona che mi sarebbe venuta a prendere.
Da bambino la scala per scendere dall'aereo mi sembrava lunghissima. Forse perche' quando arrivavamo a Roma non ero ancora perfettamente sveglio.
Se l'accompagnatrice non parlava italiano (caso frequente) e se non veniva lo zio di Roma (che parlava Inglese correntemente), personale di terra della BOAC ci veniva incontro ai piedi della scala e ci accompagnava (tutti e due) al controllo passaporti, al ritiro bagagli (lo scontrino del bagaglio era nella busta che avevo al collo che, nel frattempo, era stata presa dall'accompagnatrice) e poi all'uscita. Di solito mio zio o altro parente adulto mi aspettava alla biglietteria BOAC (o AZ) con un documento d'identita', una volta accertato che era veramente la persona indicata nel 'foglio di accompagnamento' mi consegnavano 'armi e bagagli'. (Quando ero piu' grande mi dava l'impressione di essere un pacco).
A questo punto l'accompagnatrice 'sorella maggiore' di solito mi dava un bacio in fronte e mi diceva "You have been a pleasure, Enjoy your stay". Se avevo invce la "nanny" austro-ungarica il saluto era qualcosa come "Farewell Master londonfog" girava i tacchi e se ne andava.
I miei genitori non hanno mai apprezzato il Comet. Quando la BOAC mise il Comet sulle rotte per il Kenya i miei cominciarono a farmi volare Alitalia.
La seconda puntata e' un Venezia-Roma-Nairobi con i miei genitori.
Stiamo parlando di anni che andavano dal 1959 (prima ero troppo piccolo per essere accettato come UM) e il 1966 ( Io ho lasciato definitivamente il Kenya all'inizio di Settembre del 1967). Il Kenya divento' indipendente nel 1963.
I miei genitori pensavano che BOAC avesse piu' esperience con gli UM vista la quantita' di bambini che volavano da soli perche' i genitori li mandavano a scuola in Inghilterra. Io ero un "day pupil" in una boarding school a Mombasa ma una grandissima quantita' di figli di militari e dirigenti dell'amministrazione coloniale veniva mandata in Inghilterra a studiare.
Come molti dei dipendenti "expatriate" di societa' petrolifere (mio padre lavorava per la Esso) avevamo quattro viaggi "a casa" all'anno. Di solito viaggiavo con i miei ma almeno un paio di volte l'anno andavo dai nonni a Venezia da solo. Se era un periodo di vacanza anche in Italia passavo un po' di tempo a Roma con mio cugino e poi andavamo a Venezia insieme. Altrimenti qualche zio, zia o adulto variamente imparentato veniva a Roma a prelevarmi dalle mani della compagnia aerea.
Non ricordo un'aeroporto civile a Mombasa quando ero bambino, l'aeroporto c'era ma era militare. Il viaggio cominciava con un Mombasa-Nairobi in vagone letto. Una vera avventura per me. Io e mia madre accompagnati da mio padre, quando poteva, o da una coppia di vicini di casa (a mia madre non piaceva l'idea del viaggio di ritorno da sola). Ricordo che si cenava in treno, mia madre insisteva su un meno vegetariano - di solito cucina indiana. La prima classe consisteva in uno scompartimento con due cuccette. Mia madre non si fidava a farmi dormire in quella di sopra. Ricordo che c'era un lavandino nello scompartimento e non c'era molto posto per la mia valigia. Mio padre o la coppia di anici che accompagnavano mia madre, coppia che ho sempre considerato alla stregua di nonni, erano nello scompartimento vicino. Io ricordo scompartimenti comunicanti, ma non garantisco. Si faceva anche la prima colazione in treno. La parte del viaggio fatta di giorno era favolosa ma il treno ci metteva piu' di dodici ore, prima colazione in treno e, di solito, si arrivava a Nairobi prima dell'ora di pranzo.
A Nairobi andavamo nell'albergo dove avrebbe dormito mia madre. Molti spesso il Norfolk Hotel (albergo che esiste tutt'ora). Dove venivo lavato, stirato e cambiato ma non potevo assolutamente dormire. La tattica di mia madre era quella di farmi stancare e non farmi dormire, con la speranza che, una volta salito in aereo, fossi stato talmente stanco da dormire senza problemi (e non rompere le scatole). Tattica che ho usato con i miei centri di costo con vari risultati.
Quando viaggiavo UM mia madre metteva sempre un cambio completo nel bagaglio a mano. La fiducia che aveva nella mia capacita' di mangiare in aereo senza sporcarmi era fra "minima" e "inesistente", soprattutto perche' all'epoca non caricavano pasti Kosher a Nairobi e io avevo il pasto Vegetariano Indiano, compreso curry. Che colpa ne avevo io se c'erano vuoti d'aria?

Te' (nel senso inglese di merenda pomeridiana) in albergo e poi ci si organizza per portare il "pacco" (vale a dire il sottoscritto) all'aeroporto. Una volta ritirata la carta d'imbarco, dovevi aspettare che arrivasse la hostess (si chiamavano cosi' allora) che ti avrebbe accompagnato fino a Roma e consegnato alla persona che ti veniva a prendere all'aeroporto. In quel momento la mia paura era di ritrovarmi la classica 'nanny' inglese reduce da una scuola militare austro-ungarica. Con quelle il ritmo era rigido, salivi a bordo, ti veniva dato il 'kit' per bambini che di solito aveva un libro da colorare. Non giocava con te. Passava il tempo vicino a te a leggere un libro (o qualcosa di simile). Se ti coloravi la maglietta o la camicia ti fulminava con lo sguardo. Al momento di dormire, ti dava la coperta e ti dovevi coprire da solo.
L'alternativa era la hostess 'sorella maggiore', parlava con te, giocava con te e al momento di dormire ti copriva bene e alcune si spingevano anche al bacio della buona notte in fronte.
L'aereo era un Bristoll Britannia (foto presa da Airliners.net)

Io ho sempre fatto di tutto per sedermi vicino al finestrino. Anche se era buio mi affascinava la partenza, l'accensione dei motori (con relativo scarico di fumo) il rumore. Il Bristoll Britannia era un turboelica, il rumore era diverso da quello del DC.7 a pistoni. A memoria non era molto dissimile da quello di un ATR attuale.
La tua accompagnatrice sistemava il bagaglio a mano sotto al sedile di fronte al tuo, ti allacciava la cintura di sicurezza...e si aspettava il decollo. Io contavo i motori, avevo la brutta (per gli altri) abitudine di dire, forse un po' ad alta voce, "Engine one on" (ripetuto quattro volte) e di annunciare a voce alta "We are moving". Se avevo l'accompagnatrice 'nanny' venivo zittito immediatamente con un "Master londonfog, please be quiet" e uno sguardo militarmente pericoloso; se invece c'era l'accompagnatrice 'sorella maggiore' al piu' mi veniva detto "softer voice, Silvano" e si metteva a sorridere. Di solito le accompagnatrici reduci da una scuola militare austro-ungarica c'erano quando l'aereo aveva molti UM (di solito alla fine delle vacanze scolastiche inglesi).
Appena cominciava il servizio ti portavano il 'kit' per bambini. Nei miei ricordi il kit non cambiava con gli anni. Cambiava solo con la compagnia. A un certo punto cominciai a rifiutarlo perche' ero 'gia' grande' (circa verso gli otto anni, quando avevo un libro da leggere). Il volo Nairobi-Roma faceva almeno uno scalo (secondo un vecchio orario trovato su internet nel '59 questo scalo era Kharthoum). Ti portavano la cena nella prima tratta. Ricordo vassoi di metallo e la cena servita piatto per piatto potrei sbagliarmi ma ricordo che molte volte quando arrivava il 'main' - vale a dire il 'vegetable curry' - l'accompagnatrice chiedeva un tovagliolo in piu'. Da bere avevo solo acqua perche' nel mio foglio d'accompagnamento veniva chiaramente specificato che avevo un'intolleranza al latte.
Finita la cena, se la mia camicia (o maglia) era sopravissuta senza sbrodolamenti o macchie (evento raro), potevo giocare fino allo scalo intermedio. Qualunque fosse lo stile dell'accompagnatrice c'era il tentativo di tenermi sveglio anche se io cominciavo gia' a dare segni di voler dormire. Non avevo il coraggio di addormentarmi quando avevo la "nanny", se avevo una "sorella maggiore" un pisolino senza chiedere la coperta, senza abbassare lo schienale, tentavo di farlo.
L'atterraggio mi ha sempre affascinato, dovevo essere veramente molto stanco per non svegliarmi quando mi allaciavano la cintura (o quando mi dicevano di allacciare la cintura quando ero piu' grande), l'aeroporto di notte aveva un che' di misterioso. Mi affascinava molto. Dovevamo scendere per il rifornimento di carburante. Io ho vaghi ricordi di una sala separata quando ero UM, una sala con una specie di divano. Un'altro ricordo 'fotografico' che conferma quello che ho trovato su internet e' un'immagine' dell'incontro dei due rami del Nilo la mattina presto, probabilmente doveva essere il volo di ritorno.
La partenza da Kharthoum era piu' silenziosa (non mi riferisco ai motori), semplicemente perche' ero molto stanco. Una volta raggiunta la quota di crociera venivo invitato piu' o meno gentilmente a dormire. Se avevo la 'sorella maggiore', mi abbassava il sedile, mi metteva un cuscino sotto la testa, mi copriva, mi allacciava la cintura sopra la coperta, bacio della buonanotte e "Good night dear, sleep tight". La "nanny" mi abbassava il sedile, mi dava la coperta e "Master londonfog, it is time to sleep now" e dovevo arrangiarmi da solo (potevano esserci variazioni sul tema ma credo di aver reso l'idea).
Un'ora prima di arrivare venivo svegliato per la colazione. Anche qui lo stile dipendeva dall'accompagnatrice. Dopo la colazione mi portavano in bagno e mi davano la camicia pulita per l'arrivo (sempre che i pantaloni fossero indenni).
Durante tutto il viaggio avevo al collo una busta con il biglietto e il passaporto. L'accompagnatrice aveva un foglio con il nome della persona che mi sarebbe venuta a prendere.
Da bambino la scala per scendere dall'aereo mi sembrava lunghissima. Forse perche' quando arrivavamo a Roma non ero ancora perfettamente sveglio.
Se l'accompagnatrice non parlava italiano (caso frequente) e se non veniva lo zio di Roma (che parlava Inglese correntemente), personale di terra della BOAC ci veniva incontro ai piedi della scala e ci accompagnava (tutti e due) al controllo passaporti, al ritiro bagagli (lo scontrino del bagaglio era nella busta che avevo al collo che, nel frattempo, era stata presa dall'accompagnatrice) e poi all'uscita. Di solito mio zio o altro parente adulto mi aspettava alla biglietteria BOAC (o AZ) con un documento d'identita', una volta accertato che era veramente la persona indicata nel 'foglio di accompagnamento' mi consegnavano 'armi e bagagli'. (Quando ero piu' grande mi dava l'impressione di essere un pacco).
A questo punto l'accompagnatrice 'sorella maggiore' di solito mi dava un bacio in fronte e mi diceva "You have been a pleasure, Enjoy your stay". Se avevo invce la "nanny" austro-ungarica il saluto era qualcosa come "Farewell Master londonfog" girava i tacchi e se ne andava.
I miei genitori non hanno mai apprezzato il Comet. Quando la BOAC mise il Comet sulle rotte per il Kenya i miei cominciarono a farmi volare Alitalia.
La seconda puntata e' un Venezia-Roma-Nairobi con i miei genitori.