Thread Alitalia dal 1° settembre


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Comunque i piloti stranieri che ci sono in CAI l'italiano lo parlano bene...forse anche meglio di alcuni colleghi italiani.

Poi è chiaro che possa capitare di avere una cadenza francese o teutonica marcata, ma ai fini della sicurezza la lingua inglese è splendidamente parlata, anche qui nettamente meglio di alcuni colleghi italiani.

So where's the problem? Emirates può avere naviganti stranieri e Alitalia no?
Ma per piacere...

A parte la puerile provocazione, in un momento drammatico come fu quello di due anni fa in cui cittadini italiani persero il lavoro, una attenzione maggiore fra le parti sarebbe stata opportuna. Non ci saremmo dovuti inventare nulla se non applicare le stesse regole che tutte le compagnie applicano in europa. Ad esempio un "eccellente conoscenza della lingua italiana" come fa la Swiss per il tedesco nella civilissima Svizzera, messo nei requisiti avrebbe certamente aiutato. Se poi un cittadino Belga, difronte ad una commissione certificata, avesse dimostrato di parlare e scrivere italiano meglio di un italiano, non ci sarebbe stato nessun motivo per non assumerlo. In caso contrario invece, eventuali lamentele per la mancata assunzione si sarebbero potute sedare immediatamente con una stampata dei requisiti necessari per l'assunzione in Brussels Airlines: "- Languages: thorough knowledge of 1 national language and English".

Il paragone con la Emirates poi, è totalmente fuori luogo perchè primo Emirates opera in aree dove la carenza di piloti è cronica e secondo non è stata venduta dal governo a privati, scaricando migliaia di lavoraori, seguendo dei precisi accordi occupazionali.
 
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E l'ICAO cosa dice invece?
Icao prevede il livello 4 in inglese,That's it.
Ogni operatore può stabilire regole maggiormente restrittive in inglese o su altre lingue,tanto è vero che Az nell'OM A autorizzato da ENAC chiede almeno il 6 in italiano,che vuol dire madre lingua.
 
E' nell'OM A,ed è il livello minimo richiesto da Az.
4 per l'inglese e 6 per l'italiano.That's it.

Magari l'hanno tolto. Si sa, l'ENAC è molto vigile su queste cose.... ROTFL
-conoscenza della lingua italiana ed inglese, parlata e scritta, che con riferimento ai livelli stabiliti dall'ICAO, come minimo corrisponda al livello 4 per l'inglese e al livello 6 per l'italiano". Da "Requirement of employments"G.B. 5.2.1
I piloti stranieri assunti in CAI hanno fatto un esame che ne ha stabilito la conoscenza della lingua italiana?
 
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Magari l'hanno tolto. Si sa, l'ENAC è molto vigile su queste cose.... ROTFL
-conoscenza della lingua italiana ed inglese, parlata e scritta, che con riferimento ai livelli stabiliti dall'ICAO, come minimo corrisponda al livello 4 per l'inglese e al livello 6 per l'italiano". Da "Requirement of employments"G.B. 5.2.1
I piloti stranieri assunti in CAI hanno fatto un esame che ne ha stabilito la conoscenza della lingua italiana?

No perchè non sono mai stati assunti...sono stati fusi per effetto di una legge chiamata art 2112.
 
Si ma poi ribadisco: così come si regalano L4 di inglese, si regaleranno (se mai ciò si renderà necessario normativamente) anche L6 di italiano!
 
Do you remember Alitalia?

di Francesco Lo Dico [09 settembre 2010]

Rocco Sabelli ha un cruccio: dove trovare i soldi per aprire nuove rotte verso le ricche Shanghai o Mumbai. E se è difficile convincere i "patrioti" che l'accompagnano dal 2008, è più facile fare proseliti presso il socio francese. Il quale non esclude un ulteriore sforzo dopo i 323 milioni impegnati per il 25 per cento di Alitalia. Soprattutto se a Palazzo Chigi gli inquilini cambieranno prima del previsto. Perché in Air France prendono molto sul serio l'amministratore delegato quando ripete fino all'ossessione che servono investimenti. Che soltanto svoltando in direzione del lungo raggio si esce dallo stallo di compagnia troppo piccola per sfidare i carrier internazionali, ma troppo grande per fare concorrenza alle lowcost. Prima della pausa estiva Sabelli e il presidente Roberto Colaninno avrebbero sondato i soci italiani per capire se c'è la disponibilità a rilanciare e a iniettare nuovi capitali. I grandi nomi (i Riva, i Ligresti o i Gavio) avrebbero declinato in attesa del consuntivo di fine anno. I piccoli (i Carbonelli d'Angelo, i D'Avanzo o i Maccagnani) avrebbero spiegato che in questa fase è troppo complesso per loro muovere capitali. Un no deciso, nel quale s'intravede anche il timore di un aumento capitale. Che non tutti potrebbero sottoscrivere, con il risultato di ribaltare gli equilibri azionari e impedire quello che è a cuore a tutti, IntesaSanpaolo in testa: vendere al socio Air France quando la compagnia sarà risanata garantendosi una forte plusvalenza. Non sembrerebbero intenzionati a mettere soldi freschi i Benetton, per i quali la permanenza nel capitale della Magliana va collegata al controllo di Adr, la società che gestisce lo scalo di Roma, e di Adf, proprietaria degli aeroporti di Firenze e di Torino. Si vocifera che più che l'operato di Sabelli e Colaninno, per la famiglia di Ponzano sarà vincolante la decisione del governo sugli aumenti delle tariffe aeroportuali. Che Giulio Tremonti blocca in malo modo. Allo stesso modo è difficile che intervenga Carlo Toto, diventato dopo la cessione di Air One sia azionista sia uno dei principali lessor di aeromobili della nuova Alitalia attraverso alcune sue controllate irlandesi. Al riguardo va registrato un contenzioso tra il costruttore abruzzese e la Magliana in relazione al prezzo pattuito (circa 492 milioni di euro) per la sua compagnia. Dopo un'attenta analisi sui beni, il valore del magazzino, il carico delle manutenzioni, gli oneri sociali fino a un accertamento fiscale in atto da parte delle agenzia delle entrate, le parti discutono su una discordanza vicina ai 30 milioni di euro. Che sulla carta l'imprenditore autostradale potrebbe dover restituire. Nulla, però, che metterà a rischio la permanenza di Toto o la sua fornitura di aerei. Al riguardo - e forse per prevenire contestazioni - Sabelli ha fatto scrivere a verbale in cda che questo azionista mette a disposizione le macchine «ai prezzi di mercato, se non ai migliori». Così al management non restano che tre strade: guardare alla Borsa (ma i tempi non sono quelli più adatti), fare ricorso alla leva dell'indebitamento (operazione tutto sommato sostenibile visto che l'indebitamento è legato soprattutto al leasing degli aerei) oppure velocizzare la cessione del 75 per cento in mano italiana al socio Air France. Lo statuto della compagnia prevede che fino al gennaio del 2013 gli investitori italiani non possano vendere le loro quote. Se vogliono uscire devono girarle agli altri "capitani coraggiosi" della prima ora, ma non ai transalpini. A meno che non si decida a maggioranza qualificata di far saltare il lock up e anticipare una fusione che è nelle cose. Ed è di questo che stanno discutendo Sabelli, Colaninno, il player finanziario della nuova Alitalia, il banchiere Corrado Passera, e gli emissari del Ceo dei francesi, Pierre-Henry Gourgeon. Dalla Magliana dicono questo tavolo «è perennemente aperto, ma che la maggiore difficoltà sarebbe di "estetica politica"». Difficilmente Silvio Berlusconi, dopo che nel 2008 ha fatto dell'italianità del vettore una bandiera, darebbe il via libera all'operazione. Anche valutando un'integrazione tra i due vettori sul modello British-Iberia, in grado secondo le prime valutazioni di garantire agli attuali azionisti di Alitalia una quota vicina al 10 per cento del nuovo colosso. Discorso diverso se si andasse ad elezioni anticipate, con il conseguente ribaltamento degli attuali equilibri. Eppure ai francesi conviene chiudere l'operazione prima del tempo. Vuoi perché lo farebbe a un prezzo minore rispetto a quello che pagherebbe a turn around terminato, vuoi perché le performance italiane potrebbero migliorare il conto economico di un colosso che ha perso un miliardo e mezzo nel 2009. Perché incrociando i conti con le difficoltà seguite alla crisi, la nube del vulcano Eyjafjallajökul e gli ostacoli tipici di un turn around, le cose poi non vanno molto male alla Magliana. E andrebbero ancora meglio se il governo accetterà di riconfermare gli sgravi su oneri sociali e il risarcimento per lo stop dopo l'eruzione islandese, che da soli valgono liquidità per 40 milioni di euro. Certo, parliamo di un'azienda che è ripartita senza debiti e che ha scaricato sullo Stato passivi e 7mila dipendenti, con un conto per il contribuente vicino ai 2 miliardi di euro. E che nonostante il monopolio sulla ricca tratta Milano-Roma (giro d'affari 6,8 miliardi) ha dovuto far slittare il pareggio di bilancio di un anno, al 2012, tanto che a metà 2010 ha registrato un indebitamento pari a 769 milioni. Eppure il risultato operativo, in perdita l'anno scorso per 273 milioni, ha toccato quota -129 milioni di euro nel secondo trimestre 2010. E dovrebbe scendere a fine anno a -120 milioni di euro, contro le previsioni che fissavano un -200 milioni. Sempre a metà anno i ricavi sono saliti a 1,48 miliardi, mentre nel terzo trimestre, quando gli italiani vanno in vacanza, si dovrebbe arrivare al miliardo, cifra capace di attutire i bassi incassi del periodo invernale. Nei primi sei mesi sono saliti a 10,6 milioni i passeggeri trasportati, con un+ 3 per cento rispetto al primo semestre 2009. Mentre nello stesso lasso di tempo il load factor, il livello di riempimento dei velivoli, è cresciuto fino al 68 per cento (+9,3 punti) e l'indice di regolarità è stato del 99,6 per cento e quello della puntualità del 82,5 (+11). Ma sono due le cifre che inorgogliscono Sabelli e che lo rincuorano ogni qualvolta qualche socio gli rinfaccia che nel piano Fenice l'ebit per il 2010 doveva essere a -72 milioni: il livello del costo del lavoro per 14mila dipendenti che pesa sul bilancio è minore del 9 per cento (un terzo rispetto ai grandi concorrenti); in cassa sono presenti 500 milioni tra incassi e linee di credito non utilizzate per 200 milioni. Soldi, impensabili per la vecchia Alitalia, che quanto meno garantiscono la gestione ordinaria anche per il prossimo anno. Rispetto al passato bassa è anche la conflittualità. Vuoi per la crisi, vuoi perché molti dei piloti non riassorbiti dalla vecchia compagnia hanno trovato altrove lavoro, come dimostra la scelta dell'Emirates di fare a Milano la selezione per 300 assunzioni. Ma la situazione potrebbe peggiorare in autunno.Tra i sindacati si guarda ai livelli occupazionali tra i lavoratori di terra, circa 9500, forse troppi per questa Alitalia. Di più, gira una voce che potrebbero esserci 800 esuberi nel comparto, e che è stata legata anche alla volontà dell'azienda di superare i conflitti sorti con la Cgil prima dell'estate. Al di là del ricorso alla cassa integrazione e della mancata conferma degli stagionali tipica del periodo invernale, l'azienda ha progetti meno bellicosi. Cioè quello di recuperare produttività tra questi lavoratori, accusati di garantire i livelli dei piloti e degli assistenti di volo. Di conseguenza - e sul modello Pomigliano - si starebbero studiando meccanismi per una migliore turnazione e per ridurre l'assenteismo. Il problema, quindi, sta tutto negli investimenti per riposizionare una compagnia, nata sull'idea che si potesse campare di rendita blindando la ricca rotta Milano-Roma e intascando le alte royalties riconosciute da Air France per il traffico venduto in code sharing. Un primo passo nella direzione giusta è stata aver ricollocato il marchio Air One in uno smart carrier, unendo vocazione più turistica, offerte per una clientela giovane e servizi a valore aggiunto che le low cost non possono dare come le partenze dal Terminal 1 di Malpensa. Ma non basta perché in due anni il mercato italiano dei trasporti ha vissuto una rivoluzione copernicana. Spiega Oliviero Baccelli, economista e vicedirettore del Certet della Bocconi: «Ci sono due fattori che hanno modificato il quadro competitivo. Intanto la concorrenza che sulla Milano- Roma oggi fa l'alta velocità (controlla il 45 per cento del mercato, ndr), con le ferrovie entrate in maniera massiccia in questo campo rispetto a quanto pensavano in Alitalia nella fase progettuale. Eppoi bisogna fare i conti con un prezzo dei biglietti aerei sceso in media del 20 per cento ». La leva è nel lungo raggio. L'unico che in questa fase può garantire margini a una compagnia con 14mila dipendenti. Sabelli lo sa bene visto che vuole annunciare già prima delle fine dell'anno i nuovi collegamenti per Shanghai e per Rio, per poi ritornare in India. Anche a costo di rallentare i rafforzamenti che pure ci saranno sul point to point (per esempio verso Minsk) o sulla flotta regionale. In questa logica aiuta l'accordo stretto lo scorso 7 luglio con Air France-Klm e Delta Air Lines per combinare sulle tratte transatlantiche i servizi di biglietteria come le tariffe, così come le intese di codesharing strette con China Air. Ma seppure aiuta muoversi all'interno dell'alleanza di Sky team per guardare al Far east, servono nuovi aerei. Tanto che l'Ad di Alitalia ha annunciato nel cda di luglio, a margine dell'approvazione della trimestrale che il grosso dei 60 milioni da investire a fine 2010 andranno per il rinnovamento della flotta. La quale, nonostante 159 aeromobili complessivi, ne ha soltanto 20 destinati al lungo raggio contro i 139 di breve e medio raggio. Non bastano certamente la trentina tra A330 e A320 "affittati"da Carlo Toto, ma servono gioielli come l'Airbus 380 o il Boeing 787 Dreamline, costosissimi e dai lunghi tempi di consegna. Senza dimenticare un know how che la nuova Alitalia non ha più.
«Per i grandi vettori intercontinentali », sottolinea Baccelli, «sono centrali le attività del cargo, che la nuova Alitalia ha girato ad Air France, e le sinergie con gli aeroporti. Allo stato attuale Fiumicino non è ancora in grado di fornire i servizi necessari». Al riguardo è emblematico che quest'estate non si sono ripetuti i drammatici ritardi nella riconsegna dei bagagli di un anno fa, soltanto perché l'Adr, la società di gestione dello scalo romano, ha coordinato in prima persona le attività e perché l'ex compagnia di bandiera ha selezionato meglio le aziende alle quali subappaltare le operazioni di handling. Eppoi c'è da fare i conti con la qualità dell'offerta di una flotta vecchia. Soltanto in prossimità dell'estate si è portato a termine il programma di rinnovamento delle cabine di medio raggio e il rivestimento in pelle delle poltrone. Senza contare che le degustazioni di cibi ricercati a bordo lanciata sotto la spinta dell'ex ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, è stata bloccata dal suo successore Giancarlo Galan per l'esoso costo (6 milioni di euro). Molto scalpore ha fatto la notizia che sui voli di medio raggio il vettore non fornisse più quotidiani. E la toppa messa da Sabelli - una convenzione con testate che garantivano copie omaggio come il Giornale, Libero e il Riformista - ha fatto gridare allo scandalo perché viaggiare sull'ex compagnia di bandiera comportava leggere soltanto quotidiani graditi al premier. Ma dove c'è maggiore terreno da recuperare è sul versante commerciale (che è stata rimodulata su quattro classi) come quello del marketing. E se il nuovo sito è partito soltanto nello scorso luglio, i tour operator vanno su tutte le furie quanto sentono Sabelli vantarsi che la sua Alitalia non è più quel vettore «considerata da molti, non soltanto dai vip, una compagnia cui si poteva chiedere tutto, favori, biglietti e avanzamenti di classe senza pagare». Dal mondo del turismo lamentano che alla Magliana pretendono gli incassi ogni sette giorni e non più mensilmente. Non si comprende la fine degli sconti sulle tratte di feederaggio o la scarsa duttilità mostrata quando si chiede di poter gestire più biglietti come si fa con un charter. A dirla tutta questo è un vecchio problema, nato nel 2003 quando l'allora amministratore delegato Pier Francesco Mengozzi tagliò le commissioni per i tour operator. Ma la cosa non sembra spaventare più di tanto la Magliana, dove si fa notare che se si è avuto un aumento dei ricavi, è proprio perché non si fa sconto a nessuno.


Liberal
http://www.liberal.it/primapagina/pacifico_2010-09-09.aspx
 
Questo articolo mi piace: forse perchè dice delle cose che mi piacciono, forse perchè non è un semplice trafiletto o una notizia ansa. Mi sembra che tocchi vari aspetti. Vediamo se sarà poi tutto vero...
 
Do you remember Alitalia?

di Francesco Lo Dico [09 settembre 2010]

Rocco Sabelli ha un cruccio: dove trovare i soldi per aprire nuove rotte verso le ricche Shanghai o Mumbai.
Liberal
http://www.liberal.it/primapagina/pacifico_2010-09-09.aspx

Io l'avevo detto che ci sarebbero state sorprese. Sabelli non è stupido e probabilmente lo è ancora meno Air France che sa benissimo che l'unico modo di non cedere i pax italiani a LH è quello di aprire + destinazioni lungo raggio dirette dalla penisola. Finalmente se ne sono accorti tutti che i soldi AZ li può fare solo sul LR vista la concorrenza sul corto-medio raggio. Lasciando perdere l'A380 (che forse AZ riuscirebbe a riempire solo sul Giappone probabilmente e a fatica) credo che quelle famose 8 opzioni per il 330 diventeranno ben presto ordini.
 
Il LR certamente sarà la chiave di svolta per AZ, ma però le infrastrutture di FCO devono essere in linea con i piani del vettore, altrimenti i disservizi restano in agguato.

Qualcuno sa se il nuovo molo E extra schengen sarà interamente dedicato ad AZ?
 
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