l'italia è un paese di contribuenti beoti o masochisti?
di Umberto Mancini
ROMA (2 gennaio) - Nessun incontro con i tedeschi di Lufthansa e avanti tutta con Air France. Alitalia fa rotta con decisione su Parigi. Dribbla i tedeschi. E chiude la partita. Sarà infatti la compagnia guidata da Jean Cyril Spinetta il partner industriale. La firma - secondo quanto risulta al Messaggero - verrà messa venerdì 9 gennaio e suggellerà la nuova alleanza nei cieli. Salvo colpi di scena e nuovi assalti di Lufthansa sarà proprio questo il giorno della svolta. Con la definizione dell’ultimo tassello, certamente il più importante, nella strategia industriale di Roberto Colaninno e soci. Gli ultimi dettagli saranno messi a punto nelle prossime ore, ma sulla strada della partnership non ci sono più ostacoli. L’intesa di massima è stata raggiunta su tutto, anche sulla suddivisione dei proventi delle rotte. E Fiumicino, come previsto dal piano Fenice, sarà lo scalo di riferimento per l’Italia.
Secondo fonti bancarie, sono state proprie le rigidità dei tedeschi - ammorbidite solo negli ultimi giorni - a far pendere la bilancia a favore dei francesi. Partiti in vantaggio, grazie ai rapporti consolidati da tempo e ad una attenta attività diplomatica, i transalpini non hanno mai mollato la presa, mantenendo le distanze rispetto ai concorrenti di Francoforte. A poco sono servite le aperture, risultate dunque tardive, di Wolfgang Mayrhuber, che ha offerto sinergie per 500 milioni di euro contro le circa 200 ipotizzate dai francesi. Anche il piano per Fiumicino (più fatturato per circa 155 milioni grazie all’alleanza con Star Alliance) e quello per Malpensa non sembrano aver fatto breccia. Del resto gli uomini di Parigi stanno lavorando da mesi a stretto contatto con quelli di Cai e conoscono assai bene punti di forza e di debolezza della compagnia italiana. Quelli di Francoforte si sono invece limitati ad inviare il loro piano, articolato e molto dettagliato, aspettando segnali.
Il presidente di Alitalia Colaninno ha dunque mantenuto le promesse, rispettando il timing definito con gli azionisti. Dopo gli accordi a Palazzo Chigi, il via libera Antitrust, la fusione con Air One e l’ok sofferto con i sindacati, il 9 gennaio arriverà il partner estero e il 13 ci sarà il decollo della ”nuova” Alitalia.
Come noto, Parigi avrà il 25% e verserà un assegno di circa 310 milioni di euro. Dando garanzie sul fronte della governance: a guidare saranno gli italiani.
Lo scalo romano avrà un ruolo centrale, con tutti gli effetti positivi sull’indotto e per l’economia regionale.
Per monitorare lo start up il 5 gennaio riprenderà il tavolo con i sindacati. La nuova compagnia partirà con 10.150 dipendenti, plafond incrementato dai 2.500 dipendenti provenienti da Air One e che potrà essere accresciuto sulla base delle esigenze che verranno individuate con i sindacati dal 12 gennaio in poi. In particolare, il piano prevede lo sviluppo del network. Si passerà dalle attuali 1.800 frequenze settimanali di Alitalia alle 2.339 dell'operativo invernale 2009, fino alle 2.568 dell'estate 2009. Si prevedono incrementi di voli (669 al giorno contro 500), settimanali (4.678 rispetto ai 3.496 di Alitalia), destinazioni (70, una in più); meno aeromobili (148 invece di 170), ma con una media maggiore di voli al giorno per aeromobile (4,52 rispetto a 2,94). Netto incremento dei collegamenti Fiumicino-Linate soprattutto nelle fasce mattutina e serale, in forte concorrenza con l'offerta dell'Alta velocità ferroviaria. La scelta della base privilegiata a Fiumicino è ovviamente funzionale all'integrazione con il partner francese.
Il Messaggero
DIECI mesi dopo, con quasi lo 0,3 per cento di pil sottratto ai contribuenti e 7.000 posti di lavoro in meno, Alitalia torna a parlare francese. Era il 14 marzo 2008 quando Air France-KLM depositava la propria offerta vincolante, subito accettata dal Consiglio di Amministrazione di Alitalia. Sono stati 10 mesi da incubo per i viaggiatori, presi ripetutamente in ostaggio in una battaglia senza esclusioni di colpi in cui la politica ha occupato un ruolo centrale, dimentica della recessione che ci stava investendo. In questi 300 giorni gli italiani hanno visto franare il prestito ponte di 300 milioni di euro concesso quasi all'unanimità dal Parlamento italiano. Oltre a perdere così un milione al giorno, i contribuenti si sono accollati i debiti contratti dalla bad company per quasi tre miliardi.
Ci sono poi circa 7.000 posti di lavoro in meno nella nuova compagnia rispetto all'offerta iniziale di Air France, che comporteranno, oltre ai costi sociali degli esuberi (soprattutto di quelli che riguardano i lavoratori precari), oneri aggiuntivi sul contribuente legati al finanziamento in deroga degli ammortizzatori sociali, per almeno un miliardo di euro. Il conto pagato dal contribuente è, dunque superiore ai 4 miliardi di euro, più o meno un terzo di punto di pil, quasi due volte il costo della social card e del bonus famiglia messi insieme.
Sarà Air France-KLM l'azionista di maggioranza, in grado di decidere vita, morte e miracoli della compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia. Poco importa che sia italiana la faccia, che si chiami ancora Alitalia la nuova compagnia. Sarebbe stato così comunque, anche con il 100 per cento del capitale nelle mani di Air France-KLM. Come canta Carla Bruni, chi mette la faccia "non è nulla", chi mette la testa "è tutto".
La composita cordata italiana ha dovuto subito rinunciare all'italianità della compagnia perché non era da sola in grado di far decollare neanche il primo aereo, previsto in volo sui nostri cieli il 13 gennaio prossimo venturo. Air France rileva il 25% della nuova compagnia, versando 300 milioni. Questo significa che il 100 per cento del capitale viene oggi valutato 1200 miliardi, circa 150 milioni in più dei 1052 pagati a Fantozzi da Colaninno e soci solo un mese fa. Questo sovrapprezzo si spiega col fatto che CAI ha nel frattempo acquisito Air One. Si tratta di una compagnia in crisi, con un debito verso i soli fornitori valutato attorno ai 500 milioni di euro, ma il valore dell'acquisizione di Air One è tutto nella soppressione dell'unico concorrente sulla tratta Milano-Roma, consumatosi con il beneplacito della nostra Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Anche questi 150 milioni vanno aggiunti al conto pagato dagli italiani. E' sono sicuramente una sottostima dei costi che dovremo pagare per la mancata concorrenza.
Conti fatti, è soprattutto Air France dunque ad aver fatto un affare. Rileva una compagnia più leggera di 7000 dipendenti rispetto a quella che avrebbe acquisito nel marzo scorso, che ha nel frattempo assunto una posizione di monopolio nella tratta più redditizia versando molto meno di quel miliardo su cui si era impegnata solo 10 mesi fa.
Dopo avere subìto un danno ingente in conto capitale e avere assistito alla beffa finale di vedere documentata, nero su bianco, la svendita della loro compagnia di bandiera allo straniero da parte dei "patrioti" della Cai, i cittadini italiani rischiano ora di vedere salire ulteriormente le tariffe aeree, in barba alla deflazione. Per scongiurare questo pericolo l'Autorità Antitrust dovrà assicurarsi fin da subito che gli slot lasciati liberi da Alitalià vengano venduti sul mercato. Le speranze di concorrenza in Italia riposano ormai solo sull'ingresso di Lufthansa-Italia nella tratta Milano-Roma. Varrà senz'altro molto di più della moral suasion esercitata da chi, dopo aver benedetto la fusione fra CAI e Air One il 3 dicembre scorso, oggi promette di monitorare da vicino le tariffe della nuova compagnia."
La Repubblica