Re: Thread Alitalia - Agosto 2017
A parte qualche sindacalista e sindacalaro credo che non esista persona al mondo che non creda che ci saranno pesanti sfoltite e tagli delle condizioni contrattuali che un eventuale nuovo investitore pretenderà.
Non vorrei essere saccente, ma non e' cio' che hanno fatto i dirigenti CAI nel 2008 (con migliaia di esuberi) e i Responsabili di Etihad nel 2014 (anche li piu' di 2.000 fuori uscite dalla societa') senza aver pero' ottenuto risultati soddisfacenti?
Se non ho letto male anche lo scorso 1 luglio sono stati posti in cassa integrazione a zero ore centinaia di dipendenti.
E' questa la ricetta per far uscire fuori dal tunnel AZ?
Mi sembrava di aver capito che fossero i ricavi il punto debole.
Non e' cosi?
Riporto l'articolo che avevo letto a maggio in proposito estratto dalla Stampa di Torino:
I numeri danno certezze, e rivelano che il problema di Alitalia non sono i lavoratori. Il disastro della compagnia è descritto da un mix di indici positivi e negativi, ma i dati che riguardano il costo del lavoro e il numero di passeggeri per dipendente in Alitalia sono migliori, anzi molto migliori, di quelli delle concorrenti Air France, Lufthansa e British Airways. Questo emerge da un’analisi realizzata per «La Stampa» da Antonio Bordoni, docente di gestione delle compagnie aeree alla Luiss, e ulteriormente elaborata da «La Stampa». Obiettivo non è attribuire colpe, ma capire se il piano industriale bocciato dai lavoratori, e che (già si comincia a dire) sarà riproposto da qualunque nuovo azionista, incideva sulle variabili giuste oppure no.
Quel che è certo è che il costo medio di ogni dipendente di Alitalia risulta molto più basso (neanche 49 mila euro) di quello delle grandi compagnie concorrenti, che è compreso fra i 70 mila e gli 81 mila euro. Lo si deve ad anni di tagli in Alitalia, e anche al ricorso al lavoro precario. Ma la maggiore produttività è dimostrata pure dal numero di passeggeri per dipendente, che in Alitalia è quasi pari a di Lufthansa e quasi il doppio di Air France. Invece l’indice complessivo di produttività (tecnicamente «Rpk per dipendente»), che tiene conto del numero dei passeggeri, dei chilometri volati e dei lavoratori, vede Alitalia debole, con un valore comunque migliore di Air France, ma inferiore agli altri due giganti del cielo. Evidentemente ad abbattere l’indicatore di sintesi intervengono variabili diverse dal lavoro.
E quali sono queste altre variabili? Qui si vola un po’ nella nebbia, perché mentre i numeri che riguardano il lavoro danno certezze, altre voci sono più elusive. Bordoni osserva che «non ci sono più i bei bilanci di una volta, nei quali in poche pagine si trovavano tutti i dati di una compagnia, che si potevano facilmente paragonare». Ci sono vettori che mettono in chiaro una singola spesa (ad esempio il cibo a bordo) e altri che la mettono assieme ad altre (ad esempio cibo e gestione dei bagagli). Ancora: sommare la manutenzione e la revisione degli aerei rende non omogenei i dati di una compagnia che nell’anno X fa un lavoro di aggiornamento straordinario su un lotto importante di velivoli. Inoltre Air France, Lufthansa e British Airways presentano bilanci consolidati con i partner di gruppo, e nelle pagine di un singolo documento a volte scelgono di rendere disponibili i dati delle compagnie separate, e altre volte i consolidati.
Ma ci sono indicatori la cui confrontabilità è fuori discussione. Uno riguarda le commissioni da pagare sui biglietti. Il 5,64% che grava su Alitalia è una volta e mezzo quello che pagano i concorrenti. Come mai? Dice Bordoni: «Sui biglietti staccati in Europa la percentuale Iata dovuta alle agenzie di viaggio è inferiore all’uno per cento, e tende allo zero. Non credo che il problema stia lì. Invece ad alzare la media delle commissioni potrebbero essere i biglietti comprati con le carte di credito. Se una compagnia ha volumi di traffico più alti riuscirà a ottenere condizioni migliori dai gestori del denaro elettronico, mentre se i volumi sono inferiori, o i manager sono meno capaci di trattare, le condizioni alla fine risulteranno peggiori». Questo rischia di essere un esempio fra tanti di cattivi rapporti con i fornitori di beni e di servizi. Nei giorni scorsi sia il commissario Luigi Gubitosi sia il ministro Carlo Calenda hanno criticato senza perifrasi i dirigenti di Alitalia.
La lista dei problemi non è finita. Nonostante un prezzo medio dei biglietti di Alitalia molto concorrenziale sulle rotte fra 800 e 1200 chilometri, il tasso di riempimento degli aerei è deludente: forse abbassare le tariffe su quelle distanze, dove c’è la concorrenza delle compagnie aeree «low cost» e dei treni superveloci, è uno sforzo inutile. E qui dalla poca incisività nei rapporti coi fornitori si passa agli errori di strategia globale. Servirebbero più aerei sulle rotte intercontinentali. Perché Alitalia non se ne è dotata, neanche quando è entrato il socio forte Etihad? «Perché l’Unione europea - risponde Bordoni - ha imposto a Etihad di fermarsi al 49% dell’azionariato. Se Etihad avesse acquisito una quota più alta, avrebbe investito molto di più, anche nell’acquisto di aerei a lungo raggio».