Prodi: Alitalia può fallire in tre mesi


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"Alitalia fuori controllo tre mesi per salvarla"

Prodi annuncia un nuovo piano di salvataggio



Incontro tra il presidente del Consiglio e i sindacati: "Serve una soluzione concordata" "Sì, ma in fretta"
Ancora incerto il destino di Cimoli giallo sulla mancata audizione parlamentare
Bonanni (Cisl): "Cambio al timone" Ma Angeletti (Uil): "Non è il problema"

ROBERTO MANIA
ROMA - L´Alitalia è in coma. O si rianima entro tre mesi, oppure il suo destino è segnato: fallimento. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha incontrato ieri i sindacati a Palazzo Chigi, e ha esposto senza reticenze la drammatica situazione in cui versa la nostra compagnia di bandiera che per il 49 per cento è in mano al Tesoro. «L´Alitalia - ha detto il premier - vive il momento più difficile della sua storia. La situazione è completamente fuori controllo e non vedo paracaduti». In questo contesto non è ancora chiaro il destino dell´amministratore Giancarlo Cimoli. Più di un ministro ne ha da tempo chiesto le dimissioni. D´altra parte, non solo il bilancio del 2006 non si chiuderà in utile (come Cimoli si era impegnato a fare) ma le stime indicano una perdita vicino ai 300 milioni per la fine dell´anno. Dopo un primo semestre già in profondo rosso: - 221 milioni. Una totale débâcle, ammessa clamorosamente dallo stesso Cimoli in un documento consegnato alla Commissione Trasporti della Camera in vista dell´audizione che avrebbe dovuto tenere proprio oggi ma che invece è saltata in attesa che Prodi, di ritorno dal Libano, incontri entro la fine della settimana, e per la prima volta, il numero uno della Magliana. La Commissione ha preferito rinviare anche se in un primo tempo era girata la voce (poi smentita) che fosse stato Cimoli ha chiedere uno slittamento.
L´intera vicenda è ormai nelle mani di Prodi, e del suo staff di Palazzo Chigi dove da tempo circola un dossier sull´Alitalia e le possibili partnership. Sarà Prodi a decidere se Cimoli resterà al suo posto. E sempre il premier dovrà cercare l´alleato internazionale che possa permettere all´Alitalia di continuare a volare. Anche in questo caso il presidente del Consiglio è stato netto: «La partita delle alleanze internazionali di Alitalia dovrà essere guidata politicamente e metterò in gioco rapporti internazionali e la credibilità che ha il governo».
Prodi si è dato tre mesi di tempo per trovare una via d´uscita. «Mi prenderò un tempo non lunghissimo - ha detto ai sindacati che da mesi denunciano la gravità della situazione e l´inadeguatezza della strategia di Cimoli - per mettere a punto una nuova proposta, una strategia definitiva, che tenterò di elaborare in rapporto con voi, perché il declino dell´Alitalia va arrestato. Potremmo anche fallire, ma penso che insieme ne usciremo altrimenti saremo la periferia del trasporto internazionale». E ancora: «Abbiamo tempo fino a gennaio per una soluzione concordata per evitare il fallimento. L´Alitalia ha perso quote di mercato all´interno e all´esterno. Dunque è un problema che interessa tutto il Paese e non ha senso parlare di una ristrutturazione o di una ricapitalizzazione senza una strategia nazionale e internazionale».
L´impostazione di Prodi ha fatto scattare la tregua sindacale. Tre mesi di pace sociale hanno garantito le organizzazioni sindacali, ma in cambio chiedono all´azienda di non ricorrere a decisioni unilaterali, con la programmata esternalizzazione di alcuni servizi informativi e amministrativi. E al governo i sindacati chiedono di non sprecare quest´ultima occasione, come ha sostenuto il leader della Cgil, Guglielmo Epifani. Ma soprattutto chiedono di stingere i tempi perché tre mesi potrebbero essere troppi, come ha detto Renata Polverini dell´Ugl, con il rischio di «non arrivare vivi» (Fabrizio Solari, segretario generale della Filt-Cgil). A sollevare la questione di un cambio al vertice è stato, oltre all´Unione piloti, il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni: «Vogliamo una novità vera. Fra tre mesi l´azienda non c´è più. Ma il vino nuovo si fa con nuove botti». È sul piano industriale, invece, che si deve spingere, secondo il segretario della Uil, Luigi Angeletti, il quale, insieme all´Anpac, continua a frenare sul ricambio del management: «L´Alitalia è gestita male, ma Cimoli è solo un aspetto del problema».

(La Repubblica)

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IL RETROSCENA

I timori del Professore: "Con le piste bloccate dai lavoratori non avremmo margini di manovra"

Il premier strappa la tregua sociale ma il governo si divide sul partner

Alleato orientale o accordo con Air France e Klm: i ministri non trovano l´accordo

ROMA - Disinnescare la "bomba sociale". Romano Prodi aveva questo obiettivo quando ieri ha incontrato a Palazzo Chigi i sindacati. Perché la tregua sul fronte sindacale costituisce la precondizione per poter anche solo aprire il capitolo delle alleanze strategiche e, dunque, per provare a salvare dal baratro l´Alitalia. «Con le piste bloccate dai lavoratori non avremmo alcuna carta da giocare», spiegavano ieri sera dallo staff del Professore, consapevoli che di carte a disposizione ce ne sono comunque molto poche.
Per tre mesi la pace sociale sembra garantita. Negli intensi contatti informali degli ultimi giorni, Prodi aveva già strappato l´appoggio dei tre leader sindacali, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Ieri serviva la formalizzazione. Ma da ieri restano anche le incognite, al di là di quella dei conti profondamente in rosso. Intanto c´è Giancarlo Cimoli. Cosa farà il capo azienda che riconosce il suo fallimento («a un maggior numero di ore volate corrispondono maggiori perdite», ha scritto) ma attribuisce le colpe agli altri, dai sindacati alle compagnie low cost; dall´Enav all´Antitrust? La sua poltrona traballa, eccome. Prodi, però, non ha ancora deciso se "licenziarlo": dipenderà proprio dall´atteggiamento di Cimoli, se sarà disposto a collaborare oppure se farà resistenza. Di certo nel governo lo hanno già mollato il vicepremier, Francesco Rutelli e il ministro Alessandro Bianchi (Trasporti). E ne chiedono la testa la Cgil e la Cisl, mentre frenano la Uil e i piloti dell´Anpac. Il responsabile dell´Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ha fatto un passo indietro lasciando alla politica, cioè a Palazzo Chigi, la gestione dell´intera vicenda. Compreso il destino di Cimoli che il Tesoro aveva confermato, dopo il cambio di governo.
Poi c´è il nodo dell´alleanza internazionale, perché - si sa - da sola l´Alitalia morirà. Ma andare ad un "matrimonio" con i conti così malmessi significa di fatto svendere l´azienda. Si vedrà. Anche perché le posizioni, per ora, nel governo non sono univoche. Prodi non ha ancora deciso in quale direzione muoversi. Rutelli spinge per un accordo in Oriente (Emirati, Qatar, Cina oppure India): «Bisogna scegliere un partner ad Oriente, verso quelle aree che nel XXI secolo rappresenteranno il business emergente». Gioca a favore anche la nostra posizione geografica di ponte con il Medio e l´Estremo oriente. Stanno con Rutelli i Verdi e il ministro Bianchi che non escluderebbe una esplorazione anche in Russia dove Aeroflot è entrata da poco a far parte di Sky-Team, di cui sono già partner anche Alitalia e Air France-Klm. Ed è proprio sull´asse franco-olandese che continuano a concentrarsi le attenzioni di una parte del governo, a cominciare da quelle del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta. Lo stesso Padoa-Schioppa non considera del tutto tramontata l´ipotesi di un´alleanza con Jean-Cyril Spinetta. E qui la rete di buone relazioni costruita da Cimoli potrebbe diventare importante. In più tra il governo italiano e quello francese ci sono altre partite aperte, con relativi "scambi" possibili, a cominciare da quella energetica. Tre mesi ancora, fino al 31 gennaio prossimo, per non ammainare la bandiera dell´Alitalia. Solo tre mesi per scegliere o, meglio, per essere scelti. Forse.
(r.ma.)

(La Repubblica)

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I MERCATI

Titolo in frenata, poi la ripresa


ROMA - Su e giù, cadute e riprese hanno segnato la giornata vissuta ieri dal titolo Alitalia in Borsa. A determinare l´altalena subita dalle quotazioni della compagnia di bandiere sono state - prima - le constatazioni fatte dal premier Prodi sul reale stato delle cose nella società, poi la promessa di fare presto nel «trovare una soluzione concordata che possa evitare il fallimento».
Le azioni della compagnia di bandiere avevano aperto in deciso rialzo, ma poi - contestualmente all´ammissione del premier sui «conti fuori controllo» - le quotazioni della società avevano subito un brusco crollo, toccando un minimo di 0,806 euro, inferiore al prezzo di riferimento del giorno precedente.
L´inversione di tendenza è arrivata subito dopo l´assunzione di responsabilità da parte del governo e la dichiarazione d´intenti che fissa a fine gennaio il termine massimo per varare un piano che ridisegni l´intero sistema del trasporto aereo e tenti quindi di evitare il fallimento. Il titolo ha chiuso quindi a 0,829 euro, in rialzo dell´1,68 per cento.

(La Repubblica)

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LA STORIA

Dai fasti dei superpiloti e della Lollobrigida al disastro economico degli ultimi anni

Errori, clientele e sabotaggi morte di una bandiera con le ali


L´azienda è ormai in una situazione paradossale: più vola più perde
Più che una vera azienda, Alitalia è stata sempre un prezioso sottoscala del potere
Quasi tutte le compagnie europee si sono salvate, anche con l´aiuto della politica
Girandola di manager: dallo snob Nordio al leghista Bonomi, in sella a un baio

(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)

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alberto statera
Al disastro economico-politico-corporativo che in un sessantennio ha fatto del prestigioso vettore dell´Italia del boom, della Vespa e della Fiat Seicento, del conte Nicolò Carandini che la presiedeva come si presiede all´onore della bandiera nazionale, di Gina Lollobrigida che nel 1957 la promuoveva come il biglietto da visita d´oro di questo paese, il più mostruoso vettore di debiti forse mai nato nel mondo capitalista. L´autentica metafora del «declino» italiano tanto evocato, spesso da quegli stessi che ne sono responsabili.
Dai piloti «half beer», considerati quasi i migliori dell´universo, ai sabotaggi napoletani attribuiti al personale inviperito, dagli utili di bilancio della deprecata gestione pubblica dell´Iri alla perdita di un milione di euro al giorno, da icona della modernità del paese a foresteria di un Palazzo irresponsabile, che non ha mai voluto una vera azienda, ma solo una succursale della Farnesina, del Vaticano, delle segreterie dei partiti, delle clientele, degli scontri tra correnti, prima tra democristiani e socialisti, poi tra leghisti, forzitalici e pulviscoli vari di potere. Oggi - c´è da temere - tra demagogia veterocomunista e corporativismi di destra e di sinistra.
Meglio allora chiudere bottega senza tanti rimpianti? Giancarlo Cimoli, manager sopravvalutato come tanti in questo paese, catapultato dalle Ferrovie, dai binari ai cieli, gonfio di premi e stock options milionari, ripeterà alla Commissione Trasporti della Camera, quando avrà il coraggio di presentarsi, che non c´è più spazio per la sopravvivenza dell´Alitalia «visto che a un maggior numero di ore volate corrisponderebbero maggiori perdite».
Capite? Più l´Alitalia vola, più riempie i vecchi «Md 80» come carri buoi, più tutti noi perdiamo soldi. Tariffe pagate due volte: 430 euro, più o meno, per andare da Roma a Milano e viceversa - quel che basta per andare a New York - più la perdita su ogni volo che, in un modo o nell´altro, pagheremo con le tasse. Ma meno l´Alitalia vola e meno incassa. Equazione irresolubile.
Per l´eccesso del personale, per lo strapotere delle corporazioni e per i piani industriali di un´azienda in cui il ricavo per aereo non copre i costi, che non riesce a commisurare con rapidità offerta e capacità ai costi fissi.
Cimoli, come tutti, dice che è colpa delle solite infrastrutture e almeno su questo non si può dargli torto. Aeroporti privatizzati da Terzo mondo per efficienza, enti di controllo lottizzati da partiti, partitini, correnti e sottocorrenti, come l´Enac e l´Enav, come Vitrociset, lascito del defunto tangentaro Camillo Crociani alla moglie Camilla, società controllante del sistema dei radar che dovrebbe garantire la sicurezza dei viaggiatori e il funzionamento del sistema ora rivenduta allo Stato, guerre municipali come quella ormai decennale tra i due «hub» di Roma - Fiumicino e Milano - Malpensa, che fa sghignazzare gli operatori europei e di mezzo mondo, ormai quasi tutti usciti dalla crisi. «Les italiens!», esclamano seguendo incuriositi le capriole del ministro Alessandro Bianchi sui due «hub», Fiumicino e Malpensa, e la progressiva, inarrestabile caduta dagli «spazi sconfinati dei cieli».
Dove collocare il principio della fine dell´Alitalia, i prodromi del «default» di cui il governo Prodi ha adesso preso atto? Correva la fine degli anni Settanta e l´Alitalia monopolista chiudeva ancora i bilanci in utile. La guidava Umberto Nordio, un distinto signore genovese, molto snob e gran giocatore di golf, che Romano Prodi, presidente dell´Iri, prese subito in ubbìa fino a cacciarlo perché i piloti continuavano a fare scioperi. Poi fu una girandola senza requie: Verri, Bisignani, Riverso, Schisano, Cempella, Mengozzi, Cereti, Bonomi, Zanichelli, Cimoli... Chi ricorda più i nomi dei presidenti e degli amministratori delegati che si sono succeduti negli ultimi anni? Anche se qualcuno di loro è francamente indimenticabile, come Giuseppe Bonomi, ex deputato leghista sponsorizzato dall´ex ministro Bobo Maroni.
Questo Bonomi, nella sua breve permanenza nel palazzo della Magliana, uno degli emblemi di «Roma ladrona», si segnalò per la sponsorizzazione del mondiale di equitazione indoor salto a ostacoli ad Assago, Milano, con la sua personale partecipazione in sella a un baio, e per la sponsorizzazione dei festeggiamenti di Silvio Berlusconi, nominato «statista dell´anno» dall´Anti Defamation Legue Usa. Accanto a lui, nel tavolo di gala newyorchese pagato fior di dollari, sedevano il presidente dell´Enac Vito Riggio e quello dell´Enav Bruno Nieddu. Fu un bel vedere, il tripudio del clientelismo e delle corporazioni. Da una parte Gianfranco Fini e An, il partito dei piloti, di Fiumicino e degli aiuti di Stato, dall´altra il filone leghista di Bobo Maroni e di Malpensa, Padania. A latere gli enti «controllori» e i loro boss.
E ora quel simpaticone del leghista Roberto Calderoli ha il coraggio di dire che non si può resuscitare un morto.
Prodi, un quarto di secolo dopo il licenziamento di Nordio, si ritrova alle prese con il cielo oscurato dall´»aiuola dantesca che ci fa tanto feroci», citata tanti anni fa dal Santo Padre, con un morto da resuscitare. Come farà? Archiviato Cimoli proporrà come salvatore della patria e della bandiera magari Mengozzi o Bernabé, Cuccia o Gamberale, Ovi o Costamagna. O chissà chi. Ma chiunque sia, anche fosse il padreterno in persona, non basterà. Forse chiamerà in soccorso la Cassa Depositi e Prestiti, estrema cassaforte italica. E ancora non basterà.
Ma, in qualche modo, dovrà pur rendere conto del fatto che quasi tutte le compagnie aeree in Europa si sono salvate dalla crisi, anche con l´aiuto della politica. Si è salvata l´Iberia, si è salvata l´Aer Lingus. Sono fallite, ma poi sono state risanate, Sabena e Swissair. Così capita qualche volta alle aziende. Il problema è che l´Alitalia, sottoscala del potere, in fondo non è mai stata una vera azienda.

(La Repubblica)

CIAO
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Non svendiamo la nostra compagnia agli stranieri. Ci sono altre possibilità, altre compagnie in Italia che possono giocare la loro partita per mantenere la gestione della compagnia nel nostro paese. Non voglio vedere i francesi che ci prendono l'Alitalia dopo la Gioconda
 
Stamattina a pagina 3 del Corriere della Sera una buona intervista con la Presidente della Confindustria dell'Emilia Romagna (non ricordo il nome) che delinea bene il rapporto tra un businessman (o businesswoman) e le compagnie aeree: necessità, preferenze, impressioni ...
... non completissimo ma molto buono per essere sulla stampa generalista.
 
E' già, di nuovo crisi, ma ancora più grave.
Spero solo che questa volta lo stato non ci metta soldi come in passato, sarebbe ridicolo, ma che si possa arrivare ad una svolta, come una forte partnership con qualcuno di grosso, che non cancelli Alitalia, ma che la ristrutturi nel modo in cui servirebbe.
Altrimenti a questo punto forse è meglio il fallimento e la nascita di qualcosa di importante dalle sue ceneri.
Speriamo nel meglio...
 
QUESTO VA LETTO PER INTERO!

Errori, clientele e sabotaggi
morte di una bandiera con le ali
di ALBERTO STATERA


Giancarlo Cimoli
Rintocca da anni ossessivamente la campana a morto, ma le parole pronunciate ieri da Romano Prodi sono l'elogio funebre dell'Alitalia. E' il precipitare senza paracadute "dagli spazi sconfinati del cielo", come disse nel 1979 papa Wojtyla ricevendo il management della allora potente "Compagnia di bandiera" che illustrava l'Italia e lo portava felicemente e gratuitamente a baciare tutte le terre del mondo, alla cupa "aiuola" dantesca.

Al disastro economico-politico-corporativo che in un sessantennio ha fatto del prestigioso vettore dell'Italia del boom, della Vespa e della Fiat Seicento, del conte Nicolò Carandini che la presiedeva come si presiede all'onore della bandiera nazionale, di Gina Lollobrigida che nel 1957 la promuoveva come il biglietto da visita d'oro di questo paese, il più mostruoso vettore di debiti forse mai nato nel mondo capitalista. L'autentica metafora del "declino" italiano tanto evocato, spesso da quegli stessi che ne sono responsabili.

Dai piloti "half beer", considerati quasi i migliori dell'universo, ai sabotaggi napoletani attribuiti al personale inviperito, dagli utili di bilancio della deprecata gestione pubblica dell'Iri alla perdita di un milione di euro al giorno, da icona della modernità del paese a foresteria di un Palazzo irresponsabile, che non ha mai voluto una vera azienda, ma solo una succursale della Farnesina, del Vaticano, delle segreterie dei partiti, delle clientele, degli scontri tra correnti, prima tra democristiani e socialisti, poi tra leghisti, forzitalici e pulviscoli vari di potere. Oggi - c'è da temere - tra demagogia veterocomunista e corporativismi di destra e di sinistra.
Meglio allora chiudere bottega senza tanti rimpianti? Giancarlo Cimoli, manager sopravvalutato come tanti in questo paese, catapultato dalle Ferrovie, dai binari ai cieli, gonfio di premi e stock options milionari, ripeterà alla Commissione Trasporti della Camera, quando avrà il coraggio di presentarsi, che non c'è più spazio per la sopravvivenza dell'Alitalia "visto che a un maggior numero di ore volate corrisponderebbero maggiori perdite".

Capite? Più l'Alitalia vola, più riempie i vecchi "Md 80" come carri buoi, più tutti noi perdiamo soldi. Tariffe pagate due volte: 430 euro, più o meno, per andare da Roma a Milano e viceversa - quel che basta per andare a New York - più la perdita su ogni volo che, in un modo o nell'altro, pagheremo con le tasse. Ma meno l'Alitalia vola e meno incassa. Equazione irresolubile.
Per l'eccesso del personale, per lo strapotere delle corporazioni e per i piani industriali di un'azienda in cui il ricavo per aereo non copre i costi, che non riesce a commisurare con rapidità offerta e capacità ai costi fissi.

Cimoli, come tutti, dice che è colpa delle solite infrastrutture e almeno su questo non si può dargli torto. Aeroporti privatizzati da Terzo mondo per efficienza, enti di controllo lottizzati da partiti, partitini, correnti e sottocorrenti, come l'Enac e l'Enav, come Vitrociset, lascito del defunto tangentaro Camillo Crociani alla moglie Camilla, società controllante del sistema dei radar che dovrebbe garantire la sicurezza dei viaggiatori e il funzionamento del sistema ora rivenduta allo Stato, guerre municipali come quella ormai decennale tra i due "hub" di Roma - Fiumicino e Milano - Malpensa, che fa sghignazzare gli operatori europei e di mezzo mondo, ormai quasi tutti usciti dalla crisi. "Les italiens!", esclamano seguendo incuriositi le capriole del ministro Alessandro Bianchi sui due "hub", Fiumicino e Malpensa, e la progressiva, inarrestabile caduta dagli "spazi sconfinati dei cieli".

Dove collocare il principio della fine dell'Alitalia, i prodromi del "default" di cui il governo Prodi ha adesso preso atto? Correva la fine degli anni Settanta e l'Alitalia monopolista chiudeva ancora i bilanci in utile. La guidava Umberto Nordio, un distinto signore genovese, molto snob e gran giocatore di golf, che Romano Prodi, presidente dell'Iri, prese subito in ubbìa fino a cacciarlo perché i piloti continuavano a fare scioperi. Poi fu una girandola senza requie: Verri, Bisignani, Riverso, Schisano, Cempella, Mengozzi, Cereti, Bonomi, Zanichelli, Cimoli... Chi ricorda più i nomi dei presidenti e degli amministratori delegati che si sono succeduti negli ultimi anni? Anche se qualcuno di loro è francamente indimenticabile, come Giuseppe Bonomi, ex deputato leghista sponsorizzato dall'ex ministro Bobo Maroni.

Questo Bonomi, nella sua breve permanenza nel palazzo della Magliana, uno degli emblemi di "Roma ladrona", si segnalò per la sponsorizzazione del mondiale di equitazione indoor salto a ostacoli ad Assago, Milano, con la sua personale partecipazione in sella a un baio, e per la sponsorizzazione dei festeggiamenti di Silvio Berlusconi, nominato "statista dell'anno" dall'Anti Defamation Legue Usa. Accanto a lui, nel tavolo di gala newyorchese pagato fior di dollari, sedevano il presidente dell'Enac Vito Riggio e quello dell'Enav Bruno Nieddu. Fu un bel vedere, il tripudio del clientelismo e delle corporazioni. Da una parte Gianfranco Fini e An, il partito dei piloti, di Fiumicino e degli aiuti di Stato, dall'altra il filone leghista di Bobo Maroni e di Malpensa, Padania. A latere gli enti "controllori" e i loro boss. E ora quel simpaticone del leghista Roberto Calderoli ha il coraggio di dire che non si può resuscitare un morto.

Prodi, un quarto di secolo dopo il licenziamento di Nordio, si ritrova alle prese con il cielo oscurato dall'"aiuola dantesca che ci fa tanto feroci", citata tanti anni fa dal Santo Padre, con un morto da resuscitare. Come farà? Archiviato Cimoli proporrà come salvatore della patria e della bandiera magari Mengozzi o Bernabé, Cuccia o Gamberale, Ovi o Costamagna. O chissà chi. Ma chiunque sia, anche fosse il padreterno in persona, non basterà. Forse chiamerà in soccorso la Cassa Depositi e Prestiti, estrema cassaforte italica. E ancora non basterà.
Ma, in qualche modo, dovrà pur rendere conto del fatto che quasi tutte le compagnie aeree in Europa si sono salvate dalla crisi, anche con l'aiuto della politica. Si è salvata l'Iberia, si è salvata l'Aer Lingus. Sono fallite, ma poi sono state risanate, Sabena e Swissair. Così capita qualche volta alle aziende. Il problema è che l'Alitalia, sottoscala del potere, in fondo non è mai stata una vera azienda.



EDIT dell'AMMINISTRAZIONE: si prega di aggiungere la fonte.
 
Citazione:Messaggio inserito da I-FORD

Citazione:... il più mostruoso vettore di debiti forse mai nato nel mondo capitalista.

Già da questa affermazione priva di fondamento si capisce quanto siano attendibili gli articolisti di Repubblica (e anche delle altre testate)
Senza andare troppo lontano:
Telecom, posizione debitoria (prevista) 38 miliardi di Euro:
http://it.biz.yahoo.com/27092006/57/telecom-italia-rossi-anno-debito-scende-38-mld-euro.html
Alitalia posizione debitoria 1,3 miliardi di Euro:
http://209.85.129.104/search?q=cach...-16174.pdf+alitalia+debiti&hl=it&ct=clnk&cd=6
Cioè, Telecom ha 30 volte più debiti di Alitalia e tutti a pagare la bolletta felicemente, Alitalia invece, con un trentesimo del debito Telecom, sembra sia la rovina dell'Italia.

piccola differenza...
Alitalia non ha assets di valore, non genera cash flow sufficiente e non puo' pagare gli interessi sul debito.
 
... e quando sarà fallita?
Tranquilli... verrà costituita una nuova società che "ripartirà pulita" e in pochi anni si troverà nelle stesse condizioni, visto che fatalmente le verrà imposto di prendersi sul groppone tutto il personale in forza all'attuale AZ S.p.A..
 
11 ott 14:31
Alitalia: portavoce Ue, "No agli aiuti di Stato"
ROMA - No agli aiuti di Stato per risolvere i problemi di Alitalia. "Si tratta di questioni industriali ed economiche", ha detto Michele Cercone, portavoce del commissario dell'Unione europea per i Trasporti, in merito alle dichiarazioni del presidente del Consiglio Romano Prodi sulla situazione della compagnia di bandiera. In merito al piano industriale, Cercone ha aggiunto: "Non abbiamo problemi su questo punto, non abbiamo ragione di credere che non sia stato attuato nella forma corretta e dovuta". "Il fatto che ci sono ancora problemi - ha concluso Cercone - dimostra che la strada non passa necessariamente per gli aiuti di Stato". (Agr)
 
Citazione:Messaggio inserito da starlight2002

... e quando sarà fallita?
Tranquilli... verrà costituita una nuova società che "ripartirà pulita" e in pochi anni si troverà nelle stesse condizioni, visto che fatalmente le verrà imposto di prendersi sul groppone tutto il personale in forza all'attuale AZ S.p.A..

Ne sei proprio sicuro?? Guarda Swiss e SN Brussel Airlines!
 
Intando quanto dichiarato da Prodi inizia a metter un paletto al ventilato disimpegno di AZ da MXP ed anzi, sconfessa chi ha fatto i conti senza l'Hoste...

"intanto il premier ha raggiunto il suo scopo: bloccare per ora il piano del vicepremier Rutelli concordato con il sindaco di Roma, Walter Veltroni, che punta tutto sulla priorità fi Fiumicino a scapito di Malpensa e sull'ingresso di alcuni privati già presenti nel business degli aeroporti. Un progetto bello e pronto, che qualcuno ha battezzato come "il piano del partito democratico fi Fiumicino", che avrebbe anche un esecutore: quel Maurizio Basile, attualmente ad di ADR, candidato dalla Margherita alla successione di Cimoli"


Corsera
 
Citazione:Messaggio inserito da I-FORD

Citazione:... il più mostruoso vettore di debiti forse mai nato nel mondo capitalista.
Cioè, Telecom ha 30 volte più debiti di Alitalia e tutti a pagare la bolletta felicemente, Alitalia invece, con un trentesimo del debito Telecom, sembra sia la rovina dell'Italia.

C'è una piccola differenza: Telecom Italia pur avendo 38 miliardi di debiti ha un bilancio in attivo produce utili, distribuisce ricchi dividendi (manovra puramente finanziaria), ha un cash flow di 9 milioni di Euro, un piano industriale, ecc ecc.
Insomma ha i mezzi per poter far fornte ai debiti.

Alitali acontinua a generrare perdite....se è in perdita deve far enuovi debiti, se fa nuovi debiti aumentano le rate da pagare, i soldi non ci sono, si va in insolvenza e poi in fallimento.....

C'è quindi una grossa differenza....
In telecom quest'estate sono statilicenziati 250 dirigenti...idem in Fiat.

In Alitalia? Non mi pare proprio.....
 
Fiorello oggi alla radio:

Notizia appena arrivata, Ing. Cimoli, si dice che AZ può fallire in 3 mesi, mah, se mi ci metto d'impegno riesco pure a farla fallire in 1 mese [:308][:308][:308]