la situazione alitalia ormai è un caso da studiare. consiglio (lo faccio anche io) a tutti gli studenti di economia aziendale, economia e commercio, ingegneria gestionale, di sfruttare la situazione al solo fine di studio. alitalia, e la sua crisi, è ormai una palestra che potrebbe risultare utile a molti che avranno intenzione di avviarsi sulla strada della gestione aziendale con particolare attenzione alla finanza. non capita tutti i giorni di assistere ad un lento fallimento di un'azienda di 20000 dipendenti, quotata e che ha avuto la funzione tra l'altro, per la storia di un paese, di concorrere alla redistribuzione del reddito.
situazione:
la semestrale si è chiusa con una perdita di 211 milioni e con una cassa di 506 milioni. le stime della direzione finanziaria di az per fine anno prevedono una perdita intorno ai 400 milioni e una cassa residua di 400, cioè soldi nel cassetto uguali alla perdita. risultato? liquidità azzerata.
cosa fare a questo punto per non portare subito i libri in tribunale? cosa fare per recuperare un pò di cassa? perchè questa è la domanda che un CFO (e un AD ovviamente) si porrebbe, avrebbe davanti, in particolar modo quando si sta percorrendo la strada della vendita per ricapitalizzare (cioè la soluzione principe)
si potrebbe "allargare" la voce debiti commerciali oppure svendere i singoli asset per fare un pò di cassa.
vediamo la prima: aumentare i debiti commerciali. cosa vuol dire? significa non pagare ancora di più i fornitori (alla faccia di crede che az stia pagando sea) con particolare accanimento su quelli che non sono nelle condizioni di bloccare l'operatività quotidiana del vettore (da escludere quindi eurocontrol, i percettori delle tasse di avvicinamento e terminale, le tasse aeroportuali, il carburante, in poche parole sono da escludere tutti quei soggetti che potrebbero, in caso di eccessivo mancato pagamento, bloccare gli aerei). seguendo questa strada si risparmierebbe un pò di contante. nel percorrerla occorre però considerare che a giugno, alitalia, per evitare il botto aveva già compensato le perdite di 211 milioni, per tre quarti (159 milioni) consumando liquidità e per un quarto (52 milioni) gonfiando appunto i debiti commerciali. seguirla tout court potrebbe quindi far girare le balle ai creditori portarli a denunciare in tribunale i mancati pagamenti innescando quel meccanismo di richiesta "totale" di rientro dai crediti che de facto porterebbe l'azienda dritta al fallimento.
a giugno, sempre per evitare il botto, per ridurre l'esposizione verso le banche di 140 milioni (soldi che dovevano obbligatoriamente essere restituiti) la direzione finanziaria aveva paro paro aumentato dello stesso importo il valore dei debiti verso fornitori (non pagandoli). era stato un pò frettoloso chi aveva giudicato positivo l'allegerimento della posizione finanziaria perchè questo era avvenuto non per effetto di una migliore gestione ma semplicemente per dei mancati pagamenti.
seconda strada: cedere asset. operazione rischiosa perchè in caso di fallimento, visto che la situazione az è stranota, le revocatorie scatterebbero immediatamente. quindi risulterebbe molto difficile trovare compratori dei beni aziendali
cosa resta da fare? ricapitalizzare, mettere soldi in cassa. ma chi lo farà conoscendo la situazione?
senza dire che c'è da svalutare la flotta, abbattere il capitale sociale e la quasi certa chiusura dei castelletti bancari.
situazione:
la semestrale si è chiusa con una perdita di 211 milioni e con una cassa di 506 milioni. le stime della direzione finanziaria di az per fine anno prevedono una perdita intorno ai 400 milioni e una cassa residua di 400, cioè soldi nel cassetto uguali alla perdita. risultato? liquidità azzerata.
cosa fare a questo punto per non portare subito i libri in tribunale? cosa fare per recuperare un pò di cassa? perchè questa è la domanda che un CFO (e un AD ovviamente) si porrebbe, avrebbe davanti, in particolar modo quando si sta percorrendo la strada della vendita per ricapitalizzare (cioè la soluzione principe)
si potrebbe "allargare" la voce debiti commerciali oppure svendere i singoli asset per fare un pò di cassa.
vediamo la prima: aumentare i debiti commerciali. cosa vuol dire? significa non pagare ancora di più i fornitori (alla faccia di crede che az stia pagando sea) con particolare accanimento su quelli che non sono nelle condizioni di bloccare l'operatività quotidiana del vettore (da escludere quindi eurocontrol, i percettori delle tasse di avvicinamento e terminale, le tasse aeroportuali, il carburante, in poche parole sono da escludere tutti quei soggetti che potrebbero, in caso di eccessivo mancato pagamento, bloccare gli aerei). seguendo questa strada si risparmierebbe un pò di contante. nel percorrerla occorre però considerare che a giugno, alitalia, per evitare il botto aveva già compensato le perdite di 211 milioni, per tre quarti (159 milioni) consumando liquidità e per un quarto (52 milioni) gonfiando appunto i debiti commerciali. seguirla tout court potrebbe quindi far girare le balle ai creditori portarli a denunciare in tribunale i mancati pagamenti innescando quel meccanismo di richiesta "totale" di rientro dai crediti che de facto porterebbe l'azienda dritta al fallimento.
a giugno, sempre per evitare il botto, per ridurre l'esposizione verso le banche di 140 milioni (soldi che dovevano obbligatoriamente essere restituiti) la direzione finanziaria aveva paro paro aumentato dello stesso importo il valore dei debiti verso fornitori (non pagandoli). era stato un pò frettoloso chi aveva giudicato positivo l'allegerimento della posizione finanziaria perchè questo era avvenuto non per effetto di una migliore gestione ma semplicemente per dei mancati pagamenti.
seconda strada: cedere asset. operazione rischiosa perchè in caso di fallimento, visto che la situazione az è stranota, le revocatorie scatterebbero immediatamente. quindi risulterebbe molto difficile trovare compratori dei beni aziendali
cosa resta da fare? ricapitalizzare, mettere soldi in cassa. ma chi lo farà conoscendo la situazione?
senza dire che c'è da svalutare la flotta, abbattere il capitale sociale e la quasi certa chiusura dei castelletti bancari.