Un aspetto che potrebbe avere avuto un suo rilevante effetto è legato alla resistenza al cambiamento, ovvero alla nostalgia di una grandeur che non esiste più da tempo, se mai sia esistita.
Quello dell’aviazione commerciale è uno dei settori più esposti ai cambiamenti globali e che richiede la ridefinizione di modelli di business e strategie in ragione di queste dinamiche, attentamente monitorate. Più volte, invece, ho avuto l’impressione che la determinazione della mission di Alitalia fosse una riproposizione – sempre più inattuale e inefficace man mano che il mondo cambiava – di quello che Alitalia faceva quando era una “compagnia di bandiera” e una delle poche ad avere destinazioni in cinque continenti.
La ridefinizione del network nel tempo non corrispondeva ad un riposizionamento, ma ad una miniaturizzazione progressiva del network globale dei bei tempi andati; l’incaponirsi con la Milano-Roma, quando già si intravedeva la concorrenza del treno; la mancanza di una mission adeguata ai nuovi scenari e di una targettizzazione precisa dell’offerta, li vedo come segni della resistenza al cambiamento e di una miopia strategica che ha colpito la gran parte del top management. Miopia che non riesco a spiegarmi, se non – forse – con la persistenza di un middle management rimasto legato a schemi del passato: come se la struttura prendesse ogni volta il sopravvento su ciascuna professionalità subentrante ai fallimenti (inevitabili in questo schema) delle precedenti.
E temo che ITA abbia ereditato una filosofia simile, se non identica.
P.S. Esiste un/una Change Manager in ITA?
Condivido ed integro, avendo lavorato per quasi 10 anni in AZ in passato.
La coesistenza nelle grandi organizzazioni
In AZ/ITA - così come in tutte le grandi organizzazioni - coesistevano (e coesistono tuttora) grandissimi professionisti e personale mediocre.
Ne ho conosciute tante di persone molto competenti, sia tra gli equipaggi che a terra, così come non sono mancati gli "er pomata" di turno, gente che vive ancora negli anni '80-'90 quando nelle compagnie aeree tutto era sindacalizzato e lo status quo era protetto dalla politica, da un mercato rigido ai cambiamenti e dalla consuetudine.
Naviganti che, non più tardi del 2019, mi dissero in confidenza che loro erano "AZ puri" e non quella sottospecie di naviganti di serie B provenienti da AP... sentito con le mie orecchie, a 10 anni di distanza dall'integrazione di AP in AZ. Dove vai con gente così?
Ovviamente il progressivo "svecchiamento" della vecchia guardia - vuoi per raggiunti limiti di età, vuoi per mancato rinnovo dei contratti nei vari passaggi LAI-CAI-SAI, vuoi per esodi volontari verso altri lidi - ha aiutato un minimo il ricambio generazionale che però non sempre è stato accompagnato dall'ingresso di risorse con le giuste competenze (vedi sito web che faceva acqua prima e continua a farla anche ora).
Il ruolo della cultura aziendale
Una delle cose che più mi ha sconvolto nell'esperienza in AZ è stato il ruolo determinante ed ahimè deleterio della cultura aziendale, una cultura dove il livellamento verso il basso di quelli che lavorano con alte prestazioni è sempre stato endemico e in qualche modo cercato e voluto.
Sei più bravo della media? Non avrai nulla in cambio
Varrebbe la pena farti girare in più dipartimenti perché così cresceresti molto? Non se ne parla
Sei bravo a fare il lavoro X per cui avrebbe senso mandarti a lavorare nell'ufficio Y? Scordatelo
Sono 10 anni che hai lo stesso livello nonostante tu sia bravo e sia cresciuto/a molto? Puoi anche crepare così come sei
Questo scoraggia le risorse ad alte prestazioni e incoraggia gli "er pomata" a tirare a campare, tanto alla fine nessuno viene premiato e nessuno ci rimette. Risultato, i migliori si livellano ai peggiori.
Ci ha provato Sabelli a cambiare un po' le cose, ma sfortunatamente il suo buon rapporto con Colaninno non durò abbastanza da dare i frutti sperati ed alla vigilia di Natale del 2012 mandò tutti a cagare e se ne andò.
Con EY avrebbero potuto esserci le avvisaglie di un cambiamento di rotta, ma la visione predatrice e prevaricatrice di Hogan da una parte e la resistenza passiva di AZ dall'altra non permisero alcun cambiamento di lunga durata.
Poi sono arrivati i commissari ed il MEF e le cose non sono certo cambiate, con un piano industriale che si sciacqua la bocca con paroloni come "Metodologia agile", "Organizzazione snella", "Nativamente digitale" non avendo la minima idea che per portare un'organizzazione verso questo traguardo servono anni di formazione invece che qualche slide dei consulenti di turno.
Ad avercelo un Change Manager! Ma non c'è proprio consapevolezza che questa figura sia necessaria...
Scarsa situational awareness
Questa c'è stata prima, c'è ora e ahimè ci sarà anche domani. La potremmo definire la "Costante" di AZ/ITA e della politica che ne parla.
Asset strategico del Paese, l'Italia nel mondo, l'Italianità, il campione nazionale.... quando guardando i numeri, che sono l'unica cosa che parla un linguaggio universale, la realtà parla invece di quote di mercato su NAZ, INZ e INC che fanno davvero impallidire, in un mercato che non ti darà una seconda opportunità per recuperare il terreno perso.
E' chiaro che con queste premesse ti presenti al compratore di turno con le carte sempre sbagliate e le idee sul piano industriale sempre approssimative.
La speranza (utopica)
Io, che per percorso professionale sono un "figlio" di Kaplan - Norton e della loro metodologia per la definizione della strategia aziendale e della sua successiva esecuzione, vorrei tanto che chi arriverà dopo possa ripartire con un piano strategico per ITA impostato da zero, partendo dalla Mission (ovvero qual è il "purpose" di ITA, lo scopo intrinseco della sua esistenza sul mercato, ma realistico, eh!), per poi passare alla Vision (dove caxxo vogliamo essere tra 5-10 anni) per poi definire i Values (valori fondanti della nostra cultura aziendale, leggasi il contrario di tutto ciò che ho riportato sul tema parlando di AZ) ed infine il sistema di misuratori e target coerente con quanto sopra descritto per stabilire se la rotta impostata è corretta nel corso del tempo.
Utopia, ma ci spero sempre.
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