Incidente Breda BZ 308 a Mogadiscio nel 1954


Cercavo un articolo su ben altre cose e mi ricordo di avere letto che si era incidentato o in decollo o in atteraggio urtando qualcosa in pista a Mogadiscio.
Poi durante lo smontaggio o il rimontaggio di un motore lo stesso era caduto e non si era più potuto riparare.
Non mi ricordo la fonte ma c'era una foto sul posto.
 
Dell'aereo in questione e dell'incidente parla (per una decina di pagine e diverse foto in b/n) il libro "Trasporto - 18" della serie "Dimensione Cielo - Aerei italiani del dopoguerra" di Emilio Brotzu e Giancarlo Garello, Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri, Roma, ma non ci sono foto dell'incidente. Il libro è del 1979, forse in qualche libreria specializzata si trova ancora.
 
Dell'aereo in questione e dell'incidente parla (per una decina di pagine e diverse foto in b/n) il libro "Trasporto - 18" della serie "Dimensione Cielo - Aerei italiani del dopoguerra" di Emilio Brotzu e Giancarlo Garello, Edizioni dell'Ateneo & Bizzarri, Roma, ma non ci sono foto dell'incidente. Il libro è del 1979, forse in qualche libreria specializzata si trova ancora.

Aviolibri?
 
Il Breda BZ 308... Fecero di tutto, soprattutto gli americani, per ostacolare questo grandioso progetto e alla fine l'unico esemplare fini' i suoi giorni su di un rullo compressore lasciato in pista a Mogadiscio.. Nel film " Vacanze Romane" c'e' una scena dove si vede per qualche istante il BZ 308.. Bel bestione in tutti i casi!
 
Il Breda BZ 308... Fecero di tutto, soprattutto gli americani, per ostacolare questo grandioso progetto e alla fine l'unico esemplare fini' i suoi giorni su di un rullo compressore lasciato in pista a Mogadiscio.. Nel film " Vacanze Romane" c'e' una scena dove si vede per qualche istante il BZ 308.. Bel bestione in tutti i casi!

Più che gli americani, fu la Breda a fare di tutto per non renderlo appetibile al mercato, non essendo l'aereo pressurizzato.
 
fu la Breda a fare di tutto per non renderlo appetibile al mercato, non essendo l'aereo pressurizzato.
Vero. Ma non dimentichiamo che mentre l'industria aeronautica statunitense stava procedendo a tutta velocità sull'onda lunga della produzione bellica, l'Italia - specie gli stabilimenti industriali del nord - era un cumulo di rovine. Inoltre, le pesanti limitazioni imposte dopo l'armistizio hanno impedito il risorgere di qualunque tipo di industria aeronautica nazionale nel dopoguerra, consegnandoci di fatto nelle braccia di statunitensi e britannici. Per fare un esempio, la fornitura dei motori Bristol Centaurus destinati al BZ 308 arriverà con grande ritardo dopo che la cellula del prototipo era ormai pronta. Questa una foto del velivolo in attesa dei motori inglesi:

bz01.jpg


Troppo ambizioso? Anacronistico? Probabilmente, ma secondo me Il BZ 308 era e resta un elegante, fantastico aeroplano, nato purtroppo nel momento sbagliato.

Vi lascio due link:

 
Ecco, in pratica hai espresso il mio pensiero.. Oltre a tutte le altre giuste motivazioni, l'aereo era visto dagli Stati Uniti come un possibile concorrente.. Il resto e' storia.. :-)
 
Il Bz308 fu un aereo meraviglioso, ma non bisogna cadere nella trappola del cospirazionismo nel valutarne l'insuccesso.
Fu concepito in modo sbagliato, senza prevedere la pressurizzazione, e questo condannò il progetto. Meno veloce del Constellation, con meno autonomia (soprattutto sul Super Connie) e con meno posti a sedere.
E' vero che uscivamo da una guerra ed eravamo a pezzi, è vero che i motori arrivarono tardi anche a causa delle pesanti sanzioni post belliche (e vorrei pure vedere che non ce le avessero imposte), ma sono fermamente convinto che alla Lockheed, alla Douglas, alla Convair e alla Boeing si siano fatti una ricca risata quando lessero l'articolo pubblicato da un quotidiano italiano (di netta posizione anti-americana) che denunciava un boicottaggio delle grandi aziende USA per impedire alla Breda (poco più di un capannone e un manipolo di operai) di diventare il nuovo colosso dei vettori passeggeri.
Tutta la storia della cospirazione partì da qui, venendo poi alimentata nei ricordi delle generazioni successive.
 
Aggiungiamo anche che la Breda avrebbe avuto una capacità di consegna dei velivoli di circa 1/1000 rispetto ai competitor americani, con tempi di consegna di decenni alle compagnie.
 
Per carità, personalmente non mi sono mai illuso che una ditta come la Breda potesse mai arrivare a competere con i colossi industriali d'oltreoceano. Però mi sono sempre piaciute le storie in stile "Davide e Golia", anche se poi è quasi sempre Davide a prendere gli sganassoni... :D

Nel dopoguerra, il BZ 308 diventò una sfida per dimostrare che l'impegno, la capacità tecnica e la sensibilità all'interesse nazionale dei lavoratori milanesi potevano realizzare il sogno di non veder chiudere un'azienda storica quale la Breda. La fabbrica bombardata durante il conflitto era stata ricostruita in fretta con grande entusiasmo e spirito di corpo. Lo stabilimento vantava l’unica mensa in cui impiegati, operai e tecnici mangiavano tutti insieme. Sembrò l’apoteosi dei Consigli di Gestione e il BZ 308 si trasformò in un mito per l’intera classe operaia milanese.

Per quanto riguarda l'intera vicenda del velivolo in questione e più in generale la fine della Breda - che ricordo venne chiusa nel 1951 - probabilmente l'analisi di Franco di Antonio sul portale Manuale di Volo (da cui ho tratto anche il paragrafo precedente) è a mio parere la più ampia e obiettiva:

"Le ragioni del fallimento, però, non furono dovute soltanto agli interessi dell’industria aeronautica americana, ma alla crisi di riconversione e ristrutturazione della Breda nel suo insieme. La carenza di materie prime, di energia elettrica, di macchine utensili moderne e speciali per una produzione in grande serie, collegata alla mancanza di crediti che durante la guerra venivano dallo Stato, furono una parte importante dei fattori di crisi. Gli altri risiedevano nell’improduttiva dilatazione delle maestranze, nell’obsolescenza tecnologica e nella disorganizzazione di una produzione che aveva prosperato principalmente grazie alla protezione e alle commesse belliche del fascismo. La compagnia di bandiera italiana, finanziata da capitali anglo-americani, non ordinò l’aereo."
 
"Le ragioni del fallimento, però, non furono dovute soltanto agli interessi dell’industria aeronautica americana, ma alla crisi di riconversione e ristrutturazione della Breda nel suo insieme. La carenza di materie prime, di energia elettrica, di macchine utensili moderne e speciali per una produzione in grande serie, collegata alla mancanza di crediti che durante la guerra venivano dallo Stato, furono una parte importante dei fattori di crisi. Gli altri risiedevano nell’improduttiva dilatazione delle maestranze, nell’obsolescenza tecnologica e nella disorganizzazione di una produzione che aveva prosperato principalmente grazie alla protezione e alle commesse belliche del fascismo. La compagnia di bandiera italiana, finanziata da capitali anglo-americani, non ordinò l’aereo."

Totalmente condivisibile. Qualche perplessità la suscita l'ultima frase, che potrebbe indurre in errore il lettore, facendo credere che il progetto fallì per il mancato ordine di Alitalia o Lai. Cosa assolutamente priva di fondamento. (p.s. le compagnie di bandiera, se così possono essere chiamate, erano poi in realtà due all'epoca del Bz 308).
 
facendo credere che il progetto fallì per il mancato ordine di Alitalia o Lai. Cosa assolutamente priva di fondamento. (p.s. le compagnie di bandiera, se così possono essere chiamate, erano poi in realtà due all'epoca del Bz 308).
Sul "totalmente privo di fondamento" avrei più di un dubbio, se consideri la situazione nel suo insieme. Ti ricordo infatti che nello stesso periodo sia in Francia che in Gran Bretagna i rispettivi governi appoggiavano in maniera plateale le locali industrie aeronautiche, imponendo ad Air France e a BEA/BOAC delle schifezze di aeroplani che se non avessero potuto disporre di ricche sovvenzioni statali non avrebbero mai potuto lasciare nemmeno il tavolo dei progettisti...

È un dato di fatto poi che sia Alitalia che LAI fossero finanziate da ingenti capitali USA e britannici - le stesse nazioni che non solo erano uscite vincitrici dal conflitto mondiale, ma che potevano contare su importanti appoggi politici nel governo italiano dell'epoca.

Se il nostro governo avesse potuto godere di un minimo di autonomia in più - ma il periodo storico non lo consentiva - e se si fossero applicate le stesse azioni protezionistiche (giuste o sbagliate) nei confronti delle industrie locali, il BZ 308 avrebbe potuto tranquillamente volare per LAI o Alitalia, come dimostra anche questo modellino dell'epoca (in realtà un ibrido tra un Constellation e il BZ 308):

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Detto questo, il DC-6 era comunque un aereo dalle caratteristiche tecniche e dalla commerciabilità assolutamente superiori a qualunque progetto o produzione italiana di quegli anni. E il resto è storia...
 
Ad ogni modo, per ritornare al soggetto iniziale di questa discussione, spero che l'amico Giancarlo Garello non me ne vorrà se condivido con voi la descrizione dell'ultimo volo del BZ 308, così come pubblicata sull'ormai quasi introvabile "Dimensione Cielo" n.14:

Verso metà febbraio 1954 il BZ.308 è finalmente pronto ed il cap. Pietrolucci torna a Mogadiscio per riportarlo a Roma. Dopo le prove a terra, alle h. 7,50 di domenica 21 febbraio egli decolla per il collaudo in volo: viene scelto un giorno festivo proprio per avere il maggior agio possibile. La pista è ridotta a soli 1.450 mt. per lavori in corso sui primi 150 mt. di testata e a tale altezza a circa 4 mt. dal bordo sinistro si trovano addirittura sulla pista importanti ostacoli come una betoniera alta mt. 4,70 ed un compressore intorno a cui sono al lavoro diversi operai. Dopo 50 minuti di volo perfettamente regolari il pilota riceve dalla torre di controllo l'autorizzazione all'atterraggio con la segnalazione di pista libera. Essendo essa larga 45 mt. (poco più dell'apertura alare del BZ.308), è necessario atterrare ai 150 mt. tenendo gli ostacoli sotto l'estremità alare sinistra con un assetto tale da conservarne la visione senza al tempo stesso consumare il poco spazio a disposizione. Purtroppo in tale momento critico l'attenzione del pilota è richiamata da due operai che sbucano di corsa davanti ai macchinari stradali attraversando inaspettatamente la pista. Il BZ.308 e un po' corto e, pur essendo ancora a 70-80 cm. dal suolo, urta la sommità della betoniera con l'estremità alare sinistra: senza nessuna tendenza ad imbardare il velivolo rimane sull'asse della pista e termina regolarmente la sua corsa. A bordo si ha quasi la sensazione di un ruvido contatto del ruotino anteriore ma poi al parcheggio si scopre il doloroso evento. L'estremità alare sinistra è asportata per una lunghezza di mt. 3,60 coinvolgendo non solo l'elemento terminale, di facile sostituzione, ma anche danneggiando la struttura della semiala: sono necessarie riparazioni di 3a linea. L'aereo militare non ha goduto degli stessi provvedimenti adottati per l'arrivo dei DC.4 dell'Alitalia ossia sospensione dei lavori e arretramento dei macchinari fuori pista. All'epoca gli ostacoli non sono segnalati da apposite colorazioni ma vanno addirittura a confondersi sul colore scuro del bitume e su quello rossiccio della sabbia. In condizioni operative oggi impensabili, il BZ.308 compie il suo ultimo atterraggio. Infatti mentre Pietrolucci e gli specialisti assegnati all'aereo propongono di rimuovere anche l'altro elemento terminale e fare una riparazione provvisoria con tela e collanti per riportare l'aereo in Italia, quanti nello Stato Maggiore sono contrari all'impiego di questo prototipo hanno buon gioco nel sostenere la tesi di abbandonarlo senza rischiare ulteriori spese ed incognite dopo le già numerose disavventure incontrate in terra d'Africa.
È una decisione che Pietrolucci deve accettare con molta amarezza dopo aver svolto, in 70 ore 50' di volo, la maggiore attività con il velivolo dopo il collaudatore Stoppani. Dal velivolo decentrato in un angolo dell'aeroporto di Mogadiscio sono quasi subito rimosse le poltrone per dotarne la locale sala cinematografica aeroportuale. Poi il Comando Aeronautica della Somalia provvede al recupero di tutti gli accessori, ulteriormente impiegabili, quindi lo stesso velivolo è smembrato e la fusoliera segata in più tronconi. È una sorte veramente oscura ed immeritata per il più importante velivolo mai realizzato in Italia.
 
Sul "totalmente privo di fondamento" avrei più di un dubbio, se consideri la situazione nel suo insieme. Ti ricordo infatti che nello stesso periodo sia in Francia che in Gran Bretagna i rispettivi governi appoggiavano in maniera plateale le locali industrie aeronautiche, imponendo ad Air France e a BEA/BOAC delle schifezze di aeroplani che se non avessero potuto disporre di ricche sovvenzioni statali non avrebbero mai potuto lasciare nemmeno il tavolo dei progettisti...

È un dato di fatto poi che sia Alitalia che LAI fossero finanziate da ingenti capitali USA e britannici - le stesse nazioni che non solo erano uscite vincitrici dal conflitto mondiale, ma che potevano contare su importanti appoggi politici nel governo italiano dell'epoca.

Se il nostro governo avesse potuto godere di un minimo di autonomia in più - ma il periodo storico non lo consentiva - e se si fossero applicate le stesse azioni protezionistiche (giuste o sbagliate) nei confronti delle industrie locali, il BZ 308 avrebbe potuto tranquillamente volare per LAI o Alitalia, come dimostra anche questo modellino dell'epoca (in realtà un ibrido tra un Constellation e il BZ 308):


Detto questo, il DC-6 era comunque un aereo dalle caratteristiche tecniche e dalla commerciabilità assolutamente superiori a qualunque progetto o produzione italiana di quegli anni. E il resto è storia...

Volendo spaccare il pelo in due: quanti Bz 308 avrebbe mai potuto comprare un poco ipotetico consorzio Alitalia Lai? 10? 15? E' questa la dimensione del danno che avrebbero avuto Boeing, Lockheed e compagnia bella? Chi mai all'estero avrebbe comprato quell'aereo?
Basta fare un paragone con il G-212. Per l'epoca,e per quello che si faceva in Italia, sarebbe potuto andare benissimo, e invece fu un fallimento pressoché totale.
Si tratta di una leggenda, purtroppo, perpetuatasi negli anni grazie al folklore del desiderio di riscatto dell'Italia post bellica.