E perdomami ma qua, mi trovi molto in disaccordo.
Una cosa e' pensare al protezionismo come scusa per tollerare malegestioni, RAM e' il tipico esempio e sono allineato al tuo pensiero.
Un altra cosa e' invece un governo che ha il dovere di proteggere i suoi interessi nazionali specie in un mondo ultracompetitivo, interessi che sono rappresentati anche dalle compagnie strategiche per l' interesse nazionale stesso, il che vuol dire anche e prima di tutto proteggere i propri lavoratori dalla concorrenza di quelle societa' o di quei prodotti di quei paesi in cui la mancanza di un minimo di struttura civile e di diritto del lavoro permette di raggiungere competitivita' fasulle.
Ho appena finito di leggere un libro secondo me bellissimo e che andrebbe fatto leggere a Agnoletto e Casarini, “A splendid exchange” di William Bernstein, sulla storia del commercio. L’esempio che fai tu e’, in sostanza, quello degli Stati Uniti tra la loro indipendenza e, grosso modo, gli anni ’50 del 1800, quando alzarono dazi per salvare la loro industria dalla concorrenza di quella inglese, per poi levarli una volta divenuti forti. E’ un’idea che capisco senza dubbio (anche se Barnstein s’interroga sul ruolo che i dazi ebbero nel generare la guerra civile in America) e che condivido... fino ad un certo punto. Un conto e’, per esempio, proteggere SNECMA per mantenere know-how nel campo dei motori, ma che si fa quando SNECMA, coperta dallo Stato e quindi non interessata a progredire, a diventare piu’ efficiente, piu’ profittevole, diventa un carrozzone incapace di mettere insieme un prodotto che puo’ competere con Rolls Royce, General Electric, Pratt & Whitney? Perche’, irrimediabilmente, questo e’ quello che comporta il protezionismo. So di toccare un tasto dolente ma aver dato carta bianca a Fiat in secula saeculorum c’ha dato macchine inaffidabili, poca concorrenza interna e una produzione di auto inferiore a quella di Turchia e UK, che non hanno “grandi case” basate nel paese.
Peccato che col protezionismo, o quello che dagli anni '90 chiamerei semi-protezionismo non ha distrutto cosi tante compagnie aeree come questa concorrenza feroce senza regole.
Da quando il mercato é cosi liberalizzato é peggiorato tutto: il servizio (la concorrenza inizialmente l'ha migliorato ora invece é peggio di peggio dove anche le major ti fanno pagare il bagaglio e non ti danno quasi nulla di managiare), contratti dei dipendenti (negli aeroporti un precariato pauroso) ecc.
Non concordo.
In questo periodo, in Europa e in America, con la liberalizzazione, sono aumentate:
1. L’offerta di voli
2. La sicurezza a bordo (0.2 incidenti mortali per milione di partenze negli USA nel 2008 contro 1.4 nel 1989)
3. La convenienza per i viaggiatori (Il link di seguito mostra come, in $ “reali” del 2000, il prezzo totale di un biglietto aereo nel 1979 fosse $442.88, comparato con $283.97 nel 2012.
http://www.airlines.org/Pages/Annual-Round-Trip-Fares-and-Fees-Domestic.aspx )
Chiaro, gli stipendi si sono ridotti, gli orari si son fatti piu’ lunghi e il contratto a vita non esiste piu’. Il mio ruolo e’ pagato 1/3 in meno di quanto fosse negli anni ’90 in termini reali, non ho straordinari, il mio contratto scade a fine 2014 e anche se fosse un indeterminato posso essere licenziato con tre mesi di preavviso. E ho un piano pensionistico che... vabbe’. Pero’ cosi’ e’ successo ovunque nel mondo del lavoro; suppongo sia il prezzo che dobbiamo pagare per viaggiare a poco prezzo, guidare macchine sempre piu’ intelligenti e infarcite di elettronica, comprare frutta fuori stagione, mangiare fast food e comprare vestiti fatti in un paese lontano per poche decine di euro. E, dettaglio non proprio secondario, l'azienda che mi da lavoro cerca di essere in attivo a fine anno e non si affida al governo per coprirne le perdite, come faceva nei tempi belli in cui tutti erano pagati uno sproposito, avevano l'auto aziendale, lavoravano sei ore al giorno e prendevano lo champagne dagli aerei parcheggiati in aeroporto.