Malpensa ha un futuro da grande aeroporto soltanto se incomincia a comportarsi da aeroporto del Nord Italia e non da aeroporto (scomodo) di Milano e dintorni.
Oggi il mercato del Nord è cannibalizzato dai ptp dei maggiori aeroporti regionali e, soprattutto, dai feeder che sviano i pax ai grandi hubs dell'Europa continentale: Parigi, Francoforte, Monaco, Vienna solo per citarne alcuni.
L'unica strada per diventare davvero, e non solo nelle chiacchiere di Formigoni, l'aeroporto di riferimento di 25-30 milioni di potenziali passeggeri del mercato più ricco d'Europa è quello delle infrastrutture: nel raggio di 250 km non deve avere senso preferire l'aeroporto sotto casa o, più spesso, il trasbordo presso l'hub straniero (di FCO non parlo neppure, perché non lo ritiengo il competitor più agguerrito). Ma per rendere possibile tutto ciò occorre una dotazione infrastrutturale che oggi è purtroppo fantascienza: collegamenti stradali comodi e diretti in tutte le direzioni, bypassando Milano.
Occorrono soprattutto collegamenti ferroviari ad alta velocità che possano collegare il centro delle grandi e strategiche città (Torino, Genova, Bologna, Verona, Venezia, ma anche Firenze) che chiedono mobilità efficiente e celere, direttamente con l'aeroporto. Si tratta di investimenti giganteschi, ma che in prospettiva consentirebbero addirittura la chiusura di aeroporti ormai divenuti inutili.
L'alternativa è, da un lato, il consolidamento delle già odierne ottime posizioni del sistema aeroportuale veneto, emiliano e toscano oltre all'intensificarsi del travaso verso Monaco e Francoforte e alla sempre più marcata fuga dei pax, specialmente del Nord Ovest (i cui aeroporti non milanesi sono nani per il mercato di riferimento), verso Parigi; dall'altro, il perpetuarsi di Malpensa come aeroporto di Milano, del Varesotto e della Brianza, con l'importante precisazione che anche in questo caso Malpensa continuerebbe ad essere l'alternativa B nel caso in cui non si risolvesse l'eterno problema Linate.