Citazione:Messaggio inserito da fabrizio85
Per quanto riguarda "IL PENSIERO":
Dal corriere adriatico di oggi:
Si scopre che la rimpianta Club Air aveva per flotta un solo aereo e che siamo al 59° posto nella graduatoria delle tratte più battute
Nell’annuario dell’Enac le cifre nere che tengono in stallo lo scalo marchigiano
Senza low cost il Sanzio resta al palo
m.cristina benedetti
ANCONA - Dev’essere la solita rondine che non fa primavera. La rondine in questione è l’ultimo pezzo perso sulle piste, poco soggette all’usura, di Falconara: si tratta della rimpianta Club Air spa che con un solo aereo per flotta, un Avro 146, avrebbe dovuto risollevare le sorti dello scalo dorico. La primavera mai stata è quella di Aerdorica, la società che gestisce lo sfortunato aeroporto. Niente da fare, la compagnia ha tolto le tende, ritirato il suo unico gioiello e per il Sanzio la storia si ripete: non c’è pace tra i soci pubblici e privati; l’aula del Consiglio regionale sui voli continua a dividersi; e i passeggeri, un giorno sì e l’altro pure, restano a terra. Ma quel che più dovrebbe preoccupare è la fonte da cui proviene la notizia: l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile. Sì, proprio lo stesso Ente che prima o poi si dovrà pronunciare sulla concessione: un sì che potrebbe dare libertà di volare per trenta o quarant’anni. Altrimenti tutti giù.
Oltre i veleni della politica e le briglie degli interessi, sono le cifre dell’annuario statistico 2006 a dare il peso specifico del mancato decollo. Mettendo in relazione gli anni trascorsi con le percentuali che calano succede, per esempio, che al “Raffaello Sanzio” la crescita di passeggeri e compagnie aeree sia inversamente proporzionale ai soldi che Regione e privati spendono. E succede pure che, dopo l’exploit del 1999 che aveva visto crescere i viaggiatori del 17% e i movimenti aerei del 19%, ben oltre la media nazionale, il nostro aeroporto s’è fatto superare da quello di Forlì. Sbirciando tra le decine di tabelle ordinate nelle 204 pagine dell’annuario si scopre, infatti, che fino al 2003, l’aeroporto romagnolo contava molti meno passeggeri del nostro: 350 mila, contro i 460 mila che passavano di qui. Ma i tempi cambiano e le cifre scombinano i piani: così ora a Forlì si contano 620 mila passeggeri contro i nostri 473 mila e 700. Anche Rimini e Pescara premono: nella città di Fellini si arriva a 319 mila e 700 passeggeri; nella nostra vicina di casa ne transitano 333 mila. Ma è lavorando di comparazione che si dilata l’effetto-concorrenza: nei due casi appena citati affiancando i numeri di 2006 e 2003 si contano rispettivamente centomila e 35 mila viaggiatori in più. Non è finita. Succede anche che, a differenza dei tre altri aeroporti coinvolti nella sfida, il Sanzio non ha saputo agganciare la forte crescita dei traffici del 2006: più 9% circa per quasi tutti gli scali italiani. Il nostro scalo s’è fermato a un modestissimo 1,3, che oltretutto seguiva un anno di calo pari a quasi il 6%.
Ancora giù. Succede poi che coi vettori low cost, che raccolgono ormai il 14% dei passeggeri nazionali e il 30,3% di quelli internazionali, i manager Aerdorica non hanno mostrato una gran disinvoltura. La formula al risparmio qui vale solo per il 24% circa dei passeggeri, contro il 94,7% messo a segno a Forlì e il 53% di Pescara.
E se l’orizzonte è perduto, figuriamoci l’affare. Non c’è traccia delle Marche tra le tratte internazionali più significative indicate dall’Enac, quasi tutte appannaggio di Roma e Milano. Ma nella lista degli aeroporti tutto fiuto e occasioni da non perdere riecco Rimini, quinta in Italia grazie al collegamento con Mosca che noi abbiamo ceduto: 142 mila passeggeri solo nel 2006. E le Marche arrivano solo al 59° posto nella graduatoria delle rotte più battute: un misero risultato garantito dai 106 mila passeggeri diretti a Londra.
Gli effetti collaterali della globalizzazione non risparmiano neppure i cieli. E succede, per esempio, che non tutti reggono la deregulation dei traffici aerei, questione piuttosto recente: fino a vent’anni fa, infatti, tratte aeree e tariffe erano decise tramite accordi bilaterali tra paesi. Poi, iniziarono le prime mosse e contromosse verso quei terreni arditi della liberalizzazione (la prima compagnia low cost, la Ryanair, è della metà degli anni Ottanta), fino ad arrivare al 1997 anno in cui tutte le compagnie che possedevano una licenza comunitaria potevano volare ovunque con la formula la-tariffa-la-decido-io. Risultato, neppure troppo inaspettato: dal ’97 il trasporto aereo è cresciuto del 100%. Ma non per tutti. Sarà per questo che all’aeroporto di Falconara ogni dieci euro di costi ne entrano solo nove di ricavi (Enac 2006). E sarà sempre per la stessa occasione perduta che tra i 43 aeroporti italiani, solo sei, dai traffici molto più contenuti, fanno peggio del nostro. Che la redditività del nostro capitale investito è nettamente negativa (-5,9% nel 2006) e anche in questo caso stano peggio solo sei piccoli aeroporti. Tragico il Roe, che misura la redditività del capitale proprio: -566%. E con questo ci becchiamo la maglia nera per la peggiore performance d’Italia. Non va meglio con le vendite: l’indicatore si piazza su un -9,8%. Altro che rondine.