I tanti assi della finanza
In salita la gara di Toto
di Simone Filippetti
Sindacalisti, fondi off-shore di paradisi fiscali caraibici, compagnie aeree, banche d’affari, private equity e persino un professore di Ferentino, profonda Ciociaria. Non è mancato proprio nessuno all’apertura delle buste per Alitalia. Ma chi, ragionevolmente, può avere la maggiori possibilità di diventare il nuovo proprietario della compagnia di bandiera?
A giudicare dalla lista che ieri è stata diramata da via XX Settembre, i pretendenti i cui nomi erano già circolati nei giorni scorsi, sembrano i più accreditati, almeno sulla carta, per arrivare fino in fondo: vanta solidità finanziaria e favore politico Management&Capitali, la struttura «salva-imprese» messa in piedi da Carlo De Benedetti, vicino al centro-sinistra. Il fondo si è alleato con Goldman Sachs e il big mondiale del private equity Cerberus potendo contare su una dotazione complessiva di circa 15 miliardi di euro: per il fondo italiano, che ieri ha annunciato le dimissioni del consigliere Arnaldo Borghesi per evitare possibili conflitti, Alitalia sarebbe il secondo investimento, dopo la recente acquisizione della Saiag.
Di esperienza nel settore e ampie disponibilità gode pure Texas Pacific Group: il fondo statunitense, in Italia rappresentato dall’ex numero uno di Bnl Davide Croff, assistito dall’advisor Seabury e in colloqui per un possibile coinvolgimento di Rothschild (la banca d’affari il cui rappresentante per l’Italia è l’ex manager pubblico Franco Bernabè) ha un patrimonio di 15 miliardi e ha già investito in compagnie aeree. L’ostacolo per Tpg può essere rappresentato dalla forte connotazione estera, mentre più volte il mondo politico ha dichiarato di voler salvaguardare l’italianità della compagnia di bandiera. L’«esterofobia» può essere un punto a sfavore anche per Terra Firma, fondo paneuropeo da 7 miliardi di euro, e MattlinPatterson, fondo da 3,8 miliardi specializzato in distressed asset.
Unica offerta puramente industriale è quella di AirOne dell’imprenditore Carlo Toto. La compagnia aerea è il principale concorrente di Alitalia nelle tratte nazionali e quindi conosce bene il business, ma ha due punti deboli. Primo è meno dotato rispetto ai competitor: AirOne è sì in utile, ma il gruppo Toto ha un elevato indebitamento rispetto al patrimonio, anche se l’appoggio di Banca Intesa può dare le sufficienti garanzie patrimoniali. Secondo: un’unione Alitalia-AirOne rischia di finire nel mirino dell’Antitrust. Ha sorpreso, invece, la presenza del gruppo Unicredit: secondo indiscrezioni non confermate la banca si sarebbe fatta avanti per conto di gruppi esteri tra cui Lufthansa. Nei giorni scorsi la compagnia tedesca aveva negato di essere interessata, ma se i rumors fossero confermati un’accoppiata italo-tedesca, con know-how e sostegno finanziario, avrebbe buone possibilità.
Chance minori, a meno di alleanze a sorpresa con qualche big nella fase successiva, invece sono attribuite dagli analisti agli outsider, di cui è difficile testare per ora la consistenza finanziaria (a partire dal requisito minimo di 100 milioni di patrimonio): Net Present Value, presentatasi per conto dell’Unione Piloti guidata da Massimo Notaro; la cordata promossa dal finanziere Paolo Alazraki, la società Porcellana Castello dell’imprenditore romagnolo Terenzio Servetti. Ma il più misterioso di tutti è l’accoppiata Benstar-Saturn Enterprises, una società con sede nelle Isole Vergini Britanniche.
Tratto da Il Sole 24 Ore del 30-1-07