Alitalia - Marzo / Aprile 2019

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Dopo lo straordinario pesce d’Aprile di MindOnAir (!!!!), torniamo coi piedi per terra; anche Il Messaggero, dopo mesi di roboanti annunci pro-linea governativa, inizia a smarcarsi e a dire che le cose precipitano rapidamente.

Fs si sente sempre più sola nel salvataggio di Alitalia. Abbandonata dalle altre imprese pubbliche - Fincantieri, Poste, Eni e Leonardo - che avevano prima assicurato, anche se in via informale, il loro impegno finanziario nella costituzione della newco, per poi sfilarsi e lasciar cadere la trattativa appena l'ad di Ferrovie, Gianfranco Battisti, ha chiesto di stringere il cerchio, di chiudere siglando l'accordo finale. Del resto, il gruppo dei treni deve fare i conti anche con le timidezze del Mef che non si è mai dichiarato particolarmente convinto di un impegno diretto nel capitale della nuova Alitalia. Anzi. Proprio il ministro Giovanni Tria ha vissuto male il pressing del vice premier Luigi Di Maio che, come si ricorderà, aveva chiesto un coinvolgimento forte dell'Economia nella partita. A giugno scade però il termine per la restituzione del prestito da 900 milioni e dunque anche al Tesoro dovrebbero spingere per trovare una soluzione che dia una prospettiva di sviluppo ad Alitalia. Il vettore, nonostante gli sforzi di razionalizzazione dei costi, il rinnovo della Cig (a carico dei contribuenti) e la puntualità da record, continua a perdere in media 25 milioni di euro al mese.

LO SCHEMA
Anche Cdp, tanto per mettere in fila tutti gli ostacoli da superare, non appare poi troppo entusiasta di finanziare l'acquisto di nuovi aerei di lungo raggio per supportare la strategia della compagnia tricolore. A questo quadro - non favorevole in vista della scadenza di Pasqua - si deve aggiungere il recente ultimatum dei commissari straordinari che, in una audizione in Parlamento, hanno intimato proprio a Fs di chiedere una proroga motivata o, in alternativa, di lasciare precipitare il vettore al suo destino, cioè la procedura di messa in liquidazione. Un invito tutt'altro che istituzionale viste le difficoltà oggettive, dopo la rinuncia di easyJet, a trovare uno o più partner da affiancare agli americani di Delta Airlines. La carta di China Eastern è infatti debolissima, così come quella dell'ingresso di Fondi d'investimento internazionali. Al momento il vettore Usa è disposto ad arrivare al 10-15%, investendo circa 150 milioni, il 30% andrebbe, come noto, a Fs, mentre il Mef, convertendo una parte del maxi prestito, si porterebbe al 15%. Insomma, si arriverebbe al 60%. La restante quota del 40% è tutta da piazzare. Battisti ha infatti ripetuto fino alla noia che l'operazione Alitala deve essere «di mercato, con un profilo industriale ben preciso per il rilancio della compagnia». Nessun intervento di tipo assistenziale che, tra l'altro, sarebbe bocciato dalla Ue, e nessuna volontà di compromettere i conti di Fs per far da paracadute ad Alitalia. Il tempo scorre però velocemente ed entro il 20 aprile l'ad vuole chiudere il dossier, sono infatti esclusi nuovi rinvii dopo gli slittamenti degli ultimi mesi.
Per questo si lavora sotto traccia con l'obiettivo di trovare, a fianco di Delta, un altro partner industriale privato. L'identikit resta sempre quello di Atlantia, ma il gruppo ha smentito al momento di essere interessato. Le avances sono comunque pressanti, ma c'è da superare l'ostracismo dei 5Stelle, mentre il Tesoro sarebbe ben felice di avere un nuovo socio di peso nella newco. Di certo al Mef non sono disposti a mettere sul piatto altre soldi, visto che Alitalia è costata ai contribuenti circa 9 miliardi. Resta - in caso di fallimento - l'ultima carta. Quella legata a Lufthansa. I tedeschi si sono ritirati ufficialmente perché non vogliono siglare una «partnership col governo». La presenza dello Stato, attraverso Ferrovie, viene considerata un ostacolo insormontabile. Per Carsten Spohr, l'ad del gruppo, l'unica strada è avere la maggioranza. Ipotesi praticamente impossibile, ma che potrebbe riprendere forza in caso di un avvitamento della crisi dopo Pasqua (il prestito ponte è destinato ad esaurirsi dopo l'estate). I tedeschi sono convinti che Delta punti in fondo solo a perdere tempo per poi approfittare della situazione e fare così un favore all'alleato Air France, spiazzando ancora una volta la Cenerentola-Alitalia.
 
Dopo lo straordinario pesce d’Aprile di MindOnAir (!!!!), torniamo coi piedi per terra; anche Il Messaggero, dopo mesi di roboanti annunci pro-linea governativa, inizia a smarcarsi e a dire che le cose precipitano rapidamente.

Fs si sente sempre più sola nel salvataggio di Alitalia. Abbandonata dalle altre imprese pubbliche - Fincantieri, Poste, Eni e Leonardo - che avevano prima assicurato, anche se in via informale, il loro impegno finanziario nella costituzione della newco, per poi sfilarsi e lasciar cadere la trattativa appena l'ad di Ferrovie, Gianfranco Battisti, ha chiesto di stringere il cerchio, di chiudere siglando l'accordo finale. Del resto, il gruppo dei treni deve fare i conti anche con le timidezze del Mef che non si è mai dichiarato particolarmente convinto di un impegno diretto nel capitale della nuova Alitalia. Anzi. Proprio il ministro Giovanni Tria ha vissuto male il pressing del vice premier Luigi Di Maio che, come si ricorderà, aveva chiesto un coinvolgimento forte dell'Economia nella partita. A giugno scade però il termine per la restituzione del prestito da 900 milioni e dunque anche al Tesoro dovrebbero spingere per trovare una soluzione che dia una prospettiva di sviluppo ad Alitalia. Il vettore, nonostante gli sforzi di razionalizzazione dei costi, il rinnovo della Cig (a carico dei contribuenti) e la puntualità da record, continua a perdere in media 25 milioni di euro al mese.

LO SCHEMA
Anche Cdp, tanto per mettere in fila tutti gli ostacoli da superare, non appare poi troppo entusiasta di finanziare l'acquisto di nuovi aerei di lungo raggio per supportare la strategia della compagnia tricolore. A questo quadro - non favorevole in vista della scadenza di Pasqua - si deve aggiungere il recente ultimatum dei commissari straordinari che, in una audizione in Parlamento, hanno intimato proprio a Fs di chiedere una proroga motivata o, in alternativa, di lasciare precipitare il vettore al suo destino, cioè la procedura di messa in liquidazione. Un invito tutt'altro che istituzionale viste le difficoltà oggettive, dopo la rinuncia di easyJet, a trovare uno o più partner da affiancare agli americani di Delta Airlines. La carta di China Eastern è infatti debolissima, così come quella dell'ingresso di Fondi d'investimento internazionali. Al momento il vettore Usa è disposto ad arrivare al 10-15%, investendo circa 150 milioni, il 30% andrebbe, come noto, a Fs, mentre il Mef, convertendo una parte del maxi prestito, si porterebbe al 15%. Insomma, si arriverebbe al 60%. La restante quota del 40% è tutta da piazzare. Battisti ha infatti ripetuto fino alla noia che l'operazione Alitala deve essere «di mercato, con un profilo industriale ben preciso per il rilancio della compagnia». Nessun intervento di tipo assistenziale che, tra l'altro, sarebbe bocciato dalla Ue, e nessuna volontà di compromettere i conti di Fs per far da paracadute ad Alitalia. Il tempo scorre però velocemente ed entro il 20 aprile l'ad vuole chiudere il dossier, sono infatti esclusi nuovi rinvii dopo gli slittamenti degli ultimi mesi.
Per questo si lavora sotto traccia con l'obiettivo di trovare, a fianco di Delta, un altro partner industriale privato. L'identikit resta sempre quello di Atlantia, ma il gruppo ha smentito al momento di essere interessato. Le avances sono comunque pressanti, ma c'è da superare l'ostracismo dei 5Stelle, mentre il Tesoro sarebbe ben felice di avere un nuovo socio di peso nella newco. Di certo al Mef non sono disposti a mettere sul piatto altre soldi, visto che Alitalia è costata ai contribuenti circa 9 miliardi. Resta - in caso di fallimento - l'ultima carta. Quella legata a Lufthansa. I tedeschi si sono ritirati ufficialmente perché non vogliono siglare una «partnership col governo». La presenza dello Stato, attraverso Ferrovie, viene considerata un ostacolo insormontabile. Per Carsten Spohr, l'ad del gruppo, l'unica strada è avere la maggioranza. Ipotesi praticamente impossibile, ma che potrebbe riprendere forza in caso di un avvitamento della crisi dopo Pasqua (il prestito ponte è destinato ad esaurirsi dopo l'estate). I tedeschi sono convinti che Delta punti in fondo solo a perdere tempo per poi approfittare della situazione e fare così un favore all'alleato Air France, spiazzando ancora una volta la Cenerentola-Alitalia.

Se non trovano qualcuno in tempi rapidi, allora si stavolta dovranno correre in Germania col cappello in mano...
 
Il famoso "pernacchio".
Non gli basta la crocifissione per Genova, la vogliono proprio distruggere.

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Negli agitati e litigiosi assetti della compagine di governo, c’è sempre qualcuno sul banco degli imputati. Oggi, dopo alcuni mesi di tregua, sembra toccare nuovamente al ministro per l’Economia Giovanni Tria, accusato dai 5 Stelle, e in particolare dal vicepremier Luigi Di Maio, di essere al centro di un conflitto d’interessi per l’ingaggio del proprio figliastro da parte del compagno di una sua collaboratrice, Claudia Bugno, assunta al Mef, il Ministero dell’Economia e della Finanza, e 43enne consigliera del suo titolare da appena sette mesi.


I fatti

I fatti nudi e crudi, per come li racconta La Stampa oggi, sarebbero questi: “Bugno viene assunta da Tria ad agosto 2018, due mesi dopo il figliastro entra alla Tinexta spa, il cui amministratore delegato, Pier Andrea Chevallard, è compagno della Bugno. Non solo: Ciapetti era stato addetto stampa nello staff di Bugno quando lei, sotto Matteo Renzi, era diventata coordinatrice della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024. Sarebbe già questo abbastanza per il M5s, per chiedere un chiarimento al ministro. Invece c’è di più: perché si scopre che Bugno era nel cda della Banca Etruria, la banca di cui era vicepresidente il papà dell’ex ministro Maria Elena Boschi al centro della feroce campagna grillina contro il Pd, e ne è uscita con una pesante multa di 121 mila euro, per non aver controllato e gestito i rischi dell’istituto. Due aspetti della propria biografia che lei dimentica di scrivere nel curriculum pubblicato sul Mef”.


Il caso Alitalia

Ma la vicenda che riguarda Claudia Bugno non finisce qua. E si fa un po’ più “politica” nel momento in cui si scopre che lei stessa, dalla sua posizione ministeriale di stretta collaboratrice di Tria, si starebbe opponendo a tutta una serie di operazioni societarie. Una su tutte: Alitalia. Un dossier che sta molto a cuore al ministro dello Sviluppo economico Di Maio. "Ci sarebbe lei dietro le resistenze di Tria, soprattutto sulla partecipazione del Tesoro”, scrive La Stampa. Tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “guerrafondaia” sia “per il duro carattere” sia per “i modi ruvidi” con cui si sta opponendo a progetti cari al Movimento 5 Stelle.


Così, sempre secondo il quotidiano di Torino, ci sarebbe sempre lei - in vista della possibile fusione di Alitalia con un altro partner – ad aver spinto “il ministro a sostenere la tedesca Lufthansa e non l’americana Delta, su cui invece è concentrato Di Maio”.


AGI
 
Così, sempre secondo il quotidiano di Torino, ci sarebbe sempre lei - in vista della possibile fusione di Alitalia con un altro partner – ad aver spinto “il ministro a sostenere la tedesca Lufthansa e non l’americana Delta, su cui invece è concentrato Di Maio”.


AGI

Posso dire una cosa come me la sento?
Se è proprio così che stanno i fatti, allora la signora in questione non mi sembra tanto scema...
 
Posso dire una cosa come me la sento?
Se è proprio così che stanno i fatti, allora la signora in questione non mi sembra tanto scema...

Esatto… se stanno cosi' i fatti e' riuscita a far assumere il figliastro del Ministro che l'ha assunta dopo nemmeno 2 mesi dal suo insediamento ad opera del suo compagno…..

Che combinazione.

Concordo: e' tutt'altro che scema...
 
Esatto… se stanno cosi' i fatti e' riuscita a far assumere il figliastro del Ministro che l'ha assunta dopo nemmeno 2 mesi dal suo insediamento ad opera del suo compagno…..

Che combinazione.

Concordo: e' tutt'altro che scema...

E si può essere abili in una cosa e completamente citrulli per quell'altra di cui parla AGI nel suo lancio?
E si può parlare solo di abilità, perché dai dati forniti non si intravvedono né reati né danni di qualsiasi natura per lo Stato, cui la signora in questione deve fedeltà...
 
Il caso Alitalia

Ma la vicenda che riguarda Claudia Bugno non finisce qua. E si fa un po’ più “politica” nel momento in cui si scopre che lei stessa, dalla sua posizione ministeriale di stretta collaboratrice di Tria, si starebbe opponendo a tutta una serie di operazioni societarie. Una su tutte: Alitalia. Un dossier che sta molto a cuore al ministro dello Sviluppo economico Di Maio. "Ci sarebbe lei dietro le resistenze di Tria, soprattutto sulla partecipazione del Tesoro”, scrive La Stampa. Tanto da essersi guadagnata l’appellativo di “guerrafondaia” sia “per il duro carattere” sia per “i modi ruvidi” con cui si sta opponendo a progetti cari al Movimento 5 Stelle.


Così, sempre secondo il quotidiano di Torino, ci sarebbe sempre lei - in vista della possibile fusione di Alitalia con un altro partner – ad aver spinto “il ministro a sostenere la tedesca Lufthansa e non l’americana Delta, su cui invece è concentrato Di Maio”.

Finalmente scoperto chi si nasconde dietro al nick di Farlallina!
 
E si può essere abili in una cosa e completamente citrulli per quell'altra di cui parla AGI nel suo lancio?
E si può parlare solo di abilità, perché dai dati forniti non si intravvedono né reati né danni di qualsiasi natura per lo Stato, cui la signora in questione deve fedeltà...

Che c'entra, basta che dica no alle lungimiranti politiche del MISE e diventa immediatamente una nemica del popolo da crocefiggere nella pubblica piazza.
 
Che c'entra, basta che dica no alle lungimiranti politiche del MISE e diventa immediatamente una nemica del popolo da crocefiggere nella pubblica piazza.
Personalmente lascerei perdere per due motivi:
1. Con il tutto il potere che le possono attribuire alla fine il governo è retto da Giggino e Matteino e decideranno loro e non certo Tria nonostante presunte battaglie dietro le quinte. (Fra l'altro la battaglia che doveva vincere sull'1,6% l'ha persa purtroppo).
2. Gli intrecci raccontati nell'articolo per me sono ben più preoccupanti. Speriamo che non ci sia nulla di illecito su cui dovesse intervenire la magistratura perché non ne abbiamo certo bisogno, certo che invece potrebbe essere ben presente un problema di opportunità politica che non è questione secondaria.

Comunque la questione AZ è tutta riguardo a quanto i gialloverdi vorranno mantenerne il controllo. Se non mollano la presa sul controllo non ci sarà né l'opzione DL né l'opzione LH. Se invece mollano la presa è già quello un successo. A quel punto americani o tedeschi diventa questione di tifo con la politica fuori dal ponte di comando.


Comunque i soliti che conoscono il dossier danno lo schema azionario dell'opzione FS-DL che potrebbe essere: FS 30-40%, MEF 30% (così come la somma dei governi francese e olandese in AF-KL e necessario a convertire almeno 300 milioni di prestito ponte) e a garantire la maggioranza pubblica come vuole Giggino, DL al 15% e sono alla ricerca di un paio di partner da 10-15% (stanno sondando anche gli offerenti per il pacchetto Handling fra gli altri) in modo da lasciare FS al 30%. Sarebbe poi esplicitata una linea guida per un futuro passaggio di quote dal MEF a DL in base ai passaggi del piano di ristrutturazione.
 
Ultima modifica:
Personalmente lascerei perdere per due motivi:
1. Con il tutto il potere che le possono attribuire alla fine il governo è retto da Giggino e Matteino e decideranno loro e non certo Tria nonostante presunte battaglie dietro le quinte. (Fra l'altro la battaglia che doveva vincere sull'1,6% l'ha persa purtroppo).
2. Gli intrecci raccontati nell'articolo per me sono ben più preoccupanti. Speriamo che non ci sia nulla di illecito su cui dovesse intervenire la magistratura perché non ne abbiamo certo bisogno, certo che invece potrebbe essere ben presente un problema di opportunità politica che non è questione secondaria.

Comunque la questione AZ è tutta riguardo a quanto i gialloverdi vorranno mantenerne il controllo. Se non mollano la presa sul controllo non ci sarà né l'opzione DL né l'opzione LH. Se invece mollano la presa è già quello un successo. A quel punto americani o tedeschi diventa questione di tifo con la politica fuori dal ponte di comando.


Comunque i soliti che conoscono il dossier danno lo schema azionario dell'opzione FS-DL che potrebbe essere: FS 30-40%, MEF 30% (così come la somma dei governi francese e olandese in AF-KL e necessario a convertire almeno 300 milioni di prestito ponte) e a garantire la maggioranza pubblica come vuole Giggino, DL al 15% e sono alla ricerca di un paio di partner da 10-15% (stanno sondando anche gli offerenti per il pacchetto Handling fra gli altri) in modo da lasciare FS al 30%. Sarebbe poi esplicitata una linea guida per un futuro passaggio di quote dal MEF a DL in base ai passaggi del piano di ristrutturazione.

A mio paese 30% di FS, controllata al 100% dal MEF, + 30% MEF = 60% in mano allo stato. Questa è una evidente presa per i fondelli (che dubito passerebbe il vaglio degli organismi europei).
 
FS 40%
MEF 30%
DL 10%
Atlantia 10%
Altra partecipata statale 10%

E passa la paura.
 
A mio paese 30% di FS, controllata al 100% dal MEF, + 30% MEF = 60% in mano allo stato. Questa è una evidente presa per i fondelli (che dubito passerebbe il vaglio degli organismi europei).
Paolo che il pubblico avrebbe avuto oltre il 50% lo si sa dal momento in cui hanno vinto le elezioni i gialloverdi. In UE dopo le porcate degli ultimi anni direi che difficilmente potranno dire qualcosa e non ne avrebbero comunque la credibilità dopo casi come STX o AB per dire un paio di porcate franco-tedesche. Questo non vuol dire che i gialloverdi siano statisti. L'unica speranza è che il braccio di ferro degli americani su gestione e piano industriale abbia successo e pur di chiudere i gialloverdi siano costretti a cedere.
 
A mio paese 30% di FS, controllata al 100% dal MEF, + 30% MEF = 60% in mano allo stato. Questa è una evidente presa per i fondelli (che dubito passerebbe il vaglio degli organismi europei).
gli organismi europei faranno la politica che gli serve, come sempre
 
Stato
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