Alitalia e l'obbligazione "salva-banche".
Tutti agli istituti i 95 mln del bond 2013
L'emissione convertibile sottoscritta dai principali soci in febbraio per tamponare l'emergenza è stata utilizzata tutta per rimbosare i creditori. La situazione finanziaria è stata puntellata pure da un'operazione di factoring pro-solvendo con realtà non bancarie
di ETTORE LIVINILo leggo dopo
MILANO - Il bond salva-Alitalia, alla fine, è andato a salvare (almeno per il momento) le banche. I 95 milioni raccolti a febbraio dalla compagnia tra i soci per tamponare l'emergenza con l'emissione di un'obbligazione convertibile sono rimasti ben poco tempo nelle casse della compagnia. Anzi: al 31 marzo, come emerge da alcuni documenti interni del gruppo, erano già stati girati a stretto giro di posta alle banche per ridurre la loro esposizione. I numeri del passivo patrimoniale sono chiari. Tra gennaio e marzo i debiti di Alitalia sono saliti da 1,2 a 1,33 miliardi, a un ritmo di un milione al giorno. L'identikit dei creditori però è cambiato di molto. L'esposizione della banche (Intesa, Unicredit,Popolare di Sondrio e Mps sono le più esposte) è calata da 377 a 273 milioni di euro. E per rimborsarle è stata utilizzata più o meno tutta la cifra entrata in cassa grazie al bond. L'emissione prevedeva una raccolta di circa 150 milioni, ma non tutti gli azionisti hanno aderito e l'incasso finale - grazie ai soldi arrivati dall'Immsi di Roberto Colaninno, da Atlantia e da Air France in particolare - è stato "solo" di 95,68 milioni.
A gonfiare la situazione debitoria dell'aerolinea sono state due voci. Il valore del bond, che potrebbe però a breve essere convertito in capitale, e 92,5 milioni di debiti in più nei confronti di istituti non bancari. Legati - spiegano i documenti - a finanziamenti di factoring "pro-solvendo". La cessione di crediti, in sostanza, il cui mancato incasso finirebbe comunque per ricadere sulle spalle di Alitalia. In crescita nel primo trimestre sono stati pure i debiti verso fornitori, balzati da 544 a 565 milioni. Diverse società di gestione aeroportuale e l'Eni hanno da tempo segnalato ritardi e difficoltà nel riuscire a incassare i propri crediti con la società guidata da Gabriele Del Torchio.
I manager del vettore tricolore del resto sono stati costretti più volte negli ultimi mesi a ricorrere a operazioni di cosmesi finanziaria per riuscire a far quadrare i conti senza spremere soldi a soci che di quattrini in cassa ne hanno pochi. La stessa ultima relazione di bilancio ricordava come su diversi prestiti bancari fossero già da tempo saltati i covenant, vale a dire i meccanismi che rendevano possibile la richiesta di rientro anticipato da parte delle banche. E le banche evidentemente non si sono fidate visto che alcune di loro, come emerge dai documenti, hanno approfittato di questa finestra d'opportunità per abbandonare la partita Alitalia o ridurre la propria esposizione. Oltre al bond convertibile, per puntellare il patrimonio è stato rivalutata di 150 milioni l'attività Mille Miglia. Sforzi che alla luce del corto circuito di questi giorni non sono bastati a tamponare l'emorragia finanziaria.
Tutti agli istituti i 95 mln del bond 2013
L'emissione convertibile sottoscritta dai principali soci in febbraio per tamponare l'emergenza è stata utilizzata tutta per rimbosare i creditori. La situazione finanziaria è stata puntellata pure da un'operazione di factoring pro-solvendo con realtà non bancarie
di ETTORE LIVINILo leggo dopo
MILANO - Il bond salva-Alitalia, alla fine, è andato a salvare (almeno per il momento) le banche. I 95 milioni raccolti a febbraio dalla compagnia tra i soci per tamponare l'emergenza con l'emissione di un'obbligazione convertibile sono rimasti ben poco tempo nelle casse della compagnia. Anzi: al 31 marzo, come emerge da alcuni documenti interni del gruppo, erano già stati girati a stretto giro di posta alle banche per ridurre la loro esposizione. I numeri del passivo patrimoniale sono chiari. Tra gennaio e marzo i debiti di Alitalia sono saliti da 1,2 a 1,33 miliardi, a un ritmo di un milione al giorno. L'identikit dei creditori però è cambiato di molto. L'esposizione della banche (Intesa, Unicredit,Popolare di Sondrio e Mps sono le più esposte) è calata da 377 a 273 milioni di euro. E per rimborsarle è stata utilizzata più o meno tutta la cifra entrata in cassa grazie al bond. L'emissione prevedeva una raccolta di circa 150 milioni, ma non tutti gli azionisti hanno aderito e l'incasso finale - grazie ai soldi arrivati dall'Immsi di Roberto Colaninno, da Atlantia e da Air France in particolare - è stato "solo" di 95,68 milioni.
A gonfiare la situazione debitoria dell'aerolinea sono state due voci. Il valore del bond, che potrebbe però a breve essere convertito in capitale, e 92,5 milioni di debiti in più nei confronti di istituti non bancari. Legati - spiegano i documenti - a finanziamenti di factoring "pro-solvendo". La cessione di crediti, in sostanza, il cui mancato incasso finirebbe comunque per ricadere sulle spalle di Alitalia. In crescita nel primo trimestre sono stati pure i debiti verso fornitori, balzati da 544 a 565 milioni. Diverse società di gestione aeroportuale e l'Eni hanno da tempo segnalato ritardi e difficoltà nel riuscire a incassare i propri crediti con la società guidata da Gabriele Del Torchio.
I manager del vettore tricolore del resto sono stati costretti più volte negli ultimi mesi a ricorrere a operazioni di cosmesi finanziaria per riuscire a far quadrare i conti senza spremere soldi a soci che di quattrini in cassa ne hanno pochi. La stessa ultima relazione di bilancio ricordava come su diversi prestiti bancari fossero già da tempo saltati i covenant, vale a dire i meccanismi che rendevano possibile la richiesta di rientro anticipato da parte delle banche. E le banche evidentemente non si sono fidate visto che alcune di loro, come emerge dai documenti, hanno approfittato di questa finestra d'opportunità per abbandonare la partita Alitalia o ridurre la propria esposizione. Oltre al bond convertibile, per puntellare il patrimonio è stato rivalutata di 150 milioni l'attività Mille Miglia. Sforzi che alla luce del corto circuito di questi giorni non sono bastati a tamponare l'emorragia finanziaria.