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Per Air France ultima chiamata
Janaillac: se non si cambia, si rischia di fallire come PanAm
Ventimila passeggeri a terra. Dodici voli intercontinentali, 170 internazionali, 80 nazionali annullati. È cominciato così, mercoledì 27 luglio, lo sciopero delle hostess e degli steward di Air France. Ed è continuato giovedì 28 (ieri per chi legge) con altri 30 mila passeggeri costretti a rinunciare al viaggio e altri 230 voli cancellati.
E pensare che il nuovo amministratore delegato, Jean-Marc Janaillac, arrivato solo alcune settimane fa per sostituire il suo predecessore, Alexandre de Juniac, dimessosi all'improvviso e senza una spiegazione pubblica (nessuna intervista, nessuna dichiarazione), aveva chiesto una breve sospensione delle ostilità, un breve periodo di pace sociale, giusto il tempo di guardare i conti, rendersi conto dello stato della compagnia, negoziare con i sempre meno soddisfatti soci olandesi di Klm e quindi riprendere a trattare.
Tenendo, comunque, conto che la compagnia di bandiera ha più di 4 miliardi di debiti, ha perso quasi il 3% del fatturato nei primi sei mesi di quest'anno (il saldo è di 11,8 miliardi di euro con una perdita netta di 114 milioni).
Niente, non c'è stato niente da fare.
Lo sciopero, temuto, annunciato, scongiurato (perché siamo nel periodo d'oro del traffico aereo con milioni di passeggeri in partenza per le vacanze), proclamato, alla fine s'è fatto (con adesioni dal 40 al 70% del personale a seconda delle rilevazioni: della compagnia e del sindacato) e il povero Janaillac, un manager pubblico di lungo corso che ha sempre lavorato nel settore del turismo e della mobilità (dalla Ratp, il metro di Parigi, a Transdev, trasporti regionali), è costretto ad ammettere che in Air France c'è un brutto ambiente (sindacale), che si respira un'aria pessima e che c'è perfino il rischio che la gloriosa compagnia tricolore possa fallire così come sono fallite altre glorie dei cieli come la Pan Am o la Swissair.
Fa proprio questi due esempi Janaillac in una lunga intervista al Figaro che vale la pena di sintetizzare qui per i lettori di ItaliaOggi, perché sembra di rivedere un film già visto, il film della nostra Alitalia, devastata da anni e anni di mala gestio politico-managerial-sindacale e ceduta in extremis, per evitare appunto il fallimento, agli arabi di Etihad, che hanno pure imposto gonne lunghe, calze pesanti, foulard e cappellino alle hostess (a quando il velo?).
«L'idée qu'Air France pourrait disparaître reste encore étrangère à certains salariés», l'idea (l'incubo, verrebbe da tradurre) che Air France possa fallire non è ancora entrata nella testa di tanti dipendenti, denuncia il neo-amministratore delegato con tutta la forza che può avere un manager pubblico francese che deve rendere conto alla politica e che ha ben presente l'incidente capitato al suo omologo delle ferrovie, Guillaume Pepy, che avrebbe voluto tagliare certi privilegi dei macchinisti e s'è visto scavalcare (a sinistra? a destra?) dal ministro del Bilancio, che ha trattato al suo posto e lasciato tutto com'era prima, organizzazione del lavoro e privilegi.
È sempre la stessa musica, quando si tratta di aziende pubbliche qui in Francia: bassa produttività, processi decisionali lentissimi, liturgie sindacali asfissianti. Janaillac usa parole pesanti: «Des structures d'organisation et de management trop lourdes, temps de réactivité trop long», strutture organizzative pesanti, stili manageriali antiquati, tempi di reazione lunghissimi. «Il est compliqué de faire bouger les choses», in queste condizioni è davvero complicato cambiare le cose, ammette contrariato e quasi avvilito per «la manque de confiance», per il deficit di fiducia che in queste poche settimane ha scoperto all'interno della compagnia.
«Bouger les choses», cambiare le cose. Perché, se non si cambia in fretta, i soci olandesi di Klm potrebbero anche decidere di andarsene, di sciogliere l'alleanza. Janaillac lo riconosce con parole severe: «Les Néerlandais on du mal à comprendre les rites de dialogue social en France», gli olandesi non riescono a capire le liturgie sindacali e «comment leur en vouloir», come dargli torto?
I più irritati sono i piloti di Klm, che hanno già fatto sapere al governo che un eventuale scioglimento del matrimonio con Air France sarebbe ben accolto da tutto il personale di volo. Un rischio che il pdg francese vuole a tutti i costi evitare, tant'è che nei giorni scorsi si è precipitato all'Aja per convincere i ministri delle Finanze e dei Trasporti olandesi che «détricoter ce mariage», sciogliere il matrimonio, sarebbe una perdita di valore per entrambe le compagnie. Con esiti inimmaginabili.
«Si on ne prend pas les bonnes décisions, il y a un fort risque de déclin», se non si fanno le scelte giuste - ha spiegato Janaillac - si corre verso il declino. Cioè il fallimento, com'è accaduto a Pan Am e a Swissair. Piloti, hostess, steward di Air France lo capiranno?