CAI, Passera chiarisce su Air France ed enti locali


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Il Toto Gioco sull'Alitalia

IL TOTO GIOCO SULL'ALITALIA

Prosegue senza vero confronto la trattativa tra sindacati, governo e acquirenti di Alitalia. Storia di AirOne e del suo inventore, il costruttore abruzzese Carlo Toto

Francesco Piccioni
ROMA

In una cordata di 16 imprenditori «italiani», l'unico socio a sapere qualcosa di trasporto aereo non figura affatto nella gestione operativa della nuova società, la Compagnia aerea italia (Cai). Come mai? L'escluso è Carlo Toto, fondatore di AirOne, prima compagnia aerea nazionale a essere autorizzata a coprire la munifica rotta Fiumicino-Linate, che viene ora «fusa» con Alitalia. Pescarese, 63 anni, figlio del popolo. Suo padre Alfonso aveva una piccola impresa di riparazioni stradali in subappalto. La svolta avviene con Carlo, che negli anni '60 comincia a vincere i primi appalti per ponti e gallerie, sviluppa rapporti intensi con l'Anas, le Ferrovie e i politici locali. In modo rigorosamente bipartisan; ancora in tempi recenti risulta finanziatore di Forza Italia (125.000 euro), An (20.000), Ds (65.000). Nel cda di AirOne chiamerà anche Giovanni Malagò, impreditore romano legatissimo a Rutelli. Tra gli amici della prima ora figurano però Publio Fiori (ex Dc, poi in An) e Raffaele Bonanni, altro abruzzese doc, salito fino alla carica di segretario generale della Cisl. Ad aprile 2008 si ritrova pure un nipote come parlamentare del Pdl. Il modello di business che preferisce è questo: garantito, sicuro, con le commesse statali. Per quello entra come socio di Benetton nella gestione dell'Autostrada dei parchi, in breve tempo la più cara d'Italia (si vede che «il privato» certe cose le fa meglio, «a vantaggio del consumatore»...). Diventa rischioso a partire da Tangentopoli, in cui Toto rimane invischiato causa alcune mazzette pagate per «facilitare» la costruzione di un mega-parcheggio. Non si perde d'animo: patteggia una condanna a undici mesi e ne viene fuori. Un costruttore come tanti, nell'Italia di mezzo. Ma col pallino dell'aeronautica e delle ferrovie (ha fondato la Rail One, in attesa di «fare concorrenza» sull'alta velocità passeggeri). Già nell'88 rileva Aliadriatica, piccolo servizio di aerotaxi con due Jetstream turboelica da 18 posti. La «liberalizzazione dei cieli» gli fa fiutare la possibilità del salto di qualità. La svolta nel '94, quando a un'asta fallimentare compra un Boeing 737, che fa rimettere a nuovo dalle officine Lufthansa (con cui stringerà nel 2000 un'alleanza commerciale e tecnica). Inizia così a attivare voli charter da Pescara verso Bergamo, Torino e Palermo. L'anno successivo allarga i collegamenti con Linate, Brindisi, Reggio Calabria, Lamezia. Alla fine del '95 cambia nome e diventa AirOne, ottenendo il diritto a praticare la Fiumicino-Linate, tra le prime cinque d'Europa per volume di traffico. L'azienda si espande con regolarità anno dopo anno, complice una deregulation del mercato interno che non ha eguali in altri paesi europei (ancora oggi Ryanair, per fare un esempio potente, non riesce ad avere la possibilità di gestire una andata-e-ritorno giornaliera sulla Parigi-Marsiglia). E crescono ache i debiti, mentre gli utili - al momento migliore - non superano i 7 milioni di euro. Ma non si possono conoscere in dettaglio: AirOne, come tutte le altre società del gruppo Toto, non è quotata in borsa e non ha quindi l'obbligo di pubblicazione dei bilanci. Il suo creditore principale è IntesaSanPaolo, l'advisor scelto per la vendita Alitalia e che, come vedremo, risolve i propri problemi e quelli di Toto in una sola mossa. AirOne arriva a coprire il 25% del traffico nazionale, ma anche qui c'è qualche problema: riesce a riempire sì e no il 50% dei suoi aerei e quindi «copre» molte destinazioni con veivoli semivuoti. Ciò nonostante, si presenta in concorrenza con Alitalia per l'acquisto di Volare (piccola compagnia di Gallarate, con capitali leghisti, fallita miseramente). Viene respinto dal tribunale di Busto Arsizio. Scuote la testa come un vecchio orso marsicano e, quando parte la «gara» indetta da Tommaso Padoa Schioppa, rilancia presentandosi in cordata con Banca Intesa, Nomura, Goldman Sachs e altri mostri finanziari di prima grandezza. Non va nemmeno stavolta, malgrado il suo «piano di salvataggio» prometta mari e monti. Prima ancora che la «cordata» berlusconiana prenda ufficialmente forma, all'inizio di giugno, piazza il suo colpo maestro. Compra 12 veivoli Airbus A330 per il lungo raggio e «opziona» altre 8 macchine della stessa categoria, oltre a 12 A350XWB. Un ordine da 4,6 miliardi di euro, il più grande della storia del settore, in Italia. Insieme agli A320 per il medio raggio, in parte già arrivati, in parte in via di consegna, si ritrova ad avere una delle flotte più «giovani» d'Europa. Qualcuno dubita, però, che se la possa permettere (visto il modesto fatturato di AirOne: 750 milioni nel 2007). L'ingresso nella cordata pare risolvere ogni problema. Alitalia ha una flotta vecchia; e aerei nuovi (che consumano anche meno) è quello che serve alla Cai. Intesa valuta 300 milioni AirOne, cosicché la banca può rientrare dei suoi 200 milioni di crediti e Toto può avere 100 milioni da gettare nel patto societario. In più, sembra che si sia riservato la possibilità di affittare in leasing ad Alitalia-Cai gli aerei ancora non consegnati. Un flusso, calcolavano qualche giorno alcuni giornali, che vale 1,6 miliardi in 8-9 anni. L'escamotage è geniale, nella sua semplicità: le opzioni sui prossimi Airbus (71 A320, oltre i 24 tra A330 e A350) sono a nome di una sua finanziaria fin qui silente, l'Ap Holding, usata solo per la «gara» degli ultimi due anni. Ergo, non sentirà neppure il peso del «conflitto di interesse» tra il ruolo di fornitore e quello di socio in Cai (con una mano incassa, con l'altra paga insieme ad altri). Last but not least , si libera dei suoi circa 3.000 dipendenti, che finiranno nel calderone Cai. A loro, meno di un mese fa, Toto aveva inviato una convincente lettera in cui affermava che «in merito al possibile ruolo di AirOne nella privatizzazione di Alitalia posso rassicurarvi che questo non avverrà a scapito della nostra azienda, della sua integrità e ancor di più dei suoi dipendenti». Siamo certi che imprenditori di questa stazza si muovano sempre e solo «per il bene del paese». Come direbbe McCain, lo provano le loro cicatrici.
 
Scalfari si sogna AZ anche di notte, anche nell'editoriale di oggi torna a parlarne:

Ho accennato all'intenzione del presidente della Regione Lazio di entrare come azionista nella compagine societaria della nuova Alitalia (Cai). Se il suo desiderio fosse accettato dagli azionisti della Cai la privatizzazione di Alitalia subirebbe uno strappo a favore di un ente locale interessato a "tutelare" le sorti dell'aeroporto di Fiumicino. Lo stesso Marrazzo ha auspicato un analogo ingresso del presidente lombardo Formigoni a tutela degli interessi dell'aeroporto di Malpensa.

C'è qualche cosa di storto in questo modo di ragionare. Se gli enti locali sul cui territorio operano aeroporti importanti dovessero far parte della Compagnia di volo dovrebbero entrarvi anche Napoli, Palermo, Bari, Venezia, Bologna ed altri ancora. L'assemblea della società diventerebbe una stanza di compensazione di interessi contrapposti con tanti saluti alle regole del mercato.

Ma una stanza di compensazione tra interessi forti la nuova Alitalia lo è già. Non a caso il senatore Luigi Zanda ha scritto una lettera pubblica e formale al presidente dell'Antitrust segnalando i macroscopici conflitti di interessi di alcuni azionisti della Cai, in particolare i Benetton, i Riva, gli Aponte e parecchi altri. Sarà interessante vedere come si comporterà l'Antitrust su una questione così delicata.

Quale dovrebbe essere la funzione del Partito democratico, posto che il trasporto aereo è un tema di rilievo nazionale sul quale una forza politica ha pieno titolo di esprimersi? Credo che il Pd - come ogni altro partito - debba dire la sua sulla privatizzazione della Compagnia, sui molteplici conflitti di interesse presenti nella nuova società, sul piano industriale, sugli oneri che esso comporta per la finanza pubblica. Il problema degli esuberi è una derivata del piano industriale, come correttamente sostiene la Cgil.

È pacifico per tutti che in tempi di globalizzazione non esiste la possibilità di una società di trasporto aereo che non sia inserita in un "network" internazionale, a meno che non si tratti d'un vettore esclusivamente locale, con una piccola flotta di aerei e pochi dipendenti. Ma questo non è il caso dell'Alitalia.

I network interessati a livello europeo sono tre: Air France-Klm, British, Lufthansa. I tedeschi vedono in Alitalia uno strumento per aprirsi la strada verso l'Africa e l'Asia. I francesi e gli inglesi questa apertura ce l'hanno già e vedono in Alitalia un contenitore di passeggeri. Trenta milioni di passeggeri che negli anni saranno destinati a raddoppiare se inseriti in un quadro di ben altre dimensioni.

Quanto ai nuovi azionisti della Cai, realisticamente essi sanno che gli utili della Compagnia saranno assai magri nei primi cinque anni; non è quindi per la profittabilità dell'impresa che essi hanno deciso di impegnarvisi. Tantomeno per sentimenti patriottici, lodevoli ma estranei ad un piano industriale. I soci della Cai, tutti ad eccezione di Colaninno, hanno interessi extra-Alitalia da promuovere e tutelare e questa è già una buona ragione per metter nel piatto un "cip" e sedersi a quel tavolo. Ma ce n'è un'altra di ragione: far nascere una nuova Alitalia, ripulita da tutte le croste accumulatesi durante gli anni. La ripulitura non costerà nulla alla Cai, la fa Fantozzi a spese dello Stato.

Una volta compiuta la ripulitura, Alitalia possiederà una flotta di media importanza, una serie di diritti di volo soprattutto sul territorio nazionale e un pacco-passeggeri di trenta milioni di unità destinate ad aumentare fino al raddoppio. Il conto economico, l'abbiamo detto, darà risultati magri, ma il valore patrimoniale di una società ripulita a dovere sarà notevolmente più elevato: dopo il 2011 la Cai potrà valere a dir poco un quarto in più rispetto al patrimonio di partenza. A quel punto gran parte degli attuali azionisti, che non hanno alcun interesse per il trasporto aereo, usciranno dall'affare realizzando cospicue plusvalenze. A spese dello Stato e dei contribuenti.

Questo è l'affare Alitalia, questa è la logica del mercato e questa sarà la soluzione finale della compagnia aerea italiana. Colaninno, che buon per lui non ha conflitti d'interesse in questa vicenda, probabilmente resterà a guidare la sezione italiana del "network" internazionale nelle cui capaci braccia si spegnerà la cordata tricolore.
 
IL TOTO GIOCO SULL'ALITALIA

Prosegue senza vero confronto la trattativa tra sindacati, governo e acquirenti di Alitalia. Storia di AirOne e del suo inventore, il costruttore abruzzese Carlo Toto

Francesco Piccioni
ROMA
.
..e di grazia.. visto che questo articolo è così importante da ricevere ben due copia-incolla...dove è stato pubblicato?
 
finalmente un articolo che non distorce la realtà
in tutti questi mesi coloro che scrivevano altri articoli come li scrivevano?da quali fonti?
smascherato San Carlo Toto, che comunque nonostante tutto cade in piedi (300 mln più leasing di aerei)
 
.e di grazia.. visto che questo articolo è così importante da ricevere ben due copia-incolla...dove è stato pubblicato?


Scusa mi era sparito ho capito solo ora che era stato spostato ( in effetti non ho capito neanche il perchè, sempra che qualcuno sia poco predisposto a sentire pareri contro TOTO).CMQ la fonte è il Manifesto di oggi
 
Scusa mi era sparito ho capito solo ora che era stato spostato ( in effetti non ho capito neanche il perchè, sempra che qualcuno sia poco predisposto a sentire pareri contro TOTO)

Semplicemente perchè si cerca di raccogliere tutte le informazioni che riguardano una stessa vicenda in un unico thread onde evitare di disperdere la discussione in decine di thread ;).

La vicenda Alitalia/AirOne/CAI è piena di sfaccettature diverse e se dovessimo lasciare un thread per ogni minima cosa ci troveremmo con decine di thread in cui si parla sempre della stessa cosa;)
 
Alitalia: cargo e servizi fuori dalla bad company
di Laura Serafini

Il sole 24 ore

«La cosa più difficile è gestire contemporaneamente più fronti. Con l'obiettivo fondamentale di non fermare l'azienda e di assicurare che la cessione degli asset alla cordata acquirente sia definita in tempo». Docente di diritto tributario, più volte ministro, nonché consigliere di amministrazione e già presidente di Antonveneta, il neo commissario di Alitalia Augusto Fantozzi ci riceve nel suo studio: ha appena lasciato il tavolo negoziale con i sindacati di Alitalia. Oltre al fronte con i rappresentanti dei lavoratori (oltre 3mila gli esuberi da gestire) Fantozzi deve tenere testa ai fornitori, che cominciano a chiedere pagamenti anticipati o depositi cautelari, e rispondere al Tribunale fallimentare che dall'accertamento dell'insolvenza (avvenuto venerdì) deve autorizzare ogni pagamento deciso dal commissario. «È un esercizio difficile – scandisce – ma il messaggio deve essere chiaro: noi continueremo a pagare, perché non possiamo permettere che un qualsiasi fornitore blocchi l'operatività di Alitalia mandando all'aria tutta l'operazione».
Poi c'è l'Enac, che vuole garanzie su sicurezza e qualità dei voli. E gli acquirenti, la cordata Cai: «Il loro piano è ben congegnato – dichiara –. Ma c'è un'ipotesi del progetto che non posso accettare: lasciare che sia la bad company a gestire l'outsourcing di manutenzione, call center e cargo per conto della nuova società. La bad company va liquidata. Per ragioni tecniche e giuridiche. Non ultimo, per le regole europee. Ho acquisito due pareri legali a questo proposito. L'aiuto di Stato (qualora il prestito-ponte da 300 milioni non fosse restituito allo Stato, ndr) non si configura se l'azienda è in procedura concorsuale e viene chiusa».

Allora professore, qual è la situazione in Alitalia?

Il mio compito è incastrare tante tessere di un puzzle che devono muoversi tutte assieme perché la compagnia viva e possa essere ceduta a un altro pilota. Fornitori, gasolio, alberghi per gli equipaggi: nel settore aereo tutto va pagato cash. Se non lo faccio, qualsiasi fornitore può bloccare l'operatività dell'azienda. Il decreto-legge che modifica la Marzano ha introdotto un'innovazione: per la prima volta il punto focale e la priorità per ogni valutazione del commissario e degli organi di controllo è la continuità aziendale. I crediti dei fornitori, però, con il commissariamento, possono entrare nel montante creditorio: per cui il tribunale fallimentare deve autorizzarmi ogni pagamento, o categorie di pagamento. Quindi il dialogo con i magistrati deve essere costante. Poi bisogna dialogare con l'Enac che chiede informazioni sui requisiti di sicurezza e sulle caratteristiche tecniche che garantiscono la rete internazionale del trasporto. Con il valutatore, Banca Leonardo, che deve valutare gli asset in vendita. C'è il fronte negoziale con il sindacato e gli acquirenti. Tutti questi aspetti devono camminare insieme perché si possa chiudere un contratto consegnando al compratore un'azienda che sta funzionando.

I numeri di Alitalia non sono dalla sua parte

Abbiamo liquidità per 30-50 milioni e un'azienda con un fabbisogno per continuare a operare, in condizioni normali, di 70 milioni al mese. Dalla dichiarazione di insolvenza i fornitori stanno cominciando a chiedere pagamenti anticipati o depositi di garanzia. Il mio compito è cercare di limitare questi esborsi all'essenziale. Ma un messaggio deve essere chiaro: faremo fronte a tutti gli impegni, nessuno potrà dire che non stiamo pagando.

Le società aeroportuali, di handling stanno mostrando forte preoccupazione per i loro crediti. Si sente di tranquillizzarli?

Assolutamente sì. I calcoli li abbiamo fatti: la volontà di essere adempienti c'è. Non a caso abbiamo pagato 50 milioni di euro alla Iata.

Può fornire qualche numero sui conti che ha trovato nell'azienda?

A fine giugno il patrimonio netto della spa, che beneficiava già del prestito ponte da 300 milioni, era pari a 147 milioni; a fine luglio era in negativo per 70-80 milioni; ad agosto in rosso per 100 milioni. Le perdite consolidate a fine giugno erano pari a 547 milioni, con previsioni di arrivare a -800 milioni a fine settembre.

Come va la trattativa con i sindacati?

Sono ottimista, perché il sindacato si rende conto che è l'ultimo decollo per la compagnia. E perché il Governo è fortemente intenzionato a tutelare i lavoratori in questa circostanza. Non voglio dire che nessuno resterà a casa, perché sono cauto: ma resteranno a casa in pochi.

Può sintetizzare l'offerta fatta da Cai?

Il perimetro che intendono acquistare include tutto ciò che serve all'azienda di volo, personale incluso, compatibilmente con le rotte e gli scali che intendono coprire. Si sta valutando cosa fare dell'It non funzionale alle attività di volo e del call center. Hanno escluso dal perimetro la manutenzione pesante (Atitech) e il cargo. Per manutenzione pesante, cargo e il call center Cai sta pensando ad un outsourcing anche nei confronti della vecchia Alitalia. Ipotizzano, cioè, che sia quest'ultima a continuare a fornire servizi. Questo per me non è possibile per ragioni sia tecniche che giuridiche. Il commissario pone come condizione che non restino "going business" nelle attività della bad company. Tutte le aziende vive devono essere cedute: che poi siano vendute alla cordata o ad altre aziende, siano esse dello Stato o private, si vedrà. Ma sicuramente non ci saranno aziende attive nella bad company.

Se restano attività si può configurare un aiuto di Stato, soprattutto se i crediti dello Stato non saranno rimborsati.

Ho acquisito due pareri di primari studi legali in proposito (tra l'altro, nominerò anche un mio advisor per verificare la perizia sugli asset dell'advisor indipendente nominato dall'Esecutivo). Non c'è il pericolo di violazione di norme comunitarie. L'aiuto di Stato non c'è nella misura in cui si riconosca che quella di Alitalia è procedura di tipo concorsuale e che dunque la vecchia azienda viene liquidata e chiusa.

A proposito, andrà anche lei a Bruxelles?

Sì. Mi sembra giusto dare trasparenza a tutti i nostri comportamenti. È un impegno anche nei confronti di Eurocontrol (l'organizzazione europea per la sicurezza della navigazione, ndr).

Secondo indiscrezioni l'offerta di Cai è pari a 400 milioni, cui vanno scalati i debiti
Sono cifre corrette. Il debito non è stato ancora quantificato: l'offerta non è vincolante e deve essere modulata in base all'esito della trattativa con i sindacati.

A fronte di un debito di Alitalia di circa 1,2 miliardi, però, lei non incasserà molto da Cai.

No. Ma ho parecchie decine di aerei fermi da molti mesi che si deprezzano per cui vanno venduti. Sono in gran parte aerei che non vengono acquistati da Cai (Md 80, Atr e altro) ma sono molto richiesti e non avremo difficoltà a venderli. Cominceremo subito. Poi ci sono anche i terreni. Anche per il cargo ci sono offerte.

Qualche centinaio di milioni, insomma, li porterà in cassa

Assolutamente sì.


C'è il rischio che il credito del Tesoro, 750 milioni tra bond e prestito-ponte, non sia rimborsato?

Che non sia rimborsato per intero c'è il rischio. Ma questo lo sapremo solo quando saranno definite le masse di attivo e passivo patrimoniale. Tutti i creditori saranno soddisfatti per quanto possibile, nel rispetto della legge, con criteri di par condicio. Per i piccoli azionisti e obbligazionisti ci sarà poi anche la possibilità di indennizzo attingendo al fondo per i conti dormienti. Non bisogna confondere Alitalia con i casi Cirio, Parmalat e bond argentini: in quelle situazioni le cause alle banche si basavano sulla non corretta informazione del rischio assunto fornita agli investitori. Le condizioni di Alitalia, invece, sono ben note a tutti.

Lei è senior advisor di Lazard, che è consulente di Air France. Ha sospeso questo incarico?
Sono incompatibile con qualunque attività di Lazard in questo campo. L'incarico non è sospeso, ma è escluso tutto ciò che ha che fare con il mondo Alitalia.

La proposta di Air France era migliore?

Ogni offerta in fondo è una scommessa, nessuno sa dire veramente quanto sia buona finché non se ne vedono gli effetti. Sono stato nominato dal Governo ora, e in questa situazione c'è solo un'offerta valida: quella di Cai. Con i "se" non si va da nessuna parte.

Il decreto prevede che il suo compenso sia stabilito dal Dpcm di nomina. Quanto la pagano?

Il compenso non lo conosco. E, come è accaduto anche per altri incarichi come la presidenza di Antonveneta, non ne ho fatto una condizione per accettare. Ci sono criteri di legge. Non sono mai stato un esoso e non lo sarò, tanto più ora che si chiedono sacrifici a dipendenti e contribuenti. Non mi arricchirò certo sulle loro spalle.
 
Ho parecchie decine di aerei fermi da molti mesi che si deprezzano per cui vanno venduti. Sono in gran parte aerei che non vengono acquistati da Cai (Md 80, Atr e altro) ma sono molto richiesti e non avremo difficoltà a venderli. Cominceremo subito.

Ma chi è così pazzo che di questi tempi è si metterebbe a comprare MD80 con 20 anni di servizio?
 
IL TOTO GIOCO SULL'ALITALIA

Prosegue senza vero confronto la trattativa tra sindacati, governo e acquirenti di Alitalia. Storia di AirOne e del suo inventore, il costruttore abruzzese Carlo Toto

Francesco Piccioni
ROMA

In una cordata di 16 imprenditori «italiani», l'unico socio a sapere qualcosa di trasporto aereo non figura affatto nella gestione operativa della nuova società, la Compagnia aerea italia (Cai). Come mai? L'escluso è Carlo Toto, fondatore di AirOne, prima compagnia aerea nazionale a essere autorizzata a coprire la munifica rotta Fiumicino-Linate, che viene ora «fusa» con Alitalia. Pescarese, 63 anni, figlio del popolo. Suo padre Alfonso aveva una piccola impresa di riparazioni stradali in subappalto. La svolta avviene con Carlo, che negli anni '60 comincia a vincere i primi appalti per ponti e gallerie, sviluppa rapporti intensi con l'Anas, le Ferrovie e i politici locali. In modo rigorosamente bipartisan; ancora in tempi recenti risulta finanziatore di Forza Italia (125.000 euro), An (20.000), Ds (65.000). Nel cda di AirOne chiamerà anche Giovanni Malagò, impreditore romano legatissimo a Rutelli. Tra gli amici della prima ora figurano però Publio Fiori (ex Dc, poi in An) e Raffaele Bonanni, altro abruzzese doc, salito fino alla carica di segretario generale della Cisl. Ad aprile 2008 si ritrova pure un nipote come parlamentare del Pdl. Il modello di business che preferisce è questo: garantito, sicuro, con le commesse statali. Per quello entra come socio di Benetton nella gestione dell'Autostrada dei parchi, in breve tempo la più cara d'Italia (si vede che «il privato» certe cose le fa meglio, «a vantaggio del consumatore»...). Diventa rischioso a partire da Tangentopoli, in cui Toto rimane invischiato causa alcune mazzette pagate per «facilitare» la costruzione di un mega-parcheggio. Non si perde d'animo: patteggia una condanna a undici mesi e ne viene fuori. Un costruttore come tanti, nell'Italia di mezzo. Ma col pallino dell'aeronautica e delle ferrovie (ha fondato la Rail One, in attesa di «fare concorrenza» sull'alta velocità passeggeri). Già nell'88 rileva Aliadriatica, piccolo servizio di aerotaxi con due Jetstream turboelica da 18 posti. La «liberalizzazione dei cieli» gli fa fiutare la possibilità del salto di qualità. La svolta nel '94, quando a un'asta fallimentare compra un Boeing 737, che fa rimettere a nuovo dalle officine Lufthansa (con cui stringerà nel 2000 un'alleanza commerciale e tecnica). Inizia così a attivare voli charter da Pescara verso Bergamo, Torino e Palermo. L'anno successivo allarga i collegamenti con Linate, Brindisi, Reggio Calabria, Lamezia. Alla fine del '95 cambia nome e diventa AirOne, ottenendo il diritto a praticare la Fiumicino-Linate, tra le prime cinque d'Europa per volume di traffico. L'azienda si espande con regolarità anno dopo anno, complice una deregulation del mercato interno che non ha eguali in altri paesi europei (ancora oggi Ryanair, per fare un esempio potente, non riesce ad avere la possibilità di gestire una andata-e-ritorno giornaliera sulla Parigi-Marsiglia). E crescono ache i debiti, mentre gli utili - al momento migliore - non superano i 7 milioni di euro. Ma non si possono conoscere in dettaglio: AirOne, come tutte le altre società del gruppo Toto, non è quotata in borsa e non ha quindi l'obbligo di pubblicazione dei bilanci. Il suo creditore principale è IntesaSanPaolo, l'advisor scelto per la vendita Alitalia e che, come vedremo, risolve i propri problemi e quelli di Toto in una sola mossa. AirOne arriva a coprire il 25% del traffico nazionale, ma anche qui c'è qualche problema: riesce a riempire sì e no il 50% dei suoi aerei e quindi «copre» molte destinazioni con veivoli semivuoti. Ciò nonostante, si presenta in concorrenza con Alitalia per l'acquisto di Volare (piccola compagnia di Gallarate, con capitali leghisti, fallita miseramente). Viene respinto dal tribunale di Busto Arsizio. Scuote la testa come un vecchio orso marsicano e, quando parte la «gara» indetta da Tommaso Padoa Schioppa, rilancia presentandosi in cordata con Banca Intesa, Nomura, Goldman Sachs e altri mostri finanziari di prima grandezza. Non va nemmeno stavolta, malgrado il suo «piano di salvataggio» prometta mari e monti. Prima ancora che la «cordata» berlusconiana prenda ufficialmente forma, all'inizio di giugno, piazza il suo colpo maestro. Compra 12 veivoli Airbus A330 per il lungo raggio e «opziona» altre 8 macchine della stessa categoria, oltre a 12 A350XWB. Un ordine da 4,6 miliardi di euro, il più grande della storia del settore, in Italia. Insieme agli A320 per il medio raggio, in parte già arrivati, in parte in via di consegna, si ritrova ad avere una delle flotte più «giovani» d'Europa. Qualcuno dubita, però, che se la possa permettere (visto il modesto fatturato di AirOne: 750 milioni nel 2007). L'ingresso nella cordata pare risolvere ogni problema. Alitalia ha una flotta vecchia; e aerei nuovi (che consumano anche meno) è quello che serve alla Cai. Intesa valuta 300 milioni AirOne, cosicché la banca può rientrare dei suoi 200 milioni di crediti e Toto può avere 100 milioni da gettare nel patto societario. In più, sembra che si sia riservato la possibilità di affittare in leasing ad Alitalia-Cai gli aerei ancora non consegnati. Un flusso, calcolavano qualche giorno alcuni giornali, che vale 1,6 miliardi in 8-9 anni. L'escamotage è geniale, nella sua semplicità: le opzioni sui prossimi Airbus (71 A320, oltre i 24 tra A330 e A350) sono a nome di una sua finanziaria fin qui silente, l'Ap Holding, usata solo per la «gara» degli ultimi due anni. Ergo, non sentirà neppure il peso del «conflitto di interesse» tra il ruolo di fornitore e quello di socio in Cai (con una mano incassa, con l'altra paga insieme ad altri). Last but not least , si libera dei suoi circa 3.000 dipendenti, che finiranno nel calderone Cai. A loro, meno di un mese fa, Toto aveva inviato una convincente lettera in cui affermava che «in merito al possibile ruolo di AirOne nella privatizzazione di Alitalia posso rassicurarvi che questo non avverrà a scapito della nostra azienda, della sua integrità e ancor di più dei suoi dipendenti». Siamo certi che imprenditori di questa stazza si muovano sempre e solo «per il bene del paese». Come direbbe McCain, lo provano le loro cicatrici.

Da uno che scrive convintamente e ripetutamente "veivoli" invece di velivoli non è che si può pretender più di tanto! Quante svirgolettature poi! In effetti ha usato parole molto strane, tipo <<flotta "giovane">> o << "opziona" aerei>>.....uuuuh che roba ragazzi!!
 
Io sono disposto a sentire tutti i pareri, l'importante è sempre sapere la fonte, soprattutto quando è di provenienza giornalistica, perchè va messo nel contesto della linea editoriale.
Ad es. sono rimsto sorpreso a leggere (solo l'altro giorno, ma è uscito il 19 agosto) un articolo di Panorama su uno dei 16 eroi e che ne raccontava la storia professionale, spesso accomunata a quella di un altro protagonista (tramite S.Paolo-Intesa). Piuttosto critico nonostante di lì a poco avrebbe fatto parte della cordata e quindi utile all'editore di riferimento di Panorama.
 
Ultima modifica:
da altro forum...

gira voce che CAI proprio come AIR FRANCE,ma guarda un pò che caso strano,abbia chiesto un blocco dei diritti su mxp,a favore di CAI x 5 anni,oltre alla ben nota chiusura di Linate.

meno male che il piano era stato scritto da toto insieme ai tedeschi
 
da altro forum...

gira voce che CAI proprio come AIR FRANCE,ma guarda un pò che caso strano,abbia chiesto un blocco dei diritti su mxp,a favore di CAI x 5 anni,oltre alla ben nota chiusura di Linate.

meno male che il piano era stato scritto da toto insieme ai tedeschi
e soprattutto fosse mooooolto diverso da quello di AF
Poco per volta,qui e là, il piano AF sta tornando sotto mentite spoglie.
Facevano prima se cambiavano solo la copertina, ci saremmo risparmiati 3-4 mesi...
 
da altro forum...

gira voce che CAI proprio come AIR FRANCE,ma guarda un pò che caso strano,abbia chiesto un blocco dei diritti su mxp,a favore di CAI x 5 anni,oltre alla ben nota chiusura di Linate.

meno male che il piano era stato scritto da toto insieme ai tedeschi

veramente c'è scritto blocco ad eccezione di CAI e alleanza...
 
Ma come AFD, non sei tu quello che ha le notizie di prima mano...?
Basta che chi sa di avere in cantiere altro (e sai a cosa mi riferisco, prima o poi sarai costretto a crederci) valuti bene quali sono i pro e i contro dei due progetti e sbatta la porta in faccia a quello che non piace...
 
Ah e se dicono di no a CAI, CAI che fa???

(sempre ammesso che CAI abbia un piano definitivo e non la frittata girata e rigirata come in questi giorni. Le perdite di tempo ad Alitalia (non a CAI) non fanno molto bene...)
 
Stato
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