Linee Aeree vs la Borsa.


Su questo sono in larga parte d'accordo. Ho un po' di dubbi (filosofici) sulla faccenda dei ritorni agli investitori, su cui secondo me stiamo dando (come cultura) troppa enfasi. Servirebbero degli incentivi a guardare oltre, ma sto andando massicciamente OT per cui mi auto-schiaffeggio sulla mano.

Io non ho dubbi filosofici ma sono molto d'accordo su quanto affermato da @kenadams qualche post sopra ma qui rischiamo di andare OT parlando di regolamentazione dei mercati finanziari.

Aggiungo solo una nota circa gli aeroporti >5M pax per year che hanno un significant market power e che fanno EBITDA che i big del web si sognano grazie ad una regolamentazione favorevole che andrebbe riformata ma né l'Europa né gli stati membri hanno conoscenza del settore, immagina solo che l'aviazione non ha autorità indipendente come altri settori tipo telecomunicazioni, etc. per la regolamentazione delle tariffe aeroportuali.


Mi dici che guardo solo al 2019 ma poi allarghi al 2014-18.
Il mio discorso, sinceramente, e' prettamente EU+NA. E, lo dice anche la IATA, sono quelli i "centri" di valore nel mondo dell'aviazione. Tralasciamo quelli che fanno aviazione per celunghismo o quelle parti del mondo dove il settore sta ancora crescendo; in EU e NA io sono dell'idea che si potrebbe avere un sistema piu' equo, meno estremo e secondo me piu' sostenibile nel lungo tempo se si sacrificasse qualcosa di quella spinta estrema al taglio dei costi. Quanto avrebbe risparmiato Ryanair ad usare Alpina invece di un GHA normale? Quanto risparmierebbe BA a non pagare i crew "nuovi" £25k lordi l'anno dopo 5 anni di lavoro?

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Allargo in quanto - si vero che il 2019 è stato l'anno migliore per le airlines forse di sempre - ma non ho i paraocchi per non affermare che il trend è positivo dal 2014 ed il mondo airlines sta facendo utili come non mai nella propria storia ma prima era un totale disastro - come anche adesso post covid sono quasi tutte piene di debiti.

Fondamentalmente su questo punto la pensiamo più o meno nello stesso modo ma tu hai un focus su EU+NA mentre io guardo il mondo airlines a 360 gradi considerando l'industria nel totale.

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Questa e' una visione esagerata. Non sto parlando di quelli di Lufthansa che scioperavano per la pensione defined benefit a 50 anni... sto parlando di "living wages" Guardiamo all'esempio di Alitalia, di cui oramai sappiamo il breakdown dei CASK. Anche se avessero pagato tutti gli staff il 30% in meno nel 2018.. avrebbero concluso l'anno in perdita. Torno a dire, sto parlando di benefit minimi. Lavoro in un settore dove i margini non sono altissimi - la norma per il settore e', a conti fatti, tra il 7 e il 10% - ma ciononostante malattie e maternita' sono pagate decentemente. Se guardo Dnata qui a LHR c'e' roba che manco Dickens.

Concordo totalmente su questo punto e sono d'accordo sui benefit minimi ma collegati alla performance dell'azienda/compagnia aerea e del dipendente.

Secondo me e' anche nell'interesse delle compagnie. Si fa un gran parlare, nel mondo anglosassone, della "great resignation". Pieno di gente che se ne va da lavori sottopagati...

Vero quanto tu dici ma aggiungerei un punto - al netto di lavori sottopagati rispetto ad altre industrie che comunque hanno margini più alti quindi questo bisogna considerarlo - mi riferisco allo stress che è molto più alto nell'aviation rispetto ad altre industries quindi si spostano in altri settori meno "stressanti" ma questo dipende proprio dal fatto che i margini sono bassi nell'airline industry con conseguente pressione da parte degli azionisti che pensano solo ai loro dividendi ed ai buyback.

Il fenomeno della "great resignation" colpisce il mondo airlines a tutti i livelli - anche managers, directors, C-Level executives - ed infatti abbiamo ottimi managers che vanno in altre industries con meno stress e stipendi molto più alti, questo lo afferma anche Alex ;)

Se devi lottare per fare breakeven e' pacifico che il mio discorso non sta in piedi. Non sono militante come quei cretini del sindacato RMT che, qui a Londra, manderanno due linee della metro in sciopero per aver ancor piu' soldi (e sono strapagati) per guidare i treni la notte 4 volte l'anno. Se stai con l'acqua alla gola come compagnia, fare lo sciopero per le mutande a Tokyo e' stupido.

La maggior parte delle airlines sopravvivono con i flussi di cassa e lottano per il breakeven, bisognerebbe valutare caso per caso e collegare aumentati salariali/bonus/benefit alla redditività aziendale ed al periodo storico della compagnia aerea.

Mi ripeto - giusto per non lasciare dubbi - un azienda deve motivare i propri dipendenti e farli crescere sia professionalmente che economicamente ma è altresì vero che quello succede spesso quando cambi azienda tranne poche realtà.

Ma quando la compagnia elargisce enormi bonus al top management (come nel caso di IAG), lauti dividendi e via dicendo, mi sembrerebbe pacifico fare in modo che anche i dipendenti ne traggan beneficio. Torno a dire, nessuno entra nell'industria pensando di fare i soldi.

Concordo e bisognava seguire il modello Delta.


Per il SES mi sa che dovremo vedere l'implosione della Francia...E per gli aeroporti, guarda, sfondi una porta aperta. Heathrow ha pagato meno tasse (in %) di me, ma cosi' fa pure Amazon. Quello secondo me e' un problema politico. Invece di fare campagna elettorale marciando sulla pelle dei migranti o chittepare sarebbe bello che qualcuno si svegliasse e facesse politica sul far si che chi deve pagare...paghi. Sulle tasse ambientali non sono d'accordo. Fossero veramente usate in senso ambientale (non come l'APD) a me starebbe bene, ma sono uno solo ovviamente.

Parto delle tasse ambientali tenendo in considerazione che l'aviazione contribuisce al 2/3% dell'inquinamento globale - se tanto mi dà tanto mi piacerebbe in quel caso che si colpisse nello stesso modo a chi contribuisce a più del 97% dell'inquinamento del nostro pianeta.

L'aviazione è da sempre in prima fila per ridurre le emissioni con aeromobili più efficienti, meno inquinanti e più silenziosi, e già paga tante tasse ambientali.

Non fraintendermi sono a favore totale dell'ambiente ma ci dovrebbe essere più uniformità nelle eco-taxes sia a livello globale, europeo che addirittura regionale (tassa IRESA solo in alcune regioni in Italia e non in altre) ma sono più favorevole al senso civico di ciascuno di noi - come cittadini e passeggeri - e compensare le emissioni durante la procedure di acquisto del biglietto aereo, lo si potrebbe rendere anche obbligatorio ma andando a rivedere le airport charges, aviation taxes ed altri balzelli vari.

Lancia a favore di Heathrow che almeno applica il principio del single till mentre in Italia i maggiori sistemi aeroportuali applicano il double till in deroga - per esempio ADR ha ottenuto un EBITDA del 63,1% nel 2019, per tua info - ma lo sai sicuramente - i colossi del web hanno avuto EBITDA minori rispetto ad ADR nel 2019:

EBITDA margin 2019
  • Google 28,43%
  • Amazon 12,95%
  • Facebook 42,05%


Io non ho ancora capito come mai, se veramente 1A e altri fanno tutti 'sti soldi, non siano entrati nel giro anche colossi tipo Google.

Innanzitutto gli manca il know how e poi parliamo di un mercato B2B piuttosto che B2C.

Per tua info sotto la catena del valore dove si può evincere che le airlines sono l'anello debole ed i GDSs l'anello forte anche se in calo rispetto al decennio 1999-2009:

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Torniamo sul problema del lungo termine. A breve termine, sicuro, tutto bello e buono. A lungo termine i vantaggi di headcount e costi che ha guadagnato con IAG GBS se li e' bruciati in un'unica outage, quella del 27 Maggio del 2017 se non mi sbaglio con le date. E, sempre a lungo termine, il non aver creato un'architettura unica, cloud-based, per l'intero gruppo prima di segare i veterani e' uno sbaglio non da poco. Ma i vantaggi di far cosi' si sarebbero visti in 4-5 anni, segare duemila persone costa poco e da' tanta resa... per un anno. Meno, se c'e' un'outage.

Nel caso specifico concordo con te ma se guardo solo i risultati finanziari di IAG e di BA prima - senza dubbio Willie Walsh è un grande manager sia nel breve che nel lungo termine - ha avuto visione e questo glielo riconoscono tutti nell'ambiente, poi per carità ognuno può avere la propria opinione e non sono portatore di verità assoluta, e solo la mia opinione...abbiamo un angle differente di vedere le cose ma è positivo avere punti di vista differenti anche perché ci arricchiamo entrambi dal confronto cordiale ed aperto.


Questo e' solo un esempio. Posso farne almeno un'altra dozzina. Tagli tanto per tagliare, per far vedere "che stiamo facendo qualcosa", e cara grazia a cosa succede al resto.
Messo così - indubbio che hai ragione ma dovremmo andare più in-depth per capire le motivazioni di quelle scelte ma fermiamoci qui a riguardo.


Carolina, si, e Jason Mahoney. Klaus, Rags, Tom Stevens, Troy Warfield, quella di HR che morire che mi ricordi come si chiama, Andrew Brehm... tutte scelte sbagliate secondo me. Alcuni veramente incapaci. Ha poi segato gente che non doveva esser segata. Lynne Embleton (scappata in Cargo) e Jeff Van Klaeveren su tutti. Sull'essere un grande manager... boh. A me per quel poco che l'ho visto ha fatto pena come comunicatore, come persona in grado di articolare una visione, come persona in grado di energizzare la gente. Sean Doyle non sara' Churchill, ma da quanto vedo e mi dicono sa comunicare meglio di lui.

Non tutti i grandi managers possono fare bene in tutte le aziende che vanno in quanto il contesto influisce molto.

Se faccio una pura analisi dei risultati economici-finanziari di Alex - senza dubbio ha ottenuto grandi risultati - forse non è stato un grande comunicatore in BA ma io l'ho conosciuto come grande comunicatore con grande visione, posso immaginare che ci sono stati dei motivi per quello mentre concordo che fa delle scelte a livello management non ottimali.

Penso che Alex a livello di aptitude e attitude sia più portato per una compagnia LCCs che per una major europea - mia opinione personale.

Non dimentichiamoci comunque che Alex non è più CEO di BA - non perché è stato mandato via - ma per altre motivazioni, la sua ambizione era di diventare CEO di IAG ma probabile le problematiche sotto la sua gestione (outage e dati persi) sono stati sicuramente di ostacolo per quella nomina.

Per me era quasi impossibile che Alex potesse riportare a Luis Gallego in quanto Luis - in passato per ben due volte come COO - riportava ad Alex che era CEO (ClickAir & Vueling). Per mantenere gli equilibri interni penso sia stata una scelta condivisibile da parte di IAG.

Quanto a Sean Doyle - rispetto ad Alex Cruz - c'è una differenza sostanziale ma determinante in quanto Sean Doyle è da sempre uno di BA - da più di 20 anni - mentre Alex veniva da una compagnia low cost spagnola.


Ed e' questo il problema. Soprattutto adesso, con le sfide che ci sono nel mondo climatico e il bisogno di cambiare verso un nuovo tipo di economia.

Concordo e grazie mille per l'interessante chiacchierata "virtuale".
 
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@imac72 e @13900

L'attenzione al "short term gain" nasce in borsa in tutto il cosiddetto primo mondo. Quando la salute di un'azienda e' misurata prevalentemente dal valore del titolo in borsa, nessuno pensa al lungo termine. Va avanti cosi' da almeno trent'anni. Da questa considerazione derivano le valutazioni sulla performace dei top executive, ecc. Credo che la trasformazione sia iniziata negli anni 80, oramai non si investe piu' pensando a un reddito da dividendi, si investe pensando a guadagnare sulla compravendita delle azioni.
A questo si aggiunge la natura foremente isterica e "panic-prone" dei mercati,. per cui se l'azienda X ha fatto profitti superiori ai 10 milioni di cocuzze per tre anni di seguito e fa investimenti che riducono, temporaneamente, il profitto previsto a 8 Milioni di cocuzze ma che danno vantaggi a lungo termine, molti analisti finanziari consigliano di vendere le azioni, quindi il titolo cala e il top management ci fa la figura del ciccio. Ergo l'investimento che da benefici a lungo termine viene abbandonato a favore del mantenimento del profitto a 10 Milioni di cocuzze.

L'altro fattore citato da aa/vv dipende unicamente dal pubblico ma anche questo e' un segno di preferire l'uovo oggi. Qualsiasi oggetto di qualita' (e quindi piu' caro) deve reggere il confronto con qualcosa che ha un'apparenza molto simile, una qualita' infima ma costa un decimo, cosi' si puo' buttare senza pensarci sopra e comprarne un'altro. Mia nonna direbbe "e' una ruota che gira"
 
Discussione molto interessante.

Due piccole considerazioni.

1. Il citato caso di Boeing mi pare molto emblematico; ha messo sul mercato un prodotto grossolanamente difettoso a quanto pare per ridurre i costi del processo di progettazione e produzione. Oltre al costo in termini di vite perse nei due incidenti, non credo sia stato un affare per gli investitori nel medio periodo. Quindi, può essere assunta a paradigma di come la spasmodica ricerca del taglio dei costi nel breve rischi di portare alla catastrofe.

2. (Ometto il più possibile riferimenti concreti per non rendere individuabile il caso) Una società che seguo da quando ho iniziato a lavorare è stata un po' di anni orsono acquisita da una multinazionale, il cui grande capo ha ben pensato di chiudere la produzione per centralizzarla negli stabilimenti del gruppo già esistenti in EU e tenere in piedi la sola struttura commerciale e di assistenza tecnica (insostituibile perchè nel settore delle grandi opere in Italia ci vogliono anni di esperienza solo per capire da che parte tiri il vento). Per "massimizzare" l'effetto del taglio dei costi (in parte già a carico del contribuente italiano visto il numero di addetti in cassa integrazione e poi mobilità) ha ben pensato di vendere gli impianti di produzione e relativi brevetti ad una società nordafricana. Ha fatto grandi risultati economico finanziari quei due anni, poi ha cambiato lavoro. A distanza di pochi anni il concorrente nordafricano, con impianti (rimontanti in casa propria, con costi del lavoro più bassi e senza costi ambientali e con ben pochi costi per la sicurezza), brevetti e certificazioni comprati a prezzo di saldo ha aperto una società di commercializzazione in Italia (acquisendo le risorse umane già preparate che erano state liberate da un'altra grande azienda operante nel settore delle grandi opere pure comprata da una multinazionale, che pensava di vendere in Italia da remoto e che ha perso la propria posizione di mercato in brevissimo tempo - come del resto anche l'ultimo degli arrivati aveva pronosticato -) ed ha iniziato ad aggredire il mercato sud EU e poi tutto il mercato con prezzi più bassi del 30% al netto delle spese di spedizione e sdoganamento della merce. In pratica, a distanza ormai di una quindicina d'anni, la situazione è che il risparmio di X in un anno si è trasformato in una perdita di marginalità costante e ormai stabile, che in pratica è un costo occulto pari a 50X per ogni anno passato e a venire. Quando l'autore di tale formidabili scelte se ne andò, ovviamente, prese un sontuoso bonus.
 
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@imac72 e @13900

L'attenzione al "short term gain" nasce in borsa in tutto il cosiddetto primo mondo. Quando la salute di un'azienda e' misurata prevalentemente dal valore del titolo in borsa, nessuno pensa al lungo termine. Va avanti cosi' da almeno trent'anni. Da questa considerazione derivano le valutazioni sulla performace dei top executive, ecc. Credo che la trasformazione sia iniziata negli anni 80, oramai non si investe piu' pensando a un reddito da dividendi, si investe pensando a guadagnare sulla compravendita delle azioni.
A questo si aggiunge la natura foremente isterica e "panic-prone" dei mercati,. per cui se l'azienda X ha fatto profitti superiori ai 10 milioni di cocuzze per tre anni di seguito e fa investimenti che riducono, temporaneamente, il profitto previsto a 8 Milioni di cocuzze ma che danno vantaggi a lungo termine, molti analisti finanziari consigliano di vendere le azioni, quindi il titolo cala e il top management ci fa la figura del ciccio. Ergo l'investimento che da benefici a lungo termine viene abbandonato a favore del mantenimento del profitto a 10 Milioni di cocuzze.

L'altro fattore citato da aa/vv dipende unicamente dal pubblico ma anche questo e' un segno di preferire l'uovo oggi. Qualsiasi oggetto di qualita' (e quindi piu' caro) deve reggere il confronto con qualcosa che ha un'apparenza molto simile, una qualita' infima ma costa un decimo, cosi' si puo' buttare senza pensarci sopra e comprarne un'altro. Mia nonna direbbe "e' una ruota che gira"
In parte hai ragione, ma la colpa non è delle aziende - o dei manager - ma degli azionisti, che fino a prova contraria sono i padroni - compreso il fatto di non saper fare due conti sulla redditività di lungo periodo.
La borsa è una necessità, perché è l'unico modo per un settore capital intensive di raccogliere capitale di rischio in quantità sufficiente (non voglio tirare in ballo il triste discorso di AZ, ma la mancata crescita è stata dovuta anche - forse soprattutto - alla incapacità/impossibilità di raccogliere capitale sul mercato).
Puntare il dito contro hedge fund/fondi speculativi è facile ma, a mio parere, errato, perché nessuno può seriamente pensare di andare contro il "mercato" - il classico esempio era il DM quando ancora esistevano le valute nazionali. Chissà perché i fondi speculativi attaccavano la lira e non i tedeschi.
Il punto chiave è che oggi troppa gente investe senza avere cognizione del concetto di investimento azionario - anche questo è un effetto collaterale della maggiore ricchezza dell'occidente rispetto al passato - per cui, appunto, si giudica la trimestrale anziché le prospettive di lungo periodo. Però, e mi dispiace ribadirlo, l'azionista è il padrone dell'azienda e dei suoi soldi fa ciò che vuole, compreso buttarli via entrando regolarmente in ritardo su tutte le bolle speculative. Una volta, quando ancora esisteva la Borsa come luogo fisico - gli investitori privati erano distinti in cassettisti (quelli che compravano per tenere il titolo a lungo termine) e "parco buoi" (quelli che perdevano patrimoni in speculazioni sbagliate).
Un discorso analogo si può fare per i buy back. Da una parte il management deve dimostrami (a me azionista) che è in grado di generare ritorni sul mio capitale maggiori di quelli che sono altrimenti a mia disposizione, perché in caso contrario "restituirmi" l'investimento è solo corretto. Dall'altra parte se i soci continuano a tenersi CEO che dopo un buyback indebitano l'azienda a costi più alti del capitale, mi viene da dire che sono caxxi loro. E qui entra in gioco un'ulteriore variabile, di cui è facile dimenticarsi. Negli ultimi 20 anni abbiamo avuto una serie di iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali (QE, salvataggio del sistema bancario USA nel 2009/10, whatever it takes ecc.) che hanno portato la curava dei rendimenti assolutamente fuori da qualunque logica. Per 15 anni una serie di fenomeni assolutamente straordinari ha fatto sì che ai rendimenti negativi e all'eccesso di liquidità sul mercato non corrispondesse alcuna inflazione, di fatto rendendo ridicolo il costo dei finanziamenti bancari. Questo ha reso appetibile l'investimento azionario con yield anche relativamente bassi. Questo periodo di liquidità eccessiva senza inflazione è probabilmente finito, per cui si dovrà necessariamente tornare ai paradigmi di una sana politica di bilancio; e qui, in un discorso inevitabilmente circolare, si torna a ai buyback. Se ricompri azioni proprie e poi ti indebiti al 10% nominale e al 4% reale e i tuoi azionisti ti rieleggono la colpa è loro, solo loro.

Ho volutamente evitato la parte su salari e dipendenti, perché le mie visioni iperliberiste della realtà probabilmente mal si conciliano con settori altamente sindacalizzati come quello aereo.
 
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In parte hai ragione, ma la colpa non è delle aziende - o dei manager - ma degli azionisti, che fino a prova contraria sono i padroni - compreso il fatto di non saper fare due conti sulla redditività di lungo periodo.

Pienamente d'accordo. In molti casi, però, i comportamenti degli azionisti sono logici sotto il profilo fiscale e legale.
 
Pienamente d'accordo. In molti casi, però, i comportamenti degli azionisti sono logici sotto il profilo fiscale e legale.
il titolo della mia tesi di laurea era "Mercati mobiliari: limiti e condizionamenti fiscali".
Purtroppo in tutto il mondo la legislazione fiscale fa schifo, perché ci sono gruppi di interesse che creano mostri da migliaia di articoli e commi per differenziare chi coltiva Lupinus luteus da chi coltiva Lupinus albus (ricordo decine di circolari ministeriali sulla differenza fra volpe bianca e volpe argentata)
 
In parte hai ragione, ma la colpa non è delle aziende - o dei manager - ma degli azionisti, che fino a prova contraria sono i padroni - compreso il fatto di non saper fare due conti sulla redditività di lungo periodo.
La borsa è una necessità, perché è l'unico modo per un settore capital intensive di raccogliere capitale di rischio in quantità sufficiente (non voglio tirare in ballo il triste discorso di AZ, ma la mancata crescita è stata dovuta anche - forse soprattutto - alla incapacità/impossibilità di raccogliere capitale sul mercato).
Puntare il dito contro hedge fund/fondi speculativi è facile ma, a mio parere, errato, perché nessuno può seriamente pensare di andare contro il "mercato" - il classico esempio era il DM quando ancora esistevano le valute nazionali. Chissà perché i fondi speculativi attaccavano la lira e non i tedeschi.
Il punto chiave è che oggi troppa gente investe senza avere cognizione del concetto di investimento azionario - anche questo è un effetto collaterale della maggiore ricchezza dell'occidente rispetto al passato - per cui, appunto, si giudica la trimestrale anziché le prospettive di lungo periodo. Però, e mi dispiace ribadirlo, l'azionista è il padrone dell'azienda e dei suoi soldi fa ciò che vuole, compreso buttarli via entrando regolarmente in ritardo su tutte le bolle speculative. Una volta, quando ancora esisteva la Borsa come luogo fisico - gli investitori privati erano distinti in cassettisti (quelli che compravano per tenere il titolo a lungo termine) e "parco buoi" (quelli che perdevano patrimoni in speculazioni sbagliate).
Un discorso analogo si può fare per i buy back. Da una parte il management deve dimostrami (a me azionista) che è in grado di generare ritorni sul mio capitale maggiori di quelli che sono altrimenti a mia disposizione, perché in caso contrario "restituirmi" l'investimento è solo corretto. Dall'altra parte se i soci continuano a tenersi CEO che dopo un buyback indebitano l'azienda a costi più alti del capitale, mi viene da dire che sono caxxi loro. E qui entra in gioco un'ulteriore variabile, di cui è facile dimenticarsi. Negli ultimi 20 anni abbiamo avuto una serie di iniezioni di liquidità da parte delle banche centrali (QE, salvataggio del sistema bancario USA nel 2009/10, whatever it takes ecc.) che hanno portato la curava dei rendimenti assolutamente fuori da qualunque logica. Per 15 anni una serie di fenomeni assolutamente straordinari ha fatto sì che ai rendimenti negativi e all'eccesso di liquidità sul mercato non corrispondesse alcuna inflazione, di fatto rendendo ridicolo il costo dei finanziamenti bancari. Questo ha reso appetibile l'investimento azionario con yield anche relativamente bassi. Questo periodo di liquidità eccessiva senza inflazione è probabilmente finito, per cui si dovrà necessariamente tornare ai paradigmi di una sana politica di bilancio; e qui, in un discorso inevitabilmente circolare, si torna a ai buyback. Se ricompri azioni proprie e poi ti indebiti al 10% nominale e al 4% reale e i tuoi azionisti ti rieleggono la colpa è loro, solo loro.

Ho volutamente evitato la parte su salari e dipendenti, perché le mie visioni iperliberiste della realtà probabilmente mal si conciliano con settori altamente sindacalizzati come quello aereo.
iop non ce l'avevo con hedge fund o fondi di investimento, ce l'ho piuttosto con molti analisti finanziari che non conoscono i settori delle aziende su cui esprimono pareri (Buy/Sell/Hold) o che consigliano di vendere se calano i profitti, senza tentare di capire perche' calano. Il lavoro e' molto cambiato rispetto a vent'anni fa. Fondamentalmente sono meno esperti e hanno meno tempo di analizzare il settore. E; finito il tempo dei tomi fermaporta che pero' analizzavano un azienda, o un settore, in profondita'. Adesso si consumano due pagine se va bene. Sono gli hedge fund e i fondi che, a volte, fanno un gioco lungo. I dividendi sono passati di moda, tranne che per i fondi di investimento e i fondi pensione, su questo sono d'accordo.
 
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Grazie a tutti, interventi molto interessanti, anche perché queste cose non colpiscono solo l'aviazione ma anche altri settori, tra cui quello in cui lavoro (IT). Stavo cercando di capirne di più leggendo il libro di Marianna Mazzuccato, The Value of Everything, dove l'autrice parla di creazione di valore vs rendita.
Anche in ambito IT sento di manager si focalizzano sul breve termine, con strategie per massimizzare il ritorno agli investitori, e con schemi per l'erogazione dei bonus che privilegiano le strategie sul breve termine, a discapito di una prospettiva di crescita dell'azienda sul lungo periodo.
L'azienda viene vista come rendita, gli asset depredati, e chi crea valore viene invece sottopagato e messo in disparte (e ne conosco di amici o ex colleghi che lasciano aziende proprio per questo motivo).

Io sono ignorante in tema di mercati, ma quando vedo le nuove startup in ambito EV come Rivian e Lucid, che veleggiano di market cap su 80-100B, rimango perplesso
 
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A questo si aggiunge la natura foremente isterica e "panic-prone" dei mercati

Parte della natura isterica del mercato dipenda dalla quantità di leva presente nel sistema. Più debito = maggiore velocità nello scaricare una posizione rischiosa nel breve periodo. Molte delle reazioni isteriche alle trimestrali sono attribuibili agli investitori che stanno scommettendo denaro non loro e che hanno molto da perdere - in pratica investitori che non possono permettersi di guardare al lungo periodo.

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Aggiungo solo una nota circa gli aeroporti >5M pax per year che hanno un significant market power e che fanno EBITDA che i big del web si sognano grazie ad una regolamentazione favorevole che andrebbe riformata ma né l'Europa né gli stati membri hanno conoscenza del settore, immagina solo che l'aviazione non ha autorità indipendente come altri settori tipo telecomunicazioni, etc. per la regolamentazione delle tariffe aeroportuali.

Secondo me è una situazione difficile da azzeccare. Da un lato il comportamento di certi aeroporti tipo HAL, che sta per aumentare le fees a livelli da strozzinaggio acuto, mi ricorda la scena iniziale de "Gli Intoccabili", quella con la borsa con la dinamite. Dall'altro penso anche alle cifre enormi per fare qualunque cosa. Il nuovo BHS per T2 - che ancora non ce l'ha, c'è un buco buio e umido li sotto dove al massimo cresceranno gli champignon - dovrebbe costare un paio di miliardi, che ovviamente lo Stato non scuce. Idem con patate per il masterplan di Malpensa e via dicendo. Da qualche parte 'sti sghei van tirati fuori.

Allargo in quanto - si vero che il 2019 è stato l'anno migliore per le airlines forse di sempre - ma non ho i paraocchi per non affermare che il trend è positivo dal 2014 ed il mondo airlines sta facendo utili come non mai nella propria storia ma prima era un totale disastro - come anche adesso post covid sono quasi tutte piene di debiti.

Fondamentalmente su questo punto la pensiamo più o meno nello stesso modo ma tu hai un focus su EU+NA mentre io guardo il mondo airlines a 360 gradi considerando l'industria nel totale.

Secondo me guardare il mondo intero è un po' prematuro. Già solo a considerare il ME, dove hai gente come l'emiro in Qatar e lo sceicco ad Abu Dhabi che fanno aviazione per diletto, un po' come io vado in bici, e ti bruci qualsiasi risultato positivo in Europa. Aggiungiamoci l'India con l'ectoplasma AI ecciao.

Vero quanto tu dici ma aggiungerei un punto - al netto di lavori sottopagati rispetto ad altre industrie che comunque hanno margini più alti quindi questo bisogna considerarlo - mi riferisco allo stress che è molto più alto nell'aviation rispetto ad altre industries quindi si spostano in altri settori meno "stressanti" ma questo dipende proprio dal fatto che i margini sono bassi nell'airline industry con conseguente pressione da parte degli azionisti che pensano solo ai loro dividendi ed ai buyback.

Il fenomeno della "great resignation" colpisce il mondo airlines a tutti i livelli - anche managers, directors, C-Level executives - ed infatti abbiamo ottimi managers che vanno in altre industries con meno stress e stipendi molto più alti, questo lo afferma anche Alex ;)

Punto importantissimo. Leggevo giusto l'altro giorno una mail che la mia ragazza ha ricevuto dalla vice-capa degli assistenti di volo di BA. Ne taccio il nome perchè, malgrado la ritenessi una persona buona ed intelligente ai tempi in cui c'ho lavorato [poco] insieme, si sta rivelando una capra. La signora in questione mandava un messaggio passive-aggressive su "unsustainable levels of sickness and fatigue reports".

Tutto questo è secondo me ampiamente evitabile e se lo dice pure Cruz mi fa imbestialire ancora di più, perchè tante delle sue nomine sono ancora lì e se c'è arrivato lui (che di strategy capisce tantissimo ma di umani secondo me c'azzecca poco) allora non ci sono scuse.

Io vedo un'industria dove tutti o quasi quelli che conosco hanno avuto mutua per stress o fatigue. Da un lato ci sono dei roster veramente improponibili, figli un po' della situazione del momento in cui si volava solo per Faro alle 6AM e poco altro, ma dall'altro c'è una questione di stress incredibile. Nel giro sociale della mia ragazza, dopo 7 mesi di furlough con incertezze quotidiane e una campagna per tenere il proprio lavoro veramente pessima si sono trovati a dover essere testati almeno due volte la settimana, ovunque vanno c'hanno room confinement manco fossero appestati, Hong Kong (che dio li strafulmini tutti) che una settimana è confinement un'altra e there-and-back in giornata e poi "trova" positivi malgrado questi abbiano tre (3) test negativi... La mia ragazza è fuori da due mesi per una frattura al gomito e tendinite - grazie, Spaceflex - una sua amica ha avuto un attacco epilettico in volo, un altro ha preso un mese per stress, un'altra era così esausta dopo 6 giorni di 12 ore di duty che s'è spalmata sulla Bath road, grazie a Dio senza conseguenze a parte la macchina da buttare... Il problema si presenterà e molto forte nel 2022.

Parto delle tasse ambientali tenendo in considerazione che l'aviazione contribuisce al 2/3% dell'inquinamento globale - se tanto mi dà tanto mi piacerebbe in quel caso che si colpisse nello stesso modo a chi contribuisce a più del 97% dell'inquinamento del nostro pianeta.

L'aviazione è da sempre in prima fila per ridurre le emissioni con aeromobili più efficienti, meno inquinanti e più silenziosi, e già paga tante tasse ambientali.

Vero, impatta poco ma è un valore in gran crescita. +30% dal 1990 a livello EU, mentre - sempre a livello EU - le emissioni totali sono scese del 21%.

Se faccio una pura analisi dei risultati economici-finanziari di Alex - senza dubbio ha ottenuto grandi risultati - forse non è stato un grande comunicatore in BA ma io l'ho conosciuto come grande comunicatore con grande visione, posso immaginare che ci sono stati dei motivi per quello mentre concordo che fa delle scelte a livello management non ottimali.

Alex ha ottenuto enormi risultati, certo, però... se guardiamo alle basi su cui quei risultati sono arrivate quelle sono state poste dai due tizi che tutti si dimenticano: Keith Williams e Nick Swift. Secondo me uno un ottimo CEO e l'altro un grandissimo CFO. Che intorno avevano gente della Madonna, un board con Geoff Van Klaeveren, Lynne Embleton, Andy Lord, Frank van der Post, Drew Crawley. NDC l'hanno imbastita loro; l'AJB con AA, IB, AY l'han messa su loro (beh, AY è arrivata dopo). L'accordo con QR, pure. Vedi anche l'inizio dei lavori per la Siberian JB con JAL. Il periodo 2011-2016 è stato quello cruciale, in cui BA ha messo in atto quelle "riforme strutturali" che servivano. Alex ha in larga parte cavalcato l'onda, e ha fatto un paio di enormi minchiate tra cui la sua prima manovra, la distruzione del team della App, e le relazioni sindacali.

A lui dò due cose: 1. Club Suite. Ci voleva uno esterno per buttare via ying-yang (l'accrocchio che Keith stava considerando era una specie di mostro inutile) e 2. le pensioni. Di sicuro con entrambe s'è guadagnato la buonuscita e di sicuro ha fatto di meglio di tanti altri però... spesso mi domando cosa sarebbe successo se Nick Swift fosse diventato CEO come era la "norma".

Quanto a Sean Doyle - rispetto ad Alex Cruz - c'è una differenza sostanziale ma determinante in quanto Sean Doyle è da sempre uno di BA - da più di 20 anni - mentre Alex veniva da una compagnia low cost spagnola.

Ecco, secondo me questo lato non è mai stato molto rilevante, almeno nella "base" di BA. Chiaro, c'erano 40mila teste nella compagnia e immagino che almeno uno o due votino UKIP e siano un po' razzisti, ma a livello generale l'ambiente è sempre stato uno molto internazionale ed è l'unica cosa che rimpiango e mi manca dell'azienda. In azienda c'era di tutto, e anche a livello serio, di management Band 1. Ho lavorato con senior managers bianchi, neri, mixed. Uomini, donne e persone che avevano transitato da un sesso all'altro. Gay, straight e viceversa. Inglesi, gallesi, scozzesi e di tutto il mondo. Il fatto che fosse spagnolo non interessava a nessuno. Quei tipi di commenti li si lasciava al Daily Mail; Willie era irlandese, cosi come Sean, e nessuno dice nulla a parte chiedere che parlino con meno accento.

Anche il fatto che venisse da Vueling non interessava granchè, anzi. Nel 2016/17 ricordo che c'era una grande ansia sul prodotto; United, se non erro, aveva lanciato/stava lanciando Polaris e noi zitti e c'era una specie di rivolta, su Yammer (ah! Yammer) su come si volasse ancora con gli aerei con Rockwell Collins. Il lancio di Club Suite è stata una cosa ottima, peccato che sia arrivato in un clima totalmente avvelenato dal modo (IMHO sbagliatissimo) con cui Alex e accoliti comunica.

Concordo e grazie mille per l'interessante chiacchierata "virtuale".

Grazie a te! :)
 
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