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Esclusiva AVIONEWS: intervista a Gaetano Intrieri sull'attuale situazione del vettore aereo Alitalia
Roma, Italia - Il docente e consulente aeronautico è stato autore di una analisi del bilancio della compagnia pubblicato ad ottobre
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(WAPA) - AVIONEWS ha intervistato Gaetano Intrieri, autore di una bella analisi del bilancio di Alitalia, che questa Agenzia ha pubblicato in esclusiva nell’ottobre scorso (vedi notizia), per conoscere la sua opinione su quanto sta accadendo in Alitalia.
Dott. Intrieri, Lei è stato il primo a far emergere le incongruenze e il notevole passivo di Alitalia, quando ancora Montezemolo e Hogan dichiaravano di perdere “soltanto” 500 mila € al giorno e negavano ogni problema nella gestione del vettore aereo. Di fatto ha rotto le uova nel paniere,
"Intanto voglio ringraziare AVIONEWS per avermi chiesto di redigere quell’analisi e per avermi dato la possibilità di scrivere su questa testata storica ed importante per quelli come me che si occupano di aviazione. Certamente dopo quell’articolo ho avuto molti feedback da tantissime persone, e mi ha fatto molto piacere soprattutto il commento secondo cui sono riuscito a rendere fruibile un argomento assai complesso come è quello relativo ai bilanci di una compagnia aerea. Mi hanno fatto poi enorme piacere i messaggi di apprezzamento all’articolo ricevuti da tantissimi dipendenti Alitalia".
E’ notizia di questi giorni che il piano industriale a cui stanno lavorando i manager Alitalia con gli advisor dovrebbe prevedere uno sdoppiamento della compagnia, con la possibilità di creare una low-cost per i voli di medio/corto raggio e lasciare ad Alitalia solo il lungo raggio. Cosa pensa di questa idea?
"Mi auguro che siano solo voci e non sia questa la strategia perché se cosi fosse sarebbe, a mio avviso, un altro fallimento annunciato; il settore del trasporto aereo ha una specificità notevole ove occorre una grande esperienza vissuta sul campo, unita ad una notevole conoscenza di tecniche e metodologie economico-finanziare altamente complesse e specifiche. Non sempre le società di consulenza direzionale hanno queste professionalità specifiche.
Venendo alla sua domanda, oggigiorno pensare di partire con una low-cost è la strategia più difficile da realizzare, in quanto richiede competenze e esperienze di efficienza gestionale molto difficili da raggiungere se si vuole competere in un mercato dove Ryanair è almeno 20 anni avanti a tutti gli altri. Non c’è un solo esempio di low-cost create da compagnie di bandiera che hanno avuto successo. Sono state ovunque una ulteriore emorragia di denari. Fa eccezione Vueling che stava facendo la stessa fine sino a quando British Airways ed Iberia, proprietarie del vettore low-cost spagnolo attraverso Iag, non chiamarono uno straordinario manager di aviazione: Alex Cruz, che riuscì a ristrutturarla ed a renderla reddituale. E non è un caso che qualche mese fa Alex sia stato nominato ceo di British Airways, uno spagnolo al capezzale della storica compagnia inglese anche questa come Alitalia falcidiata dal colosso Ryanair.
Alitalia non ha né la struttura né tantomeno l’organizzazione adeguata ad implementare una low-cost, che ha delle peculiarità ben precise totalmente estranee ad una compagnia tradizionale".
Ci dica quali sono queste peculiarità
"Ha mai sentito parlare di Herbert Dwight Kelleher e di Rollin King?"
Certo i fondatori di Southwest, perché?
"Perché quei due signori negli anni ’90 hanno radicalmente cambiato l’idea e il modo di concepire e gestire una compagnia aerea, Kelleher in special modo è stato davvero un innovatore senza uguali nella storia del trasporto aereo; lo stesso O’Leary ha certamente tratto spunto dall’esperienza di Southwest per creare quella straordinaria storia di successo imprenditoriale che si chiama Ryanair.
Kelleher iniziando con 3 aerei che potevano volare solo all’interno del Texas, riuscì negli anni a creare un colosso dei cieli quale è oggi Southwest, estremizzando la teoria del nobel dell’economia Michael Porter sulla leadership di costo, attraverso un continuo lavoro di ricerca teso verso una sempre maggiore efficienza dei meccanismi interni di processo di una aerolinea. Più nello specifico il manager texano, capì primo tra tutti di essere innanzi ad un modello di business in cui i processi operativi interni non solo si prestano ad un alta incidenza di variabili esogene (ergo di basso livello di prevedibilità), ma attraversano funzioni aziendali non omogenee ovvero assai diverse tra loro, perché diverso il background delle risorse umane che le compongono. In altre parole, in una compagnia aerea, la progettazione del design organizzativo risulta essere operazione molto complessa, sia perché occorre armonizzare risorse umane con skill assai diversi ovvero piloti, ingegneri, meccanici, assistenti di volo, impiegati amministrativi e commerciali, sia perché occorre trovare e definire un nesso eziologico efficace tra la struttura organizzativa e il modello di controllo di gestione interno, e per definire tale nesso un manager gestore di una compagnia aerea, come dicevano i miei maestri americani, deve “puzzare di cherosene”, ovvero deve essere il collante tra funzioni in cui lavorano personalità spesso all’opposto tra loro, ergo devi gestire on the road sporcandoti le mani insieme ai meccanici e capendo le esigenze di ingegneri e piloti, ovvero di persone che in quanto tali esercitano mestieri complessi e di enorme responsabilità".
Quindi a suo parere l’idea che O’Leary abbia creato la strategia di Ryanair copiando da quella di Southwest ha una sua logica?
"Assolutamente no, solo il fine potrebbe essere in qualche modo accomunato, ma non di certo il percorso strategico. O’Leary come tutte le persone geniali ha preso certamente degli spunti dall’esperienza di Southwest, riconoscendo in questa un notevole tasso di innovazione, ma nulla di più e mi spiego: la visione dell’impresa di Kelleher è una visione tridimensionale nel senso che alla dimensione di efficienza e di efficacia necessarie nel costruire una impresa di successo, si aggiunge quella relativa al valore sociale, e non è un caso che il manager texano un giorno affermò che in Southwest assumere una nuova risorsa era un'“esperienza religiosa” (cit). Anche la visione di O’Leary può essere definita tridimensionale ma i contenuti sono assai diversi; lui insieme al suo team è riuscito e definire un efficace nesso eziologico tra struttura organizzativa, processi interni e sistemi di controllo. Ovvero estendere a livello tridimensionale il rapporto organizzazione/processi interni, adeguando ad essi un modello di controllo di estrema efficacia. La grande intuizione imprenditoriale del manager irlandese fu quella di capire che occorreva integrare la lezione di Southwest relativa al rapporto organizzazione/processo con un terzo elemento, ovvero un adeguato sistema di controllo della gestione che all’interno di processi complessi è certamente l’elemento chiave. Ecco quindi che i valori portanti della filosofia imprenditoriale di Kelleher non sono quelli di O’Leary; l’unico vero punto che accomuna questi due casi di straordinario successo imprenditoriale è la continua ricerca di efficienza di processo, ma ben diversi sono i percorsi con cui raggiungono il loro obiettivo. La visione di Kelleher della dimensione sociale come asse portante su cui costruire l’organizzazione aziendale, non è replicata da O’Leary ed anche il rapporto con il cliente viene ad essere concepito in modo molto diverso. La soddisfazione del cliente per la qualità del servizio offerto è centrale nella strategia della compagnia americana, non è cosi invece per la compagnia irlandese; qui il concetto è che il cliente è già di per sé soddisfatto e lo deve essere, in quanto beneficiario vero ed ultimo dell’efficienza che caratterizza i processi interni e che si traduce in costi di esercizio più bassi di quelli dei competitor, che per una parte determinano i copiosi utili di esercizio che la compagnia macina ormai da anni con una notevole tendenza verso un crescente aumento degli stessi, ma per altra parte avvantaggiano il cliente consentendogli di acquisire biglietti a prezzi che i competitor non possono proporre nella loro offerta, e quando ci provano dopo un po' sono costretti ad arrendersi perché non competitivi con i costi di esercizio di Ryanair".
Tornando ad Alitalia Lei crede quindi che, se vera, questa idea di creare una low-cost, sarebbe un ulteriore errore strategico
"Quando Etihad rilevò il 49% di Alitalia dissi che sarebbe stata per gli arabi una esperienza imprenditoriale disastrosa. La strategia portata avanti in questi anni di essere concorrenziali con gli altri vettori del Golfo attraverso politiche di acquisizioni di altre compagnie europee, è quanto di più sbagliato ed assurdo si possa fare nel modello di business del trasporto aereo. I cosiddetti Ide (Investimenti diretti esteri) in aviazione non funzionano e mai funzioneranno, anzi sono deleteri perché sviliscono il valore del marchio rendendo sempre più sterile la capacita di attrarre la clientela, ed il numero dei passeggeri conferma inesorabilmente questa teoria. Emirates in primis e Qatar continuano ad essere i leader di mercato di quell’area. L’idea di creare una low-cost all’interno di Alitalia, sarebbe a mio avviso un ulteriore errore strategico, perché non realizzabile secondo criteri di efficienza e di efficacia in un contesto produttivo di aerolinea tradizionale. Così come altro errore imperdonabile sarebbe quello di abbandonare il medio-corto raggio, o peggio ancora cederlo a terzi, per alimentare i voli di lungo raggio come contropartita. I problemi di Alitalia sono innanzitutto quello di ritrovare una propria dimensione dopo il quinquennio deleterio dei capitani coraggiosi che hanno devastato la compagnia con politiche di tagli del personale scriteriate e senza logica, sottraendo ad Alitalia risorse importanti e quindi certificazioni importanti. Altro errore esiziale è stata la scelta di esternalizzare la manutenzione: errore gravissimo per un'aviolinea delle dimensioni di Alitalia, che avrebbe dovuto invece fare della manutenzione interna non solo un centro di servizio dei propri aerei, ma anche un centro di ricavi offrendola a terzi. Questo mestiere si fa sfruttando gli skill delle risorse umane; ci voglio anni per costruire un bravo pilota o un bravo ingegnere aeronautico, cosi come ci vogliono anni per diventare dei bravi meccanici o per saper gestire le problematiche di scalo. Bene, i “capitani coraggiosi” sono riusciti a distruggere competenze di primo livello all’interno di Alitalia mandandole in cassa integrazione, e a svilirne altre relegandole a ruoli secondari in quanto totalmente ignari del modello di business. Tra l’altro dalle notizie che leggiamo si sente di ulteriori tagli di personale e remunerazioni: anche ciò mi auguro che non sia vero, diversamente sarebbe un'altra inutile azione di “macelleria sociale”. Si legge inoltre che intendono risparmiare 160 milioni in relazione ai costi di esercizio. Bene, anzi male, perché non bastano; Alitalia con la sua attuale soglia dimensionale dovrebbe costare almeno 400 milioni in meno rispetto a quanto costa oggigiorno. Un manager esperto possibilmente americano saprebbe dove mettere le mani e lo potrebbe fare a mio modesto avviso senza toccare una sola unità lavorativa, anzi Alitalia avrebbe bisogno di assumere ulteriori persone “skillate” per riportare “in house” la manutenzione sia della cellula che dei motori, ergo riprendersi in casa Atitech e far rinascere Ams. Capisco però che tutto ciò non verrà realizzato perché non è semplice da farsi, allora personalmente vedo una sola, difficile soluzione: quella della nazionalizzazione. Non credo che un privato investirebbe oggi soldi su Alitalia che ha una massa enorme di perdite accumulate, né a mio avviso si può chiedere alle banche che gestiscono i soldi dei risparmiatori di rimetterci altro denaro. In un Paese dove il turismo dovrebbe essere uno dei fattori determinanti della crescita del Pil, occorre che la politica faccia la sua parte, ovvero che si prenda in carico ciò che rimane della compagnia di bandiera ed in un contesto di sistema Paese trovi il modo di avviarla verso una gestione seria ed oculata che in poco tempo possa riportare l’azienda ad avere una sua dignità imprenditoriale oggi tristemente perduta. E’ dura ma non impossibile, occorrerebbe solo che qualcuno tra coloro che ci governano si assumesse precise responsabilità al riguardo, ma non credo che questo qualcuno esista".
Gaetano F. Intrieri, docente modelli avanzati controllo di gestione Università di Tor Vergata (Roma); consulente aeronautico. (Avionews)
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