Alitalia: ancora niente Piano Industriale

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Domanda da ignorante, with apologies: ma le pulizie post-volo sono fatte da voi o da personale dedicato? A Varsavia, immediatamente dopo lo sbarco, noto sempre una squadra di 4/5 addetti (armati di sacchi ed aspirapolveri) ad attendere il via libera (presumo da parte del capo cabina?) dalla scaletta laterale sotto al finger.

G

Anche in Alitalia, finora
 
Il fatto che Toto abbia ceduto gli aerei con relativi contratti non è che cambia i contratti per l'utilizzatore finale. AZ sono almeno 2 anni che cerca di rinegoziare il finanziamento della flotta, l'operazione con AB è servita allo scopo chiudendo i finanziamenti, rinegoziando i finanziamenti sulle macchine di proprietà ed acquistandone alcune. Per rinegoziare i contratti di leasing bisogna essere in due e considerando che i contratti hanno ancora durata pluriennale.
Immaginavo. Mi sa che Toto abbia mollato la presa proprio per evitare il rischio di essere sottoposto a pressioni eccessive per calmierare i canoni di leasing. Pressioni che viceversa non sono esercitabili su un lessor basato da qualche altra parte del mondo e del tutto indifferente alle beghe italiche. Resta da capire quali margini di manovra possa avere AZ: finchè è un'azienda nel pieno dei propri poteri, teoricamente sarebbe obbligata ad onorare i contratti, mentre mi par di capire (ma qui lascio la parola a chi è più esperto) che usufruendo di una qualche legge per le aziende in crisi, i contratti onerosi potrebbero essere sciolti per via giudiziaria. Anche se fosse, è difficile immaginare che a che si è comportato così, un domani vengano concessi canoni di leasing favolosi.
Dal bilancio SAI 2015, risulta una spesa di 388 M€ per locazioni operative flotta, alla quale si aggiungono 171 M€ per il noleggio passivo per l'utilizzo di ore di volo armate (suppongo si intenda l'acquisto delle ore da CY e dalle altre compagnie che effettuano voli per conto di AZ), ed infine 18 M€ di block space. Inoltre CY a sua volta ha speso 54 M€ per locazioni operative flotta. Quest'ultima voce, a livello di consolidato, dovrebbe quindi essere di circa 442 M€. Ipotizzando che ci sia un extra costo del 18% rispetto alla media di mercato, detto extra costo dovrebbe essere quantificabile in circa 67 M€.
 
Ultima modifica:
Scusate ma se un leasing è considerato troppo fuori mercato nel momento in cui da apf sono passati ad altri lessor, AZ non poteva decidere di pagare la sua penale e rescindere il leasing e trovarsi altri 320 a prezzo di mercato? Non poteva rinegoziare i canoni in quell'occasione?
Quando hanno fatto la due dilegence ey non si è accorta dei canoni stratosferici?
Si portano ad esempio gli aerei passati in ab, per passarli in ab hanno ottenuto canoni più favorevoli? Mi sembra siano ancora in leasing. Perché non è stato possibile farlo con AZ?

inviato da Tapatalk

Se la casa che hai comprato col mutuo non ti va più bene, puoi cercare di trovare qualcuno che se la compri diciamo l'Air berlin della situazione, ma non puoi certo andare dalla banca a chiedere di prendersela lei rescindendo il mutuo, soprattutto se sei un soggetto solvibile.
 
Resta da capire quali margini di manovra possa avere AZ: finchè è un'azienda nel pieno dei propri poteri, teoricamente sarebbe obbligata ad onorare i contratti, mentre mi par di capire (ma qui lascio la parola a chi è più esperto) che usufruendo di una qualche legge per le aziende in crisi, i contratti onerosi potrebbero essere sciolti per via giudiziaria. Anche se fosse, è difficile immaginare che a che si è comportato così, un domani vengano concessi canoni di leasing favolosi.
Non credo che, dichiarata come azienda in crisi, Alitalia avrebbe la libertà di pagare canoni di leasing ridotti. Piuttosto potrebbe restituire ai lessor, senza pagare penali, gli aerei i cui canoni considera esagerati.
 
Facciamo due conti della serva. AZ ha 120 aerei, o giu' di li'. Togli 20 aerei di MR, arrivi a 100. Riduzione del 15% circa della flotta. Nel 2015 AZ ha fatto suppergiu' 2,8 miliardi di euro dalle attivita' di volo. Vorrebbe incrementarli di 550 milioni, ossia grossomodo del 20%. Quindi col 15% in meno di aerei vuole fare il 20% di guadagni in piu'; non di profitti, ma di puri e semplici guadagni, semplicemente extra gettito derivante da piu' passeggeri, o tariffe piu' alte. Il tutto questo in tre anni, in un mercato dove i RASK stanno declinando anno su anno per via della troppa capacita'.

Solo a me pare un po' troppo ottimistico?

..senza contare il fatto che il mercato è alla vigilia di un altro scossone non trascurabile , ovvero l'avvento del low cost lungo raggio (AF, Iag. ad esempio) che presumibilmente contribuiranno a rendere le tariffe e mercato ancora più competitivi
 
Domanda da ignorante, with apologies: ma le pulizie post-volo sono fatte da voi o da personale dedicato? A Varsavia, immediatamente dopo lo sbarco, noto sempre una squadra di 4/5 addetti (armati di sacchi ed aspirapolveri) ad attendere il via libera (presumo da parte del capo cabina?) dalla scaletta laterale sotto al finger.

G

Forse sul MR , non mi sembra che a Torino puliscano l'aereo .

Non si era detto che sarebbero stati gli AV a fare le pulizie intermedie ?
 
Io non credo che possano passare alla pulizia ogni 4 tratte sic sempliciter , senza accordi precisi con gli AAVV che stante la situazione generale mi sembra estremamente improbabile. Non credo lo faranno...
Sui voli low cost effettivamente le AAVV al termine del servizio passano per una pulizia generale ma eliminare solo gli interventi di transito mi sembra una mossa azzardata.
Piuttosto perché non passare sul catering al vecchio allestimento che faceva Airone sui voli Nazionali quello si ogni 4 tratte , approfittando anche dell'eleiminazione del d/s.....
 
ci sono compagnie di catering che si accollano direttamente la gestione commerciale?

una sorta di conto estimatorio in volo.

non gestisci personale interno e non ti accolli le perdite sul circolante (materiale gettato,
perso, rubato, scaduto) alitalia prende una %le sulle vendite per mettere la compagnia
di catering nelle condizioni di lavorare sull'aereo.
 
l'effetto indiretto di aumentare il numero di posti sugli aerei alitalia arrivando a un possibile +20%
di seats porterebbe anche ad una riduzione delle spese di marketing e di vendita per il piazzamento
dei posti da fighetti.
 
http://www.avionews.it/index.php?corpo=see_news_home.php&news_id=1202781&pagina_chiamante=index.php

Esclusiva AVIONEWS: intervista a Gaetano Intrieri sull'attuale situazione del vettore aereo Alitalia

Roma, Italia - Il docente e consulente aeronautico è stato autore di una analisi del bilancio della compagnia pubblicato ad ottobre

24034
(WAPA) - AVIONEWS ha intervistato Gaetano Intrieri, autore di una bella analisi del bilancio di Alitalia, che questa Agenzia ha pubblicato in esclusiva nell’ottobre scorso (vedi notizia), per conoscere la sua opinione su quanto sta accadendo in Alitalia.

Dott. Intrieri, Lei è stato il primo a far emergere le incongruenze e il notevole passivo di Alitalia, quando ancora Montezemolo e Hogan dichiaravano di perdere “soltanto” 500 mila € al giorno e negavano ogni problema nella gestione del vettore aereo. Di fatto ha rotto le uova nel paniere,
"Intanto voglio ringraziare AVIONEWS per avermi chiesto di redigere quell’analisi e per avermi dato la possibilità di scrivere su questa testata storica ed importante per quelli come me che si occupano di aviazione. Certamente dopo quell’articolo ho avuto molti feedback da tantissime persone, e mi ha fatto molto piacere soprattutto il commento secondo cui sono riuscito a rendere fruibile un argomento assai complesso come è quello relativo ai bilanci di una compagnia aerea. Mi hanno fatto poi enorme piacere i messaggi di apprezzamento all’articolo ricevuti da tantissimi dipendenti Alitalia".

E’ notizia di questi giorni che il piano industriale a cui stanno lavorando i manager Alitalia con gli advisor dovrebbe prevedere uno sdoppiamento della compagnia, con la possibilità di creare una low-cost per i voli di medio/corto raggio e lasciare ad Alitalia solo il lungo raggio. Cosa pensa di questa idea?
"Mi auguro che siano solo voci e non sia questa la strategia perché se cosi fosse sarebbe, a mio avviso, un altro fallimento annunciato; il settore del trasporto aereo ha una specificità notevole ove occorre una grande esperienza vissuta sul campo, unita ad una notevole conoscenza di tecniche e metodologie economico-finanziare altamente complesse e specifiche. Non sempre le società di consulenza direzionale hanno queste professionalità specifiche.
Venendo alla sua domanda, oggigiorno pensare di partire con una low-cost è la strategia più difficile da realizzare, in quanto richiede competenze e esperienze di efficienza gestionale molto difficili da raggiungere se si vuole competere in un mercato dove Ryanair è almeno 20 anni avanti a tutti gli altri. Non c’è un solo esempio di low-cost create da compagnie di bandiera che hanno avuto successo. Sono state ovunque una ulteriore emorragia di denari. Fa eccezione Vueling che stava facendo la stessa fine sino a quando British Airways ed Iberia, proprietarie del vettore low-cost spagnolo attraverso Iag, non chiamarono uno straordinario manager di aviazione: Alex Cruz, che riuscì a ristrutturarla ed a renderla reddituale. E non è un caso che qualche mese fa Alex sia stato nominato ceo di British Airways, uno spagnolo al capezzale della storica compagnia inglese anche questa come Alitalia falcidiata dal colosso Ryanair.
Alitalia non ha né la struttura né tantomeno l’organizzazione adeguata ad implementare una low-cost, che ha delle peculiarità ben precise totalmente estranee ad una compagnia tradizionale".

Ci dica quali sono queste peculiarità
"Ha mai sentito parlare di Herbert Dwight Kelleher e di Rollin King?"

Certo i fondatori di Southwest, perché?
"Perché quei due signori negli anni ’90 hanno radicalmente cambiato l’idea e il modo di concepire e gestire una compagnia aerea, Kelleher in special modo è stato davvero un innovatore senza uguali nella storia del trasporto aereo; lo stesso O’Leary ha certamente tratto spunto dall’esperienza di Southwest per creare quella straordinaria storia di successo imprenditoriale che si chiama Ryanair.
Kelleher iniziando con 3 aerei che potevano volare solo all’interno del Texas, riuscì negli anni a creare un colosso dei cieli quale è oggi Southwest, estremizzando la teoria del nobel dell’economia Michael Porter sulla leadership di costo, attraverso un continuo lavoro di ricerca teso verso una sempre maggiore efficienza dei meccanismi interni di processo di una aerolinea. Più nello specifico il manager texano, capì primo tra tutti di essere innanzi ad un modello di business in cui i processi operativi interni non solo si prestano ad un alta incidenza di variabili esogene (ergo di basso livello di prevedibilità), ma attraversano funzioni aziendali non omogenee ovvero assai diverse tra loro, perché diverso il background delle risorse umane che le compongono. In altre parole, in una compagnia aerea, la progettazione del design organizzativo risulta essere operazione molto complessa, sia perché occorre armonizzare risorse umane con skill assai diversi ovvero piloti, ingegneri, meccanici, assistenti di volo, impiegati amministrativi e commerciali, sia perché occorre trovare e definire un nesso eziologico efficace tra la struttura organizzativa e il modello di controllo di gestione interno, e per definire tale nesso un manager gestore di una compagnia aerea, come dicevano i miei maestri americani, deve “puzzare di cherosene”, ovvero deve essere il collante tra funzioni in cui lavorano personalità spesso all’opposto tra loro, ergo devi gestire on the road sporcandoti le mani insieme ai meccanici e capendo le esigenze di ingegneri e piloti, ovvero di persone che in quanto tali esercitano mestieri complessi e di enorme responsabilità".

Quindi a suo parere l’idea che O’Leary abbia creato la strategia di Ryanair copiando da quella di Southwest ha una sua logica?
"Assolutamente no, solo il fine potrebbe essere in qualche modo accomunato, ma non di certo il percorso strategico. O’Leary come tutte le persone geniali ha preso certamente degli spunti dall’esperienza di Southwest, riconoscendo in questa un notevole tasso di innovazione, ma nulla di più e mi spiego: la visione dell’impresa di Kelleher è una visione tridimensionale nel senso che alla dimensione di efficienza e di efficacia necessarie nel costruire una impresa di successo, si aggiunge quella relativa al valore sociale, e non è un caso che il manager texano un giorno affermò che in Southwest assumere una nuova risorsa era un'“esperienza religiosa” (cit). Anche la visione di O’Leary può essere definita tridimensionale ma i contenuti sono assai diversi; lui insieme al suo team è riuscito e definire un efficace nesso eziologico tra struttura organizzativa, processi interni e sistemi di controllo. Ovvero estendere a livello tridimensionale il rapporto organizzazione/processi interni, adeguando ad essi un modello di controllo di estrema efficacia. La grande intuizione imprenditoriale del manager irlandese fu quella di capire che occorreva integrare la lezione di Southwest relativa al rapporto organizzazione/processo con un terzo elemento, ovvero un adeguato sistema di controllo della gestione che all’interno di processi complessi è certamente l’elemento chiave. Ecco quindi che i valori portanti della filosofia imprenditoriale di Kelleher non sono quelli di O’Leary; l’unico vero punto che accomuna questi due casi di straordinario successo imprenditoriale è la continua ricerca di efficienza di processo, ma ben diversi sono i percorsi con cui raggiungono il loro obiettivo. La visione di Kelleher della dimensione sociale come asse portante su cui costruire l’organizzazione aziendale, non è replicata da O’Leary ed anche il rapporto con il cliente viene ad essere concepito in modo molto diverso. La soddisfazione del cliente per la qualità del servizio offerto è centrale nella strategia della compagnia americana, non è cosi invece per la compagnia irlandese; qui il concetto è che il cliente è già di per sé soddisfatto e lo deve essere, in quanto beneficiario vero ed ultimo dell’efficienza che caratterizza i processi interni e che si traduce in costi di esercizio più bassi di quelli dei competitor, che per una parte determinano i copiosi utili di esercizio che la compagnia macina ormai da anni con una notevole tendenza verso un crescente aumento degli stessi, ma per altra parte avvantaggiano il cliente consentendogli di acquisire biglietti a prezzi che i competitor non possono proporre nella loro offerta, e quando ci provano dopo un po' sono costretti ad arrendersi perché non competitivi con i costi di esercizio di Ryanair".

Tornando ad Alitalia Lei crede quindi che, se vera, questa idea di creare una low-cost, sarebbe un ulteriore errore strategico
"Quando Etihad rilevò il 49% di Alitalia dissi che sarebbe stata per gli arabi una esperienza imprenditoriale disastrosa. La strategia portata avanti in questi anni di essere concorrenziali con gli altri vettori del Golfo attraverso politiche di acquisizioni di altre compagnie europee, è quanto di più sbagliato ed assurdo si possa fare nel modello di business del trasporto aereo. I cosiddetti Ide (Investimenti diretti esteri) in aviazione non funzionano e mai funzioneranno, anzi sono deleteri perché sviliscono il valore del marchio rendendo sempre più sterile la capacita di attrarre la clientela, ed il numero dei passeggeri conferma inesorabilmente questa teoria. Emirates in primis e Qatar continuano ad essere i leader di mercato di quell’area. L’idea di creare una low-cost all’interno di Alitalia, sarebbe a mio avviso un ulteriore errore strategico, perché non realizzabile secondo criteri di efficienza e di efficacia in un contesto produttivo di aerolinea tradizionale. Così come altro errore imperdonabile sarebbe quello di abbandonare il medio-corto raggio, o peggio ancora cederlo a terzi, per alimentare i voli di lungo raggio come contropartita. I problemi di Alitalia sono innanzitutto quello di ritrovare una propria dimensione dopo il quinquennio deleterio dei capitani coraggiosi che hanno devastato la compagnia con politiche di tagli del personale scriteriate e senza logica, sottraendo ad Alitalia risorse importanti e quindi certificazioni importanti. Altro errore esiziale è stata la scelta di esternalizzare la manutenzione: errore gravissimo per un'aviolinea delle dimensioni di Alitalia, che avrebbe dovuto invece fare della manutenzione interna non solo un centro di servizio dei propri aerei, ma anche un centro di ricavi offrendola a terzi. Questo mestiere si fa sfruttando gli skill delle risorse umane; ci voglio anni per costruire un bravo pilota o un bravo ingegnere aeronautico, cosi come ci vogliono anni per diventare dei bravi meccanici o per saper gestire le problematiche di scalo. Bene, i “capitani coraggiosi” sono riusciti a distruggere competenze di primo livello all’interno di Alitalia mandandole in cassa integrazione, e a svilirne altre relegandole a ruoli secondari in quanto totalmente ignari del modello di business. Tra l’altro dalle notizie che leggiamo si sente di ulteriori tagli di personale e remunerazioni: anche ciò mi auguro che non sia vero, diversamente sarebbe un'altra inutile azione di “macelleria sociale”. Si legge inoltre che intendono risparmiare 160 milioni in relazione ai costi di esercizio. Bene, anzi male, perché non bastano; Alitalia con la sua attuale soglia dimensionale dovrebbe costare almeno 400 milioni in meno rispetto a quanto costa oggigiorno. Un manager esperto possibilmente americano saprebbe dove mettere le mani e lo potrebbe fare a mio modesto avviso senza toccare una sola unità lavorativa, anzi Alitalia avrebbe bisogno di assumere ulteriori persone “skillate” per riportare “in house” la manutenzione sia della cellula che dei motori, ergo riprendersi in casa Atitech e far rinascere Ams. Capisco però che tutto ciò non verrà realizzato perché non è semplice da farsi, allora personalmente vedo una sola, difficile soluzione: quella della nazionalizzazione. Non credo che un privato investirebbe oggi soldi su Alitalia che ha una massa enorme di perdite accumulate, né a mio avviso si può chiedere alle banche che gestiscono i soldi dei risparmiatori di rimetterci altro denaro. In un Paese dove il turismo dovrebbe essere uno dei fattori determinanti della crescita del Pil, occorre che la politica faccia la sua parte, ovvero che si prenda in carico ciò che rimane della compagnia di bandiera ed in un contesto di sistema Paese trovi il modo di avviarla verso una gestione seria ed oculata che in poco tempo possa riportare l’azienda ad avere una sua dignità imprenditoriale oggi tristemente perduta. E’ dura ma non impossibile, occorrerebbe solo che qualcuno tra coloro che ci governano si assumesse precise responsabilità al riguardo, ma non credo che questo qualcuno esista".

Gaetano F. Intrieri, docente modelli avanzati controllo di gestione Università di Tor Vergata (Roma); consulente aeronautico. (Avionews)
(006)
 
personalmente vedo una sola, difficile soluzione: quella della nazionalizzazione. Non credo che un privato investirebbe oggi soldi su Alitalia che ha una massa enorme di perdite accumulate, né a mio avviso si può chiedere alle banche che gestiscono i soldi dei risparmiatori di rimetterci altro denaro. In un Paese dove il turismo dovrebbe essere uno dei fattori determinanti della crescita del Pil, occorre che la politica faccia la sua parte, ovvero che si prenda in carico ciò che rimane della compagnia di bandiera ed in un contesto di sistema Paese trovi il modo di avviarla verso una gestione seria ed oculata che in poco tempo possa riportare l’azienda ad avere una sua dignità imprenditoriale oggi tristemente perduta. E’ dura ma non impossibile, occorrerebbe solo che qualcuno tra coloro che ci governano si assumesse precise responsabilità al riguardo, ma non credo che questo qualcuno esista".

Gaetano F. Intrieri, docente modelli avanzati controllo di gestione Università di Tor Vergata (Roma); consulente aeronautico. (Avionews)
(006)
A parte il fatto che la nazionalizzazione dovrebbe essere (fortunatamente) vietata dalle norme UE, mi mette tristezza che un docente non si renda nemmeno conto della irrilevanza che ha ormai AZ nei collegamenti Italia-estero (9.93% di share), nonostante questi ultimi (e il turismo che ne deriva) siano in rapida crescita.
La verità è che chi vuole venire in Italia trova un'offerta completa e variegata come non mai e se AZ non è capace di ristrutturarsi in modo da correre con gli altri è giusto che sia lasciata al proprio destino. E non certo che ridiventi il carrozzone statale dei bei tempi andati e che in buona misura, tale è rimasto anche ora.
 
Curiosità: qual è stato il numero massimo di frequenze giornaliere operate da AZ nella rotta FCO-LIN+MXP?
 
http://www.avionews.it/index.php?corpo=see_news_home.php&news_id=1202781&pagina_chiamante=index.php

Esclusiva AVIONEWS: intervista a Gaetano Intrieri sull'attuale situazione del vettore aereo Alitalia

Roma, Italia - Il docente e consulente aeronautico è stato autore di una analisi del bilancio della compagnia pubblicato ad ottobre

24034
(WAPA) - AVIONEWS ha intervistato Gaetano Intrieri, autore di una bella analisi del bilancio di Alitalia, che questa Agenzia ha pubblicato in esclusiva nell’ottobre scorso (vedi notizia), per conoscere la sua opinione su quanto sta accadendo in Alitalia.

Dott. Intrieri, Lei è stato il primo a far emergere le incongruenze e il notevole passivo di Alitalia, quando ancora Montezemolo e Hogan dichiaravano di perdere “soltanto” 500 mila € al giorno e negavano ogni problema nella gestione del vettore aereo. Di fatto ha rotto le uova nel paniere,
"Intanto voglio ringraziare AVIONEWS per avermi chiesto di redigere quell’analisi e per avermi dato la possibilità di scrivere su questa testata storica ed importante per quelli come me che si occupano di aviazione. Certamente dopo quell’articolo ho avuto molti feedback da tantissime persone, e mi ha fatto molto piacere soprattutto il commento secondo cui sono riuscito a rendere fruibile un argomento assai complesso come è quello relativo ai bilanci di una compagnia aerea. Mi hanno fatto poi enorme piacere i messaggi di apprezzamento all’articolo ricevuti da tantissimi dipendenti Alitalia".

E’ notizia di questi giorni che il piano industriale a cui stanno lavorando i manager Alitalia con gli advisor dovrebbe prevedere uno sdoppiamento della compagnia, con la possibilità di creare una low-cost per i voli di medio/corto raggio e lasciare ad Alitalia solo il lungo raggio. Cosa pensa di questa idea?
"Mi auguro che siano solo voci e non sia questa la strategia perché se cosi fosse sarebbe, a mio avviso, un altro fallimento annunciato; il settore del trasporto aereo ha una specificità notevole ove occorre una grande esperienza vissuta sul campo, unita ad una notevole conoscenza di tecniche e metodologie economico-finanziare altamente complesse e specifiche. Non sempre le società di consulenza direzionale hanno queste professionalità specifiche.
Venendo alla sua domanda, oggigiorno pensare di partire con una low-cost è la strategia più difficile da realizzare, in quanto richiede competenze e esperienze di efficienza gestionale molto difficili da raggiungere se si vuole competere in un mercato dove Ryanair è almeno 20 anni avanti a tutti gli altri. Non c’è un solo esempio di low-cost create da compagnie di bandiera che hanno avuto successo. Sono state ovunque una ulteriore emorragia di denari. Fa eccezione Vueling che stava facendo la stessa fine sino a quando British Airways ed Iberia, proprietarie del vettore low-cost spagnolo attraverso Iag, non chiamarono uno straordinario manager di aviazione: Alex Cruz, che riuscì a ristrutturarla ed a renderla reddituale. E non è un caso che qualche mese fa Alex sia stato nominato ceo di British Airways, uno spagnolo al capezzale della storica compagnia inglese anche questa come Alitalia falcidiata dal colosso Ryanair.
Alitalia non ha né la struttura né tantomeno l’organizzazione adeguata ad implementare una low-cost, che ha delle peculiarità ben precise totalmente estranee ad una compagnia tradizionale".

Ci dica quali sono queste peculiarità
"Ha mai sentito parlare di Herbert Dwight Kelleher e di Rollin King?"

Certo i fondatori di Southwest, perché?
"Perché quei due signori negli anni ’90 hanno radicalmente cambiato l’idea e il modo di concepire e gestire una compagnia aerea, Kelleher in special modo è stato davvero un innovatore senza uguali nella storia del trasporto aereo; lo stesso O’Leary ha certamente tratto spunto dall’esperienza di Southwest per creare quella straordinaria storia di successo imprenditoriale che si chiama Ryanair.
Kelleher iniziando con 3 aerei che potevano volare solo all’interno del Texas, riuscì negli anni a creare un colosso dei cieli quale è oggi Southwest, estremizzando la teoria del nobel dell’economia Michael Porter sulla leadership di costo, attraverso un continuo lavoro di ricerca teso verso una sempre maggiore efficienza dei meccanismi interni di processo di una aerolinea. Più nello specifico il manager texano, capì primo tra tutti di essere innanzi ad un modello di business in cui i processi operativi interni non solo si prestano ad un alta incidenza di variabili esogene (ergo di basso livello di prevedibilità), ma attraversano funzioni aziendali non omogenee ovvero assai diverse tra loro, perché diverso il background delle risorse umane che le compongono. In altre parole, in una compagnia aerea, la progettazione del design organizzativo risulta essere operazione molto complessa, sia perché occorre armonizzare risorse umane con skill assai diversi ovvero piloti, ingegneri, meccanici, assistenti di volo, impiegati amministrativi e commerciali, sia perché occorre trovare e definire un nesso eziologico efficace tra la struttura organizzativa e il modello di controllo di gestione interno, e per definire tale nesso un manager gestore di una compagnia aerea, come dicevano i miei maestri americani, deve “puzzare di cherosene”, ovvero deve essere il collante tra funzioni in cui lavorano personalità spesso all’opposto tra loro, ergo devi gestire on the road sporcandoti le mani insieme ai meccanici e capendo le esigenze di ingegneri e piloti, ovvero di persone che in quanto tali esercitano mestieri complessi e di enorme responsabilità".

Quindi a suo parere l’idea che O’Leary abbia creato la strategia di Ryanair copiando da quella di Southwest ha una sua logica?
"Assolutamente no, solo il fine potrebbe essere in qualche modo accomunato, ma non di certo il percorso strategico. O’Leary come tutte le persone geniali ha preso certamente degli spunti dall’esperienza di Southwest, riconoscendo in questa un notevole tasso di innovazione, ma nulla di più e mi spiego: la visione dell’impresa di Kelleher è una visione tridimensionale nel senso che alla dimensione di efficienza e di efficacia necessarie nel costruire una impresa di successo, si aggiunge quella relativa al valore sociale, e non è un caso che il manager texano un giorno affermò che in Southwest assumere una nuova risorsa era un'“esperienza religiosa” (cit). Anche la visione di O’Leary può essere definita tridimensionale ma i contenuti sono assai diversi; lui insieme al suo team è riuscito e definire un efficace nesso eziologico tra struttura organizzativa, processi interni e sistemi di controllo. Ovvero estendere a livello tridimensionale il rapporto organizzazione/processi interni, adeguando ad essi un modello di controllo di estrema efficacia. La grande intuizione imprenditoriale del manager irlandese fu quella di capire che occorreva integrare la lezione di Southwest relativa al rapporto organizzazione/processo con un terzo elemento, ovvero un adeguato sistema di controllo della gestione che all’interno di processi complessi è certamente l’elemento chiave. Ecco quindi che i valori portanti della filosofia imprenditoriale di Kelleher non sono quelli di O’Leary; l’unico vero punto che accomuna questi due casi di straordinario successo imprenditoriale è la continua ricerca di efficienza di processo, ma ben diversi sono i percorsi con cui raggiungono il loro obiettivo. La visione di Kelleher della dimensione sociale come asse portante su cui costruire l’organizzazione aziendale, non è replicata da O’Leary ed anche il rapporto con il cliente viene ad essere concepito in modo molto diverso. La soddisfazione del cliente per la qualità del servizio offerto è centrale nella strategia della compagnia americana, non è cosi invece per la compagnia irlandese; qui il concetto è che il cliente è già di per sé soddisfatto e lo deve essere, in quanto beneficiario vero ed ultimo dell’efficienza che caratterizza i processi interni e che si traduce in costi di esercizio più bassi di quelli dei competitor, che per una parte determinano i copiosi utili di esercizio che la compagnia macina ormai da anni con una notevole tendenza verso un crescente aumento degli stessi, ma per altra parte avvantaggiano il cliente consentendogli di acquisire biglietti a prezzi che i competitor non possono proporre nella loro offerta, e quando ci provano dopo un po' sono costretti ad arrendersi perché non competitivi con i costi di esercizio di Ryanair".

Tornando ad Alitalia Lei crede quindi che, se vera, questa idea di creare una low-cost, sarebbe un ulteriore errore strategico
"Quando Etihad rilevò il 49% di Alitalia dissi che sarebbe stata per gli arabi una esperienza imprenditoriale disastrosa. La strategia portata avanti in questi anni di essere concorrenziali con gli altri vettori del Golfo attraverso politiche di acquisizioni di altre compagnie europee, è quanto di più sbagliato ed assurdo si possa fare nel modello di business del trasporto aereo. I cosiddetti Ide (Investimenti diretti esteri) in aviazione non funzionano e mai funzioneranno, anzi sono deleteri perché sviliscono il valore del marchio rendendo sempre più sterile la capacita di attrarre la clientela, ed il numero dei passeggeri conferma inesorabilmente questa teoria. Emirates in primis e Qatar continuano ad essere i leader di mercato di quell’area. L’idea di creare una low-cost all’interno di Alitalia, sarebbe a mio avviso un ulteriore errore strategico, perché non realizzabile secondo criteri di efficienza e di efficacia in un contesto produttivo di aerolinea tradizionale. Così come altro errore imperdonabile sarebbe quello di abbandonare il medio-corto raggio, o peggio ancora cederlo a terzi, per alimentare i voli di lungo raggio come contropartita. I problemi di Alitalia sono innanzitutto quello di ritrovare una propria dimensione dopo il quinquennio deleterio dei capitani coraggiosi che hanno devastato la compagnia con politiche di tagli del personale scriteriate e senza logica, sottraendo ad Alitalia risorse importanti e quindi certificazioni importanti. Altro errore esiziale è stata la scelta di esternalizzare la manutenzione: errore gravissimo per un'aviolinea delle dimensioni di Alitalia, che avrebbe dovuto invece fare della manutenzione interna non solo un centro di servizio dei propri aerei, ma anche un centro di ricavi offrendola a terzi. Questo mestiere si fa sfruttando gli skill delle risorse umane; ci voglio anni per costruire un bravo pilota o un bravo ingegnere aeronautico, cosi come ci vogliono anni per diventare dei bravi meccanici o per saper gestire le problematiche di scalo. Bene, i “capitani coraggiosi” sono riusciti a distruggere competenze di primo livello all’interno di Alitalia mandandole in cassa integrazione, e a svilirne altre relegandole a ruoli secondari in quanto totalmente ignari del modello di business. Tra l’altro dalle notizie che leggiamo si sente di ulteriori tagli di personale e remunerazioni: anche ciò mi auguro che non sia vero, diversamente sarebbe un'altra inutile azione di “macelleria sociale”. Si legge inoltre che intendono risparmiare 160 milioni in relazione ai costi di esercizio. Bene, anzi male, perché non bastano; Alitalia con la sua attuale soglia dimensionale dovrebbe costare almeno 400 milioni in meno rispetto a quanto costa oggigiorno. Un manager esperto possibilmente americano saprebbe dove mettere le mani e lo potrebbe fare a mio modesto avviso senza toccare una sola unità lavorativa, anzi Alitalia avrebbe bisogno di assumere ulteriori persone “skillate” per riportare “in house” la manutenzione sia della cellula che dei motori, ergo riprendersi in casa Atitech e far rinascere Ams. Capisco però che tutto ciò non verrà realizzato perché non è semplice da farsi, allora personalmente vedo una sola, difficile soluzione: quella della nazionalizzazione. Non credo che un privato investirebbe oggi soldi su Alitalia che ha una massa enorme di perdite accumulate, né a mio avviso si può chiedere alle banche che gestiscono i soldi dei risparmiatori di rimetterci altro denaro. In un Paese dove il turismo dovrebbe essere uno dei fattori determinanti della crescita del Pil, occorre che la politica faccia la sua parte, ovvero che si prenda in carico ciò che rimane della compagnia di bandiera ed in un contesto di sistema Paese trovi il modo di avviarla verso una gestione seria ed oculata che in poco tempo possa riportare l’azienda ad avere una sua dignità imprenditoriale oggi tristemente perduta. E’ dura ma non impossibile, occorrerebbe solo che qualcuno tra coloro che ci governano si assumesse precise responsabilità al riguardo, ma non credo che questo qualcuno esista".

Gaetano F. Intrieri, docente modelli avanzati controllo di gestione Università di Tor Vergata (Roma); consulente aeronautico. (Avionews)
(006)

gli ho offerto un caffè perchè scrivesse questo finale!
 
la politica faccia la sua parte, ovvero che si prenda in carico ciò che rimane della compagnia di bandiera ed in un contesto di sistema Paese trovi il modo di avviarla verso una gestione seria ed oculata che in poco tempo possa riportare l’azienda ad avere una sua dignità imprenditoriale oggi tristemente perduta.

Antani di situazione reddituale nella specificità del sistema paese per la rendicontazione sintagmatica delle metodologie economico-finanziarie.
 
A parte il tono altamente e compiaciutamente autoreferenziale, e tralasciando la tesi finale che farebbe venire i lucciconi alla Camusso, ci sono almeno un paio di cose interessanti per le quali chiedo l'opinione di chi e' dentro all'industria:
1) Lo smantellamneto della manutenzione e' stato un errore strategico. A me ricorda tanto le razionalizzazioni di spesa nella sanita', dove si e' ridotto il personale di reparto lasciando intatti gli uffici, ma potrebbe essere una mia impressione. Pero' Ryanair come fa? (vedi sotto)
2) Pensare di fare una low cost e' assurdo, perche' conto Ryanair nun jiaa' poi fa', eziologicamente parlando.

Per favore, chi volesse rispondere evitasse inutili "e' tutto un magna magna"

Grazie
 
A parte il tono altamente e compiaciutamente autoreferenziale, e tralasciando la tesi finale che farebbe venire i lucciconi alla Camusso, ci sono almeno un paio di cose interessanti per le quali chiedo l'opinione di chi e' dentro all'industria:
1) Lo smantellamneto della manutenzione e' stato un errore strategico. A me ricorda tanto le razionalizzazioni di spesa nella sanita', dove si e' ridotto il personale di reparto lasciando intatti gli uffici, ma potrebbe essere una mia impressione. Pero' Ryanair come fa? (vedi sotto)
2) Pensare di fare una low cost e' assurdo, perche' conto Ryanair nun jiaa' poi fa', eziologicamente parlando.

Per favore, chi volesse rispondere evitasse inutili "e' tutto un magna magna"

Grazie

C'è stata la necessità di fare cassa immediata, senza una programmazione a lungo termine: vedi, tra l'altro, la messa a terra degli A300 che erano di proprietà, la diminuzione dei sedili sugli Md80 (a ridosso dell'estate con le prenotazioni già fatte) per togliere un assistente di volo...risparmi di Maria Calzetta che a medio e lungo termine hanno portato a spese ben superiori dei risparmi immediati.
 
Alitalia, Ball mette nel mirino i privilegi sindacali
In gioco permessi e distacchi. Occhi puntati sui maxi tagli del nuovo piano industriale


Paolo Stefanato - Lun, 13/03/2017 - 09:11

Da una parte tutti i lavoratori, dall'altra i sindacalisti: due pesi e due misure. Alitalia ha appena congelato lo scatto di anzianità che doveva entrare in vigore a inizio anno, in compenso lascia intatto il trattamento dei rappresentanti sindacali.


Lo scatto produce risparmi per 2-2,5 milioni all'anno, mentre i vantaggi sindacali ne valgono circa 10. È questa una delle spine che l'ad Cramer Ball che a giorni sarà affiancato dal presidente con deleghe Luigi Gubitosi vorrebbe affrontare nella fase di approvazione del piano industriale. Non è questione da poco, sia dal punto di vista economico, sia delle relazioni industriali. Se complessivamente i tagli alle spese previsti per il primo anno ammontano a 160 milioni, i diritti concessi ai sindacalisti valgono oltre il 6% di questa cifra.

La materia, molto insidiosa, è frutto di un accordo sindacale firmato nel gennaio 2014, al decollo della nuova Alitalia Sai, partecipata da Etihad. I dettagli dell'intesa sono sempre stati tenuti riservati, ma meritano un approfondimento vista la fase delicata delle relazioni industriali, che a breve dovranno misurarsi sulla questione scottante degli esuberi.

Gli accordi prevedono che a tutte le sigle (confederali e associazioni professionali) vengano accordati 70 distacchi (ovvero permessi) sindacali retribuiti all'anno, ciascuno per un massimo di 210 giorni, che con ferie e festività diventano un'annualità di stipendio. I 70 distacchi vengono poi suddivisi tra circa 180 sindacalisti, che ogni mese sommano permessi e lavoro. Sono pochi, quindi, i sindacalisti a tempo pieno; soprattutto tra i piloti, che per questioni legate a certificazioni e brevetto preferiscono non sospendere il lavoro per lunghi periodi. Così un comandante-sindacalista, che somma l'attività sindacale e quella di pilota, alla fine costa all'azienda circa 250mila euro lordi all'anno, pari a 13-14mila netti al mese; un primo ufficiale arriva a 9-10mila. Inferiori le retribuzioni e i benefici per gli assistenti di volo e per il personale di terra, le cui retribuzioni con l'aggiunta dei benefici sindacali non superano i 1.800-2mila euro.

Quanto costano dunque all'Alitalia, nel loro complesso, i permessi sindacali? Circa 6 milioni per i piloti, 1,6 per hostess e steward, 1,2 per gli addetti di terra. Eccoci dunque vicini ai 10 milioni detti all'inizio. Si tratta ora di capire: Ball (o Gubitosi) imbraccerà l'ascia anche verso i sindacalisti tra i meglio trattati del mondo?

Questa settimana sarà comunque cruciale. Mercoledì il cda varerà il piano industriale e coopterà Luigi Gubitosi che sarà presidente operativo, con deleghe su finanza, sindacati, personale e organizzazione. Ball resta ad, ma il suo ruolo viene ridimensionato, poiché egli mantiene responsabilità solo sulla parte operativa e commerciale. Una diminutio che sconta gli insuccessi delle strategie di Etihad e che è frutto di una cucitura diplomatica. Non è da escludere che all'uscita dal gruppo arabo del numero uno Hogan, suo mentore, anch'egli abbandoni. Chi esce in questa fase è il presidente Luca di Montezemolo. Quanto al piano 2017-2019, il cda la settimana scorsa lo ha definito «serio e realistico»; lo avrebbe anche approvato, se Unicredit non avesse chiesto precisazioni sui conti. Il piano che rivede il modello del medio raggio, punta sul lungo e poggia su un aumento di capitale dovrebbe portare il gruppo in utile nel 2019. Ma solo il tempo potrà giudicare.

Il Giornale
 
C'è stata la necessità di fare cassa immediata, senza una programmazione a lungo termine: vedi, tra l'altro, la messa a terra degli A300 che erano di proprietà, la diminuzione dei sedili sugli Md80 (a ridosso dell'estate con le prenotazioni già fatte) per togliere un assistente di volo...risparmi di Maria Calzetta che a medio e lungo termine hanno portato a spese ben superiori dei risparmi immediati.

Ti stai riferendo agli A300 messi a terra nel 1997?
A memoria, almeno alcuni di questi avevano la cellula arrivata alla frutta (I-BUSM,N,P,Q ,R e T). La restante parte mi sembra di ricordare che venne ceduta a vettori cargo, e solo pochi tornarono a volare, mentre gli altri furono cannibalizzati.
 
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