L’Aquila, sigilli all’aeroporto più inutile
L’ACCUSA: INTERRATI NELLA PISTA RIFIUTI SPECIALI PROVENIENTI DALLE MACERIE POST-SISMA, COME IN UNA DISCARICA
Il primo volo – era il 19 dicembre 2013, dieci mesi fa –registrò ben due ore di ritardo: eppure si partiva da Roma Ciampino, 89 chilometri in linea d’aria. Poi il nulla. O quasi, se consideriamo un volo per Milano a maggio e il forfait della Tourgest, la compagnia aerea che aveva proposto, a giugno, la tratta L’Aquila-Olbia, salvo ritirarsi a luglio. Ma a sancire il record dell’aeroporto più improbabile d’Italia, ci ha pensato ieri la Procura aquilana, che ha disposto il sequestro della pista: per l’accusa è una discarica. In sei sono indagati per traffico di rifiuti speciali, cioè macerie dei cantieri di demolizione e ricostruzione, dopo il terremoto che devastò L’Aquila nel 2009, ovvero “mattoni, mattonelle, marmi, plastiche, tubi, corrugati utilizzati per i cablaggi elettrici, tubi in Pvc, blocchi di calcestruzzo, pezzi di asfalto, pezzi di guaina bituminosa e tondini di ferro, per complessivi 5.000 metri cubi circa”.
CON QUESTO materiale, secondo l’accusa, è stata costruita l’area di sicurezza a fine pista. Nel corso dell’indagine – condotta da polizia, finanza e forestali sotto la guida del procuratore Fausto Cardella e del sostituto Fabio Picuti –è stata installata una videocamera all’interno dell’aeroporto dei Parchi, che ha registrato, tra il 21 marzo e il 20 maggio 2014, “circa 300 scarichi all’interno dell’area aeroportuale, sul lato nord della pista di atterraggio”.
Immortalati nel trasporto rifiuti speciali, gli imprenditori Piero Negrini e Rachele e Antonio Lunari che in questo modo, secondo l’accusa, hanno ottenuto “un ingiusto profitto pari a 73 mila euro, corrispondente al risparmio delle spese che avrebbero dovuto sostenere per lo smaltimento lecito dei rifiuti”. La Xpress, che gestisce l’aeroporto, avrebbe invece risparmiato circa 36 mila euro. Il 24 giugno gli investigatori si presentano in aeroporto: agenti della squadra mobile di L’Aquila, del Corpo forestale e del Nucleo Nipaf di Napoli, ispezionano la pista: “Il materiale depositato su un’area di circa 20.000 metri quadri – si legge negli atti – era composto da terra mista a frammenti di rifiuti provenienti da demolizione e costruzione edile”. E così, mentre la Tourgest, la compagnia che aveva pensato al volo l’Aquila-Olbia, molla lo scalo, gli inquirenti annotano che sulla pista si è registrato “un traffico illecito di rifiuti speciali” e “una discarica abusiva di dimensioni ragguardevoli, pari a 5 mila metri cubi, in 20 mila metri quadrati d’estensione”.
PER L’ACCUSA, l'amministratore unico della Xpress, il calabrese Giuseppe Musarella, “riceveva i materiali e li faceva scaricare nella zona nord dell’aeroporto”, mentre Negrini e Lunari “effettuavano le operazioni di trasporto e scarico dai cantieri edili”. Ad aprile, grazie a un'intercettazione, gli investigatori si convincono che anche un ingegnere del Comune, Mario Corridore, è al corrente . Lo registrano mentre parla con il direttore commerciale della Xpress, Ignazio Chiaramonte, che a sua volta passa il telefono ad Alessio Pulicani.
E al termine della telefonata annotano: “Sono perfettamente consapevoli dell'attività di trasporto e di scarico dei rifiuti e che tale attività è gestita in prima persona con la loro presenza in sito”. “Ti volevo far vedere – dice Corridore – che la terra che stanno mettendo …ehm ... non ... nel posto sbagliato! …Eh ... la terra che stanno mettendo adesso, la mettono lì, secondo me poi la devi rimuovere tutta quanta!”. E così, oltre Musarella e i tre imprenditori, sono stati indagati in concorso anche Corridore e Chiaramonte.
Il funzionario, sentito da Il Fatto , fornisce questa versione: “Ho parlato di terra, nell’intercettazione, e non di rifiuti, perché sono convinto che fosse terra. E comunque, di questa vicenda, non ho mai parlato con il sindaco Massimo Cialente”. Il sindaco aquilano è stato un convinto sostenitore dell’aeroporto, per il quale il Comune si è impegnato a stanziare circa 200mila euro l’anno per tre anni, più 50mila per 40 anni. “Non sono pentito – ha dichiarato ieri Cialente –, la questione non è se io debba ancora fidarmi o meno della Xpress, che ha vinto una gara. Spero piuttosto che abbia stipulato un contratto serio per la fornitura delle macerie”.
Il Fatto Quotidiano 22 ottobre 2014, pag. 8