CAPITOLO III
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Prima di continuare con il TR mi permetto un breve excursus sul tema dell'immigrazione australiana, visto che sembra interessare alcuni: immigrare in Australia non è impossibile ma nemmeno cosa da poco. Sintetizzando al massimo, le regole per l'ingresso nel Paese sono molto severe, ma soprattutto sono molto restrittive le norme che regolano i visti che permettono di lavorare.
Escludendo i visti con sponsor che esistono qui come ovunque, a differenza di paesi come gli USA qui esistono però due tipologie di visto che hanno contribuito a formare la mia scelta: se si ha un'età inferiore ai 31 anni compiuti esiste un visto, il famoso Working Holiday Visa (WHV), che permette di entrare nel paese per un anno con l'intento di viaggiare e/o di lavorare e/o di studiare (seppur con alcune restrizioni). Se poi durante questo anno si sono svolti almeno 88 giorni di lavoro in determinati settori o nelle aree rurali del paese, e al tempo stesso non si è superato il limite di età, allora si può chiedere l'estensione per un secondo anno.
Oltre al WHV esistono poi i c.d. Skilled Visa e ovvero, sempre sintetizzando, visti permanenti per lavoratori privi di sponsor ma che rientrano in categorie professionali di cui esiste una domanda non del tutto evasa all'interno del Paese.
Ricapitolando: emigrare in Australia è sostanzialmente impossibile per alcune classi di età e per alcune professioni, ma possibile (seppur laborioso e dispendioso) per altri e cioè per le classi d'età più produttive e per quelli con le qualifiche più alte e ricercate. Insomma tutti coloro i quali in Italia vengono lasciati a marcire.
E' un discorso purtroppo molto cinico, come cinica ma forse giusta è la scelta del locale dipartimento per l'immigrazione di anteporre gli interessi dei propri cittadini a quelli degli stranieri. Chi vuole fare il gioco del "trova le differenze" è il benvenuto, mentre chi è interessato ad approfondire il dettaglio della questione può lasciare stare le voci di corridoio e documentarsi direttamente sull'ottimo sito dell'immigrazione australiana. Sito che consiglio vivamente anche perchè se si viene qua senza una pianificazione attenta finisce che si torna a casa frustrati, con le ossa rotte e coi creditori alla porta.
Ma non indugiamo oltre e riprendiamo a viaggiare.
Dopo qualche settimana passata ad acclimatarsi a Melbourne è già la volta di tornare a volare per visitare la principale città australiana: Sydney.
Direttamente dall'Italia prenoto questo e gli ultimi due voli del prossimo capitolo, con le tre principali compagnie che operano sul domestico australiano. Oggi si vola con Tigerair.
Se Qantas non gode proprio di ottima fama tra gli australiani, o quantomeno tra quelli che volano nelle classi economiche, la parola Tigerair provoca invece direttamente risolini diffusi. La fama di questa succursale australiana della compagnia singaporiana è infatti quella di una ultra-low-cost sempre in ritardo e dal pessimo servizio, dalla quale sarebbe anzi bene stare alla larga. Di una simile fama vengo però al corrente solo a biglietto staccato, biglietto che comunque mi è costato una vera miseria. Vorrà dire che mi immolerò per voi.
Per poco anzi non ho avuto una Bourne Experience: nel prenotare il volo ho notato che ce n'erano due quasi allo stesso orario, e grossomodo allo stesso prezzo. Selezionato ovviamente quello più economico stavo per procedere con l'acquisto, quando all'ultimo istante mi sono ricordato del nostro Meastro dei Day Trip e del suo resoconto da Avalon. Uno dei due, infatti, partiva dall'aeroporto secondario della città, che rispetto a MEL è anche ben più distante. C'è mancato poco che oltre ad immolarmi mi dessi pure una bella randellata sugli zebedei.
Il Tullamarine Airport di Melbourne, principale scalo dello stato del Victoria, è facilmente raggiungibile in pochi minuti di macchina dalla città, e specialmente dai sobborghi settentrionali dove mi trovo io al momento.
Il nostro volo parte dal T4 per accedere al quale, a causa dei lavori che stanno interessando l'aeroporto (un cantiere come il resto della città), bisogna passare attravero il T3 feudo di Virgin Australia.
Proviamo a vedere se troviamo la strada...
...in che senso?...
...ok, e mo?...
...ah, proprio così?...
...eccoci arrivati. Per poco non dovevamo indossare l'attrezzatura da cantiere.
Monocolore tigrato.
Check-in hall.
La policy bagagli di TT prevede massimo due colli (trolley e zaino) per un peso complessivo non superiore ai 10 kg. Il giorno prima della partenza mi arriva pure una mail che mi informa della tassatività riguardante il peso, dell'intensificazione dei controlli, delle tariffe dell'eccedenza, compra il bagalio aggiuntivo adesso che in aeroporto costa quattro volte tanto, e bla bla bla.
E niente, mi pesano il bagaglio e sono fuori di tre kg, mannaggia a me e al deficiente che sono.
"You should ask at the check-in desk how to manage this issue"
Sì certo, come no. Aspettatemi.
Insomma alla fine è successo: mi sono messo in un angolino, ho aperto la valigia, ho indossato metà dei vestiti, buttato la bottiglietta d'acqua (da queste parti non la controllano), ficcato in tasca i caricabatterie e una guida, fotocamera al collo, una seconda guida sotto la maglia, e via.
10,3 kg.
La soglia di tolleranza è 0,4 kg.
L'addetta mi guarda con la faccia di quanto pesti una cacca di cane, ma mi lascia passare.
Che figura meschina.
Airside.
Visto il prezzo ridicolo del biglietto, in fase di prenotazione ho deciso di prendermi il lusso di comprare una tra l'opzione "jump the queue" e la scelta del posto. Al grido di "no tranquillo, io di aerei ne capisco, fidati di me!!" mi sono quindi fatto andare bene il posto corridoio, pur di avere il privilegio di non stare in fila con i pezzenti.
La fila che ho saltato è stata questa.
Non buttavo soldi in maniera così becera dai 20 euro che ho giocato sulla vittoria del Portogallo contro la Germania agli scorsi Mondiali.
Finger fatto in casa.
Il nostro aereo...
...che raggiungiamo col bus.
Imbarco.
Pitch e cabina.
Menù, riviste e safety.
Qui si parla del futuro della compagnia, della strategia super low-cost e soprattutto del prossimo ingresso nella compagine azionaria di Virgin Australia.
E basta, non c'è nient'altro da vedere.
Tigerair è davvero una super low cost in stile Ryanair dove tutto è ridotto all'essenziale, anche se rispetto a quest'ultima è un po' più sobria. Non ho interagito con nessun aa/vv quindi non esprimo un giudizio, se non che se quelli di EK erano giovani allori questi erano in età puberale. Sulla puntualità non ho alcun dato sotto mano, ma il mio volo ha spaccato il minuto. Il pitch è claustrofobico e penso che si stia parlando del limite tecnico di pax che possono entrare su un 320. A scanso di equivoci e vista anche la mia filippica snob su Qantas, aggiungo che la cosa non mi tange, perchè quello che mi interessa è avere un servizio relazionato al prezzo che ho pagato: se pago 30$ per un'ora di volo tra le più grandi città dell'Australia, mi sta bene anche sedermi in braccio al vicino. Se invece pago addirittura più che con altri concorrenti allora voglio il meglio ci sia sul mercato.
Spero che il mio ragionamento fili.
Il volo volge al termine e il comandante ci informa che l'atterraggio avverrà da nord e che quindi i passeggeri seduti al finestrino di sinistra potranno godere di uno dei più impressionanti panorami della loro vita.
E
ça va sans dire io sono seduto al corridoio di destra.
Vabò, sbarchiamo che è meglio.
L'angolo più remoto di tutto il Domestic Terminal di SYD.
L'aeroporto è collegato alla città dalla metropolitana, anche se le stazioni Domestic e International hanno una tariffazione diversa rispetto al resto della linea. Insomma una macchina spenna-turisti, ma il rapporto qualità prezzo è notevole.
Smollati i bagagli in centro, comincia questa visita lampo di meno di 24 ore per la città.
Qualche foto.
Ma soprattutto, finalmente, lei.
A questo punto mi dovrete perdonare, ma mi sono emozionato: l'Opera House era una delle cose che più desideravo vedere fin da quando ero bambino, e questo è per me un giorno davvero speciale.
Non c'entra il fatto che sia bella oppure brutta, anzi molto bella, ma c'entra piuttosto il fatto che questo è stato il primo oggetto che mi ha dato la sensazione della grandezza del mondo.
E' infatti anche grazie al suo potere iconico, raffigurato a ripetizione nei souvenir o nelle cartoline spediti dai miei parenti australiani, che ho avuto concezione di come il mondo non finisse al paesello, di come i chilometri si potessero contare a migliaia e non solo a decine, di cosa fossero i fusi orari, di cosa significhi davveri emigrare e di cosa emigrare significasse all'epoca, quando scoprivo dai racconti dei miei genitori del viaggio in nave di almeno un mese verso l'ignoto, mossi dalla voglia e dalla necessità di andare a costruire un mondo nuovo.
Sono rimasto inebetito a fissarla muto per almeno un'ora buona. Un'epifania colossale.
Ma il bello del viaggiare, è che dopo un po' tocca prendere e ripartire.
Lo stupendo Harbour.
Occhio che c'è vento...
...vabè, fai come vuoi.
Altre foto sparse della città.
L'ANZAC Memorial, ovvero il memoriale ai caduti australiani e neo zelandesi di tutte le guerre, con annesso museo. Sia qui come a Melbourne, tra i momenti ricordati più spesso della storia militare ANZAC ci sono le battaglie di Gallipoli della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, dove di aussie ne sono morti a centinaia di migliaia.
Si dice spesso che a una persona non possano piacere Melbourne e Sydney contemporaneamente, perchè sono troppo diverse. Personalmente credo sia vero, e sempre personalmente credo di preferire MEL.
Non che SYD, o almeno il suo centro, non sia bella.
E anche da Sydney è tutto.
A presto con l'ultima tappa nel Queensland, con tanti altri voli e tante spiaggie.
Vi lascio con questa.
