Thread MXP-LIN: SEA ritira il masterplan attuale di Malpensa


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"Con i voli low cost inoltre le attività commerciali ne risentono: un passeggero per Tokyo spendeva mediamente 150 euro, un passeggero low cost 10 euro. Anche l’indotto ne risente: difficilmente un passeggero low cost dormirà nel nuovo hotel Sheraton aperto di fronte all’aeroporto»."

non capisco perchè il viaggiatore low cost deve essere sempre pensato come un poveraccio, logicamente non alloggerà in hotel a 4 stelle come un "first class" man ma non per forza vuol dire che farà crollare il commercio di una determinata destinazione; io generalmente se riesco a risparmiare sul volo generalmente mi concedo qualche lusso extra in più (che può essere una pizza, qualche souvenirs, qualche servizio particolare in hotel....)

Ti faccio un esempio ho volato Malpensa-Tokyo proprio la rotta citata dall' articolo ma non ho nemmeno lontanamente speso i 150 euro medi nei negozi dell' aeroporto. Al contrario ho preso un volo low cost per Barcellona spendendo in aeroporto piu' dei 10 euro medi indicati per questi pax e ho soggiornato in un 4 stelle. Sarò un caso anomalo o come al solito i giornalisti parlano per stereotipi e per partito preso?
 
Bella forza, sei un italiano perche' dovresti fare shopping nell'aeroporto locale dove trovi le stesse cose ma a prezzi piu' alti? Le cose interessanti da comprare si trovano sempre dall'altra parte della rotta. Saranno stati i giappo quelli che spendevano. E Barcellona, visto come centro commerciale, e' bellissimo.... il miglior aeroporto che abbia visto per lo shopping, tantissimi negozi, molto belli e vari, con cose interessanti a prezzi ragionevoli. Ci andresti anche apposta per lo shopping.
 
"Con i voli low cost inoltre le attività commerciali ne risentono: un passeggero per Tokyo spendeva mediamente 150 euro, un passeggero low cost 10 euro. Anche l’indotto ne risente: difficilmente un passeggero low cost dormirà nel nuovo hotel Sheraton aperto di fronte all’aeroporto»."

non capisco perchè il viaggiatore low cost deve essere sempre pensato come un poveraccio, logicamente non alloggerà in hotel a 4 stelle come un "first class" man ma non per forza vuol dire che farà crollare il commercio di una determinata destinazioe; io generalmente se riesco a risparmiare sul volo, mi concedo qualche lusso extra in più (che può essere una pizza, qualche souvenirs, qualche servizio particolare in hotel....)

Nella mia realtà che è sicuramente molto ma molto più piccola di MXP e con un peso specifico del traffico business nettamente inferiore, ho visto negozianti chiudere i propri negozi perché, a loro dire, "i passeggeri low cost non comprano nulla". Non ho idea di come funzionino i contratti tra gestore aeroportuale e negozianti, ma se ad un aumento dei passeggeri corrisponde un aumento degli affitti secondo la logica del "passa più gente, ergo tu che hai un negozio dovresti guadagnare di più" e a quel trend tuttavia non corrisponde un aumento proporzionale degli acquisti dato che tutto il traffico extra registrato negli ultimi anni è low cost, qualche negoziante potrebbe rivalutare i suoi affari.

In poche parole, se con un traffico X si pagava Y in affitti/tasse e con un traffico X+Z si paga Y+W con Z e W proporzionali, se quel traffico Z extra non risulta in un aumento degli acquisti tale da giustificare l'incremento W degli affitti, il negozio riduce i margini di guadagno o rischia addirittura di andare in perdita. Ripeto, non ho idea di come sia fatto un contratto tra gestori e negozianti, ma se qui i negozianti chiudono a catena quando il traffico sale è possibile che la logica applicata dal gestore sia quella. Non è un segreto poi che con la crisi dell'handling il gestore stia puntando non poco sugli affitti dei negozi, probabilmente facendo perno su affitti maggiorati giustificati da un bacino d'utenza potenzialmente in crescita con tassi del 10% circa all'anno.

Sicuramente l'uguaglianza pax low cost = poveraccio è una baggianata, tuttavia alcune procedure/regole di compagnia possono scoraggiare gli acquisti in diversi modi. Basti pensare alla regola, ormai in estinzione per fortuna, del singolo bagaglio a mano (borsa e trolley insieme non permessi), regola che nel caso di easyJet è ancora valida. Di recente, con l'intensificarsi delle procedure di etichettatura dei bagagli a mano al gate, vedo sempre più gente presentarsi in aeroporto, fiondarsi verso i gate e mettersi già in fila anche con un'ora di anticipo, evitando quindi di fare acquisti con la speranza di imbarcarsi per primi ed evitare l'etichettatura del proprio bagaglio a mano. Inoltre, col check-in online diventato quasi un obbligo per le low cost, vedo i flussi dei passeggeri indirizzarsi direttamente verso i gate, bypassando i negozi situati prima dei controlli di sicurezza.
 
Ultima modifica:
giusto (in parte) quello che dici, ma è un caso isolato; io purtroppo non ho dati alla mano, ma sarei curioso di sapere come vanno le attività in aeroporti, come Bergamo, dove ora la maggior parte dei negozi si trova dopo i controlli

perchè in parte? perchè, secondo me, è limitativo soffermarsi al solo duty free per valutare quanto una persona spenda oppure no...bisognerebbe tener conto dei vari servizi (come può essere ad esempio il fast track o l'autonoleggio)
 
Ti faccio un esempio ho volato Malpensa-Tokyo proprio la rotta citata dall' articolo ma non ho nemmeno lontanamente speso i 150 euro medi nei negozi dell' aeroporto. Al contrario ho preso un volo low cost per Barcellona spendendo in aeroporto piu' dei 10 euro medi indicati per questi pax e ho soggiornato in un 4 stelle. Sarò un caso anomalo o come al solito i giornalisti parlano per stereotipi e per partito preso?

Cesare, con tutto il rispetto, ma solitamente è il turista incoming che spende, non certo quello outgoing che, a sua volta, spenderà dall'aeroporto dove transiterà o ripartirà per tornare a casa. Su!
 
Non vorrei esagerare in ottimismo ma Treu è professore in diritto del lavoro e mi pare che questo sia uno dei problemi principali, se non il problema principale di SEA Handling in questi mesi.

Competenza aeronautica non pervenuta, su questo siamo d'accordo.
 
MALPENSA
Arriva l'hotel coi mobili Ikea al T2
Mentre sono in corso i lavori su ferrovia e ristrutturazione degli intensi al T1, ecco una novità che parte in questi giorni: il Moxy Hotels lanciato da Marriott, con mobili svedesi.

Il mercato è diminuito, certo, però si continua a investire su Malpensa. Domani lunedì primo settembre è prevista l’inaugurazione di un nuovo hotel al Terminal 2 di Malpensa, il Moxy Milano con la firma dell’Ikea. Annunciato nel giugno 2013, è il primo esemplare del neonato brand Moxy Hotels lanciato da Marriott, dove si dovrebbe spendere poco, avere mobili ikea e il wi fi. Ci saranno 162 camere tutte con TV e Wi Fi gratuito, e self service aperto 24 ore su 24. Le tariffe del nuovo Moxy Milano partono da 79 euro a camera a notte. Dall’1 settembre al 31 ottobre, però è disponibile la tariffa di lancio di 55 euro.

Nella galleria fotografica abbiamo inserito le immagini fornite dall’azienda sul design interno e qualche scatto dei lavori in corso twittati da appassionati e curiosi nelle scorse settimane.

Tra gli altri investimenti da segnalare su Malpensa, va rimarcato l’inizio dei lavori per la ferrovia che deve collegare il T1 al T2 (ne abbiamo parlato nei giorni scorsi per i ritrovamenti di vecchie bombe sul tracciato) o ancora gli 890 milioni che il governo ha inserito nel decreto "Sblocca Italia" di ieri, e che serviranno in gran parte per farci arrivare l’alta velocità. Sea da par suo ha investito 30 milioni di euro per il restyling del terminal 1 come porta di Expo 2015. Tre mesi fa è stata inaugurata una nuova galleria commerciale con 46 negozi di lusso, bar e ristoranti. A marzo terminerà la seconda parte: ampliamento degli imbarchi, check in, pontili mobili.
31/08/2014
red. redazione@varesenews.it
 
Quegli 890 basterebbero e avanzerebbero per fare l'accessibilita' ferroviaria da nord e abilitare moltissime relazioni passanti: il costo sciaguratamente alto per l'AV italiana e' stato di 32 mln a km, e li non servono ne' tanti km, ne' che sia proprio AV.

Se li usano per fare qualche altra cacata che vedra' la luce tra un decennio e magari del cui modello di servizio non si ha bene un'idea, urlo. Solo dopo che l'accessibilita' da nord e' sicura e messa in saccoccia si potra' pensare ad eventuali nuove connessioni da sud, in aggiunta a quella che gia' c'e'.
 
Chiudete Malpensa per manifesta inferiorità
L'ultima sera di agosto il terminal è andato nel caos per il cambio turno dei dipendenti. L'annuncio choc: "Non si può scendere dall'aereo, decolliamo per Linate". Ed è rivolta



Giuseppe De Bellis - Mar, 02/09/2014 - 08:29
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Fino a quando uno non prova che cosa sia diventato l'aeroporto Malpensa non può capire. Poi però succede. È successo domenica sera, in un giorno che tutti sapevano che sarebbe stato difficile. Lo sapevo pure io, ma non immaginavo così.


Questa è la cronistoria di una serata di disagi, di disservizi, di indecenze. Il volo era il Bari-Linate delle 21. Domenica 31 agosto, collegamento tra l'aeroporto di una zona turistica del Sud e la grande metropoli del Nord. Caos. Volo colmo, stracolmo, così colmo che tre giorni prima al momento della prenotazione c'erano 3 posti liberi e basta. Tre posti a tariffa piena: 413 euro. Con la stessa cifra, se prenoti per tempo, vai a New York. Fa male, fa rabbia, ma con chi te la prendi? È il mercato. Ci speculano, ti spennano perché non hai alternative, ma oltre alla rabbia non puoi andare. Quindi vabbè. La partenza alle 21 è posticipata alle 21.25, così dice il monitor. All'ora indicata per la partenza in realtà comincia l'imbarco, per il decollo ci vogliono altri 20 minuti. Il ritardo totale è di 45 minuti. Accetti anche questo: se scegli di partire in una delle cinque date più affollate dell'anno lo devi mettere in conto.

Il volo è tranquillo fino a quando il comandante annuncia che stiamo cominciando a scendere verso Milano Linate: «Tra 20 minuti circa atterreremo», è la frase standard. Ne passano meno di cinque e il comandante prende la parola di nuovo: «Su Linate è in corso un violento temporale e così anche lungo la rotta che ci porterebbe verso l'aeroporto. Siamo a 60 chilometri dalla destinazione: siamo costretti a girare su noi stessi, in attesa che il maltempo passi e ci venga autorizzato l'atterraggio. Stiamo anche valutando l'ipotesi di dirottamento verso un altro aeroporto. Malpensa. La gente si lamenta e ti viene da pensare che siano tutti matti: se non si può atterrare non è mica colpa del comandante. Lui lo fa per la sicurezza dei passeggeri: non si passa dentro un temporale, lo sanno tutti. Giriamo su noi stessi per 42 minuti, poi il comandante riprende il microfono: «Non possiamo più aspettare, perché il carburante sta per esaurirsi, a Linate è ancora impossibile atterrare, andiamo a Malpensa». Il brusio ora è più forte e non si continua a capire il perché: è vero, Linate è più comodo, anzi Linate è comodo, Malpensa no. Però vale il discorso di prima: bisogna atterrare, punto.

Scendiamo, tocchiamo terra, accendiamo il cellulare: chi avverte i parenti e amici che erano venuti a prenderli a Linate, chi controlla gli orari del treno che ti porta in città. Dici: vabbè, è andata male, ma è colpa di nessuno. Invece non è finita, anzi comincia tutto ora. Perché siamo fermi sulla pista dell'aeroporto che avrebbe dovuto essere il centro dei trasporti italiano, un hub dicevano, uno scalo internazionale. Sono le 23.27 dell'ultima domenica di rientro dalle vacanze italiane e siamo soli. Riparla il comandante: «Ci informano che a mezzanotte c'è un cambio turno del personale Sea (la società degli aeroporti milanesi), fino a quel momento non possono venire a prenderci con gli autobus». A parte che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione. Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono. Siamo ostaggi di un cambio turno: capito? Evidentemente se quelli che dovrebbero finire a mezzanotte ci venissero a recuperare sforerebbero la mezzanotte e non vogliono, oppure qualcuno glielo impedisce per non pagare gli straordinari. Aspettiamo. Mezzanotte arriva: niente. Mezzanotte e un quarto: niente. Mezzanotte e venti: niente. La gente a bordo si spazientisce. Si capisce che Malpensa non è in grado di gestire l'emergenza di un volo da meno di 200 passeggeri. Devono essere in tilt. Intanto siamo fermi in mezzo al nulla: imprigionati in un aereo. C'è una ragazza incinta che non ce la fa più. Ci sono bambini distrutti dalla stanchezza. Le hostess sono pietrificate, non sanno che dire, non sanno nulla. Ora ci chiedono di stare seduti con le cinture slacciate, però. Parla il comandante. «Allora, stiamo facendo carburante. Appena le condizioni meteo su Linate tornano accettabili ripartiamo da qui e atterriamo lì, nella nostra destinazione originaria. Ci vorrà almeno mezz'ora, però, prima di partire». Cosa? Una follia: siamo atterrati a Malpensa perché non si poteva atterrare a Linate e ora dobbiamo tornare lì, in volo con un aereo da 200 passeggeri per 51 chilometri. Non c'è logica, se non quella che si capisce presto: a Malpensa non ci sono le condizioni per far sbarcare passeggeri e bagagli, non sono in grado di «fornire assistenza» è il linguaggio tecnico. Adesso metà aereo si ribella: hanno fatto arrivare a Malpensa i parenti e gli amici che erano in attesa a Linate, ora che dovrebbero fare, farli tornare indietro? E poi significherebbe ancora un'ora e passa di attesa. Ecco la soluzione geniale: chi vuole può scendere a Malpensa, ma i bagagli restano a bordo perché il volo parte per Linate e qui non c'è nessuno che li porti a terra. Siamo a metà tra il pazzesco e il comico. S'è fatta mezzanotte e quaranta. Decido: scendo. Il bagaglio? Parlo col comandante, dice che o posso provare il giorno dopo a recuperarlo a Linate oppure mi sarà spedito a casa, ma lui non sa dire quando. Ho deciso di scendere comunque, perché non riuscirei a tornare indietro al mio posto, c'è troppa gente in piedi che chiede di scendere e uscire. Vado a terra, siamo in quaranta circa. Montiamo sul bus, arriviamo nell'aerostazione e lì capiamo tutto: Malpensa non esiste. Dopo le 21.30 è tutto chiuso. L'aeroporto internazionale è una casa stregata. I tabelloni chiariscono tutto: l'ultimo volo in partenza è alle 23.30, l'ultimo in arrivo è alle 23.30. Quindi chi lo gestisce lascia un presidio e basta. Le emergenze non si possono gestire, anche in uno dei cinque giorni più difficili per il trasporto di tutto l'anno. Poi qualcuno si chiede perché gli arabi di Etihad hanno preso Alitalia, ma sono interessati a Malpensa solo per i cargo. Perché la verità è che non è uno scalo internazionale, è poco più che un posto dimenticato dagli uomini e dai passeggeri. Vuoto, deprimente, modesto. A pochi minuti dall'una di notte ci sono sette taxi. I treni verso la città ricominceranno a circolare alle dopo le 5.43. E questo dovrebbe essere il luogo dal quale transiteranno la gran parte dei 20 milioni di turisti e visitatori che si aspettano a Milano per Expo 2015? C'è da nascondersi già da ora. O da chiudere, per manifesta inferiorità.

http://www.ilgiornale.it/news/polit...a-inferiorit-1048415.html?mobile_detect=false
 
Il passeggero ha ragione da vendere.

C'è anche da dire che nella sfiga è stato ulteriormente sfigato, dal momento che a mezzanotte di quel giorno vi era il passaggio di consegne tra la vecchia SEA Handling e la nuova Airport Handling, con tutta una serie di variazioni (da un minuto all'altro) in termini manageriali, di turni, operativi etc., che per quanto potessero esser state programmate per tempo hanno certamente creato disagi e casini.
 
Chiudete Malpensa per manifesta inferiorità
L'ultima sera di agosto il terminal è andato nel caos per il cambio turno dei dipendenti. L'annuncio choc: "Non si può scendere dall'aereo, decolliamo per Linate". Ed è rivolta



Giuseppe De Bellis - Mar, 02/09/2014 - 08:29
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Fino a quando uno non prova che cosa sia diventato l'aeroporto Malpensa non può capire. Poi però succede. È successo domenica sera, in un giorno che tutti sapevano che sarebbe stato difficile. Lo sapevo pure io, ma non immaginavo così.


Questa è la cronistoria di una serata di disagi, di disservizi, di indecenze. Il volo era il Bari-Linate delle 21. Domenica 31 agosto, collegamento tra l'aeroporto di una zona turistica del Sud e la grande metropoli del Nord. Caos. Volo colmo, stracolmo, così colmo che tre giorni prima al momento della prenotazione c'erano 3 posti liberi e basta. Tre posti a tariffa piena: 413 euro. Con la stessa cifra, se prenoti per tempo, vai a New York. Fa male, fa rabbia, ma con chi te la prendi? È il mercato. Ci speculano, ti spennano perché non hai alternative, ma oltre alla rabbia non puoi andare. Quindi vabbè. La partenza alle 21 è posticipata alle 21.25, così dice il monitor. All'ora indicata per la partenza in realtà comincia l'imbarco, per il decollo ci vogliono altri 20 minuti. Il ritardo totale è di 45 minuti. Accetti anche questo: se scegli di partire in una delle cinque date più affollate dell'anno lo devi mettere in conto.

Il volo è tranquillo fino a quando il comandante annuncia che stiamo cominciando a scendere verso Milano Linate: «Tra 20 minuti circa atterreremo», è la frase standard. Ne passano meno di cinque e il comandante prende la parola di nuovo: «Su Linate è in corso un violento temporale e così anche lungo la rotta che ci porterebbe verso l'aeroporto. Siamo a 60 chilometri dalla destinazione: siamo costretti a girare su noi stessi, in attesa che il maltempo passi e ci venga autorizzato l'atterraggio. Stiamo anche valutando l'ipotesi di dirottamento verso un altro aeroporto. Malpensa. La gente si lamenta e ti viene da pensare che siano tutti matti: se non si può atterrare non è mica colpa del comandante. Lui lo fa per la sicurezza dei passeggeri: non si passa dentro un temporale, lo sanno tutti. Giriamo su noi stessi per 42 minuti, poi il comandante riprende il microfono: «Non possiamo più aspettare, perché il carburante sta per esaurirsi, a Linate è ancora impossibile atterrare, andiamo a Malpensa». Il brusio ora è più forte e non si continua a capire il perché: è vero, Linate è più comodo, anzi Linate è comodo, Malpensa no. Però vale il discorso di prima: bisogna atterrare, punto.

Scendiamo, tocchiamo terra, accendiamo il cellulare: chi avverte i parenti e amici che erano venuti a prenderli a Linate, chi controlla gli orari del treno che ti porta in città. Dici: vabbè, è andata male, ma è colpa di nessuno. Invece non è finita, anzi comincia tutto ora. Perché siamo fermi sulla pista dell'aeroporto che avrebbe dovuto essere il centro dei trasporti italiano, un hub dicevano, uno scalo internazionale. Sono le 23.27 dell'ultima domenica di rientro dalle vacanze italiane e siamo soli. Riparla il comandante: «Ci informano che a mezzanotte c'è un cambio turno del personale Sea (la società degli aeroporti milanesi), fino a quel momento non possono venire a prenderci con gli autobus». A parte che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione. Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono. Siamo ostaggi di un cambio turno: capito? Evidentemente se quelli che dovrebbero finire a mezzanotte ci venissero a recuperare sforerebbero la mezzanotte e non vogliono, oppure qualcuno glielo impedisce per non pagare gli straordinari. Aspettiamo. Mezzanotte arriva: niente. Mezzanotte e un quarto: niente. Mezzanotte e venti: niente. La gente a bordo si spazientisce. Si capisce che Malpensa non è in grado di gestire l'emergenza di un volo da meno di 200 passeggeri. Devono essere in tilt. Intanto siamo fermi in mezzo al nulla: imprigionati in un aereo. C'è una ragazza incinta che non ce la fa più. Ci sono bambini distrutti dalla stanchezza. Le hostess sono pietrificate, non sanno che dire, non sanno nulla. Ora ci chiedono di stare seduti con le cinture slacciate, però. Parla il comandante. «Allora, stiamo facendo carburante. Appena le condizioni meteo su Linate tornano accettabili ripartiamo da qui e atterriamo lì, nella nostra destinazione originaria. Ci vorrà almeno mezz'ora, però, prima di partire». Cosa? Una follia: siamo atterrati a Malpensa perché non si poteva atterrare a Linate e ora dobbiamo tornare lì, in volo con un aereo da 200 passeggeri per 51 chilometri. Non c'è logica, se non quella che si capisce presto: a Malpensa non ci sono le condizioni per far sbarcare passeggeri e bagagli, non sono in grado di «fornire assistenza» è il linguaggio tecnico. Adesso metà aereo si ribella: hanno fatto arrivare a Malpensa i parenti e gli amici che erano in attesa a Linate, ora che dovrebbero fare, farli tornare indietro? E poi significherebbe ancora un'ora e passa di attesa. Ecco la soluzione geniale: chi vuole può scendere a Malpensa, ma i bagagli restano a bordo perché il volo parte per Linate e qui non c'è nessuno che li porti a terra. Siamo a metà tra il pazzesco e il comico. S'è fatta mezzanotte e quaranta. Decido: scendo. Il bagaglio? Parlo col comandante, dice che o posso provare il giorno dopo a recuperarlo a Linate oppure mi sarà spedito a casa, ma lui non sa dire quando. Ho deciso di scendere comunque, perché non riuscirei a tornare indietro al mio posto, c'è troppa gente in piedi che chiede di scendere e uscire. Vado a terra, siamo in quaranta circa. Montiamo sul bus, arriviamo nell'aerostazione e lì capiamo tutto: Malpensa non esiste. Dopo le 21.30 è tutto chiuso. L'aeroporto internazionale è una casa stregata. I tabelloni chiariscono tutto: l'ultimo volo in partenza è alle 23.30, l'ultimo in arrivo è alle 23.30. Quindi chi lo gestisce lascia un presidio e basta. Le emergenze non si possono gestire, anche in uno dei cinque giorni più difficili per il trasporto di tutto l'anno. Poi qualcuno si chiede perché gli arabi di Etihad hanno preso Alitalia, ma sono interessati a Malpensa solo per i cargo. Perché la verità è che non è uno scalo internazionale, è poco più che un posto dimenticato dagli uomini e dai passeggeri. Vuoto, deprimente, modesto. A pochi minuti dall'una di notte ci sono sette taxi. I treni verso la città ricominceranno a circolare alle dopo le 5.43. E questo dovrebbe essere il luogo dal quale transiteranno la gran parte dei 20 milioni di turisti e visitatori che si aspettano a Milano per Expo 2015? C'è da nascondersi già da ora. O da chiudere, per manifesta inferiorità.

http://www.ilgiornale.it/news/polit...a-inferiorit-1048415.html?mobile_detect=false

Mi è successa una cosa simile in USA.. atterrati verso le 23 e nessuno in aeroporto che potesse farci scendere e smistare le valigie. Hanno dovuto richiamare le persone che erano già a casa e farle tornare in aeroporto (cosi ci hanno detto). Peccato però che siamo stati dirottati a South Bend (Indiana), con 300k movimenti all'anno...
 
Sì, vabbeh, ma la prima parte dell'articolo è da delirio (ad esempio quella dei 400 euro in alta stagione).
PS: forse sarebbe il caso di informare il Sig. De Bellis che anche a Francoforte spesso ci si imbarca e si sbarca con l'iterpista.
 
Sì, vabbeh, ma la prima parte dell'articolo è da delirio (ad esempio quella dei 400 euro in alta stagione).
PS: forse sarebbe il caso di informare il Sig. De Bellis che anche a Francoforte spesso ci si imbarca e si sbarca con l'iterpista.

Sì, se le conclusioni sono condivisibili alcuni passaggi ed il tono generale della lettera è veramente scadente a mio parere.
 
MALPENSA

Tra gli altri investimenti da segnalare su Malpensa, va rimarcato l’inizio dei lavori per la ferrovia che deve collegare il T1 al T2 (ne abbiamo parlato nei giorni scorsi per i ritrovamenti di vecchie bombe sul tracciato) o ancora gli 890 milioni che il governo ha inserito nel decreto "Sblocca Italia" di ieri, e che serviranno in gran parte per farci arrivare l’alta velocità. Sea da par suo ha investito 30 milioni di euro per il restyling del terminal 1 come porta di Expo 2015. Tre mesi fa è stata inaugurata una nuova galleria commerciale con 46 negozi di lusso, bar e ristoranti. A marzo terminerà la seconda parte: ampliamento degli imbarchi, check in, pontili mobili.
31/08/2014
red. redazione@varesenews.it

..... dovrebbe riferirsi ai collegamenti per permettere collegamento no stop av tra torino e Mxp, la cifra ,a memoria - ormai defunta- mi sembra eccessiva.....non so che altro possa essere incluso in queste opere, visto che ad esempio la variante di galliate è materia delle regione piemonte........
 
Chiudete Malpensa per manifesta inferiorità
L'ultima sera di agosto il terminal è andato nel caos per il cambio turno dei dipendenti. L'annuncio choc: "Non si può scendere dall'aereo, decolliamo per Linate". Ed è rivolta



Giuseppe De Bellis - Mar, 02/09/2014 - 08:29
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Fino a quando uno non prova che cosa sia diventato l'aeroporto Malpensa non può capire. Poi però succede. È successo domenica sera, in un giorno che tutti sapevano che sarebbe stato difficile. Lo sapevo pure io, ma non immaginavo così.


Questa è la cronistoria di una serata di disagi, di disservizi, di indecenze. Il volo era il Bari-Linate delle 21. Domenica 31 agosto, collegamento tra l'aeroporto di una zona turistica del Sud e la grande metropoli del Nord. Caos. Volo colmo, stracolmo, così colmo che tre giorni prima al momento della prenotazione c'erano 3 posti liberi e basta. Tre posti a tariffa piena: 413 euro. Con la stessa cifra, se prenoti per tempo, vai a New York. Fa male, fa rabbia, ma con chi te la prendi? È il mercato. Ci speculano, ti spennano perché non hai alternative, ma oltre alla rabbia non puoi andare. Quindi vabbè. La partenza alle 21 è posticipata alle 21.25, così dice il monitor. All'ora indicata per la partenza in realtà comincia l'imbarco, per il decollo ci vogliono altri 20 minuti. Il ritardo totale è di 45 minuti. Accetti anche questo: se scegli di partire in una delle cinque date più affollate dell'anno lo devi mettere in conto.

Il volo è tranquillo fino a quando il comandante annuncia che stiamo cominciando a scendere verso Milano Linate: «Tra 20 minuti circa atterreremo», è la frase standard. Ne passano meno di cinque e il comandante prende la parola di nuovo: «Su Linate è in corso un violento temporale e così anche lungo la rotta che ci porterebbe verso l'aeroporto. Siamo a 60 chilometri dalla destinazione: siamo costretti a girare su noi stessi, in attesa che il maltempo passi e ci venga autorizzato l'atterraggio. Stiamo anche valutando l'ipotesi di dirottamento verso un altro aeroporto. Malpensa. La gente si lamenta e ti viene da pensare che siano tutti matti: se non si può atterrare non è mica colpa del comandante. Lui lo fa per la sicurezza dei passeggeri: non si passa dentro un temporale, lo sanno tutti. Giriamo su noi stessi per 42 minuti, poi il comandante riprende il microfono: «Non possiamo più aspettare, perché il carburante sta per esaurirsi, a Linate è ancora impossibile atterrare, andiamo a Malpensa». Il brusio ora è più forte e non si continua a capire il perché: è vero, Linate è più comodo, anzi Linate è comodo, Malpensa no. Però vale il discorso di prima: bisogna atterrare, punto.

Scendiamo, tocchiamo terra, accendiamo il cellulare: chi avverte i parenti e amici che erano venuti a prenderli a Linate, chi controlla gli orari del treno che ti porta in città. Dici: vabbè, è andata male, ma è colpa di nessuno. Invece non è finita, anzi comincia tutto ora. Perché siamo fermi sulla pista dell'aeroporto che avrebbe dovuto essere il centro dei trasporti italiano, un hub dicevano, uno scalo internazionale. Sono le 23.27 dell'ultima domenica di rientro dalle vacanze italiane e siamo soli. Riparla il comandante: «Ci informano che a mezzanotte c'è un cambio turno del personale Sea (la società degli aeroporti milanesi), fino a quel momento non possono venire a prenderci con gli autobus». A parte che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione. Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono. Siamo ostaggi di un cambio turno: capito? Evidentemente se quelli che dovrebbero finire a mezzanotte ci venissero a recuperare sforerebbero la mezzanotte e non vogliono, oppure qualcuno glielo impedisce per non pagare gli straordinari. Aspettiamo. Mezzanotte arriva: niente. Mezzanotte e un quarto: niente. Mezzanotte e venti: niente. La gente a bordo si spazientisce. Si capisce che Malpensa non è in grado di gestire l'emergenza di un volo da meno di 200 passeggeri. Devono essere in tilt. Intanto siamo fermi in mezzo al nulla: imprigionati in un aereo. C'è una ragazza incinta che non ce la fa più. Ci sono bambini distrutti dalla stanchezza. Le hostess sono pietrificate, non sanno che dire, non sanno nulla. Ora ci chiedono di stare seduti con le cinture slacciate, però. Parla il comandante. «Allora, stiamo facendo carburante. Appena le condizioni meteo su Linate tornano accettabili ripartiamo da qui e atterriamo lì, nella nostra destinazione originaria. Ci vorrà almeno mezz'ora, però, prima di partire». Cosa? Una follia: siamo atterrati a Malpensa perché non si poteva atterrare a Linate e ora dobbiamo tornare lì, in volo con un aereo da 200 passeggeri per 51 chilometri. Non c'è logica, se non quella che si capisce presto: a Malpensa non ci sono le condizioni per far sbarcare passeggeri e bagagli, non sono in grado di «fornire assistenza» è il linguaggio tecnico. Adesso metà aereo si ribella: hanno fatto arrivare a Malpensa i parenti e gli amici che erano in attesa a Linate, ora che dovrebbero fare, farli tornare indietro? E poi significherebbe ancora un'ora e passa di attesa. Ecco la soluzione geniale: chi vuole può scendere a Malpensa, ma i bagagli restano a bordo perché il volo parte per Linate e qui non c'è nessuno che li porti a terra. Siamo a metà tra il pazzesco e il comico. S'è fatta mezzanotte e quaranta. Decido: scendo. Il bagaglio? Parlo col comandante, dice che o posso provare il giorno dopo a recuperarlo a Linate oppure mi sarà spedito a casa, ma lui non sa dire quando. Ho deciso di scendere comunque, perché non riuscirei a tornare indietro al mio posto, c'è troppa gente in piedi che chiede di scendere e uscire. Vado a terra, siamo in quaranta circa. Montiamo sul bus, arriviamo nell'aerostazione e lì capiamo tutto: Malpensa non esiste. Dopo le 21.30 è tutto chiuso. L'aeroporto internazionale è una casa stregata. I tabelloni chiariscono tutto: l'ultimo volo in partenza è alle 23.30, l'ultimo in arrivo è alle 23.30. Quindi chi lo gestisce lascia un presidio e basta. Le emergenze non si possono gestire, anche in uno dei cinque giorni più difficili per il trasporto di tutto l'anno. Poi qualcuno si chiede perché gli arabi di Etihad hanno preso Alitalia, ma sono interessati a Malpensa solo per i cargo. Perché la verità è che non è uno scalo internazionale, è poco più che un posto dimenticato dagli uomini e dai passeggeri. Vuoto, deprimente, modesto. A pochi minuti dall'una di notte ci sono sette taxi. I treni verso la città ricominceranno a circolare alle dopo le 5.43. E questo dovrebbe essere il luogo dal quale transiteranno la gran parte dei 20 milioni di turisti e visitatori che si aspettano a Milano per Expo 2015? C'è da nascondersi già da ora. O da chiudere, per manifesta inferiorità.

http://www.ilgiornale.it/news/polit...a-inferiorit-1048415.html?mobile_detect=false

Ho letto e riletto l'articolo e devo dire che sono rimasto allibito per quanto scritto.
"che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione. Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono". Frase inesatta in quanto a MXP ci sono 10 fingers al satellite A, 13 al B e mi sembra altri 10 al C.

Manifesta inferiorità a chi? A LIN forse? Ma per cortesia!
Ad agosto ho viaggiato 2 volte da MXP e mai un disagio.
Mi sembra che questo signore sia un po' prevenuto con MXP e l'articolo lo dimostra chiaramente.
 
Non entro in discorsi politici nè relativi al giornale su cui costui scrive, perché già questo sarebbe sufficiente per chiudere il discorso imho.
Detto ciò, mi pare evidente che vi siano numerose inesattezze, perchè io personalmente mi sono fatto dei gran tratti in bus in numerosissimi aeroporti del mondo che valgono dieci Malpensa: Dubai e Hong Kong per dire. A Denver sono stato scopato (termine appropriato visto che chi mi cacciava fuori era uno delle pulizie) fuori alle 23.30 perchè l'aeroporto chiudeva alle 23 e il nostro volo era arrivato in ritardo e i bagagli ce li hanno portati ad una porta dei personaggi stranissimi perchè tutti i rulli erano fermi. Il tipo dell'affito delle automobili aveva chiuso incurante della mia prenotazione e l'ho pescato mentre stava girando la chiave della porta per andarsene. In ogni caso, così come Alitalia, non è MXP il problema, ma gli uomini che l'hanno gestita e manovrata a scopo politico per decenni, facendo più danni della grandine. Se avessimo avuto una compagnia aerea competitiva, non credo che la gente sarebbe stata costretta ad andare a Doha o Abu Dhabi per andare in oriente o a Francoforte o Londra per andare negli USA che non fossero NY o LA. Linate sarebbe chiusa da tempo, Malpensa avrebbe l'alta velocità e treni navetta dal torinese/novarese e dalla Svizzera, una connnessione stradale da Torino e Genova e prospererebbe.

Su una cosa però sono perfettamente d'accordo: obiettivamente l'attuale situazione di MXP è imbarazzante. Se non fosse per Easyjet che almeno tiene un terminal intero e ci fa passare centinaia di migliaia di passeggeri all'anno, l'ambiente sarebbe veramente spettrale. E con l'Expo che inizierà tra nove mesi questo è veramente scandaloso.
 
Ho letto e riletto l'articolo e devo dire che sono rimasto allibito per quanto scritto.
"che se questo fosse davvero un aeroporto internazionale, ci sarebbero i finger: quei bracci che collegano direttamente gli aeroplani all'aerostazione. Invece siamo ancora con gli autobus, come negli anni Ottanta, come a Kinshasa, anzi no, perché probabilmente a Kinshasa i finger ci sono". Frase inesatta in quanto a MXP ci sono 10 fingers al satellite A, 13 al B e mi sembra altri 10 al C.

A parte questa ca$$ata, che altro c'è di sbagliato dal punto di vista del passeggero?
Nella mia azienda se arriva una telefonata di un cliente alle 17:59 la si prende e la si gestisce, anche se così facendo si esce dall'ufficio un'ora dopo.

Che poi non ha nemmeno scritto "tragedia sfiorata" e "panico nei cieli". Anzi ha persino mostrato di comprendere le motivazioni della decisione del cpt di andare all'alternato, che per la media della stampa italiana ha del miracoloso.

Non entro in discorsi politici nè relativi al giornale su cui costui scrive, perché già questo sarebbe sufficiente per chiudere il discorso imho.

Viva la libertà di espressione! Fino a quando si esprime quello che ci piace, vero tovarish?
Gli altri devono tacere...
 
A parte questa ca$$ata, che altro c'è di sbagliato dal punto di vista del passeggero?
Nella mia azienda se arriva una telefonata di un cliente alle 17:59 la si prende e la si gestisce, anche se così facendo si esce dall'ufficio un'ora dopo.

Che poi non ha nemmeno scritto "tragedia sfiorata" e "panico nei cieli". Anzi ha persino mostrato di comprendere le motivazioni della decisione del cpt di andare all'alternato, che per la media della stampa italiana ha del miracoloso.

Sono abbastanza d'accordo. Aldila' di certe inesattezze nell'articolo mi soffermerei sul fatto che e' una vergogna che non ci sia stato nessuno dell'handling.
Critichiamo sempre giustamente FCO e mi sembra altrettanto giusto rimarcare lo schifo che succede anche a MXP. Questo ne e' un esempio pratico.

Viva la libertà di espressione! Fino a quando si esprime quello che ci piace, vero tovarish?
Gli altri devono tacere...
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