Ciao a tutti, vi presento il mio primo trip report per un viaggio andata e ritorno da Milano a New York. Probabilmente non sarà originalissimo, ma l’esperienza mi è piaciuta parecchio e vorrei condividerla con voi. Dove possibile ho messo anche i dettagli che, per quelli come me che amano pianificare le cose, avrei voluto leggere da qualche parte prima di partire.
Spero possa essere di utilità a tutti. Le fotografie sono fatte con il citofonino, a volte pure un po’ unto.
Tutto inizia un po’ prima, qualche mese, con le domande in giro per capire se il mio passaporto fosse buono o no per gli USA. Momenti di panico con le agenzie di viaggio e la Questura che mi dicono che “sarebbe meglio” rifarlo non avendo il chip, si rischia di non entrare negli USA. Panico e paura, con “solo” due mesi di anticipo a Brescia il passaporto non lo fai se non chiedendo per favore, e comunque la presa delle impronte sarebbe abbastanza avanti da lasciarmi i minuti contati per l’ESTA.
Mi informo al consolato USA e qui sul forum, tutti mi tranquillizzano che il mio passaporto va bene. Richiedo l’ESTA a Luglio (partenza Agosto) e in mezza giornata ottengo uno “Welcome to the United States”. La scadenza del mio ESTA è quella del passaporto, quindi inferiore ai due anni teorici.
I voli sono uno United MXP-EWR per l’andata e un Lufthansa JFK-MUC + Lufthansa (Air Dolomiti) MUC-MXP.
Prenoto il parcheggio P4 a MXP spendendo meno dei soliti remoti+pullmino, pago con carta e ottengo un PDF con un codice da digitare sulla colonnina di ingresso. Andrà tutto bene sia all’arrivo che al ritorno, con la comodità che dal P4 all’imbarco sono 5 minuti a piedi sotto una tettoia e nessuno se ne va a spasso con la mia macchina mentre sono via.
Per il check-in e per la app United c’è un thread qui: http://www.aviazionecivile.org/vb/s...ia-la-nuova-app-che-scannerizza-il-passaporto. Riassumendo, ottima app, aspira il passaporto e produce le carte d’imbarco.
La mattina del volo sveglia prima dell’alba, devo partire alle 10.20, mi chiedono 3 ore di anticipo e da Brescia un po’ di strada me la devo fare. Prendo il telefono e trovo la prima sorpresa: un SMS mi avvisa che il mio volo è in ritardo di un’ora e mezza perché manca l’aereo. La app mi avvisa della stessa cosa ed in effetti vedo su Google che UA19 è partito con un’ora e mezza di ritardo.
Pazienza, ormai sono sveglio, imbarco le valige e mi ritrovo a MXP/T1 poco dopo le sette. Sembra di essere in un aeroporto fantasma: qualche lavoro in corso (ma senza i lavoratori) e una densità di popolazione da deserto dei Tartari, alla faccia delle partenze per le vacanze (è il 13 agosto). A tal proposito sento al TG ieri sera (due diversi, quindi suppongo dati ufficiali) che gli aeroporti di Milano hanno fatto il boom di presenze in queste vacanze con 54k passaggi. Sempre più perplesso, probabilmente c’era più gente al matrimonio di Briatore. Vabbè…
Mi avvio alla ricerca del drop-off bagagli di United, ho già la carta di imbarco nella app ed i passaporti scannerizzati, quindi devo solo buttare la valigia. Chiedo ad una signora al centro informazioni che mi grugnisce qualcosa tipo 81-grunf-sechiuriti-grunf-là. Evidentemente anche lei si è dovuta alzare presto, anche se per fare il suo lavoro. Finisco in una zona sperduta dell’aeroporto che è quella dei controlli per chi vola verso gli USA, arriviamo ad un primo varco con una decina di persone in coda. A presidiarlo un poliziotto con giubbotto e fucile automatico che in romanesco e con una scortesia esemplare fa passare le persone a gruppi di due/tre, assumendo che anche chi parla inglese capisca i vari “ahò signò statte dietr’alì ndo vai?”. Superato il piccolo Cerbero della bassa trovo i banchi di United e Delta. Quest’ultima ha il drop-off per i bagagli ma United no, si fa la fila normale. Tuttavia l’aver fatto il check-in e l’invio passaporti con la app velocizza il passaggio rispetto agli altri (la gentile signora al desk è anche molto felice del fatto e me lo fa notare). Mi fa domande sui bagagli (preparati io? Contengono oggetti a batteria?) ed in 5 minuti sono libero. Mi ristampa anche le carte d’imbarco nonostante le avessi già. Grazie e arrivederci, intuisco da dove andarmene (non c’è un cartello uno) e procedo ai controlli di sicurezza, aspetterò lato aria.
Mi aspetto chissà che analisi ma i controlli visibili sono gli stessi che per tutti gli altri voli, passo con cintura e scarpe ma mi chiedono di togliere l’orologio (gommone da viaggio, ne ho uno nel bagaglio a mano ma nessuno si pone il problema). Fanno la stessa cosa anche al gate in fianco al mio, dove un piccolo genio della lampada si rifiuta di togliere l’orologio; dopo mezzo minuto che glielo ripetono comincia ad agitarsi e a dire che il “il Rolex col cazzo che lo fa passare nella macchina”. Il ragazzo al controllo più divertito che altro gli spiega che è il regolamento e che se vuole può anche non imbarcarsi se vuole tenere l’orologio al polso. Il fenomeno risponde, rivolgendosi anche agli altri addetti al controllo, che loro manco sanno cos’è un Rolex e che non ne hanno mai visto uno da vicino. Il ragazzo è un po’ meno divertito, la sua collega per nulla, in due minuti arriva un responsabile e sessanta secondi dopo il tipo viene portato, Rolex e bagagli al seguito, in una stanza separata. Lo rivedrò alle 10 e mezza arrivare di corsa al mio gate. Evidentemente il Rolex non segnava l’ora di imbarco spostata in avanti.
A me nel frattempo sono arrivati un paio di SMS che indicano in un’ora il ritardo di imbarco, valore che alla fine risulta confermato. Complice anche la durata sovrastimata del volo, alla fine atterro a EWR con solo mezz’ora di ritardo.
L’imbarco avviene per gruppi, 1 e 2 quelli con priorità e poi cominciamo noi peones dal 3. Mi imbarco sul 767-400 mentre fuori si abbatte un nubifragio

e, prima sorpresa, la mappa dei posti di seatguru non c’entra un accidenti con quello che trovo. Ho il sospetto che abbiano cambiato macchina causa ritardo, ma è proprio un 767-400 come atteso. Boh. Mi inoltro nella barbon-class e mi siedo al mio posto dopo aver sistemato lo zaino e scopro che il pitch tra i sedili è superiore alle mie attese, che ho una presa USB sull’IFE e una 110/220 tra i sedili, anche se trovarla richiede doti paranormali.

Il kit per noi poveracci comprende una coperta, un paio di cuffie e un cuscino con rivestimento in TNT. Gioco con l’IFE e scopro che le mie cuffie sono stecchite, chiedo di cambiarle (3 volte) e alla fine arrivano. Nel frattempo il mio schermo si è inchiodato e non risponde più a nulla, avviso l’assistente che sparisce 15 minuti e lo fa riavviare. E io che speravo di stare lontano dalla tecnologia almeno un po’ di giorni…

Parte un video sulla sicurezza, molto divertente e interessante da seguire. Ci dicono che al decollo va spento ogni device e così facciamo quasi tutti. In volo potremo riaccendere tutto ma in modalità aereo, niente WiFi disponibile. Taxi rapido e rolling take off. Sono una decina di metri dietro l’ala e trovo il volo abbastanza silenzioso anche se il volume delle cuffie potrebbe essere superiore. Buona disponibilità di programmi corti, giochi e film (circa la metà in italiano). Mi guardo qualcosa, provo a dormire e mi riguardo altre cose. La mappa di volo dice che saltiamo il fosso a FL330, mi sarei aspettato di più.
Servono il primo caffè con il quale mi danno invece di una paletta un curioso punteruolo. Non sanno che sono un abile ninja e che con quello potrei fare disastri, comunque mi astengo e provo ad usarlo per mescolare lo zucchero, operazione per cui è adatto quanto Schettino a una lezione sulla gestione delle emergenze.

Arriva anche il pranzo (durante il check-in e prenotazione non ho potuto scegliere nulla) che si presenta con del pollo abbastanza inquietante e dell’insalata, pane e un dolcetto. Mi ricredo subito sul pollo, per essere barbon-class è anche buono e il dolcetto ci sta. Noi di classe inferiore possiamo chiedere analcolici da bere a go go durante tutto il volo.

Gita in bagno per sgranchirsi e foto di rito.
La fase iniziale di traballamento è passata, ci danno il documento per la dogana (che quindi non c’entrava nulla con l’immigration come indicatomi dal call center Lufthansa), mi chiedono se porto denaro, frutta e se voglio lavorare negli USA. Tecnicamente già lo faccio, ma dall’Italia e non in quelle due settimane, quindi dopo qualche dubbio amletico rispondo no.

Non mi spiegano cosa dovrò fare di quella carta e la risposta è che va consegnata all’arrivo.
Arriva una colazione con patatine fritte e un dolce non meglio identificato. Le patatine sono unte da non poterle mangiare, il dolce è unto ma non male. Mi dicono in seguito che non era un dolce ma uno snack salato.

Il volo procede uneventful, panorama acquatico interrotto solo da piccoli iceberg.
Sorvolo il Maine pieno di campi da baseball e aggiriamo NY da Ovest, poi puntiamo dritti su EWR dove atterriamo verso Nord, quasi nel parcheggio dell’Ikea. Non devono esserci molti italiani a bordo in quanto nessuno applaude o esplode bombe di Maradona all’atterraggio. L’unico che si alza con il segnale delle cinture illuminato è Mr Rolex che prende la borsa da sopra incurante delle proteste dell’assistente. Sono molto orgoglioso di aver avuto uno col Rolex in barbon-class, mi chiedo se non li mandi apposta United per dare importanza a tutta la classe.
Percorro il finger ansioso di mettere piede sul suolo americano e alla fine del tunnel arriva la prima delusione: non so che aeroporto mi aspettassi, ma questo sembra un motel anni 70, moquette azzurra e linoleum, qualche parete che andrebbe ripitturata. Dai racconti di amici e colleghi mi aspetta la terribile immigration, lunghe code per essere analizzato da poliziotti obesi e urlanti. Avvio il crono mentre seguo i cartelli, chiari, per i vari tipi di immigranti (statunitensi di ritorno, transiti e noi, manca solo quello per i portatori di Rolex). Arrivati alla prima barriera vedo che la coda davanti a me è corta, un centinaio di persone, e che i poliziotti non sembrano obesi, useranno vetri speciali. Dopo 10 minuti tocca a me, un magrissimo e cortese poliziotto mi rifà le domande sulla carta della dogana, mi spiega come mettere le dita della mano destra sul lettore, me lo rispiega per il pollice, e di nuovo daccapo per la mano sinistra. Fotografia senza occhiali, un timbro e un augurio di godermi la vacanza. Tutto qui? E gli interrogatori della CIA? La rettoscopia? Passeggio perplesso fino alla dogana, dove mi aspetto di dover passare tutto il tempo che si dice di dover perdere. Trovo un chiosco dove un tipo baffuto alla Magum PI mi chiede il cartellino compilato sull’aereo. No, non trasporto frutta. Allora grazie e benvenuto. Ancora più perplesso mi approccio al baggage claim, dove le mie valige già stanno girando. Le recupero e stoppo il crono a 18:40, davanti al ground transportation desk che fornisce informazioni per i trasporti verso NY. Ho prenotato una macchina con Carmellimo, mi indicano un telefono da cui posso fare la chiamata gratuita verso Carmel, quando la signora al telefono mi chiede dove sono ho qualche secondo di panico, poi leggo sul telefono un cartello con la mia esatta ubicazione.
Sono passati 20 minuti dall’atterraggio e sono già alla pick up area in attesa della macchina. In dieci minuti arriva, non riesco a comunicare l’indirizzo al conducente e glielo faccio leggere dalla prenotazione. Dopo 15 minuti mi richiede il foglio e comincia a dire che gli ho detto l’indirizzo sbagliato (l’aveva appena letto lui), deve andare 40 strade più sopra e invece del tunnel che passa sotto l’Hudson conveniva il ponte più a Nord. Mi metto sereno e guardo intorno una città che comincia subito a stupirmi. Un’ora e 70$ dopo sono al mio hotel.
(segue)
Spero possa essere di utilità a tutti. Le fotografie sono fatte con il citofonino, a volte pure un po’ unto.
Tutto inizia un po’ prima, qualche mese, con le domande in giro per capire se il mio passaporto fosse buono o no per gli USA. Momenti di panico con le agenzie di viaggio e la Questura che mi dicono che “sarebbe meglio” rifarlo non avendo il chip, si rischia di non entrare negli USA. Panico e paura, con “solo” due mesi di anticipo a Brescia il passaporto non lo fai se non chiedendo per favore, e comunque la presa delle impronte sarebbe abbastanza avanti da lasciarmi i minuti contati per l’ESTA.
Mi informo al consolato USA e qui sul forum, tutti mi tranquillizzano che il mio passaporto va bene. Richiedo l’ESTA a Luglio (partenza Agosto) e in mezza giornata ottengo uno “Welcome to the United States”. La scadenza del mio ESTA è quella del passaporto, quindi inferiore ai due anni teorici.
I voli sono uno United MXP-EWR per l’andata e un Lufthansa JFK-MUC + Lufthansa (Air Dolomiti) MUC-MXP.
Prenoto il parcheggio P4 a MXP spendendo meno dei soliti remoti+pullmino, pago con carta e ottengo un PDF con un codice da digitare sulla colonnina di ingresso. Andrà tutto bene sia all’arrivo che al ritorno, con la comodità che dal P4 all’imbarco sono 5 minuti a piedi sotto una tettoia e nessuno se ne va a spasso con la mia macchina mentre sono via.
Per il check-in e per la app United c’è un thread qui: http://www.aviazionecivile.org/vb/s...ia-la-nuova-app-che-scannerizza-il-passaporto. Riassumendo, ottima app, aspira il passaporto e produce le carte d’imbarco.
La mattina del volo sveglia prima dell’alba, devo partire alle 10.20, mi chiedono 3 ore di anticipo e da Brescia un po’ di strada me la devo fare. Prendo il telefono e trovo la prima sorpresa: un SMS mi avvisa che il mio volo è in ritardo di un’ora e mezza perché manca l’aereo. La app mi avvisa della stessa cosa ed in effetti vedo su Google che UA19 è partito con un’ora e mezza di ritardo.
Pazienza, ormai sono sveglio, imbarco le valige e mi ritrovo a MXP/T1 poco dopo le sette. Sembra di essere in un aeroporto fantasma: qualche lavoro in corso (ma senza i lavoratori) e una densità di popolazione da deserto dei Tartari, alla faccia delle partenze per le vacanze (è il 13 agosto). A tal proposito sento al TG ieri sera (due diversi, quindi suppongo dati ufficiali) che gli aeroporti di Milano hanno fatto il boom di presenze in queste vacanze con 54k passaggi. Sempre più perplesso, probabilmente c’era più gente al matrimonio di Briatore. Vabbè…
Mi avvio alla ricerca del drop-off bagagli di United, ho già la carta di imbarco nella app ed i passaporti scannerizzati, quindi devo solo buttare la valigia. Chiedo ad una signora al centro informazioni che mi grugnisce qualcosa tipo 81-grunf-sechiuriti-grunf-là. Evidentemente anche lei si è dovuta alzare presto, anche se per fare il suo lavoro. Finisco in una zona sperduta dell’aeroporto che è quella dei controlli per chi vola verso gli USA, arriviamo ad un primo varco con una decina di persone in coda. A presidiarlo un poliziotto con giubbotto e fucile automatico che in romanesco e con una scortesia esemplare fa passare le persone a gruppi di due/tre, assumendo che anche chi parla inglese capisca i vari “ahò signò statte dietr’alì ndo vai?”. Superato il piccolo Cerbero della bassa trovo i banchi di United e Delta. Quest’ultima ha il drop-off per i bagagli ma United no, si fa la fila normale. Tuttavia l’aver fatto il check-in e l’invio passaporti con la app velocizza il passaggio rispetto agli altri (la gentile signora al desk è anche molto felice del fatto e me lo fa notare). Mi fa domande sui bagagli (preparati io? Contengono oggetti a batteria?) ed in 5 minuti sono libero. Mi ristampa anche le carte d’imbarco nonostante le avessi già. Grazie e arrivederci, intuisco da dove andarmene (non c’è un cartello uno) e procedo ai controlli di sicurezza, aspetterò lato aria.
Mi aspetto chissà che analisi ma i controlli visibili sono gli stessi che per tutti gli altri voli, passo con cintura e scarpe ma mi chiedono di togliere l’orologio (gommone da viaggio, ne ho uno nel bagaglio a mano ma nessuno si pone il problema). Fanno la stessa cosa anche al gate in fianco al mio, dove un piccolo genio della lampada si rifiuta di togliere l’orologio; dopo mezzo minuto che glielo ripetono comincia ad agitarsi e a dire che il “il Rolex col cazzo che lo fa passare nella macchina”. Il ragazzo al controllo più divertito che altro gli spiega che è il regolamento e che se vuole può anche non imbarcarsi se vuole tenere l’orologio al polso. Il fenomeno risponde, rivolgendosi anche agli altri addetti al controllo, che loro manco sanno cos’è un Rolex e che non ne hanno mai visto uno da vicino. Il ragazzo è un po’ meno divertito, la sua collega per nulla, in due minuti arriva un responsabile e sessanta secondi dopo il tipo viene portato, Rolex e bagagli al seguito, in una stanza separata. Lo rivedrò alle 10 e mezza arrivare di corsa al mio gate. Evidentemente il Rolex non segnava l’ora di imbarco spostata in avanti.
A me nel frattempo sono arrivati un paio di SMS che indicano in un’ora il ritardo di imbarco, valore che alla fine risulta confermato. Complice anche la durata sovrastimata del volo, alla fine atterro a EWR con solo mezz’ora di ritardo.
L’imbarco avviene per gruppi, 1 e 2 quelli con priorità e poi cominciamo noi peones dal 3. Mi imbarco sul 767-400 mentre fuori si abbatte un nubifragio

e, prima sorpresa, la mappa dei posti di seatguru non c’entra un accidenti con quello che trovo. Ho il sospetto che abbiano cambiato macchina causa ritardo, ma è proprio un 767-400 come atteso. Boh. Mi inoltro nella barbon-class e mi siedo al mio posto dopo aver sistemato lo zaino e scopro che il pitch tra i sedili è superiore alle mie attese, che ho una presa USB sull’IFE e una 110/220 tra i sedili, anche se trovarla richiede doti paranormali.

Il kit per noi poveracci comprende una coperta, un paio di cuffie e un cuscino con rivestimento in TNT. Gioco con l’IFE e scopro che le mie cuffie sono stecchite, chiedo di cambiarle (3 volte) e alla fine arrivano. Nel frattempo il mio schermo si è inchiodato e non risponde più a nulla, avviso l’assistente che sparisce 15 minuti e lo fa riavviare. E io che speravo di stare lontano dalla tecnologia almeno un po’ di giorni…

Parte un video sulla sicurezza, molto divertente e interessante da seguire. Ci dicono che al decollo va spento ogni device e così facciamo quasi tutti. In volo potremo riaccendere tutto ma in modalità aereo, niente WiFi disponibile. Taxi rapido e rolling take off. Sono una decina di metri dietro l’ala e trovo il volo abbastanza silenzioso anche se il volume delle cuffie potrebbe essere superiore. Buona disponibilità di programmi corti, giochi e film (circa la metà in italiano). Mi guardo qualcosa, provo a dormire e mi riguardo altre cose. La mappa di volo dice che saltiamo il fosso a FL330, mi sarei aspettato di più.
Servono il primo caffè con il quale mi danno invece di una paletta un curioso punteruolo. Non sanno che sono un abile ninja e che con quello potrei fare disastri, comunque mi astengo e provo ad usarlo per mescolare lo zucchero, operazione per cui è adatto quanto Schettino a una lezione sulla gestione delle emergenze.

Arriva anche il pranzo (durante il check-in e prenotazione non ho potuto scegliere nulla) che si presenta con del pollo abbastanza inquietante e dell’insalata, pane e un dolcetto. Mi ricredo subito sul pollo, per essere barbon-class è anche buono e il dolcetto ci sta. Noi di classe inferiore possiamo chiedere analcolici da bere a go go durante tutto il volo.

Gita in bagno per sgranchirsi e foto di rito.
La fase iniziale di traballamento è passata, ci danno il documento per la dogana (che quindi non c’entrava nulla con l’immigration come indicatomi dal call center Lufthansa), mi chiedono se porto denaro, frutta e se voglio lavorare negli USA. Tecnicamente già lo faccio, ma dall’Italia e non in quelle due settimane, quindi dopo qualche dubbio amletico rispondo no.

Non mi spiegano cosa dovrò fare di quella carta e la risposta è che va consegnata all’arrivo.
Arriva una colazione con patatine fritte e un dolce non meglio identificato. Le patatine sono unte da non poterle mangiare, il dolce è unto ma non male. Mi dicono in seguito che non era un dolce ma uno snack salato.

Il volo procede uneventful, panorama acquatico interrotto solo da piccoli iceberg.
Sorvolo il Maine pieno di campi da baseball e aggiriamo NY da Ovest, poi puntiamo dritti su EWR dove atterriamo verso Nord, quasi nel parcheggio dell’Ikea. Non devono esserci molti italiani a bordo in quanto nessuno applaude o esplode bombe di Maradona all’atterraggio. L’unico che si alza con il segnale delle cinture illuminato è Mr Rolex che prende la borsa da sopra incurante delle proteste dell’assistente. Sono molto orgoglioso di aver avuto uno col Rolex in barbon-class, mi chiedo se non li mandi apposta United per dare importanza a tutta la classe.
Percorro il finger ansioso di mettere piede sul suolo americano e alla fine del tunnel arriva la prima delusione: non so che aeroporto mi aspettassi, ma questo sembra un motel anni 70, moquette azzurra e linoleum, qualche parete che andrebbe ripitturata. Dai racconti di amici e colleghi mi aspetta la terribile immigration, lunghe code per essere analizzato da poliziotti obesi e urlanti. Avvio il crono mentre seguo i cartelli, chiari, per i vari tipi di immigranti (statunitensi di ritorno, transiti e noi, manca solo quello per i portatori di Rolex). Arrivati alla prima barriera vedo che la coda davanti a me è corta, un centinaio di persone, e che i poliziotti non sembrano obesi, useranno vetri speciali. Dopo 10 minuti tocca a me, un magrissimo e cortese poliziotto mi rifà le domande sulla carta della dogana, mi spiega come mettere le dita della mano destra sul lettore, me lo rispiega per il pollice, e di nuovo daccapo per la mano sinistra. Fotografia senza occhiali, un timbro e un augurio di godermi la vacanza. Tutto qui? E gli interrogatori della CIA? La rettoscopia? Passeggio perplesso fino alla dogana, dove mi aspetto di dover passare tutto il tempo che si dice di dover perdere. Trovo un chiosco dove un tipo baffuto alla Magum PI mi chiede il cartellino compilato sull’aereo. No, non trasporto frutta. Allora grazie e benvenuto. Ancora più perplesso mi approccio al baggage claim, dove le mie valige già stanno girando. Le recupero e stoppo il crono a 18:40, davanti al ground transportation desk che fornisce informazioni per i trasporti verso NY. Ho prenotato una macchina con Carmellimo, mi indicano un telefono da cui posso fare la chiamata gratuita verso Carmel, quando la signora al telefono mi chiede dove sono ho qualche secondo di panico, poi leggo sul telefono un cartello con la mia esatta ubicazione.
Sono passati 20 minuti dall’atterraggio e sono già alla pick up area in attesa della macchina. In dieci minuti arriva, non riesco a comunicare l’indirizzo al conducente e glielo faccio leggere dalla prenotazione. Dopo 15 minuti mi richiede il foglio e comincia a dire che gli ho detto l’indirizzo sbagliato (l’aveva appena letto lui), deve andare 40 strade più sopra e invece del tunnel che passa sotto l’Hudson conveniva il ponte più a Nord. Mi metto sereno e guardo intorno una città che comincia subito a stupirmi. Un’ora e 70$ dopo sono al mio hotel.
(segue)
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