ROMA-TRIPOLI, SI RICOMINCIA
Sul primo volo Alitalia del dopo-Gheddafi, tra esuli festanti, imam che pregano e pochi italiani
Appena l’Md80 Alitalia sfiora la pista dell’aeroporto militare, le cinque figlie dell’Imam che torna dal Canada non si trattengono. Tripoli, finalmente. Mezzo aereo sta battendo le mani e le bimbe cominciano a cantare. «Allah è grande, sia lodato Allah, sia felice la nostra terra». La barba rossa di Yussuf Mustafa, l’Imam del Centro Islamico di Toronto, sta seduta tra la vecchia madre e la moglie, e solo gli occhi s’intravvedono tra i veli neri. Un cenno e le cinque figlie tacciono. «È un momento importante - si mette a spiegare il babbo Imam - stiamo tornando a casa, a Misurata. Molti amici sono morti in battaglia, sono diventati Martiri. Grazie a loro adesso ci aspetta un futuro radioso...».
Erano in cento su questo primo volo Alitalia per Tripoli, poco meno per il ritorno, nel pomeriggio. Con il suo corteo di sette donne l’Imam di Toronto era l’attrazione. Quasi nessun italiano, l’ambasciata libica di
Roma concede ancora rari visti. Due ingegneri libici dell’Eni, un dipendente della sede milanese della Tamoil, un gruppo di medici che arrivano dall’Inghilterra e mostrano la nuova bandiera di Libia, i tre colori «cuciti con il filo del pronto soccorso dell’ospedale di Reading». Si mettono in posa per la foto e in fondo a destra, ultima, si mette anche la professoressa che rientra da Chicago. Sul bavero del cappotto ha una grossa spilla, «Libia libera».
«Siamo felici di ospitarvi in questo primo volo», li saluta a bordo Maurizio Bulgheri, il comandante. Primo volo che mette orgoglio ad Alitalia, nessun’altra compagnia europea copre la tratta con la Libia, finora solo Turkish Airlines ed Egypt Air. «È un ottimo segnale per i rapporti tra i nostri Paesi», dirà nel viaggio di ritorno Giuseppe Buccino Grimaldi, ambasciatore italiano a Tripoli. «È un’apertura importante anche all’economia». Non è stato semplice, per Alitalia. Ma sono riusciti a rispettare le promesse, nonostante l’aeroporto civile sia ancora chiuso e l’atterraggio avvenga qui, nella vecchia base Usa di Mitiga, l’aeroporto dei Ribelli.
Quando dall’alto si vedono Tajura e poi Tripoli, sono tutti ai finestrini. C’è chi si beve l’ultimo sorso di birra. La professoressa con la spilla domanda al vicino: «E tu, da quando non torni?». Il dottor Yawor Sharif risponde che son passati dieci anni: «Sono di Sabratha, ero l’ortopedico dell’ospedale e mi sono trasferito a Sofia ormai da troppo tempo». Nella fila accanto c’è Mahmoud Naku, e sulla pista troverà un picchetto d’onore ad aspettarlo: «Io sono di Zintan, manco da 33 anni e per 33 anni ho sognato questo momento: la fine del dittatore Gheddafi è il giorno più bello della mia vita. Dimenticavo, mi hanno appena nominato ambasciatore di Libia a Londra».
Il comandante ha messo la bandierina libica fuori dal finestrino della cabina. C’è una certa eccitazione negli sguardi di chi sta per scendere e pure sulla pista, con i parenti, i mazzi di fiori, altre bandiere, i combattenti di Zintan sull’attenti per l’ambasciatore Naku. Il volo dovrebbe ripartire per Roma dopo un’ora, ma ci sarà ritardo per colpa di un’altra eccitazione. Nel porto di Tripoli sono arrivate due navi cariche di montoni, per la festa musulmana di sabato: e la strada lungo il mare che va da Tripoli all’aeroporto di Mitiga è rimasta bloccata, chi arriva prima alla nave si sceglie il montone migliore al prezzo migliore. Per questa volta nessun lamento per il ritardo.
Alle due del pomeriggio l’ambasciatore Buccino Grimaldi taglia il nastro in fondo alla scaletta dell’Md80. È un primo volo anche questo, considerato «volo inaugurale». Si può salire e il primo è il dottor Hamed Fellah, 50 anni, anestesista in un ospedale di Londra, moglie e figlia velate accanto. «Sono qui da due mesi, non potevo perdermi queste giornate». Dal portafoglio toglie i dinari e infila sterline di Sua Maestà. «Parto contento perchè so che sarà una bella Libia, democratica aperta al mondo e moderata, anche nella legge islamica. Per la prima volta, da oggi, posso vedere che la Libia è cambiata davvero: da qui non si scappa più, si parte. E so che potrò tornare quando voglio».
Era dal 23 febbraio che Alitalia non volava a Tripoli. «Meno male che si riprende, in meno di due ore sei già qui - dice dalla fila 16 Massimo Mion, 47 anni, ad della Co.Ge. di Parma -. Per arrivare ci avevo messo due giorni, passando da Malta e prendendo poi un volo dell’Onu». Co.Ge. ha già firmato un contratto: «Porteremo 14 scuole prefabbricate, da 330 a 600 posti. Di opportunità per le imprese italiane ce ne sono parecchie, e mettendo assieme il gran lavoro dell’ambasciata e questo volo Alitalia se ne apriranno ancora». Quando l’Md80 atterra a Fiumicino i 90 passeggeri libici non applaudono e hanno una gran fretta. Le coincidenze per Londra non aspettano.
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