25 Ottobre 2010
Alitalia, banche e lo strano caso di Toto il Furbo
ALESSANDRO PENATI
L’uscita dello Stato da Alitalia, con la cessione alla famosa cordata italiana, è stata un processo lungo, costoso per il contribuente, e dalle modalità discutibili (e discusse). Ma di tutta la faccenda, l’aspetto meno trasparente e comprensibile dal punto di vista della razionalità economica rimane l’acquisto di Air One.
Primo interrogativo: il prezzo pagato. A fine 2008, Cai, una società appositamente costituita dalla cordata italiana, rileva le attività della vecchia Alitalia dall’Amministrazione Straordinaria per 1.052 milioni: di cui 440 pagati in contanti (ovvero metà degli 847 milioni di capitale versati dalla cordata in Cai) e 612 tramite l’assunzione di debiti garantiti dagli aeroplani.
Solo qualche settimana dopo, Cai acquista anche le attività di Air One da Carlo Toto. Il prezzo non è certo, ma è stimabile in 1.020 milioni (455 pagati da Cai, più 676 milioni di debiti usciti dal consolidato della holding di Toto, meno 111 milioni di debiti netti ritrasferiti a Toto). Una stranezza, visto che Cai, con Air One, entra in possesso di 63 aeroplani, contro i 93 della vecchia Alitalia, un numero inferiore di slot, tratte meno remunerative e una quota di mercato in Italia pari a solo un terzo di Alitalia.
Né si può dire che Alitalia arrivasse da un fallimento, mentre Air One fosse efficiente e redditizia: soltanto in 5 degli ultimi 10 esercizi, Air One era riuscita a chiudere il bilancio con un risicato utile. Complessivamente nel decennio, gli utili cumulati sono stati nulli. Air One volava con un tasso di occupazione dei posti tra i più bassi in Europa. Così, a fine 2008, Air One, pur perdendo anche a livello operativo, aveva accumulato debiti (poi scaricati su Alitalia) in misura pari a 80% del fatturato. In pratica: se non fosse arrivata Cai, c'era il rischio che Air One facesse la fine di Alitalia. Quindi, delle due l'una: o Cai ha pagato troppo Air One; o troppo poco Alitalia. Ma se cercaste nei bilanci CaiAlitalia una spiegazione del prezzo pagato per le attività di Air One, non trovereste neanche un rigo.
Secondo interrogativo: le ragioni dell’acquisto. La motivazione ufficiale era poter aumentare rapidamente il parco aeromobili di Alitalia, e accedere alle opzioni per l’acquisto di nuovi aerei, detenute da Air One. Tuttavia, Air One aveva solo aerei a brevemedio raggio che non risolvevano la pressante necessità di vettori a lungo raggio necessari alla nuova Alitalia per espandere le rotte intercontinentali, maggiormente redditizie. Inoltre 21 dei 63 aerei di Air One erano 737, dei quali CaiAlitalia dichiara oggi di volersi disfare. Il marchio Air One, che doveva sparire, viene ora riciclato, insieme ad alcuni aerei, come nuova compagnia low cost: l’ennesimo azzardo, visto che tutti i tentativi di entrare in questo segmento da parte delle compagnie di bandiera europee si sono rivelati fallimentari.
L’altra motivazione era aggregare gli slot su Linate di Air One a quelli di Alitalia (già con il 54%), per monopolizzare la tratta per Roma, alle spalle del consumatori, col beneplacito di Governo e Antitrust. Ma sembra che Cai non abbia tenuto conto della concorrenza dell’Alta Velocità, col risultato che margini e passeggeri a Linate sono in calo.
Terzo interrogativo: il debito. Logica vorrebbe che una nuova società nata da una procedura fallimentare abbia un indebitamento molto basso e capacità di generare cassa. Cai ha scelto la strada opposta. Con Alitalia si è accollata 612 milioni di debiti dall’Amministrazione Straordinaria, quasi raddoppiati (altri 560) con l’acquisto di Air One. Così CaiAlitalia si trova oggi con circa 800 milioni di debiti finanziari, quando nel primo semestre 2010 non è stata in grado di generare liquidità neanche a livello operativo; e ha dovuto usare subito quasi tutti i 322 milioni incassati da Air France per il 25% del capitale, per ridurre l'indebitamento.
In questa danza del debito, gli unici a guadagnare sono state le banche creditrici di Toto, che hanno visto in parte rimborsata e in parte garantita da una società più solida la loro esposizione verso una società sull'orlo del burrone. Sarebbe interessante sapere di quali banche si tratta.
Gli interrogativi sul debito non finiscono in casa Alitalia. Anche la Toto Costruzioni, holding del gruppo, pur avendo un risultato operativo di pochi milioni, raggiunge 760 milioni di indebitamento finanziario alla vigilia della cessione di Air One; che permette di abbatterli a 239 a fine 2008. Ma a fine 2009, i debiti sono risaliti a 427 milioni. Come è possibile? Semplice: ceduti i debiti di Air One, Toto ricomincia subito a indebitarsi per investire, tra l’altro anche nell’acquisto di aeroplani, dati in locazione proprio alla nuova Alitalia (interrogativo numero quattro). Ma quali sono queste banche pronte a finanziare chi, avendo un’azienda con troppi debiti, l’ha appena dovuta cedere (coi debiti) per evitare la crisi?
Quarto interrogativo: gli aerei di Toto. Ceduta Air One alla nuova Alitalia, Toto usa parte dell’introito e accende nuovi debiti per acquistare aerei attraverso una filiera di società irlandesi, per poi cederli in locazione sempre ad Alitalia. Nessun dettaglio di questo accordo (ratio, durata, costi) viene riportato nei bilanci delle due società, alla faccia della trasparenza. È quindi difficile valutarne la convenienza Ma non si capisce perché un grande vettore come Alitalia debba, di fatto, garantire a Toto il pagamento di un’intermediazione per comperare degli aerei. Se Alitalia era interessata alle opzioni di acquisto in mano a Toto, poteva acquistarle direttamente, come parte della cessione di Air One.
Inoltre non si capisce perché Alitalia debba accettare che l’intermediazione di Toto avvenga attraverso una triangolazione di società esterovestite in paesi a fiscalità privilegiata: una società italiana (il gruppo Toto) vende un servizio (noleggio di aerei) a un'altra società italiana (Alitalia), attraverso una filiera di controllate irlandesi. Una triangolazione usata in passato da Toto per Air One, che sia lo stesso Toto sia Alitalia, che con Air One ha ereditato le società irlandesi, continuano a utilizzare. Creare strutture societarie complesse e transnazionali è perfettamente legale, ma spesso nelle pieghe della complessità può trovare spazio l'elusione fiscale. Che cosa ne pensa, in proposito, l'Agenzia delle Entrate?
Noto che CaiAlitalia, con l'acquisizione di Air One, ha già ereditato un contenzioso tributario che occupa tre pagine del suo bilancio. Ne valeva la pena?
Per tanti interrogativi abbiamo poche risposte chiare e un'unica certezza: nel capitalismo delle relazioni, chiamarsi Toto deve essere importante.
(ha collaborato Marco Botta)
la Repubblica
http://www.repubblica.it/supplementi/af/2010/10/25/copertina/001spillo.html
Alitalia, banche e lo strano caso di Toto il Furbo
ALESSANDRO PENATI
L’uscita dello Stato da Alitalia, con la cessione alla famosa cordata italiana, è stata un processo lungo, costoso per il contribuente, e dalle modalità discutibili (e discusse). Ma di tutta la faccenda, l’aspetto meno trasparente e comprensibile dal punto di vista della razionalità economica rimane l’acquisto di Air One.
Primo interrogativo: il prezzo pagato. A fine 2008, Cai, una società appositamente costituita dalla cordata italiana, rileva le attività della vecchia Alitalia dall’Amministrazione Straordinaria per 1.052 milioni: di cui 440 pagati in contanti (ovvero metà degli 847 milioni di capitale versati dalla cordata in Cai) e 612 tramite l’assunzione di debiti garantiti dagli aeroplani.
Solo qualche settimana dopo, Cai acquista anche le attività di Air One da Carlo Toto. Il prezzo non è certo, ma è stimabile in 1.020 milioni (455 pagati da Cai, più 676 milioni di debiti usciti dal consolidato della holding di Toto, meno 111 milioni di debiti netti ritrasferiti a Toto). Una stranezza, visto che Cai, con Air One, entra in possesso di 63 aeroplani, contro i 93 della vecchia Alitalia, un numero inferiore di slot, tratte meno remunerative e una quota di mercato in Italia pari a solo un terzo di Alitalia.
Né si può dire che Alitalia arrivasse da un fallimento, mentre Air One fosse efficiente e redditizia: soltanto in 5 degli ultimi 10 esercizi, Air One era riuscita a chiudere il bilancio con un risicato utile. Complessivamente nel decennio, gli utili cumulati sono stati nulli. Air One volava con un tasso di occupazione dei posti tra i più bassi in Europa. Così, a fine 2008, Air One, pur perdendo anche a livello operativo, aveva accumulato debiti (poi scaricati su Alitalia) in misura pari a 80% del fatturato. In pratica: se non fosse arrivata Cai, c'era il rischio che Air One facesse la fine di Alitalia. Quindi, delle due l'una: o Cai ha pagato troppo Air One; o troppo poco Alitalia. Ma se cercaste nei bilanci CaiAlitalia una spiegazione del prezzo pagato per le attività di Air One, non trovereste neanche un rigo.
Secondo interrogativo: le ragioni dell’acquisto. La motivazione ufficiale era poter aumentare rapidamente il parco aeromobili di Alitalia, e accedere alle opzioni per l’acquisto di nuovi aerei, detenute da Air One. Tuttavia, Air One aveva solo aerei a brevemedio raggio che non risolvevano la pressante necessità di vettori a lungo raggio necessari alla nuova Alitalia per espandere le rotte intercontinentali, maggiormente redditizie. Inoltre 21 dei 63 aerei di Air One erano 737, dei quali CaiAlitalia dichiara oggi di volersi disfare. Il marchio Air One, che doveva sparire, viene ora riciclato, insieme ad alcuni aerei, come nuova compagnia low cost: l’ennesimo azzardo, visto che tutti i tentativi di entrare in questo segmento da parte delle compagnie di bandiera europee si sono rivelati fallimentari.
L’altra motivazione era aggregare gli slot su Linate di Air One a quelli di Alitalia (già con il 54%), per monopolizzare la tratta per Roma, alle spalle del consumatori, col beneplacito di Governo e Antitrust. Ma sembra che Cai non abbia tenuto conto della concorrenza dell’Alta Velocità, col risultato che margini e passeggeri a Linate sono in calo.
Terzo interrogativo: il debito. Logica vorrebbe che una nuova società nata da una procedura fallimentare abbia un indebitamento molto basso e capacità di generare cassa. Cai ha scelto la strada opposta. Con Alitalia si è accollata 612 milioni di debiti dall’Amministrazione Straordinaria, quasi raddoppiati (altri 560) con l’acquisto di Air One. Così CaiAlitalia si trova oggi con circa 800 milioni di debiti finanziari, quando nel primo semestre 2010 non è stata in grado di generare liquidità neanche a livello operativo; e ha dovuto usare subito quasi tutti i 322 milioni incassati da Air France per il 25% del capitale, per ridurre l'indebitamento.
In questa danza del debito, gli unici a guadagnare sono state le banche creditrici di Toto, che hanno visto in parte rimborsata e in parte garantita da una società più solida la loro esposizione verso una società sull'orlo del burrone. Sarebbe interessante sapere di quali banche si tratta.
Gli interrogativi sul debito non finiscono in casa Alitalia. Anche la Toto Costruzioni, holding del gruppo, pur avendo un risultato operativo di pochi milioni, raggiunge 760 milioni di indebitamento finanziario alla vigilia della cessione di Air One; che permette di abbatterli a 239 a fine 2008. Ma a fine 2009, i debiti sono risaliti a 427 milioni. Come è possibile? Semplice: ceduti i debiti di Air One, Toto ricomincia subito a indebitarsi per investire, tra l’altro anche nell’acquisto di aeroplani, dati in locazione proprio alla nuova Alitalia (interrogativo numero quattro). Ma quali sono queste banche pronte a finanziare chi, avendo un’azienda con troppi debiti, l’ha appena dovuta cedere (coi debiti) per evitare la crisi?
Quarto interrogativo: gli aerei di Toto. Ceduta Air One alla nuova Alitalia, Toto usa parte dell’introito e accende nuovi debiti per acquistare aerei attraverso una filiera di società irlandesi, per poi cederli in locazione sempre ad Alitalia. Nessun dettaglio di questo accordo (ratio, durata, costi) viene riportato nei bilanci delle due società, alla faccia della trasparenza. È quindi difficile valutarne la convenienza Ma non si capisce perché un grande vettore come Alitalia debba, di fatto, garantire a Toto il pagamento di un’intermediazione per comperare degli aerei. Se Alitalia era interessata alle opzioni di acquisto in mano a Toto, poteva acquistarle direttamente, come parte della cessione di Air One.
Inoltre non si capisce perché Alitalia debba accettare che l’intermediazione di Toto avvenga attraverso una triangolazione di società esterovestite in paesi a fiscalità privilegiata: una società italiana (il gruppo Toto) vende un servizio (noleggio di aerei) a un'altra società italiana (Alitalia), attraverso una filiera di controllate irlandesi. Una triangolazione usata in passato da Toto per Air One, che sia lo stesso Toto sia Alitalia, che con Air One ha ereditato le società irlandesi, continuano a utilizzare. Creare strutture societarie complesse e transnazionali è perfettamente legale, ma spesso nelle pieghe della complessità può trovare spazio l'elusione fiscale. Che cosa ne pensa, in proposito, l'Agenzia delle Entrate?
Noto che CaiAlitalia, con l'acquisizione di Air One, ha già ereditato un contenzioso tributario che occupa tre pagine del suo bilancio. Ne valeva la pena?
Per tanti interrogativi abbiamo poche risposte chiare e un'unica certezza: nel capitalismo delle relazioni, chiamarsi Toto deve essere importante.
(ha collaborato Marco Botta)
la Repubblica
http://www.repubblica.it/supplementi/af/2010/10/25/copertina/001spillo.html