Il presidente della cordata degli imprenditori
Colaninno: la crisi non ci fa paura
«E l’accordo non si cambia»
MILANO— Questa sera l'incontro con i sindacati: «E spero che la trattativa sia chiusa per domani». Ossia in tempo per l'assemblea straordinaria Cai: «E tutti i soci hanno confermato la loro adesione. Abbiamo promesso almeno un miliardo di capitale e quel miliardo c'è per intero ». Magari pure qualcosina in più, ma già in questo modo il messaggio è chiaro. Non è vero, dice Roberto Colaninno, sono voci non necessariamente disinteressate quelle che parlano di azionisti spaventati dal crollo globale dei mercati e che, dunque, dalla titanica impresa di salvare Alitalia vorrebbero oggi solo fuggire. «Resteranno. Tutti. Anzi: ne arriveranno altri. Perché sì, certamente la crisi è pesantissima. Ma non è che qui sta finendo il mondo. Passerà, prima o poi».
Nemmeno lui ha la sfera di cristallo: previsioni sui tempi non ne azzarda. Vede però uno spartiacque: «Le elezioni Usa, che io mi auguro portino alla Casa Bianca Barack Obama». È da lì, aggiunge il presidente della Compagnia aerea italiana, dal ricambio a Washington che «cominceranno a delinearsi le soluzioni in grado di ridare fiducia al mercato americano e risolvere le altre grandi questioni internazionali, in primis l'Iraq». Per questo, «perché anche gli uragani prima o poi passano, e noi imprenditori lo sappiamo bene», la cordata non si fermerà: «Avremo un inizio più difficile del previsto. Ma, ripeto, il mondo va avanti e andiamo avanti noi».
Loro, assicura Colaninno, la loro parte la faranno. Due sole cose, ribadisce, potrebbero fermare l'operazione Fenice. Un "no" dell' Unione Europea, il cui verdetto è atteso per metà novembre. Oppure—anche qui come da condizioni iniziali—un altro "no": quello dei sindacati. È vero che ora la strada appare ancora in salita, che alcune sigle accusano la Cai di non aver trasferito nei contratti i principi dell'intesa siglata poche settimane fa, che i piloti sembrano tornati sul piede di guerra. Lui però pare considerarle normali schermaglie. E non solo perché «tutti sanno benissimo che senza una firma Cai si ritirerebbe».
È che «se l'accordo sottoscritto a Palazzo Chigi ha un senso e, adesso, si tratta solo di recepirlo formalmente nella stesura dei contratti, non vedo dove stia il problema». Anzi: «Ho parlato con i confederali, mi hanno confermato la volontà di chiudere in tempo utile per l'assemblea Cai. Immagino valga anche per le altre sigle». Certo, «forse qualcuno vuole tentare di cambiare ulteriormente l'accordo. Ma siccome quell'accordo c'è, siccome il negoziato è finito, siccome il nostro progetto prevede l'assunzione di 12.600 persone e il contesto economico, oggi, è quello che è, penso sia nell' interesse anche dei lavoratori arrivare in fretta alla stesura formale dei contratti. Provare a riaprire una trattativa già conclusa significherebbe chiudere l'ultima porta per il rilancio di Alitalia».
La tabella di marcia ha tempi strettissimi e, se da un lato si lavora con i sindacati e con Bruxelles, dall'altro continuano le trattative con il partner industriale. Air France, Lufthansa, British? Ogni traccia — compresa la decisione dei tedeschi di creare una newco per l'Italia e avviare il loro hub «meridionale» su Malpensa — sembra portare a Parigi. Colaninno però non si sbilancia, «continuiamo a trattare con tutti, la scelta la faremo entro novembre ». Con paletti molto precisi. «Dev'essere chiaro che questo gruppo è partito per gestire una società, non per fare un portage finanziario». Dunque, il partner avrà un posto in consiglio alla pari con gli altri e la sua quota non supererà il 20% («Per una cifra che si aggiungerà al miliardo sottoscritto da noi»).
Per essere ancora più chiari: «Non è che l'alleato industriale deve venire qui a insegnarci cosa fare. Si opera insieme, si cercano sinergie, ma la forza di Alitalia nei confronti di chi verrà sta nel mercato in cui Alitalia opera». Il concetto, a Colaninno, serve anche per rispondere alle accuse lanciate ieri, sul «Sole», da Giuseppe Bonomi. Dice, il presidente Sea, che il piano Cai non fa l'interesse del Paese? Sorriso: «Milano sarà il centro strategico per coprire gli interessi della Pianura Padana e del Nord, forse l'area a maggior densità industriale del mondo. Roma coprirà il bacino Sud, e sarà una porta straordinariamente importante per il Mediterraneo: 700 milioni di persone che potrebbero passare da qui anziché da Parigi, Francoforte, Londra. Non è fare gli interessi del Paese, questo?».
E se il nodo fosse il ridimensionamento di Linate? «Ah, beh... Il Nord non può avere un aeroporto ogni 50 chilometri. Deve invece avere "porte" dirette sull'Asia, per esempio. E proprio perché siamo coscienti dell'importanza di Milano ne facciamo il centro della strategia, nuove rotte internazionali comprese. Il tutto però richiede la collaborazione delle autorità politiche lombarde: se condividono il rafforzamento di Malpensa, pensando a tutto il Nord, devono investire su una rete di infrastrutture che non renda un'impresa raggiungere l'aeroporto da Cremona, Torino, Mantova ». Quest'ultima citata non a caso, ovvio. È da lì che Colaninno partirà fra una settimana, nelle vesti di presidente Piaggio, per la missione governo-Confindustria in Vietnam. «Ma sa da dove dovrò decollare? Da Parigi...».
Raffaella Polato
Corriere della Sera
27 ottobre 2008