Londra, il caso degli slot a pagamento Da Alitalia ad Etihad per 60 milioni
I dubbi sulla transazione con la quale la compagnia emiratina ha rilevato cinque coppie di diritti di volo da Alitalia con partenza dallo scalo di Heathrow. Il commissario Laghi non ha escluso una possibile azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici
di Fabio Savelli
L’unico aeroporto in Europa in cui la fascia oraria (di atterraggio e decollo) si paga (a peso d’oro) è quello di Heathrow a Londra. È un unicum. Persino in deroga alla normativa Ue e alle regole internazionali disciplinate dalla Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo. Permette un mercato secondario degli slot sullo scalo londinese che fa accapigliare le grandi compagnie aeree.
La questione riguarda trasversalmente anche Alitalia, perché sul tavolo dei tre Commissari nominati dal ministero dello Sviluppo (Enrico Laghi, Luigi Gubitosi e Stefano Paleari) c’è una transazione da 60 milioni di euro corrisposta da Etihad nel momento in cui è entrata come azionista della compagnia con il 49%. Una cifra, per cinque coppie di diritti (da 12 milioni l’una), giudicata da qualcuno troppo bassa rispetto, ad esempio, ai 30 milioni con cui la stessa Alitalia cedette nel 2012 un solo slot alla Continental (il 250% in più della cifra pattuita con Abu Dhabi) e i 75 milioni pagati nel 2016 da Oman Air per acquistare una coppia di diritti da Air France. Ecco perché Laghi non ha smentito l’ipotesi di una possibile azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici di Alitalia. Si vedrà. Quel che è certo è che quei diritti, monetizzabili, presentano un valore diverso a seconda dell’ora di decollo e quei cinque erano sì pregiati, ma non troppo (uno alle 15.30, due attorno alle 18.30 e due in tarda serata). Perché quelli più ambiti sono quelli della mattina presto, per la clientela ad alta capacità di spesa che parte da Londra verso le grandi capitali occidentali e asiatiche.
Al netto del caso Heathrow, gli slot degli aeroporti non sono vendibili.
Le fasce orarie di decollo e atterraggio - calcolate sulla capacità di traffico da parte di un aeroporto - vengono assegnate dalla Iata, tramite degli standard internazionali. In Italia se ne occupa Assoclearance che assegna gli slot (e i relativi diritti di transito) sulla base delle richieste delle compagnie. Per mantenerli però è necessario che il vettore depositario degli slot mantenga l’operatività per almeno l’80% di quanto richiesto. Con un margine di flessibilità del 20% se mutano le condizioni di mercato o se una compagnia rischia il default. In quel caso sono pronti a subentrare gli altri vettori. Con una quota del 50% per i nuovi entranti. Previa richiesta ad Assoclearance e agli aeroporti.
http://www.corriere.it/economia/lec...ni-a30b50ba-5a5d-11e7-b519-11e7c6330510.shtml
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Il giudice (americano) che deciderà
sul futuro di Alitalia e sui suoi voli
Si chiama Sean H. Lane e lunedì 26 giugno esamina la richiesta della compagnia di fermare i 663 possibili creditori. Ecco quanto pesa il mercato americano
[FONT=main-condensed_light_italic]di Leonard Berberi - lberberi@corriere.it[/FONT]
[FONT=main-condensed_regular]La prima pagina della richiesta di Alitalia per il Capitolo 15 negli Usa e due velivoli della compagnia di bandiera
Sean H. Lane ha in mano un pezzo importante di Alitalia. Quasi un terzo dei suoi ricavi complessivi. I voli Italia-Usa. La sopravvivenza dell’ex compagnia di bandiera. Sean H. Lane è il giudice fallimentare che alle due del pomeriggio (le 8 di sera in Italia) del 26 giugno inizierà a esaminare nell’aula del Distretto Sud di New York il dossier del vettore tricolore. Dovrà decidere se dare ragione agli italiani oppure ai suoi (tanti) creditori americani. E, di fatto, avrà una voce rilevante sul futuro: perché se dovesse accogliere le obiezioni americane metterebbe in seria difficoltà l’azienda.
Il Capitolo 15
Il 12 giugno scorso Alitalia ha presentato al Tribunale fallimentare di New York — cosa già fatta con la vecchia società — istanza di riconoscimento dell’amministrazione straordinaria anche negli Stati Uniti ricorrendo al Capitolo 15: è un modo per bloccare all’istante qualsiasi azione legale e sequestro di beni da parte dei creditori e serve ad agevolare i processi di ristrutturazione nel proprio Paese. Nella richiesta depositata da Benedetto Mencaroni Poiaini, Vice President Regional Manager per le Americhe di Alitalia, il Capitolo 15 è necessario perché due «fornitori» chiedono il pagamento immediato di alcune fatture e bollette inevase o interrompono ogni prestazione. «Il debitore (Alitalia, ndr) vorrebbe che le sue operazioni continuassero nel modo più stabile possibile», scrive il manager. Cosa che non sarebbe possibile senza i servizi erogati dai diversi fornitori in territorio americano
Bollette e fatture inevase
Nello specifico, da un lato c’è Terminal One Group Association, società che gestisce l’aeroporto JFK di New York, che minaccia di porre termine al contratto con Alitalia «cosa che renderebbe il debitore incapace di operare i suoi voli giornalieri da e per New York» e «privandolo di una fonte importante di ricavi». Dall’altro lato c’è Broadband Centric Inc. che ha avvertito il vettore che smetterà di fornire i servizi telefonici e internet se non vengono effettuati i pagamenti richiesti. «L’interruzione — continua Mencaroni Poiaini — renderebbe Alitalia incapace di continuare con il servizio di call center» e altre attività negli Usa.
Il «peso» degli Usa sui ricavi
Nella richiesta di Alitalia si scoprono anche dati interessanti. Circa il 30% dei ricavi complessivi della compagnia tricolore derivano proprio dalle operazioni negli Stati Uniti. «Di questi almeno il 15% dei ricavi globali sono generati dai voli da e per il Terminal Uno del JFK di New York». «Il debitore — continua il documento — opera nove voli giornalieri dagli Stati Uniti all’Italia e affitta spazi in cinque scali americani (oltre al JFK, anche al Logan International di Boston, al Los Angeles International, al Miami International e al Chicago O’Hare International), così come uffici a New York». Altro capitoli delicato è il carburante. «Ogni anno, negli Usa, Alitalia ne acquista quantità per un valore di circa 543 milioni di euro per far volare i suoi aerei». In assenza del Capitolo 15, è il ragionamento della società, i fornitori potrebbero iniziare a cambiare i termini del contratto e danneggiare l’operatività dei collegamenti previsti.
Chi è il giudice
Ora tocca al giudice Lane. Che avrà da una parte Alitalia. Dall’altra 663 creditori (reali o possibili) basati negli Usa dell’ex compagnia di bandiera, tanti sono quelli inseriti nell’elenco che il Corriere della Sera ha potuto visionare. Sean H. Lane non è uno qualsiasi, però. Oltre ad essere grande esperto di istanze fallimentari è anche quello che ha avuto molto da (ri)dire sulla fusione tra American Airlines e Us Airways contestando i 19,9 milioni di dollari di «premio» per Tom Horton, l’allora ad di AMR Corp (di cui faceva parte American Airlines). Alla fine il giudice ha approvato la fusione.
[/FONT]http://www.corriere.it/cronache/17_giugno_26/giudice-americano-che-decidera-futuro-alitalia-suoi-voli-usa-dd2130e0-5a89-11e7-b519-11e7c6330510.shtml
I dubbi sulla transazione con la quale la compagnia emiratina ha rilevato cinque coppie di diritti di volo da Alitalia con partenza dallo scalo di Heathrow. Il commissario Laghi non ha escluso una possibile azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici
di Fabio Savelli
L’unico aeroporto in Europa in cui la fascia oraria (di atterraggio e decollo) si paga (a peso d’oro) è quello di Heathrow a Londra. È un unicum. Persino in deroga alla normativa Ue e alle regole internazionali disciplinate dalla Iata, l’associazione internazionale del trasporto aereo. Permette un mercato secondario degli slot sullo scalo londinese che fa accapigliare le grandi compagnie aeree.
La questione riguarda trasversalmente anche Alitalia, perché sul tavolo dei tre Commissari nominati dal ministero dello Sviluppo (Enrico Laghi, Luigi Gubitosi e Stefano Paleari) c’è una transazione da 60 milioni di euro corrisposta da Etihad nel momento in cui è entrata come azionista della compagnia con il 49%. Una cifra, per cinque coppie di diritti (da 12 milioni l’una), giudicata da qualcuno troppo bassa rispetto, ad esempio, ai 30 milioni con cui la stessa Alitalia cedette nel 2012 un solo slot alla Continental (il 250% in più della cifra pattuita con Abu Dhabi) e i 75 milioni pagati nel 2016 da Oman Air per acquistare una coppia di diritti da Air France. Ecco perché Laghi non ha smentito l’ipotesi di una possibile azione di responsabilità nei confronti degli ex vertici di Alitalia. Si vedrà. Quel che è certo è che quei diritti, monetizzabili, presentano un valore diverso a seconda dell’ora di decollo e quei cinque erano sì pregiati, ma non troppo (uno alle 15.30, due attorno alle 18.30 e due in tarda serata). Perché quelli più ambiti sono quelli della mattina presto, per la clientela ad alta capacità di spesa che parte da Londra verso le grandi capitali occidentali e asiatiche.
Al netto del caso Heathrow, gli slot degli aeroporti non sono vendibili.
Le fasce orarie di decollo e atterraggio - calcolate sulla capacità di traffico da parte di un aeroporto - vengono assegnate dalla Iata, tramite degli standard internazionali. In Italia se ne occupa Assoclearance che assegna gli slot (e i relativi diritti di transito) sulla base delle richieste delle compagnie. Per mantenerli però è necessario che il vettore depositario degli slot mantenga l’operatività per almeno l’80% di quanto richiesto. Con un margine di flessibilità del 20% se mutano le condizioni di mercato o se una compagnia rischia il default. In quel caso sono pronti a subentrare gli altri vettori. Con una quota del 50% per i nuovi entranti. Previa richiesta ad Assoclearance e agli aeroporti.
http://www.corriere.it/economia/lec...ni-a30b50ba-5a5d-11e7-b519-11e7c6330510.shtml
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Il giudice (americano) che deciderà
sul futuro di Alitalia e sui suoi voli
Si chiama Sean H. Lane e lunedì 26 giugno esamina la richiesta della compagnia di fermare i 663 possibili creditori. Ecco quanto pesa il mercato americano
[FONT=main-condensed_light_italic]di Leonard Berberi - lberberi@corriere.it[/FONT]
[FONT=main-condensed_regular]La prima pagina della richiesta di Alitalia per il Capitolo 15 negli Usa e due velivoli della compagnia di bandiera
Sean H. Lane ha in mano un pezzo importante di Alitalia. Quasi un terzo dei suoi ricavi complessivi. I voli Italia-Usa. La sopravvivenza dell’ex compagnia di bandiera. Sean H. Lane è il giudice fallimentare che alle due del pomeriggio (le 8 di sera in Italia) del 26 giugno inizierà a esaminare nell’aula del Distretto Sud di New York il dossier del vettore tricolore. Dovrà decidere se dare ragione agli italiani oppure ai suoi (tanti) creditori americani. E, di fatto, avrà una voce rilevante sul futuro: perché se dovesse accogliere le obiezioni americane metterebbe in seria difficoltà l’azienda.
Il Capitolo 15
Il 12 giugno scorso Alitalia ha presentato al Tribunale fallimentare di New York — cosa già fatta con la vecchia società — istanza di riconoscimento dell’amministrazione straordinaria anche negli Stati Uniti ricorrendo al Capitolo 15: è un modo per bloccare all’istante qualsiasi azione legale e sequestro di beni da parte dei creditori e serve ad agevolare i processi di ristrutturazione nel proprio Paese. Nella richiesta depositata da Benedetto Mencaroni Poiaini, Vice President Regional Manager per le Americhe di Alitalia, il Capitolo 15 è necessario perché due «fornitori» chiedono il pagamento immediato di alcune fatture e bollette inevase o interrompono ogni prestazione. «Il debitore (Alitalia, ndr) vorrebbe che le sue operazioni continuassero nel modo più stabile possibile», scrive il manager. Cosa che non sarebbe possibile senza i servizi erogati dai diversi fornitori in territorio americano
Bollette e fatture inevase
Nello specifico, da un lato c’è Terminal One Group Association, società che gestisce l’aeroporto JFK di New York, che minaccia di porre termine al contratto con Alitalia «cosa che renderebbe il debitore incapace di operare i suoi voli giornalieri da e per New York» e «privandolo di una fonte importante di ricavi». Dall’altro lato c’è Broadband Centric Inc. che ha avvertito il vettore che smetterà di fornire i servizi telefonici e internet se non vengono effettuati i pagamenti richiesti. «L’interruzione — continua Mencaroni Poiaini — renderebbe Alitalia incapace di continuare con il servizio di call center» e altre attività negli Usa.
Il «peso» degli Usa sui ricavi
Nella richiesta di Alitalia si scoprono anche dati interessanti. Circa il 30% dei ricavi complessivi della compagnia tricolore derivano proprio dalle operazioni negli Stati Uniti. «Di questi almeno il 15% dei ricavi globali sono generati dai voli da e per il Terminal Uno del JFK di New York». «Il debitore — continua il documento — opera nove voli giornalieri dagli Stati Uniti all’Italia e affitta spazi in cinque scali americani (oltre al JFK, anche al Logan International di Boston, al Los Angeles International, al Miami International e al Chicago O’Hare International), così come uffici a New York». Altro capitoli delicato è il carburante. «Ogni anno, negli Usa, Alitalia ne acquista quantità per un valore di circa 543 milioni di euro per far volare i suoi aerei». In assenza del Capitolo 15, è il ragionamento della società, i fornitori potrebbero iniziare a cambiare i termini del contratto e danneggiare l’operatività dei collegamenti previsti.
Chi è il giudice
Ora tocca al giudice Lane. Che avrà da una parte Alitalia. Dall’altra 663 creditori (reali o possibili) basati negli Usa dell’ex compagnia di bandiera, tanti sono quelli inseriti nell’elenco che il Corriere della Sera ha potuto visionare. Sean H. Lane non è uno qualsiasi, però. Oltre ad essere grande esperto di istanze fallimentari è anche quello che ha avuto molto da (ri)dire sulla fusione tra American Airlines e Us Airways contestando i 19,9 milioni di dollari di «premio» per Tom Horton, l’allora ad di AMR Corp (di cui faceva parte American Airlines). Alla fine il giudice ha approvato la fusione.
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