Thread Alitalia - Febbraio 2018


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Bene, tuttavia ne servirebbe (e forse ancor di più) una che sostituisca quello scandalo della ex Borromini, ora più che mai affollata (visto anche l’accordo con LH/LX/OS/SN) e davvero improponibile.

G

Mi sa che sia quella al T1 che quella al molo D verranno sostituite da qualcosa nel nuovo avancorpo T1. Almeno cosi avevo letto tempo fa.... vado a memoria.
 
Assolutamente - e chi lo ha messo in dubbio? Mi chiedevo soltanto dov’è lo scandalo o sorpresa che un volo intercontinentale di Alitalia arrivi in orario anche con partenza in ritardo e che un nazionale di Alitalia sia ‘gonfiato’ in termini di programmato. Per farne un altro di esempio (visto che hai citato gli intercontinentali) - gli ultimi voli Delta che ho preso da Detroit a Londra sono partiti con più di mezz’ora di ritardo ed arrivati a Heathrow con 40 minuti di anticipo: sono furbi come Alitalia o piuttosto entrano in gioco altri fattori es. jet-stream?

G

Gli orari schedulati li decide la compagnia aerea stessa in base a molti fattori, primo fra tutti i tempi di volo e di rullaggio a seconda dell'aeroporto in questione. Per i tempi di volo si prende la distanza media volata sul city pairing, ovvero su un VCE FCO bisogna considerare sia un eventuale arrivo "dritto per dritto" su pista 16 che un giro lungo per 34; poi si considerano i venti prevalenti e infine il cost index a cui si vuole operare (ovvero si decide se costa di più il carburante, allora si va piano o costa più il personale a ora di volo, allora xi schiaccia sull'acceleratore). Va infine aggiunto il ritardo medio di attesa per l'atterraggio in posti tipo LHR o simili in orari di punta.
A questo viene aggiunto il rullaggio medio per decollare e post atterraggio. Alcuni aeroporti hanno una loro tabella media (LHR, FCO, CDG).
Sull'intercontinentale si riesce a recuperare facilmente se i venti prevalenti sono più favorevoli del previsto; se si hanno maggiori tagli del prsvisto sui voli corti.
Infine, se si decide di volare ad una velocità superiore a quella prevista (mach .80 invecd di .76 sul corto medio, da .80 a .84 o piùa srconda della macchina sul lungo) si recupera qualche minutino sul corto e svariati minuti shl lungo. Piccola nota sul mach number sulle rotte Nord Atlantiche furante gli orari di OTS: il MN volato deve essere esatramente quello per cui alla clearance oceanica e non si può barare fintanto che si è in Track.
 
Gli orari schedulati li decide la compagnia aerea stessa in base a molti fattori, primo fra tutti i tempi di volo e di rullaggio a seconda dell'aeroporto in questione. Per i tempi di volo si prende la distanza media volata sul city pairing, ovvero su un VCE FCO bisogna considerare sia un eventuale arrivo "dritto per dritto" su pista 16 che un giro lungo per 34; poi si considerano i venti prevalenti e infine il cost index a cui si vuole operare (ovvero si decide se costa di più il carburante, allora si va piano o costa più il personale a ora di volo, allora xi schiaccia sull'acceleratore). Va infine aggiunto il ritardo medio di attesa per l'atterraggio in posti tipo LHR o simili in orari di punta.
A questo viene aggiunto il rullaggio medio per decollare e post atterraggio. Alcuni aeroporti hanno una loro tabella media (LHR, FCO, CDG).
Sull'intercontinentale si riesce a recuperare facilmente se i venti prevalenti sono più favorevoli del previsto; se si hanno maggiori tagli del prsvisto sui voli corti.
Infine, se si decide di volare ad una velocità superiore a quella prevista (mach .80 invecd di .76 sul corto medio, da .80 a .84 o piùa srconda della macchina sul lungo) si recupera qualche minutino sul corto e svariati minuti shl lungo. Piccola nota sul mach number sulle rotte Nord Atlantiche furante gli orari di OTS: il MN volato deve essere esatramente quello per cui alla clearance oceanica e non si può barare fintanto che si è in Track.

Gentilissimo, grazie.

G
 
Per la serie: "c'è vita in questo paese", finalmente qualcuno (oltre a Dragoni) che parla di AZ con franchezza.
Complimenti al Prof. Riccardo Gallo per l'analisi.

Alitalia, l’ex vicepresidente dell’Iri: “Calenda prende e perde tempo. A caro prezzo per tutti, tranne la politica”

Il professor Gallo a ilfatto.it: “Spero di essere smentito da Calenda, che è un ministro tecnico e che dovrebbe giustificare il suo operato sulla base di ragionamenti ed evidenze economiche. Tuttavia guardando i numeri, l'impressione è che il Mise si sia mosso sulla scia di opportunità politica piuttosto che economica”.

di Fiorina Capozzi | 17 febbraio 2018

L’allungamento del prestito ponte dell’Alitalia è stato solo un modo per scavallare le elezioni. Il ministro Carlo Calenda sa bene che non c’è nessuna possibilità di salvare l’ex compagnia di bandiera, ma ha voluto guadagnare tempo per evitare che il caso deflagrasse in campagna elettorale. Con il risultato che la strategia del ministero dello Sviluppo economico renderà più caro il conto per le casse pubbliche. E’ lo scenario tracciato da Riccardo Gallo, docente di economia applicata alla Sapienza di Roma con un passato da vicepresidente Iri e da componente del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni al ministero dell’Economia e Finanze negli anni 2002-2007. “Spero di essere smentito dal ministro Calenda, che è un ministro tecnico e che dovrebbe giustificare il suo operato sulla base di ragionamenti ed evidenze economiche. Tuttavia guardando i numeri, l’impressione è che il Mise si sia mosso sulla scia di opportunità politica piuttosto che economica”.

Ma quali sono i numeri e le evidenze che la spingono ad un giudizio così tranchant nei confronti dell’operato di Calenda sul caso Alitalia?

Nella mia esperienza professionale, ho avuto modo di svolgere l’incarico di commissario straordinario. E per la verità, negli anni, ho interpretato tutte le parti in commedia. Parlo quindi con cognizione di causa quando dico che i commissari hanno fatto delle richieste anomale ai potenziali acquirenti. E che da qui si può già desumere l’intenzione di voler prendere tempo a danno della compagnia, dei suoi creditori, dei lavoratori e delle casse dello Stato.

Si riferisce al bando per la vendita stilato dai tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari? Perché avrebbe rallentato la cessione dell’ex compagnia di bandiera?

Mi riferisco proprio al bando che ha chiesto ai soggetti interessati di presentare delle proposte per risanare la società oppure acquistarne dei rami d’impresa o, infine, acquistarla pezzo dopo pezzo in una procedura di liquidazione. La prima richiesta, cioè la proposta di risanamento, è assolutamente ridondante. Il ministro Calenda sa bene che i due precedenti advisor di Alitalia, Roland Berger e Kpmg, hanno rilevato problematiche economiche, non finanziarie. In pratica, il problema non sono i debiti, ma il mercato: il trasporto aereo ha ormai margini molto risicati per cui possono sopravvivere solo due tipi di compagnie, quelle di grandi dimensioni o quelle low cost. Alitalia non è né l’uno né l’altro. Questo significa che, anche con un’iniezione di liquidità, la società non potrà continuare ad esistere così com’è perché a stretto giro si ritroverà di fronte agli stessi problemi. Prova ne è il fatto che sono vent’anni che si va avanti così. Ecco perché dico che la richiesta dei commissari è stata fatta solo per prendere tempo e scavallare le elezioni come testimonia il fatto che, ad un certo punto, della soluzione risanamento non si è più parlato.

E’ possibile trovare dei riscontri alle sue affermazioni nei documenti di Alitalia?

Certo. Basta osservare gli ultimi bilanci della compagnia per capire che la perdita annua si attesta attorno ai 500 milioni. Nel 2013 il rosso è stato di 569 milioni, nel 2014 di 578 milioni. Nel 2015, anno del grande risanamento, la perdita è ammontata a 491 milioni per arrivare al dato negativo di 408 milioni del 2016. Non sono ancora disponibili i dati dello scorso anno, ma si sa che la compagnia ha perso 205 milioni nei primi due mesi. Facile stimare un rosso complessivo d’esercizio compreso fra i 500 e i 600 milioni di euro. Guarda caso il prestito ponte è stato concesso per un importo molto vicino alla perdita annua della compagnia. Facile intuire che l’obiettivo fosse coprire le perdite di un anno. Il suo allungamento di metà ottobre per un importo da 300 milioni dà ossigeno alla compagnia per altri sei mesi. Giusto il tempo di attendere l’insediamento del futuro governo che avrà tempo fino a fine agosto 2018 per affrontare la questione.

E’ possibile quantificare il danno che deriva da un commissariamento più lungo del previsto?

Assolutamente sì. Ma prima bisogna far chiarezza su un punto: il prestito ponte è un finanziamento prededucibile. Questo significa che quando la compagnia sarà venduta, l’incasso servirà innanzitutto a rimborsare il prestito. Più però si attende, meno la compagnia vale. Con il rischio concreto che l’incasso riesca a malapena a coprire l’importo del finanziamento ponte e che gli altri creditori restino a bocca asciutta. Le banche e Poste, legate a doppio filo con il sistema politico, hanno già del resto messo una croce sopra i loro crediti svalutandoli. I fornitori avranno la peggio. Per non parlare del fatto che la compagnia non avrà i soldi per pagare il Tfr ai dipendenti e che di conseguenza toccherà all’Inps farsi carico di questo fardello. Sarebbe davvero un brutto epilogo per un governo e un ministro tecnico. Ma, ripeto, spero di essere smentito dal ministro Calenda che, numeri alla mano, chiarisca perché si sono persi invano sei mesi per vendere l’ex compagnia di bandiera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/17/alitalia-lex-vicepresidente-delliri-calenda-prende-e-perde-tempo-a-caro-prezzo-per-tutti-tranne-la-politica/4166015/

 
All'indomani delle notizie su una cordata a quattro - insieme a Delta, EasyJet e Cerberus - Air France conferma il suo interesse per Alitalia, con la quale condivide l'alleanza in Skyteam e la joint-venture transatlantica. «Non potevamo essere disinteressati», ha detto ieri a Parigi, durante la presentazione dei dati 2017, il direttore finanziario Frederic Gagey - . Insieme a Delta stiamo studiando come trattenere Alitalia in Skyteam, esplorando tutte le soluzioni possibili, senza essere noi gli acquirenti». Il ceo Jean-Marc Janaillac è stato ancora più esplicito: «Sarebbe negativo vedere Alitalia acquistata da Lufthansa e passare a una diversa alleanza, concorrente di Skyteam». I vertici di Air France hanno però ricordato la recente acquisizione del 31% di Virgin Atlantic, un impegno da 220 milioni di sterline: «Un contratto così non può essere fatto ogni due mesi». Operazione compiuta di concerto proprio con Delta, già proprietaria del 49% (il 20% è rimasto a Richard Branson) che ha permesso di impadronirsi di preziosi slot a Heathrow. Va ricordato, per inciso, che in ottobre la stessa Delta ha acquistato il 10% di Air France, nell'ambito di un aumento di capitale che ha visto China Eastern entrare con pari quota (751 milioni di euro in tutto, compagnia valorizzata oltre 3,7 miliardi. Primo azionista sempre lo Stato francese con il 17,5%).

L'asse AF-Delta intende decisamente mantenere Alitalia nella propria squadra, dopo che nel 2017 sono scaduti, senza rinnovo, i bilaterali Italia-Francia. Veder uscire la compagnia italiana da Skyteam avrebbe sicuramente impatto, visto che le grandi alleanze sono soprattutto degli accordi di marketing e di vendita con i quali gruppi di compagnie presidiano il mercato. E la presenza di Alitalia in Skyteam è importante perché, essendo debole sul lungo raggio, vende quello degli alleati, a cominciare da Air France-Klm (che ha chiuso il 2017 con ricavi a 25,784 miliardi, più 3,8% sul 2016 e un'ebitda di 3,264 miliardi, più 20,3% ).

Il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda ieri ha ribadito che i tempi della cessione si allungano: «I commissari mi hanno confermato che non ritengono di poter chiudere entro le elezioni in quanto i pretendenti di Alitalia vogliono aspettare. Però andiamo avanti a lavorare. Le preferenze ci sono sulla base dei contenuti, ma i contenuti non sono ancora sufficientemente definiti per prendere una decisione».

http://m.ilgiornale.it/news/2018/02/17/air-france-muove-per-tenere-alitalia-in-skyteam/1495340/
 
«Non siamo totalmente disinteressati ad Alitalia, ma questo non vuol dire un nostro coinvolgimento nel capitale». Getta acqua sul fuoco il ceo di Air France-Klm, Jean-Marc Janaillac sull’ipotesi di offerta per il vettore italiano, insieme a Delta Air Lines, easyJet e Cerberus. «Con il nostro partner Delta studiamo diverse possibilità affinché Alitalia resti nella famiglia Skyteam senza che Air France-Klm sia l’acquirente di Alitalia», ha aggiunto a margine della conferenza stampa sui conti 2017.

Gli fa eco il cfo Frederic Gagey che su un eventuale investimento è stato ancora più cauto: «Non credete sempre a quello che scrivono i giornali, non abbiamo fatto alcuna offerta per Alitalia, ma stiamo parlando con loro della partnership relativa al Nord Atlantico» discussioni, ha aggiunto, che siamo «obbligati a tenere regolarmente». Non si sbilancia il vertice della compagnia che la prossima settimana insieme agli altri potenziali partner potrebbe incontrare i commissari di Alitalia, probabilmente il 22 febbraio. Secondo quanto dichiarato dal management di Air France, al momento l’interesse sarebbe circoscritto a SkyTeam, la partnership commerciale a cui partecipa il vettore italiano insieme a Delta, Air France-Klm e a una pletora di altre compagnie compresa Aerolineas Argentina quella stessa con cui Alitalia ha stretto recentemente un accordo per i voli in code sharing. Una partita seguita direttamente da uno dei commissari di Alitalia, Luigi Gubitosi che da mesi sta chiedendo più voli sugli Stati Uniti. Tuttavia, le parole del vertice di Air France non convincono se è vero che alla domanda sull’impatto di un’eventuale cessione di Alitalia a Lufthansa, i toni cambiano in quanto questo eventuale scenario avrebbe «un impatto negativo anche se non lo abbiamo calcolato in modo preciso», ha aggiunto Janaillac. Quindi, c’è un motivo che va oltre l’aspetto commerciale, perché ormai è chiaro che attorno alla partita Alitalia si gioca il riassetto dell’intero settore aeronautico europeo. Il rischio per il duo Air France-Klm è di rimanere schiacciato tra IAG (British Airways, Iberia e Vueling) e la stessa Lufthansa. Per giocare a questa partita il costo delle fiche finora non è stato quantificato ufficialmente e l’unica cifra circolata finora sono i 300 milioni di euro dell’ipotetica offerta Lufthansa, mai confermata.

La presenza di Cerberus nella cordata è certamente una garanzia di solidità finanziaria che andrebbe in coppia con la stessa Cdp il cui coinvolgimento è sempre stato chiesto dal fondo americano (un primo incontro tra Cassa Depositi e Prestiti e Alitalia ci sarebbe stato la scorsa settimana). Infine, l’arrivo di Roberto Nicastro come senior advisor di Cerberus, con la sua esperienza di banchiere, potrebbe preludere all’arrivo anche di qualche istituto di credito di primaria importanza.

Air France-Klm, intanto, ha presentato ieri i risultati del 2017 e per il terzo anno il gruppo ha segnato un utile operativo in crescita del 41,8% a 1,488 miliardi, ma ha dovuto scontare una perdita netta di 274 milioni a seguito di un’operazione contabile conseguente al cambiamento di regime dei fondi pensione in Olanda. Una mossa che non è piaciuta alla Borsa di Parigi dove il titolo è arrivato a perdere fino all’8 per cento. Infine sul fronte sindacale, nel corso dell’incontro di ieri tra azienda e sindacati è stato suggellata una nuova proroga per il contratto di Alitalia, in vigore fino al 30 aprile.

http://www.ilsole24ore.com/art/fina...piu-opzioni-tavolo-081218.shtml?uuid=AExm1r1D
 
Per la serie: "c'è vita in questo paese", finalmente qualcuno (oltre a Dragoni) che parla di AZ con franchezza.
Complimenti al Prof. Riccardo Gallo per l'analisi.

Alitalia, l’ex vicepresidente dell’Iri: “Calenda prende e perde tempo. A caro prezzo per tutti, tranne la politica”

Il professor Gallo a ilfatto.it: “Spero di essere smentito da Calenda, che è un ministro tecnico e che dovrebbe giustificare il suo operato sulla base di ragionamenti ed evidenze economiche. Tuttavia guardando i numeri, l'impressione è che il Mise si sia mosso sulla scia di opportunità politica piuttosto che economica”.

di Fiorina Capozzi | 17 febbraio 2018

L’allungamento del prestito ponte dell’Alitalia è stato solo un modo per scavallare le elezioni. Il ministro Carlo Calenda sa bene che non c’è nessuna possibilità di salvare l’ex compagnia di bandiera, ma ha voluto guadagnare tempo per evitare che il caso deflagrasse in campagna elettorale. Con il risultato che la strategia del ministero dello Sviluppo economico renderà più caro il conto per le casse pubbliche. E’ lo scenario tracciato da Riccardo Gallo, docente di economia applicata alla Sapienza di Roma con un passato da vicepresidente Iri e da componente del Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni al ministero dell’Economia e Finanze negli anni 2002-2007. “Spero di essere smentito dal ministro Calenda, che è un ministro tecnico e che dovrebbe giustificare il suo operato sulla base di ragionamenti ed evidenze economiche. Tuttavia guardando i numeri, l’impressione è che il Mise si sia mosso sulla scia di opportunità politica piuttosto che economica”.

Ma quali sono i numeri e le evidenze che la spingono ad un giudizio così tranchant nei confronti dell’operato di Calenda sul caso Alitalia?

Nella mia esperienza professionale, ho avuto modo di svolgere l’incarico di commissario straordinario. E per la verità, negli anni, ho interpretato tutte le parti in commedia. Parlo quindi con cognizione di causa quando dico che i commissari hanno fatto delle richieste anomale ai potenziali acquirenti. E che da qui si può già desumere l’intenzione di voler prendere tempo a danno della compagnia, dei suoi creditori, dei lavoratori e delle casse dello Stato.

Si riferisce al bando per la vendita stilato dai tre commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari? Perché avrebbe rallentato la cessione dell’ex compagnia di bandiera?

Mi riferisco proprio al bando che ha chiesto ai soggetti interessati di presentare delle proposte per risanare la società oppure acquistarne dei rami d’impresa o, infine, acquistarla pezzo dopo pezzo in una procedura di liquidazione. La prima richiesta, cioè la proposta di risanamento, è assolutamente ridondante. Il ministro Calenda sa bene che i due precedenti advisor di Alitalia, Roland Berger e Kpmg, hanno rilevato problematiche economiche, non finanziarie. In pratica, il problema non sono i debiti, ma il mercato: il trasporto aereo ha ormai margini molto risicati per cui possono sopravvivere solo due tipi di compagnie, quelle di grandi dimensioni o quelle low cost. Alitalia non è né l’uno né l’altro. Questo significa che, anche con un’iniezione di liquidità, la società non potrà continuare ad esistere così com’è perché a stretto giro si ritroverà di fronte agli stessi problemi. Prova ne è il fatto che sono vent’anni che si va avanti così. Ecco perché dico che la richiesta dei commissari è stata fatta solo per prendere tempo e scavallare le elezioni come testimonia il fatto che, ad un certo punto, della soluzione risanamento non si è più parlato.

E’ possibile trovare dei riscontri alle sue affermazioni nei documenti di Alitalia?

Certo. Basta osservare gli ultimi bilanci della compagnia per capire che la perdita annua si attesta attorno ai 500 milioni. Nel 2013 il rosso è stato di 569 milioni, nel 2014 di 578 milioni. Nel 2015, anno del grande risanamento, la perdita è ammontata a 491 milioni per arrivare al dato negativo di 408 milioni del 2016. Non sono ancora disponibili i dati dello scorso anno, ma si sa che la compagnia ha perso 205 milioni nei primi due mesi. Facile stimare un rosso complessivo d’esercizio compreso fra i 500 e i 600 milioni di euro. Guarda caso il prestito ponte è stato concesso per un importo molto vicino alla perdita annua della compagnia. Facile intuire che l’obiettivo fosse coprire le perdite di un anno. Il suo allungamento di metà ottobre per un importo da 300 milioni dà ossigeno alla compagnia per altri sei mesi. Giusto il tempo di attendere l’insediamento del futuro governo che avrà tempo fino a fine agosto 2018 per affrontare la questione.

E’ possibile quantificare il danno che deriva da un commissariamento più lungo del previsto?

Assolutamente sì. Ma prima bisogna far chiarezza su un punto: il prestito ponte è un finanziamento prededucibile. Questo significa che quando la compagnia sarà venduta, l’incasso servirà innanzitutto a rimborsare il prestito. Più però si attende, meno la compagnia vale. Con il rischio concreto che l’incasso riesca a malapena a coprire l’importo del finanziamento ponte e che gli altri creditori restino a bocca asciutta. Le banche e Poste, legate a doppio filo con il sistema politico, hanno già del resto messo una croce sopra i loro crediti svalutandoli. I fornitori avranno la peggio. Per non parlare del fatto che la compagnia non avrà i soldi per pagare il Tfr ai dipendenti e che di conseguenza toccherà all’Inps farsi carico di questo fardello. Sarebbe davvero un brutto epilogo per un governo e un ministro tecnico. Ma, ripeto, spero di essere smentito dal ministro Calenda che, numeri alla mano, chiarisca perché si sono persi invano sei mesi per vendere l’ex compagnia di bandiera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/17/alitalia-lex-vicepresidente-delliri-calenda-prende-e-perde-tempo-a-caro-prezzo-per-tutti-tranne-la-politica/4166015/


Ma come? I ricavi hanno subito un'inpennata verticale, i costi sono in drastico ribasso ed il prestito ponte in pratica non é stato toccato. Cosí ci viene riferito da qualche settimana o mi sbaglio?
Oppure, fosse che fosse che qualcuno mente? Magari il prof. Gallo? Un ministro della repubblica non lo farebbe mai.
 
Ma il TFR le imprese con piu di 50 dipendenti non sono obbligate a versarlo all'INPS mese per mese?
Io ricordavo questa ulteriore porcata pensata per aiutare AZ. Qual'è la situazione attuale?

19. Per l'anno 2014 le indennita' di volo previste dalla legge o
dal contratto collettivo non concorrono alla formazione del reddito
ai fini contributivi. Le medesime indennita' di cui al periodo
precedente concorrono alla determinazione della retribuzione
pensionabile nella misura del 50 per cento del loro ammontare.
20. Alla copertura dell'onere recato dal comma 19, pari a 28
milioni di euro per l'anno 2014, si provvede a valere sulle risorse
riscosse dall'ENAV per lo svolgimento dei servizi di navigazione
aerea di rotta svolti a favore del traffico aereo civile, che a tal
fine, per il medesimo importo sono versate dall'ENAV stesso
all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2014. Il Ministro
dell'economia e delle finanze provvede, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/12/23/13G00189/sg

La soluzione è la decontribuzione previdenziale sul 50% dell'indennità di volo del personale navigante. Questo significa che piloti e assistenti di volo e le aviolinee, non pagherebbero più i contributi previdenziali su tali indennità. A pagare, con i «contributi figurativi» sarebbe lo Stato. Il provvedimento per l'intero settore, previsto dal decreto Destinazione Italia, costa 28 milioni.

http://www.iltempo.it/economia/2014...e-lo-stato-da-una-mano-sulle-pensioni-928117/
 
Le scommesse con Alitalia mi portano bene!

Dopo NY lo scorso settembre adesso la combo a/r a prezzo da saldi (440 euro) + upgrade in J con scommessa a offerta minima (325 One way) mi è riuscita con Seoul.

Unico neo dovrò fare scalo a FCO, ma il diretto da Milano costava, in Y, tre volte tanto.

Sent from my Pixel XL using Tapatalk
 
Se ricordo bene fu un incentivo per chiudere l'accordo con i sindacati e salvaguardare il più possibile le retribuzioni.

La questione TFR dimostra come su AZ è facile diventare esperti in base alla linea editoriale e prendersi plausi dalla fazione indipendentemente se si sta dicendo una cosa che è stata verificata o meno.

Fra l'altro lo sport ora è dire che i ministri ed i commissari stanno mentendo ripetutamente, cosa abbastanza grave considerato che sono pubblici ufficiali. Chissà perchè tutti esperti ma nessuno che vada a denunciare, perchè fare show è bello senza rischiare nulla.
 
Le scommesse con Alitalia mi portano bene!

Dopo NY lo scorso settembre adesso la combo a/r a prezzo da saldi (440 euro) + upgrade in J con scommessa a offerta minima (325 One way) mi è riuscita con Seoul.

Unico neo dovrò fare scalo a FCO, ma il diretto da Milano costava, in Y, tre volte tanto.

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Non ho mai sentito nessuno la cui offerta minima all' asta dell' upgrade venisse rifiutata, probabilmente i riempimenti in J di Alitalia hanno sempre ampia disponibilià per non dire mezza vuota...
 
Non ho mai sentito nessuno la cui offerta minima all' asta dell' upgrade venisse rifiutata, probabilmente i riempimenti in J di Alitalia hanno sempre ampia disponibilià per non dire mezza vuota...

Ecco un’ altra generalizzazione supportata dal nulla ... mancava da un po’ ....
Tra l’altro se hai venduto 27 posti su 30 (LF del 90%, non certo male) accettare un’ offerta per un upgrade e un revenue aggiuntivo oltre che a fidealizzare il cliente ....
tanto chi viaggia in J a prescindere dell’ asta gli interessa poco o nulla ...
 
Stato
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