Malpensa, nuovi guai in arrivo
se gli emiri salveranno Alitalia
Il secondo salvataggio della compagnia italiana rischia di costare caro all'aeroporto lombardo: gli investimenti di Etihad sono destinati a confluire su Fiumicino, testa di ponte per il traffico europeo
Il salvataggio-bis di Alitalia rischia (un déjà-vu) di costare carissimo a Malpensa. Specie se – come ormai pare certo – il cavaliere bianco dell’ex compagnia di bandiera sarà Etihad, l’aerolinea del Golfo Persico. Il rischio, concretissimo, è doppio: gli emiri, secondo indiscrezioni attendibili, sarebbero pronti non solo a entrare nel capitale della disastrata compagnia dei patrioti ma anche a rilevare una quota significativa di Adr, la holding di controllo di Fiumicino, per fare dello scalo romano la loro testa di ponte per il traffico europeo.
Un’operazione che metterebbe in freezer ogni speranza di investimenti importanti nell’exhub bustocco. Non solo: a non far dormire sonni tranquilli alla Sea c’è anche il nuovo piano industriale di Alitalia varato dall’ad Gabriele Del Torchio. I progetti su Milano della società sono chiari: un “rafforzamento internazionale” di Linate che prevede l’apertura di nove nuove destinazioni in Europa (Vienna è già partita, in arrivo ci sono Varsavia, Praga, Copenhagen, Budapest, Tallin, Stoccolma ed Helsinki) e che rischia di essere il colpo di grazia per Malpensa. Menzionata nel piano industriale 2013-2016 della compagnia tricolore solo in vista di un generico rafforzamento, senza progetti concreti.
Pietro Modiano, presidente della Sea, ha drizzato le antenne: «Sono molto preoccupato per lo sviluppo del sistema aeroportuale milanese», ammette. Malpensa ha già pagato carissimo – perdendo sei milioni di passeggeri – il dehubbing del 2007. E il rischio che torni a essere per la seconda volta l’agnello sacrificale per il salvataggio di Alitalia (società oggi del tutto privata, giova ricordarlo) è altissimo. La partita si giocherà nelle prossime settimane e l’impressione è che sia gli sceicchi che Roberto Colaninno & C. abbiano già calato le loro carte, bussando anche alla porta del governo.
Gli uomini del Golfo, del resto, hanno il coltello dalla parte del manico e hanno fissato paletti rigidissimi: sono disposti a entrare nell’aerolinea solo se sarà concesso alla Abu Dhabi Investment Authority di rilevare una quota di Adr, se le banche accetteranno sacrifici sui loro crediti e i sindacati sul fronte occupazionale. E visto che sul piatto, tra compagnia aerea e Fiumicino, potrebbero mettere qualcosa come quasi 1 miliardo di euro, hanno già fatto sapere all’esecutivo Letta di aspettarsi un occhio di riguardo per le loro attività. Memori forse degli ammortizzatori sociali e dell’ombrello-Antitrust triennale garantito nel 2008 alla cordata dei patrioti. Ombrello che anche questa volta rischia di lasciare esposta alle intemperie proprio Malpensa.
A complicare ancor di più la situazione c’è la scelta di Alitalia di rafforzare di molto il suo business su Linate, accentuando ulteriormente la concorrenza fratricida tra i due scali della città. La compagnia utilizzerà parte degli slot della Milano-Roma, ormai cannibalizzata dal treno, per rafforzare le rotte europee. Per farlo senza violare (formalmente) i limiti di traffico, volerà grazie ai certificati aeronautici delle tante sigle che ha creato negli anni d’oro (Volare, Air One, Alitalia Express, Cityliner). Autorizzazioni in teoria virtuali ma che in parte sono già state cedute nei mesi scorsi ai partner Air France e Klm per convogliare dal Forlanini verso Parigi e Amsterdam il traffico intercontinentale cittadino. A scapito della Malpensa, come ovvio, e nel silenzio dell’Enac e delle autorità di controllo malgrado l’evidente aggiramento dei limiti previsti dal decreto Bersanibis approvato proprio per proteggere l’ex hub.
Il salvataggio dell’aerolinea tricolore rischia così di peggiorare ancora la situazione: gli investimenti e le tratte intercontinentali di AlitaliaEtihad saranno tutti concentrati a Fiumicino. Il Forlanini continuerà (finché lo consentono i limiti ai diritti di atterraggio e decollo, oggi contingentati per legge) a succhiar sempre più sangue a Malpensa. E il futuro del trasporto aereo lombardo – invece che essere pianificato e deciso dai soci (il Comune e F2I) e dal management di Sea – potrebbe finire per essere riscritto a Roma. Magari proprio da un suo diretto concorrente e con la regia del governo per salvare – per la seconda volta – un’azienda privata.