Alitalia: Bonanni, ci vuole un alleato ma non Air France
14 Ottobre 2013 - 09:01
(ASCA) - Roma, 14 ott - ''Ci vuole un alleato, bisogna ricostruire Alitalia ma non credo che i francesi di Air France facciano al caso nostro perche' loro vogliono solo il loro hub, tant'e' che hanno detto che loro aderirebbero'' all'aumento di capitale ''alla sola condizione che Alitalia non apra nuove tratte internazionali e non acquisti nuovi veicoli. Anzi: hanno fatto di tutto perche' noi fossimo bloccati nell'acquisizione di nuove tratte che rappresentano le occasioni piu' remunerative per un'azienda . Con loro noi andremmo in ulteriore default; meglio allearsi con i tedeschi oppure con altre compagnie di altre realta' regionali''. A dirlo, ospite del programma ''L'Economia Prima di Tutto'' su Radio1 Rai, e' il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, in merito all'aumento di capitale di Alitalia e alle prossime mosse dei soci francesi. Bonanni inoltre respinge l'accusa che Cgil, Cisl e Uil debbano fare autocritica per aver fatto resistenza alla vendita di Alitalia ad Air France gia' 5 anni fa: ''Alitalia a quel tempo era molto molto piu' debole di oggi perche' possedeva circa il 28% del traffico interno italiano ed aveva divelto tutte le tratte internazionali; oggi possiede circa il 50% delle tratte italiane ed ha rafforzato notevolmente le tratte internazionali . Air France da allora ha licenziato piu' di 10.000 persone e non capisco perche' questo non venga mai sottolineato. Se fossimo andati con loro insomma a quest'ora saremmo peggio di una Cenerentola, avremmo perso molti piu' posti di lavoro. Purtroppo la crisi dei traffici e' peggiorata ed ha fatto il resto insieme all'imperizia di imprenditori che hanno gestito in questo periodo, purtroppo , uno dei bacini piu' importanti del traffico internazionale aereo. E' una ricchezza che spero verra' gestita con serieta' e capacita'''. rec-fgl/
Nuova giornata cruciale per il futuro di Alitalia. Nel pomeriggio si riunirà il consiglio di amministrazione e l’assemblea della compagnia di bandiera italiana che dovrà esaminare e approvare la manovra finanziaria da 500 milioni di euro annunciata venerdì scorso (300 milioni a titolo di aumento di capitale e 200 milioni di nuove linee di credito da parte del sistema bancario). In attesa degli importanti appuntamenti in agenda oggi rimane ancora il punto interrogativo sull’intervento di Air France-Klm al piano di salvataggio di Alitalia. Secondo quanto riportato da ‘Les Echos’ dopo l’appoggio di Poste Italiane il gruppo transalpino esige una ristrutturazione del debito.
E proprio oggi arriva il commento di Martin Riecken, portavoce Europe della compagnia aerea tedesca Lufthansa: «In questo momento Lufthansa è fortemente impegnata in sfide interne, soprattutto con il nostro programma che mira a garantire una maggiore efficienza. Pertanto
non abbiamo alcun interesse a guardare ad altre compagnie aeree, inclusa Alitalia».
Gli analisti di Credit Suisse sostengono invece che gli investitori «non si sorprenderanno di fronte alla volontà di Air France di investire ancora in Alitalia». Che sottolineano però che «è necessario che un aumento di capitale porti ad una ristrutturazione di successo». Dopo aver indicato che la ristrutturazione del 2009 era dettata più da problemi di generazione di fatturato piuttosto che di efficienza dei costi, gli analisti della banca svizzera affermano che «il semplice taglio delle rotte in perdita non è una via certa per raggiungere la profittabilità, visti gli indici di riempimento di Easyjet e Ryanair». In ogni caso, «la combinazione tra l’incoraggiamento del governo Italiano a Poste Italiane ad entrare nel capitale di Alitalia e la concessione a Emirates per iniziare a servire da Malpensa l’aeroporto Jfk di New York questo mese suggeriscono che la priorità politica sia il mantenimento di posti di lavoro piuttosto che la profittabilità della Compagnia, evidenziando il fatto che un investimento di Air France in Alitalia debba essere effettuato per forza alle condizioni di Air France».
La vicenda Alitalia «incarna il fallimento della politica industriale» dell’Italia, scrive il Wall Street Journal in un articolo dedicato alla disastrata compagnia di bandiera. Il giornale economico Usa spiega che la prolungata recessione economica che sta attraversando il Paese «ha esacerbato la mancanza di competitività» delle aziende italiane, «già svantaggiate da un enorme peso fiscale, complicatissime leggi sul lavoro, alti costi energetici e ingerenze politiche». E così la base industriale del Paese «si sta erodendo» con i vari settori, come quello siderurgico e automobilistico, un tempo comparti dinamici e vibranti, che tagliano posti di lavoro o spostano la produzione al’estero. Alitalia ne è «l’esempio più eclatante». I vari governi che si sono succeduti, sottolinea il Wsj, per anni hanno tenuto i rivali di Alitalia «a distanza» ma quando è arrivata la ‘deregulation’ del trasporto aereo alla fine degli anni ‘90, la compagnia si è ritrovata impreparata ad affrontare la concorrenza.
«Il protezionismo industriale è tornato di moda a Roma». Comincia così un editoriale del Financial Times in edicola questa mattina. L’Italia, scrive il quotidiano finanziario britannico, ha bisogno di investimenti esteri per uscire dalla sua profonda crisi economica ma i politici sono troppo presi dall’ammantarsi nella bandiera per rendersene conto. Il giornale ripercorre la vicenda Alitalia, cita quanto accaduto nel 2008 con il governo Berlusconi e dice che «il governo ha scelto di ripetere lo stesso errore», trovando una soluzione che lasci l’azienda in mani italiane. Il risorgere del nazionalismo nell’ambito degli affari «getta un’ombra» sulla sincerità del presidente del Consiglio che ha più volte ripetuto di voler attrarre gli investimenti esteri e ha varato anche l’operazione Destinazione Italia, scrive il Financial Times, concludendo che la strategia di Roma su Alitalia fornisce un messaggio contraddittorio. corriere.it
:clown: