*** ALITALIA : Poste Italiane al 15% ***


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dario abbece

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milano
apprezzo e affido l'articolo del messaggero , che è l'unico che riporti dei numeri e eventi che quadrano!!

non confonderei i 260,6 mln di capitale residuo con la valutazione della società di 50 mln.
 

berioz

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apprezzo e affido l'articolo del messaggero , che è l'unico che riporti dei numeri e eventi che quadrano!!

non confonderei i 260,6 mln di capitale residuo con la valutazione della società di 50 mln.
Perché scusa non li dovresti confondere?

Dopo l'aumento il capitale sarà di 560 mln e i vecchi soci avranno 260 su 560
 

dario abbece

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Perché scusa non li dovresti confondere?

Dopo l'aumento il capitale sarà di 560 mln e i vecchi soci avranno 260 su 560
..senza alcun spirito polemico, perchè sono due cose completamente diverse !

..poi per capire su che basi sono arrivati ad una valutazione di 50 mln dovremmo avere nelle mani quella perizia!

..cosa che non giungerà mai su nessun giornale, come non è mai giunta la perizia che doveva dire che l'operazione del 2008 avveniva a condizioni di mercato( non mi ricordo più chi fosse l'incaricato della perizia :Rothschild??!!)
 

billypaul

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Al gran bazar degli aiuti di Stato.
Ryanair batte Alitalia 100 a 75


La compagnia irlandese incassa ogni anno 100 dei 150 milioni stanziati dagli aeroporti (soldi quasi sempre pubblici) per attirare il traffico low cost. Gli incentivi sono mascherati come spese promozionali e di co-marketing. A volte - come a Bergamo e Pisa - funzionano. Altre hanno portato gli scali al crac

di ETTORE LIVINI




MILANO - Ryanair batte Alitalia 100 a 75. Al gran bazar dei (presunti) aiuti di stato tricolori la compagnia irlandese è l’asso pigliatutto. Ok, i 75 milioni girati dalle Poste all’aerolinea guidata da Gabriele Del Torchio non sono proprio il massimo dell’eleganza alla voce libero mercato. E il salvagente lanciato con l’aumento di capitale varato stamattina all’alba ha il sapore di un salvataggio dei crediti delle banche. I numeri però parlano chiaro: il maggior beneficiario dei sussidi statali in Italia è la società guidata da Michael O’Leary. Che ogni anno (e non una tantum) incassa più o meno 100 milioni in contanti solo per “convincersi” a volare qui da noi.

Come? Mettendo le mani su due terzi di quei “fondi sviluppo rotte e marketing” stanziati dagli aeroporti di casa nostra per riuscire ad attirare il traffico low cost. Pagano le Regioni (la Sardegna è già finita nel mirino Ue) per stimolare turismo ed economia locali. Aprono il portafoglio provincie e comuni sull’orlo della bancarotta per salvare mini-aeroporti dove non vuole atterrare più nessuno. Risultato: l’aerolinea irlandese festeggia (candidandosi persino a sostituire Alitalia in caso di crac), mentre i conti per l’Italia non sempre tornano: c’è qualche caso di successo – leggi Bergamo e Pisa che ogni anno mettono sul piatto una trentina di milioni di incentivi – ma spesso la scommessa si è rivelata un boomerang che ha spedito in rosso (e qualche volta a gambe all'aria) gli scali più deboli e ne ha trasformati altri, come capita ora ad Alghero e Trapani, in ostaggi costretti a svenarsi pur di non perdere i servizi di Michael O’Leary.

Il meccanismo di questi sussidi più o meno mascherati è semplice. Vuoi mettere su una base Ryanair nel tuo aeroporto? Paghi. Perché? Perché il traffico garantito dalla compagnia è un volano per lo sviluppo locale, dicono i paladini di questa soluzione. Arriva turismo, guadagnano alberghi, ristoranti, negozi. «Ogni euro speso si trasforma in 60 euro di entrate sul territorio» calcola un rapporto della Kpmg. E allora è guerra tutti contro tutti per non perdere l’occasione. L’aeroporto di Verona è arrivato sull’orlo del crac (a un certo punto perdeva 26 milioni su 34 di ricavi) dopo aver garantito a Dublino la bellezza di 24 euro a passeggero. Trapani ha staccato un assegno di 20 milioni in cinque anni alla Airport Marketing Limited di Dublino, una controllata Ryanair, per la co-promozione pubblicitaria sul suo sito facendo decollare i passeggeri dai 533mila del 2008 agli 1,6 milioni del 2012, ma perdendo nello stesso periodo 10 milioni. E ora che l’intesa è a scadenza, l’aerolinea vuole tre milioni in più e ha costretto la Regione Sicilia a correre in aiuto (tanto paga Pantalone) dello scalo di Birgi. Succede in tutto lo stivale: Rimini - oggi in concordato preventivo - ha speso 12 milioni per le low cost (Ryanair compresa) inclusi 922,73 euro a volo per la defunta Windjet.

La formula, intendiamoci, qualche volta funziona. Bergamo (dove Ryanair è indagata per evasione fiscale) e Pisa – che per il co-marketing con le compagnie a basso costo spendono rispettivamente 20 e 11 milioni l’anno – hanno i bilanci in utile. E ai check-in orobici, per dire, sono passati ad agosto 2013 il 40% in più di passeggeri di Linate. La Puglia, che foraggia le low-cost con 5 euro di incentivo a passeggero e 35 milioni in 5 anni, sostiene di aver fatto volare così in zona 7 milioni di passeggeri. Ma la distorsione alla concorrenza e lo spreco, in qualche caso, di soldi pubblici restano. Parma è un aeroporto fantasma pur avendo speso milioni per “tentare” Ryanair & C. Alghero ha sborsato per la sua scommessa irlandese 41 milioni in 10 anni (20 solo nel 2011-2012) solo per finire nel mirino della Ue e per rischiare ora un clamoroso tradimento di O’Leary. Falconara ha messo sul piatto 3,1 milioni ma viaggia al ritmo di 3 milioni di ricavi e tre di perdita l’anno. Cifre che non hanno scoraggiato il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti che si è appena recato a Dublino per corteggiare la società irlandese, forte di una dote da 7 milioni (pubblici) per sostenere il traffico della low cost a Reggio. Lamezia, poche decine di chilometri più in là, fa lo stesso. Un aiutino lo vorrebbe pure Crotone. E in Italia, dove il limite dei sogni è il cielo, persino Sibari vuole oggi una sua pista d’atterraggio.

Dal canto suo la società, che inizialmente non aveva voluto rispondere, replica ora che i suoi contratti con gli aeroporti locali non costituiscono aiuti di Stato, come stabilito dalla sentenza della Corte europea del 2008 relativa al caso Charleroi. E l'Unione europea non ha mai fatto appello contro questa sentenza. "I rapporti di Ryanair - sostiene l'azienda - con tutti gli aeroporti europei non violano le norme sulla competitività".

(15 ottobre 2013)

http://www.repubblica.it/economia/2...ato_ryanair_batte_alitalia_100_a_75-68645209/
 

cipoll@zzi

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15 Maggio 2010
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ma facendo i conti tipo casalinga di Amatrice, se lo stato nel 2008 avesse mantenuto il 49, 9% di az, considerando i costi del piano fenice e relativi soldi pubblici per mantenere 7 anni ecc..., ad oggi l'azienda potrebbe essere in attivo (cioè rispetto al disastro CAI)?
 

Veolia

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ma facendo i conti tipo casalinga di Amatrice, se lo stato nel 2008 avesse mantenuto il 49, 9% di az, considerando i costi del piano fenice e relativi soldi pubblici per mantenere 7 anni ecc..., ad oggi l'azienda potrebbe essere in attivo (cioè rispetto al disastro CAI)?

in ogni caso no
 

Veolia

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apprezzo e affido l'articolo del messaggero , che è l'unico che riporti dei numeri e eventi che quadrano!!

non confonderei i 260,6 mln di capitale residuo con la valutazione della società di 50 mln.
sui "presunti " asset a fair value puoi dare 100 opinioni diverse e tutte giuste la mia la tua e quella del Baron de Rotschild comprese

per una compagnia che non ha mai visto un mese di flusso di cassa positivo e' assurdo parlare di valore, visto che qualsiasi ipotetica attualizzazione darebbe comunque valore negativo nel suo insieme
credo sia piu' che altro per dargli un book value generico di base e li ipotizzare qualche conto
ma di fatto la realtà e' un'altra

Son d'accordo che mischiare valore aziendale e quello dell'equity rimasto non ha senso
uno e' puramente virtuale, visto che non è possibile rimborsarlo al netto dei debiti, l'altro e' puramente prospettico, anche e soprattutto per quanto detto prima
 

dario abbece

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milano
sui "presunti " asset a fair value puoi dare 100 opinioni diverse e tutte giuste la mia la tua e quella del Baron de Rotschild comprese

per una compagnia che non ha mai visto un mese di flusso di cassa positivo e' assurdo parlare di valore, visto che qualsiasi ipotetica attualizzazione darebbe comunque valore negativo nel suo insieme
credo sia piu' che altro per dargli un book value generico di base e li ipotizzare qualche conto
ma di fatto la realtà e' un'altra

Son d'accordo che mischiare valore aziendale e quello dell'equity rimasto non ha senso
uno e' puramente virtuale, visto che non è possibile rimborsarlo al netto dei debiti, l'altro e' puramente prospettico, anche e soprattutto per quanto detto prima
....alla fine conta sempre e solo il prezzo!
 

berioz

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sui "presunti " asset a fair value puoi dare 100 opinioni diverse e tutte giuste la mia la tua e quella del Baron de Rotschild comprese

per una compagnia che non ha mai visto un mese di flusso di cassa positivo e' assurdo parlare di valore, visto che qualsiasi ipotetica attualizzazione darebbe comunque valore negativo nel suo insieme
credo sia piu' che altro per dargli un book value generico di base e li ipotizzare qualche conto
ma di fatto la realtà e' un'altra

Son d'accordo che mischiare valore aziendale e quello dell'equity rimasto non ha senso
uno e' puramente virtuale, visto che non è possibile rimborsarlo al netto dei debiti, l'altro e' puramente prospettico, anche e soprattutto per quanto detto prima
Scusa Veolia sul punto di permetto di insistere:

tutti gli articoli di stampa parlavano di valore nell'ottica dell'assemblea e della diluizione dei vecchi soci. Ebbene quel valore è stato determinato in 260 mln e da lì non si scappa.
Poi son d'accordo con te che difficilmente potranno trovare qualcuno che comprerebbe le loro azioni a quel prezzo, ma questo è un altro discorso.
 

Veolia

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Scusa Veolia sul punto di permetto di insistere:

tutti gli articoli di stampa parlavano di valore nell'ottica dell'assemblea e della diluizione dei vecchi soci. Ebbene quel valore è stato determinato in 260 mln e da lì non si scappa.
Poi son d'accordo con te che difficilmente potranno trovare qualcuno che comprerebbe le loro azioni a quel prezzo, ma questo è un altro discorso.
non so chsa ha detto la stampa perche' ormai la evito visto che il 99% sono caxxate, ma una cosa e' il valore contabile , su cui peraltro si puo' discutere spulciando i dettagli deglòi ultimi 3 bilanci almeno, un'altra e' il valore reale di cessione delle azioni e quindi per somma dell'azienda stessa
un'azienda cosi' non vale nulla punto!
l'equity che resta non lo puoi rimborsare ma solo usare, il resto comresi ipotetici diritti su tratte meravigliose o pseudovelivoli di pseudo proprietà . su cui peseranno le garanzie dei debiti di sicuro, ed altre amenità del genere sbattono contro un concetto semplice: se non produci cassa non vali nulla!
 

Paolo_61

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Scusa Veolia sul punto di permetto di insistere:

tutti gli articoli di stampa parlavano di valore nell'ottica dell'assemblea e della diluizione dei vecchi soci. Ebbene quel valore è stato determinato in 260 mln e da lì non si scappa.
Poi son d'accordo con te che difficilmente potranno trovare qualcuno che comprerebbe le loro azioni a quel prezzo, ma questo è un altro discorso.
Occhio che il valore lo fa il mercato. Come giustamente sottolinea Veolia, il valore di qualunque asset (compreso il complesso di beni e servizi che chiamiamo impresa) è dato dai flussi di cassa scontati. Quello su cui puoi discutere è l'effettivo importo di questi flussi di cassa, reali o potenziali (per intenderci, fai uno spezzatino di CAI e la vendi a pezzi, valorizzando asset intangibili come la posizione dominante a LIN, e ottieni flussi di cassa maggiori rispetto al valore dei flussi di cassa generati dall'azienda nella sua interezza - in altre parole hai un avviamento negativo o badwill).
Per proseguire negli esempi, tu puoi avere un patrimonio netto positivo (diciamo 3000 :)) e una previsione di flussi di cassa negativi per un certo numero di anni che ti portano a una valutazione dell'impresa inferiore (sempre per esempio 2200 :)). In teoria, in un libero mercato, un investitore razionale comprerebbe l'impresa a 2200 e la venderebbe a pezzi ricavando un netto di 3000.
 

berioz

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non so chsa ha detto la stampa perche' ormai la evito visto che il 99% sono caxxate, ma una cosa e' il valore contabile , su cui peraltro si puo' discutere spulciando i dettagli deglòi ultimi 3 bilanci almeno, un'altra e' il valore reale di cessione delle azioni e quindi per somma dell'azienda stessa
un'azienda cosi' non vale nulla punto!
l'equity che resta non lo puoi rimborsare ma solo usare, il resto comresi ipotetici diritti su tratte meravigliose o pseudovelivoli di pseudo proprietà . su cui peseranno le garanzie dei debiti di sicuro, ed altre amenità del genere sbattono contro un concetto semplice: se non produci cassa non vali nulla!

Beh, i valori contabili servono però per determinare le maggioranze in assemblea.
Di fatto, con questa sopravvalutazione, hanno tolto ai francesi la possibilità di raggiungere la maggioranza anche in caso di loro sottoscrizione di tutto l'inoptato. Da qui il voto contrario.
Tu dici che è tutta una recita ......
 

Veolia

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Beh, i valori contabili servono però per determinare le maggioranze in assemblea.
Di fatto, con questa sopravvalutazione, hanno tolto ai francesi la possibilità di raggiungere la maggioranza anche in caso di loro sottoscrizione di tutto l'inoptato. Da qui il voto contrario.
Tu dici che è tutta una recita ......
no! i voti si pesano non si contano
certo che e' tutta un a commedia.

cenerentola serve un mercato morto e con potenzialità alte ma a prezzo di enormi investimenti che nessuno oggi puo' fronteggiare
I creatori "privati", mossi da intentii piu' elettorali che altro non vedono l'ora di cederle visto che spuntare qualche offset e' difficilmente percorribile in questo periodo.

cenerentola ha dei costi di struttura che non puo' permettersi ed un network che brucia cassa

E' troppo piccola per stare da sola e' non ha un hub degno di essere competitivo

Inoltre cenerentola per interi pezzi del paese e' piu' un ricordo che altro , gli unici interessati a lei sono la politica ed i sindacati che poi sono la stessa cosa.

Chi e' il principe azzurro che si becca sta popo' di principessa???
Ovviamente nessuno , a meno che non ci siano ottime motivazioni con contropartite che evidentemente non sono direttamente manifeste.

Chinque fosse al posto degli olandesi, avrebbe regalato le azioni almeno un anno fa sapendo di certo che ad ottobre sarebbe successo sto casino
 
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totocrista

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no! i voti si pesano non si contano
certo che e' tutta un a commedia.

cenerentola serve un mercato morto e con potenzialità alte ma a prezzo di enormi investimenti che nessuno oggi puo' fronteggiare
I creatori "privati", mossi da intentii piu' elettorali che altro non vedono l'ora di cederle visto che spuntare qualche offset e' difficilmente percorribile in questo periodo.

cenerentola ha dei costi di struttura che non puo' permettersi ed un network che brucia cassa

E' troppo piccola per stare da sola e' non ha un hub degno di essere competitivo

Inoltre cenerentola per interi pezzi del paese e' piu' un ricordo che altro , gli unici interessati a lei sono la politica ed i sindacati che poi sono la stessa cosa.

Chi e' il rpincipe azzurro che si becca sta popo' di principessa???
Ovviamente nessuno , a meno che non ci siano ottime motivazioni con contropartite che evidentemente non sono direttamente manifeste.

Chinque fosse al posto degli olandesi, avrebbe regalato le azioni almeno un anno fa sapendo di certo che ad ottobre sarebbe successo sto casino
Io da ignorante però non capisco una cosa: se AZ è una cenerentola che non vale nulla, il mercato italiano non vale nulla, lo Stato Italiano non vale nulla, o almeno seguendo i vari post se ne deduce questo. Af che cosa la vuole a fare AZ? Perchè non è scappata via? che stanno a considerare ancora?
 

Paolo_61

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no! i voti si pesano non si contano
Questa infelice frase di Cuccia è una delle rovine dell'Italia. I voti si contano, quando si pesano abbiamo le operazioni "nocciolo duro" in stile Telecom (ai tempi della privatizzazione), in cui azionisti con lo zero virgola pretendono (e riescono) di comandare senza metterci il grano.
 

Veolia

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Questa infelice frase di Cuccia è una delle rovine dell'Italia. I voti si contano, quando si pesano abbiamo le operazioni "nocciolo duro" in stile Telecom (ai tempi della privatizzazione), in cui azionisti con lo zero virgola pretendono (e riescono) di comandare senza metterci il grano.
mah ....per come vedo in giro per il mondo non e' molto diverso... ci sono nazioni intere che non vorrei come soci nemmeno all1%
 

AZ680

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15 Febbraio 2006
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roma, Lazio.
Riporto articolo da Dagospia che riprende un prezzo di Repubblica .. la cosa più interessante che emerge è che Unicredit e Intesa prima di investire vogliono vedere il piano industriale .. già ma quale ? Quello di DT non va bene ?

ALITALIA, VIVA MORTA O X? - UNICREDIT E INTESA NON VOGLIONO SGANCIARE 200 MILIONI A VUOTO PER SALVARE LA COMPAGNIA: “PRIMA IL PIANO INDUSTRIALE”
I debiti lordi sono aumentati di 500 milioni a 1,98 miliardi - Quelli con i fornitori, sono saliti da 490 a 666 milioni - Il taglio ai voli ha consentito di risparmiare 18 milioni di carburante, ma non è bastato a compensare l’impennata dei costi per il leasing degli aerei, salito da 190 a 220 milioni…
Lo spettro degli aerei a terra. I conti in caduta libera («i risultati 2013 saranno peggiori del previsto»). I fornitori («i rapporti sono tesissimi») pronti a bloccare l'attività. Le perplessità di Intesa e Unicredit («ci hanno scritto una lettera, i 200 milioni di prestiti non sono garantiti»).
Se mai ci fossero stati dubbi sulla gravità della situazione di Alitalia, le 128 pagine di verbale dell'assemblea fiume che ha dato l'ok al piano di salvataggio da 500 milioni, sono la fotografia più fedele del drammatico stato di salute dell'ex compagnia di bandiera. A scattarla - alle 2.55 di mattina di martedì 15 nella Palazzina Uffici del quartier generale - è l'amministratore delegato in persona Gabriele Del Torchio: «Quest'anno perderemo molto di più delle nostre stime - racconta ai soci esausti dopo 12 ore di cda -. Le vendite hanno registrato un progressivo deterioramento, anche per il timore di un blocco dell'attività. I rapporti con alcuni partner strategici sono tesissimi e rischiamo di fermare gli aerei».
Servono i soldi. Tanti e almeno un po' in tempi brevissimi («entro ottobre per arginare la crisi di illiquidità», mette a verbale il collegio sindacale). E in attesa di convincere Air France a fare la sua parte, il vero problema - come emerge dai documenti esaminati da Repubblica - sono i dubbi di Piazza Cordusio e di Ca' de Sass.
Ad annunciarlo agli azionisti è l'avvocato Sergio Erede: «Ci è arrivata una lettera di Intesa e Unicredit che contesta la rappresentazione data da Alitalia sulla loro disponibilità a erogare nuove linee di credito», dice nel gelo collettivo.
I due istituti sosterranno la ricapitalizzazione, continua, ma «saranno disposte a esaminare un incremento della loro esposizione (vale a dire i 200 milioni di finanziamenti necessari a evitare il crac, ndr) solo dopo aver preso conoscenza del piano industriale e i suoi fabbisogni finanziari e purché siano fornite garanzie adeguate».
A leggere i conti al 30 giugno consegnati agli azionisti c'è da capire la loro prudenza. Senza i 150 milioni di plusvalenza garantiti dalla rivalutazione delle Mille Miglia, Alitalia avrebbe perso nei primi sei mesi dell'anno molti soldi di più. Anche perché una controllata irlandese (la Challey) e Cai First sono state svalutate per un'ottantina di milioni. I debiti lordi sono aumentati di 500 milioni a 1,98 miliardi.
Le banche, con sospetta preveggenza, sono riuscite a tagliare la loro esposizione da 411 milioni a 270, minacciando con ogni probabilità di chiudere i rubinetti del credito. Mentre alle stelle sono andati i debiti con i fornitori, saliti da 490 a 666 milioni. Il taglio ai voli ha consentito di risparmiare 18 milioni di carburante, ma non è bastato a compensare l'impennata dei costi per il leasing degli aerei, salito da 190 a 220 milioni dopo la vendita di buona parte dei velivoli della flotta. Al 30 giugno - è scritto nero su bianco - volavano con la livrea Alitalia «114 aeromobili operativi dei quali sette di proprietà».
Tutti, tra l'altro, ipotecati. A verbale va pure la nuova composizione azionaria dopo la conversione in capitale dei 95 milioni di prestito sottoscritti da alcuni soci a gennaio. Air France è ferma al 25%. Intesa è salita dall'8,8% al 13,1%, Atlantia dall'8,8% al 12,5%, l'Immsi di Roberto Colaninno dal 7% al 10,2%. A sorpresa hanno messo altri soldi pure i Riva (il prestito risale a febbraio, quando i loro beni personali non erano stati sequestrati) che firmando un assegno di 15 milioni sono i secondi azionisti - i primi italiani - di Alitalia con il 15,1%.
La strada per il salvataggio, è quello che emerge dai documenti, sarà ancor più difficile e in salita del previsto. Allo stato nelle casse del gruppo dovrebbero essere arrivati 65 milioni anticipati da Intesa, Atlantia e da Colaninno. Intesa e Unicredit hanno detto sì a mettere 100 milioni per l'eventuale inoptato dell'aumento di capitale, mentre 75 li spenderebbero le Poste. Resta da convincere Air France. E pure i due istituti di credito i cui 200 milioni sono una conditio sine qua non per il successo dell'operazione. Per farlo serve un piano industriale credibile (sarebbe il quarto in quattro anni) entro due-tre settimane. Il conto alla rovescia è iniziato.
 

dario abbece

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Riporto articolo da Dagospia che riprende un prezzo di Repubblica .. la cosa più interessante che emerge è che Unicredit e Intesa prima di investire vogliono vedere il piano industriale .. già ma quale ? Quello di DT non va bene ?

ALITALIA, VIVA MORTA O X? - UNICREDIT E INTESA NON VOGLIONO SGANCIARE 200 MILIONI A VUOTO PER SALVARE LA COMPAGNIA: “PRIMA IL PIANO INDUSTRIALE”
............. A verbale va pure la nuova composizione azionaria dopo la conversione in capitale dei 95 milioni di prestito sottoscritti da alcuni soci a gennaio. Air France è ferma al 25%. Intesa è salita dall'8,8% al 13,1%, Atlantia dall'8,8% al 12,5%, l'Immsi di Roberto Colaninno dal 7% al 10,2%. A sorpresa hanno messo altri soldi pure i Riva (il prestito risale a febbraio, quando i loro beni personali non erano stati sequestrati) che firmando un assegno di 15 milioni sono i secondi azionisti - i primi italiani - di Alitalia con il 15,1%.
La strada per il salvataggio, è quello che emerge dai documenti, sarà ancor più difficile e in salita del previsto. Allo stato nelle casse del gruppo dovrebbero essere arrivati 65 milioni anticipati da Intesa, Atlantia e da Colaninno. Intesa e Unicredit hanno detto sì a mettere 100 milioni per l'eventuale inoptato dell'aumento di capitale, mentre 75 li spenderebbero le Poste. Resta da convincere Air France. E pure i due istituti di credito i cui 200 milioni sono una conditio sine qua non per il successo dell'operazione. Per farlo serve un piano industriale credibile (sarebbe il quarto in quattro anni) entro due-tre settimane. Il conto alla rovescia è iniziato.

...quindi come sarebbe distribuita la composizione societaria???
 

J610

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25 Settembre 2013
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ASCA) - Roma, 17 ott - Alitalia smentisce che ''qualsiasi nuovo piano sia stato presentato'' e ''precisa quindi che le indiscrezioni relative a tagli del personale, messa a terra degli aerei e tagli di rotte sono destituite di ogni fondamento''. E' quanto si legge in una nota della Compagnia aerea. fgl/
 
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