Pare che i 400 milioni di prestito non bastino già più...in tre giorni siamo arrivati a 500...che faccio signo'? Li lascio?
Il conto di Alitalia sale ancora. Serve un prestito di 500 milioni
L’importo del prestito ponte per Alitalia sale ancora e fa rotta verso i 500 milioni, colpa di costi inizialmente imprevisti, come l’accesso agli slot e le assicurazioni. Dalle analisi effettuate nei giorni scorsi, è emerso che i 400 milioni annunciati finora sarebbero sufficienti per circa tre mesi. Anche con l’incremento del prestito, i tempi saranno comunque molto stretti per i commissari nominati dal governo, che potrebbero iniziare il loro lavoro già martedì, quando è prevista un’assemblea dei soci per deliberare sull’apertura dell’amministrazione straordinaria. Un voto che sembra scontato, seguito da un consiglio di amministrazione che formalizzerà la richiesta.
Il governo potrà nominare uno o tre commissari, e per ora è più probabile la seconda opzione: tra i nomi ci sono quelli di Luigi Gubitosi, fortemente voluto dal governo, e di Enrico Laghi, già commissario straordinario dell’Ilva. La strada che dovranno intraprendere è quella di un forte ridimensionamento dell’azienda con annessi esuberi (circa 6mila) e tagli al costo del lavoro per rendere appetibile la compagnia ad acquirenti stranieri. Alitalia è un’azienda che oggi perde quasi 2 milioni al giorno: nel 2016 ha avuto ricavi per 2,7 miliardi e costi per 3,4 miliardi di euro. Per il futuro della compagnia in amministrazione straordinaria si è affacciata anche l’ipotesi di un rilancio grazie a un nuovo accordo coi sindacati, ma anche in questo caso la via è possibile solo con tagli molto duri.
«Abbiamo bisogno di ogni contributo di idee. La situazione è oggettivamente complessa», ha detto il ministro Carlo Calenda riferendosi alla proposta che Matteo Renzi farà per Alitalia entro il 15 maggio in caso di vittoria alle primarie. «La valuteremo», ha assicurato. Per ora l’ex premier ha accennato solo ad una soluzione simile a quella di Meridiana, che ha trovato un partner commerciale in Qatar Airways. Per questa operazione però ci sono stati circa 400 esuberi e un taglio del 30% della busta paga per piloti e assistenti di volo. In proporzione molto di più rispetto a quanto i dipendenti di Alitalia hanno bocciato col referendum. «C’è spazio per un futuro senza spezzatini», ha assicurato l’ex premier. «Il Pd darà mano al governo - ha aggiunto Renzi - e starà vicino ai tanti lavoratori, anche dell’indotto, e alle loro famiglie».
Parla per la prima volta dopo l’esito disastroso del referendum il presidente di Alitalia, Luca di Montezemolo, che al Financial Times ha spiegato che «per la prima volta la compagnia era nelle condizioni di poter guardare al futuro in maniera diversa, cambiare completamento il modello di business e non solo iniettare liquidità a vuoto come fatto in passato». Il tentativo però è andato a vuoto. Così come è stato senza successo il corteggiamento del governo nei confronti della Cassa depositi e prestiti per un aiuto. Secondo quanto ricostruito, la società è stata sondata a più riprese con varie ipotesi - dall'ingresso nel capitale anche tramite il fondo di turnaround promosso da Cdp fino alla concessione della garanzia -. Trovando sempre però la porta chiusa.
Questa crisi di Alitalia mette a rischio non solo l’azienda e i suoi 12.500 dipendenti, ma anche l’indotto (circa 20 mila lavoratori). Tra questi ci sono gli handlers aeroportuali che fanno assistenza a terra, indispensabili per il regolare trasporto aereo sia per i passeggeri che per le merci. Ieri Assohandlers, l’associazione che riunisce gli operatori, ha inviato una lettera al governo per chiedere di tutelare anche queste imprese.
La Stampa