Alitalia, la fase 2 ritarda debiti a quota 450 milioni
LE INCHIESTE
PAOLA JADELUCA
la Repubblica
Pubblicità da sogno e conti che non tornano, sedili in pelle e schermi Lcd a fronte di colossali ritardi e cancellazioni di voli. La rinascita di Alitalia avviene tra luci e ombre, con il management che annuncia il risanamento e i sindacati sul piede di guerra. Mentre le strategie di rilancio appaiono discutibili alla luce di uno scenario di mercato che si fa sempre più competitivo.«Ma quale cash sufficiente fino al prossimo anno. La nuova Alitalia ha debiti per circa 450 milioni di euro. Le perdite storiche dei tempi di Cimoli, ma in un contesto profondamente cambiato: attività ridotte del 30%, 7.000 dipendenti in meno e la fusione con Air One, che prima era un concorrente». Mauro Rossi, segretario nazionale FiltCgil, non ha dubbi: nonostante i tagli, la fusione e l’ingresso di AirFranceKlm, secondo loro va sempre peggio. E per la nuova compagnia, fatta decollare a suon di fanfara il 13 gennaio, si prepara un brusco atterraggio: un’ondata di scioperi pronti scattare nel giro di una settimana.
I sindacati sono stati sempre considerati la spina nel fianco della ex compagnia di bandiera italiana. Un fronte potente e compatto, capace di bloccare ogni piano di riorganizzazione fino a spingere alle dimissioni un amministratore delegato come Francesco Mengozzi. Con la privatizzazione molte proteste sono state messe a tacere, con tante promesse, molte, dicono i sindacati non mantenute.
Ora, siamo alla resa dei conti: i bilanci non tornano. E’ iniziato il balletto dei numeri, e quelli dei sindacati vanno nella direzione completamente opposta a quelli ufficiali: «Ieri eravamo a un milione e 980 mila passeggeri e penso che oggi ne faremo 65 mila: arriveremo perciò, alla fine di questo terzo trimestre, a oltre 2 milioni e 50 mila che è quello che ci aspettavamo e, quindi, non disperiamo di fare un pareggio operativo nel terzo trimestre», ha dichiarato l’amministratore delegato Rocco Sabelli. Smentendo i rumor che ventilavano l’ipotesi di una ricapitalizzazione: «Un aumento di capitale non ci serve. Non ci sarà. Non ne abbiamo bisogno, abbiamo tutta la provvista finanziaria per il 2009 e per affrontare uno scenario anche difficile nel 2010», ha detto, incalzando il quadro roseo che il Presidente, Roberto Colannino, ha dato nel corso di una intervista a SkyTv. Per il management AlitaliaCai è pronta per passare alla fase due, dalla rianimazione alla definitiva risistemazione. La società non è più quotata, non ha obblighi di rendiconto ufficiale. E dopo la fusione con Air One, la strana partita delle flotte, comprate e gestito da Carlo Toto e noleggiate ad Alitalia, la collocazione poco chiara dei debiti di Air One, ricostruire i numeri è un po’ come azzeccare il gioco delle tre carte.
Quello che è certo, secondo gli analisti, è che i manager rischiano di sbagliare di nuovo le strategie. Partiamo dall’ultima mossa, la decisione di fare la guerra alle low cost, appena annunciata, con l’idea di trasformare Air One nel braccio discount della compagnia. ««Il modello della low cost distaccata direttamente da un carrier fullservice non ha mai funzionato e non funzionerà ora, a causa della complessità di gestire due differenti modelli di business sotto un unico tetto», commenta da Londra Diogenis Papiomytis, senior consultant per il Commercial Business Aviation di Frost&Sullivan, società di consulenza strategica specializzata in questo settore. Non solo. Ad aggravare la situazione, la specificità dello scenario in cui si muove AlitaliaCai: «AirOne non è percepito come un brand low cost e questo già non è leva favorevole. Inoltre, posizionarla su Malpensa vuol dire finire dritti in un precipizio», incalza Oliviero Baccelli, vicedirettore del CertetBocconi, direttore del Master in Economia e gestione dei trasporti dell’Università Bocconi di Milano nonché vicedirettore del CertetBocconi. Spiega Baccelli: «Dopo che Alitalia è uscita completamente da Malpensa tutti gli spazi sono stati occupati da easyJet e ora anche da Lufhtansa Italia. Alitalia da Milano non vola su Praga, non vola su Lisbona. Troppo tardi per ritagliarsi uno spazio».
Rientrare nel secondo scalo milanese è dura. Ma le incertezze non mancano neanche sul fronte di Fiumicino, confermato l’hub di riferimento: i ritardi dei voli, i disagi estivi, le valigie perse e le doppie code ai varchi doganali anche quest’anno non hanno certo rimandato una bella immagine del nostro paese all’estero. Ai rimpalli di responsabilità tra Adr, società di gestione dell’aeroporto e Alitalia, dovrebbe dare un taglio il nuovo terminal, dedicato esclusivamente ad Alitalia e ai soci AirFranceKlm, che dovrebbe semplificare lo smistamento bagagli e i passeggeri in transito tra i diversi gate. L’inaugurazione è attesa per il prossimo mese.
«E’ un primo passo che dovrà dare una visibilità e una concentrazione del nostro ‘brand’molto importante», ha detto Sabelli. Il management ha deciso di investire molto sulla forza del brand. Lo prova la campagna promozionale che rimanda ai fasti della Dolce Vita, con i paparazzi che immortalavano sulle passerelle degli aerei i nomi più famosi del jet set mondiale.
Costruire un’aura glamour attorno al marchio. Sembra questo l’obiettivo. Due settimane fa è stata aperta la nuova lounge per i clienti di fascia alta, e sono entrati in servizio i tre nuovi A320, che si aggiungono ai sei consegnati a marzo, in sostituzione dei vecchi MD80: hanno le poltrone rivestite in pelle e sono dotate di schermi Lcd individuali per un intrattenimento di bordo personalizzato e hanno caratteristiche ergonomiche. A breve anche gli altri 48 Airbus beneficeranno di un simile restyling. Un look per far sognare. Una organizzazione che fa imprecare: visti i continui ritardi e i voli soppressi.
L’esatto opposto di quello che suggeriscono i trend di mercato: «Alitalia non deve diventare una low cost, ma dovrebbe adottare la filosofia low cost, come ha fatto British Airways», dice Papiomytis. E spiega:»Tagliare di via le spese superflue e far pagare quello che viene considerato un servizio, per esempio togliere i pasti sui voli brevi, ridurre il peso dei bagagli ammessi a bordo, aggiungere un costo per le preferenze di sedile sul lungo raggio».
Il momento è duro, nessuno può permettersi di sbagliare. Il 2009 sarà ricordato come l’annus horribilis per il settore del trasporto aereo con una riduzione del traffico passeggeri nell’ordine dell’20% su scala globale. I network carriers hanno risposto ad una riduzione della domanda con una drastica riduzione dell’offerta, eliminando gli aerei più vecchi ad un ritmo più veloce di quello fisiologico. Secondo uno studio di Kpmg, Sas ed Alitalia hanno ridotto la loro offerta del 20%. Air France del 4/5%, British del 3%. Per i vettori low cost, che rappresentano il 25 — 30% dell’intero mercato del trasporto aereo in Europa, la caduta è meno grave perché questi vettori tendono ad erodere quote di mercato ai network carrier e ai charter. Dopo i tagli del 2008 Ryanair ed easyJet prevedono di aumentare la loro capacità.
La spinta alla concentrazione è sempre più forte, e il sentiment del mercato non è dei più favorevoli: Citi ha abbassato il rating su British Airways, in attesa che si chiuda il tavolo dei negoziati per la fusione con Iberia. Su Air FranceKlm resta il giudizio di elevato rischio. E anche Credit Suissse non ha un outlook troppo positivo, almeno a breve termine. In questo scenario Alitalia, appare sempre più debole. «In un momento di crisi profonda se non investi, se non riposizioni le tue quote di mercato verranno sempre più erose dalla concorrenza», dice Baccelli. Schiacchiata tra i big, la nuova Alitalia ha trovato un unico spazio di manovra: «la ricerca di nuovi code sharing con il partner AirFranceKlm». In poche parole: una condivisione dell’esistente, ma nessuna crescita reale.