Disclaimer: questo sarà un TR lunghetto e simile a un iceberg: la parte IT è la punta, l'OT... beh, tutto il resto. Non ci sono lounges, non ci sono posti in business, non ci sono pasti sibaritici, hotel di lusso... E, per la prima volta, lo posterò mentre lo scrivo. Ci vorrà un po' per terminarlo.
In un punto imprecisato tra la prima e la seconda ondata della pandemia in salsa britannica, durante i giorni bui e piovosi di quello che chiamammo Lockdown 2.0, il vostro si trovò in disperato bisogno di qualche forma di escapismo. Vuoi il meteo indegno, anche per gli standard britannici, vuoi le brutte notizie lavorative (la sola cosa peggiore di un lavoro che non ti piace è ricevere il preavviso di licenziamento dal lavoro che non ti piace), vuoi la manca di viaggi, passai un weekend a guardare un filotto di film di montagna. Valley Uprising, The Dawn Wall, Meru, Free Solo, un paio di Reel Rock. Mescola il tutto con una abbondante dose di video su Youtube e mi presentai all’appuntamento col lunedì mattina con un vocabolario costituito da termini tipo duuuuuude, rad, legit e sandbag. I colleghi pensarono che mi fossi beccato un ictus.
L’inflessione dialettica da figlio degli anni ’90 americani durò, fortunatamente, pochi giorni. Ciò che rimase, però, fu il desiderio di andare in giro senza troppi piani, con equipaggiamento ridotto al minimo, giusto quanto potesse stare nel baule di un’auto, alla ricerca casuale di avventure più o meno fattibili. Dormire in tenda o in auto, mangiare come capita, doccia se va bene. In parole povere, dirtbagging. Il tempo, causa i soliti problemi (lavoro, bollette da pagare) è poco e la destinazione, causa – beh, sapete – forzosamente vicina. Ma il successo, per una volta, è stato assicurato.
Prefazione - Prove Tecniche di barbonismo
Uno non fa il salto da barbone urban a barbone outdoors così, in men che non si dica. Serve un pochetto di prove, per prendere la mano e capire che, sì, si può fare. Raduno l’equipaggiamento con economia da período especial cubano, rivendendo ciò che non mi serve e comprando usato o nei saldi dove posso. Alla fine di una campagna acquisti accorta mi trovo con tutto ciò che serve più il cartellino di Zappacosta.
Inizia una stagione estiva di prove tecniche di barbonismo, che spaziano dalle Alpi al Manzan.. ai South Downs. Provo bivvy, tenda, fornello da campo, zaino: tutto funziona, tutto va bene. Incidentalmente, piove almeno una volta per dormita fuori, cosa che mi convinco sia un semplice incidente di passaggio. (“Fantozzi è lei?” sento gridare dal cielo).
Ecco due foto per testimonianza: una val d’Aosta stranamente poco limpida:
Il campo base, con tanto di calzini infilati nelle Salomon. Direi paro paro ai TR del Console in diretta dalla lounge di First di Qantas.
Una vista serotina di Biella, dall’alto dei pascoli del Tracciolino. Vedete il punto di luce all’orizzonte, sulla sinistra? Sono i grattacieli di Milano che rifulgono nella luce post-temporalesca. Oppure il sole che rimbalza sul Rolex allacciato al virile polso di Dancrane.
Prima di proseguire col piatto forte, un ultimo antipasto. Quest’estate è stata anche l’estate in cui mi sono tolto uno sfizio, un sassolino che stava nella scarpa da un po’ di tempo… una visita al paese di Orietta Berti.
La Padania crogiola, sfrigola e soffrigge sotto una cappa di caldazza pesante come quella degli ipocriti nell’ottavo cerchio dell’inferno di Dante. È di sicuro il momento migliore per mettersi in marcia verso l’epicentro del piattume, alla ricerca del piatto dell’estate (tortello) ma non solo. L’obiettivo primario, Reggio Emilia, è presto conquistato. Ristorati a suon di tortello, gnocco fritto, salumi e formaggi vari ed eventuali si rizompa in macchina, ché il meglio deve ancora venire. Lungo la via vedo pure una Golf vecchio modello, parcheggiata in centro, ma col permesso. Chi sa, sa.
Forgiato (questa è una copia, l’originale è custodito in Comune al riparo dei danni di reazionari e kulaki) nel 1922, il busto di Lenin faceva bella mostra di sé di fronte a, ovviamente, una fabbrica di locomotive a Luhansk, ad oggi parte di quella Repubblica Popolare che di repubblicano ha ben poco e di popolare ancor meno. Nel 1942 la VI centuria della Milizia Popolare della Strada (che immagino seguisse l’ARMIR per controllare che nessuno eccedesse i limiti di velocità del mulo) decise di portarselo a casa a mo’ di souvenir.
Finita la guerra il busto venne trovato da qualche parte in Toscana, scalfito da un proiettile ma tutto sommato ancora indomito; il maltolto fu restituito all’ambasciatore sovietico a Mosca che, nel 1970, lo donò a Cavriago in segno di riconoscenza per l’aiuto fornito, ai tempi, alla causa bolscevica (500 lire donate, penso, via PayPal sul conto di Ul'janov, Vladimir Il'ič).
Fa un certo effetto, devo ammetterlo. Hanoi, Osh, Murghab e ora Cavriago. Arrivano altri turisti, che ovviamente posano per una foto ricordo sotto gli occhi dei ragazzini del posto, ignari del portento che, qui, si consumò pochi anni fa.
Ricordate la madonna
Che piangeva sangue a Civitavecchia?
Qualche anno fa, tutti i giornali ne parlavano
Dando per buona la possibilità del miracolo
Ebbene
In un impeto di ribellione per tanta imbecillità
In quei giorni
Anche il busto di Lenin cominciò a lacrimare
Ne parlò perfino
La Komsomolskaya Pravda
"Vicino a Reggio Emilia, in Italia
Travolta da insolito disgusto
Una scura statua del compagno Lenin
Ha pianto lacrime bianche
Come le navi del porto di Arcangelo”
Beata ignoranza. Ritorno in macchina soddisfatto, e di lì il passo per Linate è breve. Ancora qualche settimana di lavoro, qualche pedalata e dormita in tenda nei campi dei South Downs, ed è il momento di partire.
In un punto imprecisato tra la prima e la seconda ondata della pandemia in salsa britannica, durante i giorni bui e piovosi di quello che chiamammo Lockdown 2.0, il vostro si trovò in disperato bisogno di qualche forma di escapismo. Vuoi il meteo indegno, anche per gli standard britannici, vuoi le brutte notizie lavorative (la sola cosa peggiore di un lavoro che non ti piace è ricevere il preavviso di licenziamento dal lavoro che non ti piace), vuoi la manca di viaggi, passai un weekend a guardare un filotto di film di montagna. Valley Uprising, The Dawn Wall, Meru, Free Solo, un paio di Reel Rock. Mescola il tutto con una abbondante dose di video su Youtube e mi presentai all’appuntamento col lunedì mattina con un vocabolario costituito da termini tipo duuuuuude, rad, legit e sandbag. I colleghi pensarono che mi fossi beccato un ictus.
L’inflessione dialettica da figlio degli anni ’90 americani durò, fortunatamente, pochi giorni. Ciò che rimase, però, fu il desiderio di andare in giro senza troppi piani, con equipaggiamento ridotto al minimo, giusto quanto potesse stare nel baule di un’auto, alla ricerca casuale di avventure più o meno fattibili. Dormire in tenda o in auto, mangiare come capita, doccia se va bene. In parole povere, dirtbagging. Il tempo, causa i soliti problemi (lavoro, bollette da pagare) è poco e la destinazione, causa – beh, sapete – forzosamente vicina. Ma il successo, per una volta, è stato assicurato.
Prefazione - Prove Tecniche di barbonismo
Uno non fa il salto da barbone urban a barbone outdoors così, in men che non si dica. Serve un pochetto di prove, per prendere la mano e capire che, sì, si può fare. Raduno l’equipaggiamento con economia da período especial cubano, rivendendo ciò che non mi serve e comprando usato o nei saldi dove posso. Alla fine di una campagna acquisti accorta mi trovo con tutto ciò che serve più il cartellino di Zappacosta.
Inizia una stagione estiva di prove tecniche di barbonismo, che spaziano dalle Alpi al Manzan.. ai South Downs. Provo bivvy, tenda, fornello da campo, zaino: tutto funziona, tutto va bene. Incidentalmente, piove almeno una volta per dormita fuori, cosa che mi convinco sia un semplice incidente di passaggio. (“Fantozzi è lei?” sento gridare dal cielo).
Ecco due foto per testimonianza: una val d’Aosta stranamente poco limpida:


Il campo base, con tanto di calzini infilati nelle Salomon. Direi paro paro ai TR del Console in diretta dalla lounge di First di Qantas.

Una vista serotina di Biella, dall’alto dei pascoli del Tracciolino. Vedete il punto di luce all’orizzonte, sulla sinistra? Sono i grattacieli di Milano che rifulgono nella luce post-temporalesca. Oppure il sole che rimbalza sul Rolex allacciato al virile polso di Dancrane.

Prima di proseguire col piatto forte, un ultimo antipasto. Quest’estate è stata anche l’estate in cui mi sono tolto uno sfizio, un sassolino che stava nella scarpa da un po’ di tempo… una visita al paese di Orietta Berti.
La Padania crogiola, sfrigola e soffrigge sotto una cappa di caldazza pesante come quella degli ipocriti nell’ottavo cerchio dell’inferno di Dante. È di sicuro il momento migliore per mettersi in marcia verso l’epicentro del piattume, alla ricerca del piatto dell’estate (tortello) ma non solo. L’obiettivo primario, Reggio Emilia, è presto conquistato. Ristorati a suon di tortello, gnocco fritto, salumi e formaggi vari ed eventuali si rizompa in macchina, ché il meglio deve ancora venire. Lungo la via vedo pure una Golf vecchio modello, parcheggiata in centro, ma col permesso. Chi sa, sa.
Nel paese
dov’è nata Orietta Berti
C’è piazza Lenin
Ed in mezzo
Un busto di Lenin
Se uno ci pensa
Non ci può credere
Ebbene sì, eccolo.dov’è nata Orietta Berti
C’è piazza Lenin
Ed in mezzo
Un busto di Lenin
Se uno ci pensa
Non ci può credere

Forgiato (questa è una copia, l’originale è custodito in Comune al riparo dei danni di reazionari e kulaki) nel 1922, il busto di Lenin faceva bella mostra di sé di fronte a, ovviamente, una fabbrica di locomotive a Luhansk, ad oggi parte di quella Repubblica Popolare che di repubblicano ha ben poco e di popolare ancor meno. Nel 1942 la VI centuria della Milizia Popolare della Strada (che immagino seguisse l’ARMIR per controllare che nessuno eccedesse i limiti di velocità del mulo) decise di portarselo a casa a mo’ di souvenir.

Fa un certo effetto, devo ammetterlo. Hanoi, Osh, Murghab e ora Cavriago. Arrivano altri turisti, che ovviamente posano per una foto ricordo sotto gli occhi dei ragazzini del posto, ignari del portento che, qui, si consumò pochi anni fa.

Ricordate la madonna
Che piangeva sangue a Civitavecchia?
Qualche anno fa, tutti i giornali ne parlavano
Dando per buona la possibilità del miracolo
Ebbene
In un impeto di ribellione per tanta imbecillità
In quei giorni
Anche il busto di Lenin cominciò a lacrimare
Ne parlò perfino
La Komsomolskaya Pravda
"Vicino a Reggio Emilia, in Italia
Travolta da insolito disgusto
Una scura statua del compagno Lenin
Ha pianto lacrime bianche
Come le navi del porto di Arcangelo”
Beata ignoranza. Ritorno in macchina soddisfatto, e di lì il passo per Linate è breve. Ancora qualche settimana di lavoro, qualche pedalata e dormita in tenda nei campi dei South Downs, ed è il momento di partire.