Ed eccoci in Kosovo.
Arriviamo con l'autobus direttamente a Gracanica, dove sorge uno dei tre monasteri patrimonio dell'UNESCO. Siamo in una enclave serba, la toponomastica è bilingue e nei negozi accettano sia Euro (moneta del Kosovo) che Dinari serbi.
C'è solo il filo spinato a far pensare a potenziali tensioni.
L'interno è interamente affrescato.
A pochi km c'è la neocapitale Pristina. Grandi palazzoni stanno sorgendo in periferia destinati ad accogliere gli uffici delle multinazionali e le abitazioni dei nuovi ricchi. In città ci sono lavori ovunque, muoversi in macchina è un delirio. Cominciamo a familiarizzare con nuovi panorami urbani.
Il Teatro Nazionale da l'idea della grandezza di Pristina quando era solo una capoluogo di provincia.
Un monumento al guerrigliero dell'UCK nuovo di pacca.
La gigantografia del primo presidente, ora defunto, Ibrahim Rugova.
Una sosta ristoratrice, tutti piatti cotti nel forno a legna. Gnam gnam.
Una chiesa ortodossa diroccata (la prima di tante che vedremo).
Lasciamo Pristina salutati dal padrino politico del Kosovo.
E arriviamo nella pittoresca e animata Prizren.
La città dalla Fortezza di Kalaja.
Oggi le chiese ortodosse sono sorvegliate dalla polizia locale.
L'unica che si può visitare è quella di San Giorgio, data alle fiamme nel 2004.
Il quattrocentesco ponte ottomano.
La Moschea di Sinan Pasha.
La chiesa della Vergine di Levisa, anch'essa patrimonio UNESCO, è tristemente abbandonata.
Il Monastero di Decani è sotto controllo dell'esercito italiano. Per accedervi bisogna passare un paio di check point e registrarsi.
E' splendido.
Una breve corsa in taxi verso un'altra perla: il Patriarcato di Pec. Sorge in un bel contesto naturalistico, all'imboccatura della gola di Rugova. Questa zona è presidiata dai soldati sloveni.
Torniamo a Prizren con l'autobus. La stazione è sgarrupata ma ben frequentata.
Tramonto kosovaro.
Una tabaccheria. Notare il parco macchine dei tassisti.
Lasciamo l'Albania, ehm, il Kosovo. Durante il soggiorno non abbiamo visto nessuna bandiera kosovara, solo
flamure. Qui si sentono tutti, e sono, albanesi.
Altra frontiera.
Continua...e finisce!