La sera ci si fa consigliare dove andare a rifocillarsi. Non c’è praticamente nulla di allettante, e ci suggeriscono un “buon” ristorante. La cosa più bella è l’esterno, posto dove cessa tutto il fascino del locale. All’interno, una fumeria generale, sporco ovunque, e massima attenzione da prestare quando apri la porta, perché la cosa più frequente che ti può capitare è abbattere il cameriere che ha appena preso il piatto da servire in tavola, posto che, con una scelta vincente, hanno messo l’uscita della cucina in corrispondenza della porta di ingresso.
Consumato il frugale pasto e, soprattutto, la boccia di vinello autoctono (il bello del viaggiare con Sokol è che si beve sempre buon vino), rientriamo al nostro prestigiosissimo albergo per una sana dormita rigeneratrice. Io, tuttavia, per un motivo che ancora mi sfugge, avrò gli incubi per tutta la notte, sognando Babbo Natale...
L’indomani, dunque, partenza verso nuovi lidi. E forse è il caso di cominciare a fare quattro conti, perché il dissesto finanziario del quale accennavo prima non comincia propriamente da qua, ma certamente qualche sospetto si fa avanti.
Le alternative per andare verso la prossima mèta erano diverse: auto a nolo, pulmann notturno, treno. Ma decidiamo, appunto, di rivoluzionare una prima volta il programma, sfruttando una giornata “ponte” tra Podgorica e Sarajevo, optando per visitare Porto Montenegro, Kotor e fermarci a dormire a Mostar. Definite le tappe, cosa mi tira fuori il socio?
“
Gian, gho trovà a soluzione! Ho parlato con Sergio (il boss dell’albergo, ndr),
per 150 € ci porta lui in macchina a Mostar!”
Probabile che il viaggio sia costato 20 €... Sta di fatto che carichiamo armi e bagagli sulla Polo, e ci avviamo.
Prima sosta, Porto Montenegro, rapida fermata per un caffè prima che si scateni il diluvio universale
Il sospetto che i due ridano dopo essersi spartiti la mazzetta estorta al fotografo si fa sempre più forte...
Come detto, si scatena l’inferno: ci muoviamo quindi per andare a Kotor, facendo una bella strada panoramica che, non fosse per il meteo, mostrerebbe qualcosa di meraviglioso
Si arriva quindi a Kotor, città il centro storico della quale rientra nel patrimonio UNESCO, per inciso, e che vi beccate nel suo immenso splendore
Ora, essendosi fatta l’una del pomeriggio, è opportuno assecondare le richieste dello stomaco, sia dal punto di vista dei solidi, sia, soprattutto, dei liquidi. Ci imbuchiamo in un simpatico ristorantino all’uopo attrezzato alla bisogna, dove consumiamo il solito pasto frugale
Finito di rifocillarci, si riparte alla volta di Mostar. Solito meteo schifoso, una vera iattura, perché i panorami sono bellissimi
Si arriva ai posti di frontiera, in alta montagna, diluvia, c’è buio e non si vede una mazza. La frontiera di uscita va via liscia, ed il buon Sergio ci avvisa che il secondo posto è dopo un paio di chilometri almeno. Facciamo nemmeno 400 metri, ed un bel cartello di STOP si staglia davanti alla macchina, unitamente ad una vecchia struttura obsoleta, poco illuminata, ma che all’apparenza sembrava proprio un posto di frontiera. Ed in effetti lo era. I “primitivi”, come li apostrofa per tutto il viaggio l’amico autista, poco ci manca che ci facciano fuori con una sventagliata di mitra, visto che Sergio non si ferma perché “mi sembrava fosse molto più in là”. Sta di fatto che, sotto una pioggia battente, perdiamo oltre mezz’ora per farci fare un check up completo della macchina, dei passaporti, e dei bagagli, il tutto accompagnato anche da un bel black out nel corso delle operazioni. Alla fine, comunque, riusciamo a sfangare anche questa, e riprendiamo la nostra strada verso Mostar, lungo la quale un improvvido coniglio ricorderà, a quanti faranno il medesimo percorso dopo di noi, che siamo passati di là. A me sembrava un sasso, a giudicare dalla botta, ma Sergio insisteva sul fatto che “aveva le orecchie lunghe”.
Ora, tornando al conto economico del viaggio, ditemi voi che proporzione c’è tra il costo del viaggio ed i 36 € (prima colazione inclusa!) per la modesta cameretta dell’albergo a 50 metri dall’ingresso del centro storico che il sottoscritto ha trovato e prenotato il giorno prima...
Albergo nuovo di pacca, ed impeccabile per i servizi offerti. L’avesse prenotato Sokol, sarebbe costato almeno un centinaio di euro, mi sa.
Andiamo in avanscoperta a girare la città, ed a cercare un posto dove mangiare. Anche il centro storico di Mostar è patrimonio UNESCO, quindi vi beccate un’altra carrellata di fotografie, così vi fate una bella cultura anche voi. Cominciamo by night
Ovunque si ricorda quanto accadde nel 1993...
Non riusciamo a trovare un posto uno che sia aperto per potere cenare. Mestamente facciamo ritorno verso l’albergo, quando finalmente si appalesa sulla nostra strada un ristorante aperto e con ben 5 clienti autoctoni. Mangiata sobria, a questo giro però optiamo per la birra, non perché non avessero il vino, ma perché toccava a Sokol pagare...
L’indomani, finalmente, una bella giornata di sole ci accoglie. E quindi vi beccate anche le foto di Mostar by day, cominciando dalla cattedrale
Il Maresciallo Tito è sempre ricordato come una figura mitologica, l’unico in grado di tenere unite le diverse etnie sotto l’unica nazione Jugoslava. E fa niente per il corollario di nefandezze, di quelle nessuno si ricorda.
In centro, quelli che una volta erano dei giardini, ora sono tutti piccoli cimiteri. La cosa impressionante è che tutte le lapidi hanno un unico comune denominatore: non c’è una data di morte che non sia il 1993. Il solo pensiero di cosa sia potuta essere la guerra civile in questi posti è un pugno nello stomaco che ti prende a girare i cimiteri
S’è fatta l’ora di andare a prendere il bus per raggiungere la prossima meta, Sarajevo. Sarà l’aurea mistica che si porta dietro il mezzo
ma qualcosa di particolare accadrà da qui a tra poche ore.
Arriviamo a Sarajevo dopo circa due ore e mezza di un viaggio monotono, sempre su e giù dalle montagne. Prendiamo un taxi e raggiungiamo l’albergo, naturalmente di un certo prestigio perché noi siamo viaggiatori sparkling
dopodichè ci andiamo a fare un giro in centro, a cercare il solito, immancabile ristorante dove rifocillarci. E qui il viaggio prenderà una svolta inaspettata.
Ora, non date retta alle malelingue che sicuramente cercheranno di farvi passare un’altra storia: solo chi l’ha vissuta può raccontarvi la verità, fidatevi quindi del mio di racconto, e diffidate degli altri, che nulla sanno.
Dicevo, ci fiondiamo in un bel ristorantino, dove mangiamo e, tanto per cambiare, beviamo del buon vinello.
Accanto a noi, due sperdute giuovini, che stavano annegando la loro tristezza per l’abbandono del parroco della parrocchia di una di loro in una bottiglia di acqua e vino. ACQUA E VINO??? VERGOGNA!
Mossi a compassione, spieghiamo alle due sventurate consorelle alcuni princìpi fondamentali della vita gaudente, accompagnando la teoria con la pratica di stappare un’altra, poi un’altra, ed infine un’altra bottiglia di vino. Riportate quindi le pecorelle sulla retta via, ci diamo appuntamento la sera in un convento, per suggellare con adeguata penitenza la conversione ai più sani principi morali.
Ah, dimenticavo: questa è Sarajevo
Come dite? Ve ne ciava manco? Davvero non capisco perché...
Ad ogni buon conto, il programma prevede l’indomani mattina, di buon ora, il volo per Belgrado. Alzataccia alle 4.30, taxi per l’aeroporto che, però, non apre che alle 5, e volo con BH Airlines e con ATR72. Modello vecchio, 17 anni d’età, eliche quadripala, rumorosissimo, sedili che fanno quello che vogliono... insomma, seconda esperienza su ATR, e secondo volo “
emmerda” (cit.)
Il servizio prevede giro di bevande ed un sandwich: prendo solo il bicchiere d’acqua, alle 6 del mattino non è che il panino vada bene. Per la cronaca, pur senza sovracapacità sulla rotta, a bordo saremo stati si e no una dozzina di passeggeri...
Se c’è una cosa che non va bene quando si arriva al mattino presto in un posto è il fatto di dovere aspettare la disponibilità della camera. Se a questo si aggiunge il fatto che la temperatura esterna è di 4 gradi, che è tutto chiuso, e che si sta pensando a come ripianificare il viaggio in condizioni mentali non esattamente brillanti e lucide, allora il danno è completo. Sta di fatto che il dissesto economico, iniziato il giorno precedente a pranzo, sta per esplodere in tutto il suo fragore nei prossimi 4 giorni. Ma andiamo con ordine: intanto beccatevi due foto di Belgrado
Nel pellegrinaggio senza una meta precisa, andiamo a vederci la rocca ed il meravigliosissimo museo all’aperto dei pezzi d’artiglieria, roba che ancora, se ci penso, ho i brividi addosso (per il freddo patito!)
Riposti finalmente i bagagli in albergo
andiamo a cercare un opportuno posto di ristoro: per quanto possa apparirvi strano, questo non è il Teatro alla Scala
Ora, non fatevi ingannare dalle apparenze: la bottiglia di vino era solo per dissetarsi, e nulla ha a che vedere con quanto sta per accadere. E sì, perché la fede che ha improvvisamente pervaso i nostri animi, ci porta a cercare di capire come fare sì che le due consorelle di Sarajevo possano raggiungere il convento di Tirana, prossima ed ultima meta di questo tour dei Balcani, bellissimo e divertentissimo. Trovato il sistema, accade l’imponderabile: decido che è il caso di allungare di due giorni il viaggio per espiare un’innumerevole quantità di peccati, pertanto devo darmi da fare per modificare biglietti, partenze, dormitori, auto a noleggio e quant’altro. Insomma, la carta di credito è ancora fumante, anche perché non è che prendere un biglietto il giorno prima per il giorno dopo sia una passeggiata, figuriamoci se di biglietti ne devi prendere più di uno... In ogni caso, si parte dagli uffici di Air Serbia, laddove improvvisamente mi prende il desiderio di lavorare all’ufficio selezione del personale di Air Serbia
La giovane fanciulla mi trova il biglietto che mi serviva, e per il giorno successivo tutto è pronto per raggiungere l’amico e le due consorelle a Tirana. Si vola, dunque, con Air Serbia, e con il terzo ATR72 di questo giro. Si parte da Belgrado, che (battuta ormai inflazionata, ma tant’è) è diventato un hub a tutti gli effetti
Fauna locale
Puntuale, mi reco all’imbarco del mio prossimo volo, questa volta pieno a tappo, e con due simpatici galeotti dietro di me
Per quanto possa sembrare nuovo, il mezzo non è nuovissimo
All’arrivo, è pronto il comitato di accoglienza per i due galeotti dei quali parlavo prima
Sbrigo velocemente le formalità doganali, ed in men che non si dica mi reco a ritirare la macchina prenotata: ovviamente, altro costo extra non preventivato, d’altronde quando l’amico fidato ti dice che non è il caso di muoversi col taxi (costo fisso: 3 euro a corsa) ma è meglio avere l’auto disponibile (a “soli” 150 euro per tre giorni) che fai, non ti fidi? Vabbè, sorvoliamo. Ritiro l’auto e mi tuffo nel traffico infernale di Tirana. Quanti di voi sono stati in India, Bangladesh, o nella remota Africa, possono facilmente immaginare di come sia facile districarsi al volante in quei luoghi, e quindi comprendere di cosa parlo quando dico che il traffico a Tirana è caotico. Sta di fatto che non mi sono mai divertito tanto a guidare in vita mia, meritandomi anche i complimenti dell’albanese vero che mi accompagna e che, nel frattempo, ho raggiunto. Ora, che raccontare di tre giorni passati a Tirana? Anzitutto, che è una città viva e vivace, soprattutto la sera. E’ stata una piacevolissima sorpresa vedere l’enorme numero di locali, ristoranti, discoteche presenti e quanto questi siano frequentati dai giovani la sera. E’ anche una città che infonde una sensazione di sicurezza: c’è polizia ovunque, e si gira tranquillamente sia a piedi, sia in auto.
Ma non credo che a voi interessi tutto ciò. Mi chiedo se, per caso, vi possano interessare alcune foto della città...
Non ve ne potrebbe fregare di meno, lo so... Voi volete sapere com’è andata a finire l’opera di redenzione delle pecorelle smarrite.
Ordunque, le due consorelle sono state condotte a visitare la città, poi a rifocillarsi in ameni posti, il tutto a spese del sottoscritto, erto a benefattore dell’umanità, talmente benefattore che ancora viene invocato nelle preghiere di una delle due fanciulle, desiderosa di andare a fare visita a dispersi monasteri Thailandesi. Il che non è detto che possa anche accadere, sempre che, nel frattempo, non svanisca l’improvviso dono della fede che ha pervaso il mio spirito e che, soprattutto, non si ripiani il buco generato nel conto corrente. La quaresima nella quale ci siamo immersi prevede sacrifici inenarrabili, tra i quali, per esempio, il dovere deglutire un’intera bottiglia di nettare di vino
Giunge alfine il momento del commiato: il programma prevede un caritatevole passaggio auto per le due fanciulle verso una località montenegrina dalla quale spiccheranno il volo di rientro verso il loro convento.
Ora, cosa volete che possa guastare il viaggio, su una macchina albanese, guidata da un italiano, con accanto uno svizzero, e dietro una serba ed una bosniaca?
“Sokol, ma non è che ci scassano i cabassisi in frontiera, messi come siamo messi con quattro passaporti diversi?”
“Figurati Gian, lassa fa a mi, che parlo la lingua, sarà uno scherzo!”
Sokol, mavaffan@@lo tu e la tua lingua!
Un’ora abbiamo perso! E meno male che non ci hanno smontato le gomme, perché ci mancava veramente poco.
Affranti per il commiato alle due fanciulle, ci rintaniamo in un ristorante di Shkodre a rifocillarci a dovere
L’indomani è il giorno del commiato. Giornata strana, è la prima volta che salutare l’amico mi infonde tristezza, ma è così: tra i tanti viaggi fatti, questo è stato senza dubbio il più divertente. In ogni caso, prima di partire, non può mancare una sana mangiata
Qualcuno comincia a fare il conto di quanto gli abbia fruttato l’estorsione aggravata e continuata
Purtroppo s’è fatta l’ora di andare: un abbraccio a Sokol, che in serata partirà per una nuova parte del suo viaggio, mentre io faccio mestamente rientro a casa con un anonimo volo AZ
Arrivo verso le sette di sera in un triste e deserto hub di Malpensa. Sbarchiamo ai remoti, non c’è molto traffico, e l’autobus interpista passa accanto al 320 di Turkish per IST... Chissà cosa starà facendo Sokol...