A maggio, cantava un famoso cantante italiano dal nome d’arte discutibile, il mondo e’ eccitante e pieno di colori, e tutto questo non fa che fomentare il desiderio di estate, vacanze e relax. Anche a queste tristi latitudini il quinto mese dell’anno non fa eccezioni: la pioggia inizia ad essere più calda, o comunque meno fredda, e si può stendere i panni al vento e, a meno di eventuali rovesci, si può persino trovarli asciutti dopo qualche ora. Naturale, quindi, che abbia voglia di andare da qualche parte.
Aggiungiamoci, inoltre, un lunedì di bank holiday (il 6 maggio, perché il Regno Unito rifiuta sdegnosamente di osservare l’indubbiamente leninista festa dei lavoratori) e il gioco e’ fatto, un weekend fuori porta e’ da organizzare.
Dove andare? Dove non andare? L’idea è di stabilire un budget e andare nel posto più lontano possibile consentito dai soldi. Per farla breve, il Canada è il primo candidato, e Montreal il posto più papabile grazie a un misto di voli con parecchia disponibilità, previsioni buone e B&B a prezzi che nemmeno in bassa stagione ad Arma di Taggia.
Come sempre accade, pero’, la mia nuvoletta da ragiunat è in agguato. I voli sembrano riempirsi sempre più, finche’ il BA94 per il ritorno non sembra essere completamente pieno (e, infatti, volerà con soli 3 posti liberi). Anche all’andata il numero dei posti disponibili in Barbon Class inizia a diminuire, crollando da un rassicurante 40 a un minaccioso 12. Il tutto due settimane prima della partenza, alla facciazza della crisi.
Arriva, finalmente, il fatidico giorno della partenza, venerdì 3. Per una volta ho l’opportunità di andarmene dall’ufficio in anticipo, arrivando al T5 sobbalzando sul bus 423. Mangio qualcosa sotto il sole, “ammirando” le “opere d’arte” che BAA ha reputato necessarie per celebrare la cultura britannica del giardinaggio.
E siamo pronti per un’altra avventura nel magico mondo dei voli in standby. I biglietti per i dipendenti sono, secondo me, l’incentivo migliore che si possa ottenere in qualsiasi lavoro, e non sarò di certo io a lamentarmene; pero’, certe volte, vorrei che l’intera faccenda fosse un pochino più... sicura.
Per farvi capire cosa vuol dire volare in standby in British Airways, ecco a voi una semplice flow chart che esemplifica in modo semplice e immediato il funzionamento dei biglietti scontati per i dipendenti.
Personalmente, il punto 1 del processo, digitare il PNR sulla macchinetta self service, è il peggiore. Funzionerà? non funzionerà? Salirò a bordo? Rimarrò a terra? La risposta sta lí, contenuta dentro una stupida scatola di metallo, silicio e dotata di touch screen. Digito il PNR e il monolite color puffo inizia a ronzare, mentre appare una schermata che mi prega di attendere.
Ping! Dopo 30 secondi che sembrano tre ore, ecco la schermata successiva. E... Miracolo! Ci sono i nostri nomi, tutti e due, assegnati a due posti contigui. Pigio il tasto successivo, e il sistema apre la seat map. Eccoci lí, corridoio e middle seat, nella fila centrale del 777. Ci sono altri posti a disposizione, ma tutti in quell’area, layout 2-4-2.
2-4-2? Ma non e’ economy! Guardo bene, e vedo che la fila in cui siamo seduti è la 14, D ed E. L’aereo è un 777 a 3 classi, il che vuol dire World Traveller Plus... Il mio primo caso di upgrade per un volo in standby.
Marciamo ringalluzziti fino al satellite C, il mio preferito, dove il nostro fido 777, G-YMMR, ci aspetta sotto un rarissimo sole pomeridiano. Al suo fianco, uno dei nuovi 333 di Iberia, lucido e scintillante finchè dura la vernice protettiva.
chiedo scusa per i riflessi!
Il boarding è un affare complicato, complice il LF alto e un nugolo di francesi che hanno deciso di usare la Priority Lane per saltare la coda. Sia come sia, dopo un po’ riusciamo a sederci ai nostri posti e iniziamo il pushback in orario.
washbag!
Volare lontano da un finestrino, per me, è una tortura. Non poter assistere al pellegrinaggio lungo le taxiway, la solita corsa a fondo pista, la lotteria del “passo prima io, passi prima tu?” e il decollo? Sono sofferenze. Infatti mi rendo conto che siamo partiti solo quando, con un rombo, i due Trent iniziano a spingere G-YMMR lungo la pista e su in cielo.
La cabina di Y+ su G-YMMR, come in quasi tutti i 777, e’ ancora del vecchio modello. Il sedile è un po’ simile alla poltrona della nonna, morbido e accogliente, reclinabile ad un angolo decente, poggiatesta regolabile e il classico poggiapiedi che non serve a una beneamata mazza. Non sarà il massimo del design, ma è comunque un bel posto in cui sedere. L’unico difetto è rappresentato dall’IFE. I contenuti del vecchio Rockwell Collins sono secondo me adeguati a un volo di questa durata, ma 6.4 pollici di dimensione e la risoluzione, in questo mondo di display Retina e 15” in Y sono assolutamente inadeguati. I nuovi interni, con cui stanno venendo equipaggiati i tripli più vecchi, sono di sicuro meglio, e spero che tutti i 777 ne verranno equipaggiati. Pensare che i 777 continuino così, con una cabina disegnata nel 1998, per altri dieci anni mi sembra veramente impossibile.
Per di più, l’IFE sul mio sedile e’ un po’ rovinato, e si resetta di continuo.
Il crew, comunque, e’ di alto livello. Gentili, disponibili, pronti alla chiacchera con chiunque e ben affiatati (cosa strana, visto che di solito si incontrano al briefing). Stranamente sono più uomini che donne, compreso un CSD – Cabin Service Director che, contrario a quanto fanno di solito, non se ne sta rintanato in J ma va in giro per l’aereo, a parlare con la gente. Nell'ufficio in cima all'aereo ci sono due piloti, FO e il classico capitano garrulo con la voce di qualcuno che ha bevuto più bottiglie di Bombay Gin Sapphire che di acqua e che definisce "a little breezy approach into Heathrow" un atterraggio con venti a quaranta nodi.
Sistemiamo il primo giro di gin tonic...
E arriva il cibo. Sui voli in partenza da LHR la portata principale di W+è quella di Club, almeno solitamente. Purtroppo, però, beggars can’t be choosers e, di club level, è rimasto solo il manzo, che comunque prendo. La signora 13900, ansiosa di adeguarsi alle tradizioni britanniche, opta per il curry masala di Economy. Entrambi più che buoni, con la parziale eccezione del dessert, cioccolato e caramello, progettato appositamente per depositarsi sulle arterie.
mio...
suo
Il volo passa tranquillo, uno di quei casi per cui gli inglesi hanno coniato la parola "uneventful". Dopo qualche ora il nostro fido aereo (che nell'airshow, curiosamente, è tutto bianco e non con la livrea BA) arriva in vista delle coste del Newfoundland.
snack prima dell'arrivo
Purtroppo non vediamo nulla, se non qualche pezzettino dell'ala, piegata maestosamente verso l'alto, e un po' di nuvole se capita. Dopo poco inizia il familiare rito dell'atterraggio: chiaccherata del capitano, provvida traduzione in francese da parte di uno degli assistenti di volo di Club, ispezione della cabina, "Cabin crew 10 minutes to landing" e - tud - eccoci arrivati al Pierre Elliott Trudeau di Montreal, venti minuti in anticipo e nel bel mezzo di una splendida serata primaverile.
Club level!
Siamo tra i pochi arrivi a YUL a quest'ora, e siamo fuori in pochi minuti, dopo un controllo passaporti volto più che altro a constatare che noi non si sia aspiranti richiedenti asilo e, soprattutto, che abbiamo intenzione di andarcene dal paese. Il poliziotto al banco si chiama, stando al nome sulla divisa, Daallo come la compagnia aerea preferita da Dreamliner e ha addosso il giubbotto antiproiettile, a quant sembra. Riflettendo sulla scarsa fiducia riposta dal signor Daallo nei cotrolli di sicurezza dei paesi di origine dei voli usciamo dall'aereoporto e, in breve, troviamo il bus per il centro città, appropriatamente numerato 747.
Aggiungiamoci, inoltre, un lunedì di bank holiday (il 6 maggio, perché il Regno Unito rifiuta sdegnosamente di osservare l’indubbiamente leninista festa dei lavoratori) e il gioco e’ fatto, un weekend fuori porta e’ da organizzare.
Dove andare? Dove non andare? L’idea è di stabilire un budget e andare nel posto più lontano possibile consentito dai soldi. Per farla breve, il Canada è il primo candidato, e Montreal il posto più papabile grazie a un misto di voli con parecchia disponibilità, previsioni buone e B&B a prezzi che nemmeno in bassa stagione ad Arma di Taggia.
Come sempre accade, pero’, la mia nuvoletta da ragiunat è in agguato. I voli sembrano riempirsi sempre più, finche’ il BA94 per il ritorno non sembra essere completamente pieno (e, infatti, volerà con soli 3 posti liberi). Anche all’andata il numero dei posti disponibili in Barbon Class inizia a diminuire, crollando da un rassicurante 40 a un minaccioso 12. Il tutto due settimane prima della partenza, alla facciazza della crisi.
Arriva, finalmente, il fatidico giorno della partenza, venerdì 3. Per una volta ho l’opportunità di andarmene dall’ufficio in anticipo, arrivando al T5 sobbalzando sul bus 423. Mangio qualcosa sotto il sole, “ammirando” le “opere d’arte” che BAA ha reputato necessarie per celebrare la cultura britannica del giardinaggio.


E siamo pronti per un’altra avventura nel magico mondo dei voli in standby. I biglietti per i dipendenti sono, secondo me, l’incentivo migliore che si possa ottenere in qualsiasi lavoro, e non sarò di certo io a lamentarmene; pero’, certe volte, vorrei che l’intera faccenda fosse un pochino più... sicura.
Per farvi capire cosa vuol dire volare in standby in British Airways, ecco a voi una semplice flow chart che esemplifica in modo semplice e immediato il funzionamento dei biglietti scontati per i dipendenti.

Personalmente, il punto 1 del processo, digitare il PNR sulla macchinetta self service, è il peggiore. Funzionerà? non funzionerà? Salirò a bordo? Rimarrò a terra? La risposta sta lí, contenuta dentro una stupida scatola di metallo, silicio e dotata di touch screen. Digito il PNR e il monolite color puffo inizia a ronzare, mentre appare una schermata che mi prega di attendere.
Ping! Dopo 30 secondi che sembrano tre ore, ecco la schermata successiva. E... Miracolo! Ci sono i nostri nomi, tutti e due, assegnati a due posti contigui. Pigio il tasto successivo, e il sistema apre la seat map. Eccoci lí, corridoio e middle seat, nella fila centrale del 777. Ci sono altri posti a disposizione, ma tutti in quell’area, layout 2-4-2.
2-4-2? Ma non e’ economy! Guardo bene, e vedo che la fila in cui siamo seduti è la 14, D ed E. L’aereo è un 777 a 3 classi, il che vuol dire World Traveller Plus... Il mio primo caso di upgrade per un volo in standby.
Marciamo ringalluzziti fino al satellite C, il mio preferito, dove il nostro fido 777, G-YMMR, ci aspetta sotto un rarissimo sole pomeridiano. Al suo fianco, uno dei nuovi 333 di Iberia, lucido e scintillante finchè dura la vernice protettiva.



chiedo scusa per i riflessi!
Il boarding è un affare complicato, complice il LF alto e un nugolo di francesi che hanno deciso di usare la Priority Lane per saltare la coda. Sia come sia, dopo un po’ riusciamo a sederci ai nostri posti e iniziamo il pushback in orario.

washbag!

Volare lontano da un finestrino, per me, è una tortura. Non poter assistere al pellegrinaggio lungo le taxiway, la solita corsa a fondo pista, la lotteria del “passo prima io, passi prima tu?” e il decollo? Sono sofferenze. Infatti mi rendo conto che siamo partiti solo quando, con un rombo, i due Trent iniziano a spingere G-YMMR lungo la pista e su in cielo.
La cabina di Y+ su G-YMMR, come in quasi tutti i 777, e’ ancora del vecchio modello. Il sedile è un po’ simile alla poltrona della nonna, morbido e accogliente, reclinabile ad un angolo decente, poggiatesta regolabile e il classico poggiapiedi che non serve a una beneamata mazza. Non sarà il massimo del design, ma è comunque un bel posto in cui sedere. L’unico difetto è rappresentato dall’IFE. I contenuti del vecchio Rockwell Collins sono secondo me adeguati a un volo di questa durata, ma 6.4 pollici di dimensione e la risoluzione, in questo mondo di display Retina e 15” in Y sono assolutamente inadeguati. I nuovi interni, con cui stanno venendo equipaggiati i tripli più vecchi, sono di sicuro meglio, e spero che tutti i 777 ne verranno equipaggiati. Pensare che i 777 continuino così, con una cabina disegnata nel 1998, per altri dieci anni mi sembra veramente impossibile.
Per di più, l’IFE sul mio sedile e’ un po’ rovinato, e si resetta di continuo.

Il crew, comunque, e’ di alto livello. Gentili, disponibili, pronti alla chiacchera con chiunque e ben affiatati (cosa strana, visto che di solito si incontrano al briefing). Stranamente sono più uomini che donne, compreso un CSD – Cabin Service Director che, contrario a quanto fanno di solito, non se ne sta rintanato in J ma va in giro per l’aereo, a parlare con la gente. Nell'ufficio in cima all'aereo ci sono due piloti, FO e il classico capitano garrulo con la voce di qualcuno che ha bevuto più bottiglie di Bombay Gin Sapphire che di acqua e che definisce "a little breezy approach into Heathrow" un atterraggio con venti a quaranta nodi.
Sistemiamo il primo giro di gin tonic...

E arriva il cibo. Sui voli in partenza da LHR la portata principale di W+è quella di Club, almeno solitamente. Purtroppo, però, beggars can’t be choosers e, di club level, è rimasto solo il manzo, che comunque prendo. La signora 13900, ansiosa di adeguarsi alle tradizioni britanniche, opta per il curry masala di Economy. Entrambi più che buoni, con la parziale eccezione del dessert, cioccolato e caramello, progettato appositamente per depositarsi sulle arterie.

mio...

suo
Il volo passa tranquillo, uno di quei casi per cui gli inglesi hanno coniato la parola "uneventful". Dopo qualche ora il nostro fido aereo (che nell'airshow, curiosamente, è tutto bianco e non con la livrea BA) arriva in vista delle coste del Newfoundland.


snack prima dell'arrivo
Purtroppo non vediamo nulla, se non qualche pezzettino dell'ala, piegata maestosamente verso l'alto, e un po' di nuvole se capita. Dopo poco inizia il familiare rito dell'atterraggio: chiaccherata del capitano, provvida traduzione in francese da parte di uno degli assistenti di volo di Club, ispezione della cabina, "Cabin crew 10 minutes to landing" e - tud - eccoci arrivati al Pierre Elliott Trudeau di Montreal, venti minuti in anticipo e nel bel mezzo di una splendida serata primaverile.

Club level!

Siamo tra i pochi arrivi a YUL a quest'ora, e siamo fuori in pochi minuti, dopo un controllo passaporti volto più che altro a constatare che noi non si sia aspiranti richiedenti asilo e, soprattutto, che abbiamo intenzione di andarcene dal paese. Il poliziotto al banco si chiama, stando al nome sulla divisa, Daallo come la compagnia aerea preferita da Dreamliner e ha addosso il giubbotto antiproiettile, a quant sembra. Riflettendo sulla scarsa fiducia riposta dal signor Daallo nei cotrolli di sicurezza dei paesi di origine dei voli usciamo dall'aereoporto e, in breve, troviamo il bus per il centro città, appropriatamente numerato 747.
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