Molti ricordano ancora quello strano volatile che solcava il cielo e velocemente spariva all’orizzonte oltre ogni limite dello sguardo. Sembrava qualcosa fra il gabbiano e il delfino e vederlo ed anche sentirlo era una spettacolo. Parliamo del Concorde uno degli aerei più innovativi che ha volato su rotte particolari in tempi assolutamente fino ad ora imbattibili per un mezzo di trasporto passeggeri e che dopo un po’ di anni e stato ritirato dal cielo ed ora non se ne parla quasi più. Una macchina meravigliosa da molti punti di vista, meno forse da quello economico. Il costo di un volo transoceanico non era alla portata di tutte le tasche e possiamo dire che non sono molti quelli che l’hanno usato. Altre ragioni lo hanno messo fuori servizio.
Noi lo ricordiamo qui con uno scritto di un viaggiatore “giveiste” che nell’ ormai lontano 78 lo sperimentò con un lungo volo e che poi ha raccontato le sue impressioni da tecnico possiamo dire poiché si era e si è sempre occupato per suo lavoro di voli e compagnie aeree. E’ Dino Veronelli del quale riportiamo qui di seguito un suo scritto a proposito di questa esperienza.Correva l’anno 1978.Legggiamolo.
"Una decina di minuti prima delle otto di sera viene dato l’ordine di imbarco e dal lussuoso salone di attesa del modernissimo aeroporto parigino Charles De Gaulle ci avviamo verso la manica che ci immetterà nell’aereo.
Comincia così la nostra avventura sul Concorde, l’aereo passeggeri più veloce del mondo. Il nostro primo impatto è un po’ brusco essendo il portello di ingresso molto basso. Per fortuna una speciale imbottitura attutisce il colpo. Per entrare nell’abitacolo, data la particolare forma aerodinamica della fusoliera, anche quelli di media statura devono abbassare la testa.
L’aeroplano è lì che ci aspetta come un grosso uccello col becco ripiegato all’ingiù. Questo “becco” o muso è basculante e viene riportato in linea orizzontale durante il volo supersonico onde permettere una maggiore penetrazione. È pure munito di uno speciale parabrezza rinforzato che resiste alle enormi pressioni e temperature a cui viene sottoposto. A mach 2 infatti la superficie esterna raggiunge temperature superiori a 120 gradi centigradi.
È passato qualche minuto dalle otto quando l’aereo, accesi i motori, si avvia alla pista di decollo. Un sole ormai basso sull’orizzonte fa capolino tra le nuvole che ci avevano dato una pioggia insistente fin dal nostro arrivo da Milano un paio d’ore prima.
Il decollo è abbastanza simile a quello dei Jet tradizionali. Il passeggero avverte solo una leggera vibrazione durante l’azione del dispositivo di postcombustione che il pilota inserisce per circa trenta secondi per raggiungere la velocità di decollo. L’aereo non ha flap e, benché i suoi quattro motori gli assicurino una spinta doppia a parità di peso rispetto ai Jumbo, durante il decollo necessita di un supplemento di potenza.
La salita è rapida ed anche la velocità aumenta molto celermente.
Il machmetro digitale di cui è dotata la cabina passeggeri ci permette di seguire la progressione delle velocità. Da mach 0,33 al distacco dal suolo si raggiungono presto mach 0,80, 0,90 mentre ci avviamo verso l’Atlantico.
Lasciata la costa, dalla nostra poltrona possiamo vedere che lo speciale parabrezza rinforzato è in posizione ed il comandante ci avvisa che presto supereremo la velocità del suono. Nel frattempo un leggero ronzio si manifesta nella parte inferiore. Un esperto di Air France ci informa che si tratta delle pompe che spostano il carburante verso la parte posteriore dell’aeromobile. Il centro di spinta aerodinamico, ci spiega, varia col volo supersonico e viene così compensato con lo spostamento del carburante che verrà riportato nella parte anteriore durante il volo subsonico.
Raggiungiamo e passiamo rapidamente mach 1, ormai siamo in volo supersonico senza peraltro aver notato nulla di particolare, mentre l’aereo continua a salire. Il comandante ci informa che siamo ormai nella stratosfera a 16.000 metri di quota. Dai piccoli finestrini notiamo verso l’alto un cielo di un azzurro intenso, quasi viola, mentre il sole che alla partenza era al tramonto, si alza
sempre più sull’orizzonte. Sotto di noi, ma molto lontane delle formazioni nuvolose e poi, più in basso la superficie dell’oceano, quasi impercettibile.
Ci dicono che a quella altezza la temperatura dell’aria esterna è di circa meno 56 gradi, ma noi siamo immersi in una atmosfera controllata mantenuta a 21 gradi con una pressione equivalente a 1800 metri di altezza e non ce ne accorgiamo di certo.
Il servizio di bordo è degno dei migliori ristoranti francesi, il personale è molto selezionato e gentile. Aperitivi, champagne, vini di gran marca ed inoltre sette canali stereo per la scelta della musica preferita contribuiscono a rendere piacevole il viaggio. Intanto il machmetro indica velocità superiori a mach 2.
Viaggiamo ad una velocità fantastica : 2200 Km. all’ora o 600 mt/sec. Rincorriamo il sole alla velocità di un proiettile.
Solo trent’anni fa occorrevano più di 23 ore di volo ad un DC 4 per la traversata atlantica, mentre il nostro Concorde arriva in perfetto orario dopo solo tre ore e quarantaquattro minuti e dopo aver volato per due ore e cinquantasette minuti a velocità supersonica.
Alle 18 locali siamo a Washington essendo partiti alle 20 da Parigi. Sembra pazzesco : siamo arrivati prima di partire. Anche se il nostro orologio segna mezzanotte, il sole è ancora alto sull’orizzonte (anche qui è in vigore l’ora legale e sarebbero pertanto le cinque ora solare) ; nella corsa dietro al sole l’abbiamo superato dandogli “un distacco” di due ore). Anche se il nostro orologio biologico ci avverte che sarebbe ora di andare a letto, dobbiamo confermare che la traversata dell’Atlantico in Concorde non ci ha stancato. È stata una piacevolissima ed entusiasmante esperienza che ci sentiamo di consigliare a tutti, sicuri che nessuno rimarrà deluso."
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