dal messaggero di oggi
Paura di volare, ecco
chi imbroglia sulla nostra sicurezza
Sembra impossibile. L’aereo è certamente il mezzo più affidabile, eppure accadono tanti incidenti (e noi non lo sappiamo), e troppi speculano sulla nostra sicurezza. Nei cieli e negli aeroporti succede di tutto, ogni giorno, e spesso nessuno controlla. Controllati siamo solo noi quando passiamo al check-in e ci sottoponiamo a inutili verifiche. Le compagnie aeree hanno un solo obiettivo: decollare. Un libro inchiesta di Nadia Francalacci, Paura di volare. Da indagini e testimonianze segrete ecco chi imbroglia sulla nostra sicurezza (Chiarelettere, 272 pagine, 15 euro), racconta il vortice di interessi e di truffe che girano intorno al trasporto aereo. Ne anticipiamo un capitolo.
di Nadia Francalacci
Sulla nostra pelle. Un business emergente che nessuno conosce
Un commercio illecito e pericolosissimo che ha minato in modo irreversibile la sicurezza dei voli. Le indagini giudiziarie italiane e quelle svolte con la collaborazione degli investigatori statunitensi hanno portato alla luce affari e intrecci internazionali tra gruppi politici e imprenditoriali che, attraverso decine di società di brokeraggio, hanno gestito per anni un mercato parallelo di parti non approvate; parti cannibalizzate da relitti e da vecchi aerei di flotte dismesse da decenni, e destinate agli aerei da trasporto pubblico. La gravità di questo commercio si comprende perfettamente leggendo gli atti giudiziari, ormai dimenticati e in buona parte mai divulgati alla collettività, conservati negli archivi di un centro della Sardegna, Tempio Pausania. La facilità con la quale si riesce a immettere sul mercato dei pezzi di ricambio, oggi sempre più famelico, componenti sospetti per gli aerei di linea è agghiacciante. Così come agghiacciante è la semplicità con cui compagnie aeree e imprenditori che fino al giorno prima si sono occupati di altro possono falsificare le certificazioni dei ricambi che vengono installati a bordo dei velivoli.
Le certificazioni sono semplici documenti cartacei che talvolta non vengono neppure controllati dal Settore manutenzione dei singoli operatori aerei. Ciò sta a significare che spesso questi componenti vengono installati direttamente a bordo dei velivoli senza nessuna supervisione. L’International Growth Surveillance ce lo spiega in un’analisi che non lascia spazio all’interpretazione: la domanda mondiale dei ricambi aeronautici è destinata a subire un incremento vertiginoso nei prossimi dieci, quindici anni.1 E con essa anche il mercato della contraffazione e delle parti di ricambio non approvate. La ricerca è stata pubblicata dal Civil Service Bureau di Hong Kong e spiega dettagliatamente come nei prossimi quattro anni il volume di affari del solo settore dei ricambi passerà dagli attuali 1000 miliardi di dollari a quasi 1500 miliardi di dollari. «Se consideriamo anche solo il 7 per cento di questi ricambi come non originali o, per meglio definirli in termini aeronautici, di natura non approvata, il loro presunto valore raggiungerà 105 miliardi di dollari.» A spiegarmelo è il comandante Arturo Radini, esperto di bogus parts. Radini ha tutti i capelli bianchi e uno sguardo di ghiaccio. È un tipo molto affascinante ed estremamente deciso. Ha una risata rumorosa. Quando parla guarda il suo interlocutore piegando la testa a sinistra e socchiudendo leggermente gli occhi. Sembra quasi che lo stia studiando, controllando. Spesso si ferma e interrompe le sue frasi con lunghe pause.
Alla mia domanda sul valore di mercato delle bogus, però, mi aveva risposto di getto. Avevo deciso di contattarlo perché è uno dei pochissimi consulenti italiani per gli incidenti aerei ed esperti di ricambi contraffatti che lavora per la magistratura italiana. Per molti anni, prima della pensione, è stato il responsabile dell’Ufficio investigazioni per la prevenzione degli incidenti e del Servizio di sicurezza volo del Gruppo Alitalia. La prima volta ci diamo appuntamento in un bar di un piccolo paese del Piemonte. Mi piace dal primo sguardo: è uno diffidente. Prima di entrare nel vivo della conversazione impiego quasi un’ora. Poi, finalmente, comincia a sciogliersi e mi spiega i meccanismi perversi che quotidianamente minano la nostra sicurezza.
Il mercato dei componenti avionici è estremamente redditizio; il valore unitario di ogni singolo pezzo che viene installato su un aeromobile di linea è elevatissimo e, di conseguenza, permette altissimi guadagni. Dopo la airlines deregulation iniziata negli Usa nel 1978 con il presidente Carter e con la liberalizzazione che in Europa è approdata solo alla fine degli anni Ottanta, il settore dei componenti di ricambio ha visto il fiorire di attività gestite da personaggi che non hanno nessuna conoscenza del mercato aeronautico e delle rigide regole che ne determinano la sicurezza.
Persino i narcotrafficanti colombiani - spiega il ministero dei Trasporti degli Stati Uniti - dopo aver «fiutato» il settore avionico come un business emergente hanno optato per commercializzare turbine, carrelli, pannelli di controllo e radar, abbandonando il traffico delle sostanze stupefacenti in quanto molto meno redditizio. E indubbiamente molto più rischioso. In pochi anni, infatti, sono stati riciclati migliaia e migliaia di bogus parts, come vengono definiti in gergo i pezzi costruiti abusivamente, quelli non certificati e inefficienti, di cui si sono perse le tracce.
Molti di questi pezzi potenzialmente pericolosi sono proprio «decollati» dall’Italia, per essere installati sugli aerei delle più grandi compagnie aeree europee e, molto probabilmente, su quelle di molte società statunitensi. Una parte è invece stata occultata in flotte di paesi non industrializzati che si affacciano oggi, molto lentamente, al settore del traffico aereo. Nei paesi in via di sviluppo sono centinaia le microflotte che «riciclano» gli aerei svenduti da operatori importanti perché considerati da questi ultimi obsoleti, non più idonei al volo. Carrette dell’aria, insomma, che per le aziende sono diventate solamente un costo in quanto hanno bisogno continuo di pezzi di ricambio e di manutenzione.
E le microflotte come riescono a far volare queste carrette? Come e dove si procurano i componenti di ricambio necessari per farle decollare? a aerei incidentati, da aerei destinati alla demolizione che vengono cannibalizzati, talvolta senza nessuna autorizzazione, nessuna competenza e in alcuni casi senza la sorveglianza da parte degli enti nazionali di controllo. I pezzi vengono spediti senza la dovuta attenzione e una protezione adeguata che ne preservi (sempre che siano ancora idonei al volo) le caratteristiche.
La liberalizzazione del settore ha dato inizio a una spietata guerra tra gli operatori del trasporto aereo che, per accaparrarsi delle quote di mercato, hanno spinto tutti i parametri dei costi di esercizio degli aerei e delle stesse aziende all’estremo, fino a toccare quelli della minima esistenza fisiologica di un velivolo. Dunque, com’è possibile operare in modo così spregiudicato senza che si verifichi una catastrofe al giorno? I broker deviati, così come molte compagnie aeree, sfruttano il concetto di «ridondanza» degli aerei.
I velivoli, oggi sempre più tecnologici, vengono dotati di sistemi e strumentazioni doppie o triple, in funzione dell’importanza che ricoprono. Sono apparati identici tra loro che entrano in funzione per sopperire a eventuali carenze o inefficienze del sistema in uso. È proprio andando a intaccare questo concetto fondamentale, pilastro della sicurezza del volo, che gli squali dell’«universo aviazione civile» fanno i maggiori guadagni: sfruttano questo contesto di affidabilità dell’aeromobile per gestire i loro affari sporchi.
Installare a bordo parti non approvate o sospette inficia questa sicurezza senza che se ne abbia un immediato riscontro. Esempio: la compagnia aerea X ha installato a bordo un apparato non approvato oppure anche una singola parte sospetta all’interno di un sistema. Durante il volo la strumentazione principale entra in avaria, ma il malfunzionamento non desta nessuna preoccupazione tra i piloti che sono certi di poter far affidamento su un’apparecchiatura identica a quella andata fuori uso. Mentre disinseriscono la prima e cercano di rendere operativa quella di «scorta», si accorgono che anche questa è fuori uso o che non svolge correttamente le funzioni per le quali è stata posizionata a bordo.
In questi casi, non solo non è stato garantito il livello minimo di sicurezza dell’aeromobile, ma la compagnia aerea che non ha vigilato correttamente, installando quella bogus part, ha fornito ai propri piloti informazioni e indicazioni non corrette o addirittura fuorvianti, che possono rivelarsi ancora più pericolose del malfunzionamento e della stessa avaria registrata durante la traversata.
In una situazione simile che cosa può accadere? Nelle migliori delle ipotesi i piloti possono decidere un atterraggio d’emergenza, altrimenti è molto probabile che si verifichi il disastro.
Paura di volare, ecco
chi imbroglia sulla nostra sicurezza
Sembra impossibile. L’aereo è certamente il mezzo più affidabile, eppure accadono tanti incidenti (e noi non lo sappiamo), e troppi speculano sulla nostra sicurezza. Nei cieli e negli aeroporti succede di tutto, ogni giorno, e spesso nessuno controlla. Controllati siamo solo noi quando passiamo al check-in e ci sottoponiamo a inutili verifiche. Le compagnie aeree hanno un solo obiettivo: decollare. Un libro inchiesta di Nadia Francalacci, Paura di volare. Da indagini e testimonianze segrete ecco chi imbroglia sulla nostra sicurezza (Chiarelettere, 272 pagine, 15 euro), racconta il vortice di interessi e di truffe che girano intorno al trasporto aereo. Ne anticipiamo un capitolo.
di Nadia Francalacci
Sulla nostra pelle. Un business emergente che nessuno conosce
Un commercio illecito e pericolosissimo che ha minato in modo irreversibile la sicurezza dei voli. Le indagini giudiziarie italiane e quelle svolte con la collaborazione degli investigatori statunitensi hanno portato alla luce affari e intrecci internazionali tra gruppi politici e imprenditoriali che, attraverso decine di società di brokeraggio, hanno gestito per anni un mercato parallelo di parti non approvate; parti cannibalizzate da relitti e da vecchi aerei di flotte dismesse da decenni, e destinate agli aerei da trasporto pubblico. La gravità di questo commercio si comprende perfettamente leggendo gli atti giudiziari, ormai dimenticati e in buona parte mai divulgati alla collettività, conservati negli archivi di un centro della Sardegna, Tempio Pausania. La facilità con la quale si riesce a immettere sul mercato dei pezzi di ricambio, oggi sempre più famelico, componenti sospetti per gli aerei di linea è agghiacciante. Così come agghiacciante è la semplicità con cui compagnie aeree e imprenditori che fino al giorno prima si sono occupati di altro possono falsificare le certificazioni dei ricambi che vengono installati a bordo dei velivoli.
Le certificazioni sono semplici documenti cartacei che talvolta non vengono neppure controllati dal Settore manutenzione dei singoli operatori aerei. Ciò sta a significare che spesso questi componenti vengono installati direttamente a bordo dei velivoli senza nessuna supervisione. L’International Growth Surveillance ce lo spiega in un’analisi che non lascia spazio all’interpretazione: la domanda mondiale dei ricambi aeronautici è destinata a subire un incremento vertiginoso nei prossimi dieci, quindici anni.1 E con essa anche il mercato della contraffazione e delle parti di ricambio non approvate. La ricerca è stata pubblicata dal Civil Service Bureau di Hong Kong e spiega dettagliatamente come nei prossimi quattro anni il volume di affari del solo settore dei ricambi passerà dagli attuali 1000 miliardi di dollari a quasi 1500 miliardi di dollari. «Se consideriamo anche solo il 7 per cento di questi ricambi come non originali o, per meglio definirli in termini aeronautici, di natura non approvata, il loro presunto valore raggiungerà 105 miliardi di dollari.» A spiegarmelo è il comandante Arturo Radini, esperto di bogus parts. Radini ha tutti i capelli bianchi e uno sguardo di ghiaccio. È un tipo molto affascinante ed estremamente deciso. Ha una risata rumorosa. Quando parla guarda il suo interlocutore piegando la testa a sinistra e socchiudendo leggermente gli occhi. Sembra quasi che lo stia studiando, controllando. Spesso si ferma e interrompe le sue frasi con lunghe pause.
Alla mia domanda sul valore di mercato delle bogus, però, mi aveva risposto di getto. Avevo deciso di contattarlo perché è uno dei pochissimi consulenti italiani per gli incidenti aerei ed esperti di ricambi contraffatti che lavora per la magistratura italiana. Per molti anni, prima della pensione, è stato il responsabile dell’Ufficio investigazioni per la prevenzione degli incidenti e del Servizio di sicurezza volo del Gruppo Alitalia. La prima volta ci diamo appuntamento in un bar di un piccolo paese del Piemonte. Mi piace dal primo sguardo: è uno diffidente. Prima di entrare nel vivo della conversazione impiego quasi un’ora. Poi, finalmente, comincia a sciogliersi e mi spiega i meccanismi perversi che quotidianamente minano la nostra sicurezza.
Il mercato dei componenti avionici è estremamente redditizio; il valore unitario di ogni singolo pezzo che viene installato su un aeromobile di linea è elevatissimo e, di conseguenza, permette altissimi guadagni. Dopo la airlines deregulation iniziata negli Usa nel 1978 con il presidente Carter e con la liberalizzazione che in Europa è approdata solo alla fine degli anni Ottanta, il settore dei componenti di ricambio ha visto il fiorire di attività gestite da personaggi che non hanno nessuna conoscenza del mercato aeronautico e delle rigide regole che ne determinano la sicurezza.
Persino i narcotrafficanti colombiani - spiega il ministero dei Trasporti degli Stati Uniti - dopo aver «fiutato» il settore avionico come un business emergente hanno optato per commercializzare turbine, carrelli, pannelli di controllo e radar, abbandonando il traffico delle sostanze stupefacenti in quanto molto meno redditizio. E indubbiamente molto più rischioso. In pochi anni, infatti, sono stati riciclati migliaia e migliaia di bogus parts, come vengono definiti in gergo i pezzi costruiti abusivamente, quelli non certificati e inefficienti, di cui si sono perse le tracce.
Molti di questi pezzi potenzialmente pericolosi sono proprio «decollati» dall’Italia, per essere installati sugli aerei delle più grandi compagnie aeree europee e, molto probabilmente, su quelle di molte società statunitensi. Una parte è invece stata occultata in flotte di paesi non industrializzati che si affacciano oggi, molto lentamente, al settore del traffico aereo. Nei paesi in via di sviluppo sono centinaia le microflotte che «riciclano» gli aerei svenduti da operatori importanti perché considerati da questi ultimi obsoleti, non più idonei al volo. Carrette dell’aria, insomma, che per le aziende sono diventate solamente un costo in quanto hanno bisogno continuo di pezzi di ricambio e di manutenzione.
E le microflotte come riescono a far volare queste carrette? Come e dove si procurano i componenti di ricambio necessari per farle decollare? a aerei incidentati, da aerei destinati alla demolizione che vengono cannibalizzati, talvolta senza nessuna autorizzazione, nessuna competenza e in alcuni casi senza la sorveglianza da parte degli enti nazionali di controllo. I pezzi vengono spediti senza la dovuta attenzione e una protezione adeguata che ne preservi (sempre che siano ancora idonei al volo) le caratteristiche.
La liberalizzazione del settore ha dato inizio a una spietata guerra tra gli operatori del trasporto aereo che, per accaparrarsi delle quote di mercato, hanno spinto tutti i parametri dei costi di esercizio degli aerei e delle stesse aziende all’estremo, fino a toccare quelli della minima esistenza fisiologica di un velivolo. Dunque, com’è possibile operare in modo così spregiudicato senza che si verifichi una catastrofe al giorno? I broker deviati, così come molte compagnie aeree, sfruttano il concetto di «ridondanza» degli aerei.
I velivoli, oggi sempre più tecnologici, vengono dotati di sistemi e strumentazioni doppie o triple, in funzione dell’importanza che ricoprono. Sono apparati identici tra loro che entrano in funzione per sopperire a eventuali carenze o inefficienze del sistema in uso. È proprio andando a intaccare questo concetto fondamentale, pilastro della sicurezza del volo, che gli squali dell’«universo aviazione civile» fanno i maggiori guadagni: sfruttano questo contesto di affidabilità dell’aeromobile per gestire i loro affari sporchi.
Installare a bordo parti non approvate o sospette inficia questa sicurezza senza che se ne abbia un immediato riscontro. Esempio: la compagnia aerea X ha installato a bordo un apparato non approvato oppure anche una singola parte sospetta all’interno di un sistema. Durante il volo la strumentazione principale entra in avaria, ma il malfunzionamento non desta nessuna preoccupazione tra i piloti che sono certi di poter far affidamento su un’apparecchiatura identica a quella andata fuori uso. Mentre disinseriscono la prima e cercano di rendere operativa quella di «scorta», si accorgono che anche questa è fuori uso o che non svolge correttamente le funzioni per le quali è stata posizionata a bordo.
In questi casi, non solo non è stato garantito il livello minimo di sicurezza dell’aeromobile, ma la compagnia aerea che non ha vigilato correttamente, installando quella bogus part, ha fornito ai propri piloti informazioni e indicazioni non corrette o addirittura fuorvianti, che possono rivelarsi ancora più pericolose del malfunzionamento e della stessa avaria registrata durante la traversata.
In una situazione simile che cosa può accadere? Nelle migliori delle ipotesi i piloti possono decidere un atterraggio d’emergenza, altrimenti è molto probabile che si verifichi il disastro.