[OT] Bye-bye Dubai, manager in fuga e case deserte


malpensante

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6 Novembre 2005
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bel paese là dove 'l sì suona
7/2/2009

Bye-bye Dubai, manager in fuga e case deserte

Le auto abbandonate all’aeroporto. Gli italiani: “Navighiamo a vista”

FRANCESCO MOSCATELLI
Le carrozzerie fiammanti di Suv e berline sono coperte da un sottile strato polvere. Le chiavi sono al loro posto nel cruscotto, come se il proprietario fosse andato a pagare il parcheggio. Ma un bigliettino di scuse, scarabocchiato prima di imbarcarsi da manager e consulenti in fuga dal sogno diventato incubo, raccontano un’altra storia. Sono le auto abbandonate all’International Airport di Dubai dagli occidentali scappati dall’Eden di grattacieli e centri commerciali cresciuto a suon di «real estate» e manodopera del sud est asiatico a basso costo. La polizia sostiene di averne contate tremila solo negli ultimi mesi. Poche o tante che siano, sono diventate il simbolo di questa Disney travolta dalla realtà, vittima di una sbornia economica a doppia cifra, con il Pil che cresceva dell’8,5% all’anno e le casse dello Stato che registravano un attivo di bilancio pari a 1,5 miliardi di dollari. L’estate scorsa, all’International Airport, atterrava un aereo pieno ogni tre minuti e tutti i giorni venivano registrati 15 mila nuovi visti d’ingresso. I cantieri lavoravano 24 ore su 24, impegnando il 20% di tutte le gru del pianeta e i paperoni correvano a comprarsi il loro posto al sole «tax free». Accadeva sei mesi fa, ma sembra un’altra vita. Oggi la recessione è tutta in un numero: -50%, quanto sono crollati improvvisamente i prezzi degli appartamenti nell’esclusivo resort di Palm Jumeirah. «La crisi? L’ho vista dalla finestra dell’albergo osservando il cantiere di Palma Deira, uno dei tre arcipelaghi artificiali: non c’era il solito viavai di camion e betoniere, regnava un silenzio irreale - racconta un commerciante di gioielli milanese, rientrato ieri mattina da un viaggio di lavoro negli Emirati - Sui giornali locali si parla di un crollo del 15% del turismo e del 30% nel commercio, le banche stanno rinegoziando i mutui. A Dubai, se le cose vanno male, ci mettono un secondo a licenziarti. Non ci sono sindacati e hai un mese di tempo per tornare a casa».

C’è chi parte, ma c’è anche chi fugge a gambe levate. La Sharia, che ispira anche la legislazione commerciale dell’Emirato, non ammette sgarri. «É un paese piuttosto liberale, ma ti tengono in carcere un mese se ti trovano ubriaco al volante - spiega Gilda Fridegotto, 27 anni, a Dubai da oltre tre anni per la International Finance Corporation -. Qui se fai un assegno scoperto finisci dritto in prigione. Figuriamoci se qualcuno è accusato di bancarotta fraudolenta». L’ultimo a pagarne le spese, pochi giorni fa, è stato un egiziano, bloccato al check-in pochi istanti prima di salire a bordo del suo volo per Londra: ha creato un buco da un miliardo di dollari con un reticolo di società finanziarie che garantivano interessi da capogiro, fino al 20% annuo. Ma il panico si sta diffondendo anche tra gli operatori onesti, abituati a vivere in lussuosissime ville vista mare: da Natale ad oggi i loro consumi si sono ridotti del 25%. «Ho molti amici che si preparano a rientrare in Inghilterra e in Germania - continua Gilda -. Qualche cifra? Mi dicono fino a duemila persone al giorno, così tante che gli uffici governativi non riescono a sbrigare in tempo tutte le pratiche burocratiche. Il costo della vita è esorbitante: i dati ufficiali affermano che l’inflazione è al 10% e i tassisti, per sbarcare il lunario, devono lavorare anche 13 ore al giorno».

Cerca di sdrammatizzare Roberto Bagni, reggente del consolato italiano di Dubai: «Dal nostro osservatorio vediamo connazionali che se ne vanno, ma anche qualcuno che entra nel paese. Le difficoltà ci sono, inutile negarlo, e molte società stanno sfoltendo gli organici, a tutti i livelli. Basta guardare il traffico». Gli unici progetti che si salvano sono quelli gestiti dal governo, come la nuova ferrovia da 50 km che collegherà l’aeroporto alla zona dello shopping. «Cosa farà il governo? È questo il vero punto interrogativo - analizza il commerciante di gioielli, che preferisce non esporsi -. Metterà i soldi per ricapitalizzare le banche? A Dubai decide tutto la famiglia regnante e le informazioni sono centellinate. È difficile capire cosa si muova sottobanco». I dubbi riguardano il rapporto con gli altri Emirati, in primis Abu Dhabi. «Ormai navighiamo a vista: se i lavori di costruzione hanno superato il 60% si procede, altrimenti tutto si ferma - racconta Giulio Meroni di Meritalia, uno dei volti dell’arredamento Made in Italy in Arabia, con una squadra di operai pronta a partire per l’Emirato lunedì prossimo - Era inevitabile: Dubai non poteva crescere per sempre. In Qatar, Oman e Abu Dhabi le difficoltà si sentono molto meno. Il futuro di Dubai è nelle loro mani. Cosa faranno gli Emirati conservatori, le formichine ricche di petrolio? Ascolteranno il lamento della cicala?».

La STAMPA.it


Impossibile che Emirates non ne risenta.
 
Parlare male di Dubai sembra sia diventato lo sport nazionale, certo anche loro soffrono la crisi ma penso che ne usciranno piu' che bene. E' come la Cina finora il Pil faceva +10% annuo, quest'anno poverini cresceranno solo del 7-8%...

Emirates potrebbe riserntirne sul traffico p2p per Dubai, ma la stragrande maggioranza dei suoi pax sono in transito.

Guardiamo anche i riflessi positivi, a Dubai c'è un enorme offerta di hotel e con la crisi saranno costretti ad abbassare i loro prezzi esorbitanti rendendo accessibile Dubai a tutta una nuova schiera di potenziali turisti che finora ne era esclusa.
 
Parlare male di Dubai sembra sia diventato lo sport nazionale, certo anche loro soffrono la crisi ma penso che ne usciranno piu' che bene. E' come la Cina finora il Pil faceva +10% annuo, quest'anno poverini cresceranno solo del 7-8%...

Emirates potrebbe riserntirne sul traffico p2p per Dubai, ma la stragrande maggioranza dei suoi pax sono in transito.

Guardiamo anche i riflessi positivi, a Dubai c'è un enorme offerta di hotel e con la crisi saranno costretti ad abbassare i loro prezzi esorbitanti rendendo accessibile Dubai a tutta una nuova schiera di potenziali turisti che finora ne era esclusa.
Boh, sarà anche tutta sta bellezza, ma se avessi i soldi da spendere in una bella settimana di ferie, vado ai caraibi, in Brasile, ma non di certo a Dubai!
Il lusso da solo e il mare bello non bastano, anche il "clima", la popolazione, i costumi locali fanno la differenza...
Ovviamente, si tratta di opinioni!
 
E' come la Cina finora il Pil faceva +10% annuo, quest'anno poverini cresceranno solo del 7-8%...

Cesare, per loro crescere del 7% significa recessione.

Ci sono 20.000.000 di cinesini incazzati perchè non hanno più il lavoro, l'esercito è pronto, come sempre, a fare il suo lavoro.

Il futuro è grigio anche da quelle parti, anzi, nero.
 
Cesare, per loro crescere del 7% significa recessione.

Ok è una diminuzione della crescita, non la definirei affatto recessione, 7% vuol dire che comunque anche quest'anno una nuova parte della popolazione cinese avrà migliori condizioni economiche e potrà permettersi di comprare cose nuove come l'auto o la tv e questo incremento di consumi mantiene alta la produzione. Ci sarà piu' crescita nel mercato interno e meno nelle esportazioni.
 
mi sembra di leggere un clone di quello che succede qui in Florida.
qui ci sono decine di cantieri di condomini residenziali di lusso che sembrano cattedrali nel deserto.
oltre alla bolla immobiliare, qui scoppiata oltre 2 anni fa, e a tutte le problematiche dell'economia USA, si avvertono ogni giorno i segnali della recessione, da negozi e supermercati vuoti, al bollettino giornaliero di licenziamenti (589.000 negli USA solo a gennaio).
io abito in una enclave di lusso (Aventura/Sunny Isles Beach/Bal Harbour) giusto a nord di Miami Beach, e i segnali sono gli stessi, solo piu' mitigati rispetto al resto della Florida o soltanto 20 miglia piu' a sud di quello che succede a Miami Beach e a Miami.
 
Ok è una diminuzione della crescita, non la definirei affatto recessione, 7% vuol dire che comunque anche quest'anno una nuova parte della popolazione cinese avrà migliori condizioni economiche e potrà permettersi di comprare cose nuove come l'auto o la tv e questo incremento di consumi mantiene alta la produzione. Ci sarà piu' crescita nel mercato interno e meno nelle esportazioni.

E' un discorso complesso e completamente O.T.

Non funziona proprio così.
 
Guardiamo anche i riflessi positivi, a Dubai c'è un enorme offerta di hotel e con la crisi saranno costretti ad abbassare i loro prezzi esorbitanti rendendo accessibile Dubai a tutta una nuova schiera di potenziali turisti che finora ne era esclusa.

I resorts/hotels per le vacanze di fascia media vendevano già anche un anno fa a prezzi da saldo.
Non ci guadagni nulla a fare dumping, anche perchè i costi fissi di gestione e i costi di avviamento vanno in qualche modo coperti.
 
Non puoi tenere aperti gli hotel se i prezzi non coprono le spese variabili, sarebbe come far volare un charter senza recuperare nemmeno le spese del carburante.

Io ho visto nell' agosto 1998 a Nusa Dua, Bali, tutti gli hotel a cinque stelle con max 10 camere occupate e tutte le altre centinaia vuote, nonostante i prezzi ridicoli, 50.000 lire la doppia. Ho preferito spendere gli stessi soldi altrove in alberghi ben più modesti, per non stare nell' angoscia di un hotel vuoto. Tenevano aperto perché ritenevano la crisi passeggera e probabilmente pagavano un' iniezia di stipendio, ma se non hai prospettive metti tutto in naftalina.
 
Parlare male di Dubai sembra sia diventato lo sport nazionale, certo anche loro soffrono la crisi ma penso che ne usciranno piu' che bene. E' come la Cina finora il Pil faceva +10% annuo, quest'anno poverini cresceranno solo del 7-8%...

La Cina produce beni tangibili, magari fatti male, magari sfruttando i lavoratori, ma a fine ciclo produttivo c'è una scarpa, un armadio, un'automobile. A Dubai cosa si produce? Non dire "soldi" e "turismo", perché il primo si volatilizza in fretta quando le finanziarie falliscono, e il secondo scappa quando non c'è più grano in giro. Ormai non hanno neppure quasi più petrolio!

DaV
 
Non puoi tenere aperti gli hotel se i prezzi non coprono le spese variabili, sarebbe come far volare un charter senza recuperare nemmeno le spese del carburante.

Appunto.

Senza contare poi che riposizionarsi rapidamente su un segmento downmarket è un punto di non ritorno e molto pericoloso a mio avviso, perchè ci sono mete più vicine, che hanno un valore aggiunto sotto il profilo storico-culturale-paesaggistico, le quali sanno far di meglio anche in termini di prezzi ed hanno pure loro un'ampia offerta alberghiera che si estende anche al segmento lusso come la Turchia e l'Egitto, che si stanno confermando mete vincenti per la prossima stagione estiva.
 
La Cina produce beni tangibili, magari fatti male, magari sfruttando i lavoratori, ma a fine ciclo produttivo c'è una scarpa, un armadio, un'automobile. A Dubai cosa si produce? Non dire "soldi" e "turismo", perché il primo si volatilizza in fretta quando le finanziarie falliscono, e il secondo scappa quando non c'è più grano in giro.
Stupefacente post vetero-marxista :o